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domenica 28 dicembre 2014

Un preoccupante omicidio 3



Omicidio Brandimarte, smorzati i riflettori tutto è tornato lentamente come prima. La vita va avanti e certe cose, soprattutto quelle scomode e imbarazzanti, si devono rimuovere con calma, con cura. La regola è semplice: fare scemare la cosa fino a non parlarne più. Così tra silenzi, paure e dimenticanze varie l'economia criminale del Sud Est siciliano continua a riorganizzarsi indisturbata. Il motore del suo sviluppo? La droga. Per la criminalità controllare il traffico degli stupefacenti è fondamentale, è il generatore di tutta la liquidità necessaria per fare investimenti, per rilevare imprese travolte dalla crisi, per “offrire” sostegno economico. L'organizzazione migliore in questo tipo d'impresa è la 'ndragheta: per la compattezza della sua struttura, per l’enorme disponibilità di denaro, per le sue accertate capacità criminali e per il livello di controllo del territorio che è capace di esprimere. Brandimarte era uomo di spicco della 'ndragheta, legato alla cosca dei Piromalli, e la provincia di Ragusa si presta a certe caratteristiche. La droga è il nuovo petrolio, genera tanta liquidità più del racket. I suoi oledotti sono i tir, i container, le persone. Il porto di Pozzallo, il mercato ortofrutticolo di Vittoria e per ultimo l'aeroporto di Comiso (non è da sottovalutare nemmeno il porto turistico di Marina di Ragusa) sono strutture da dove partono e arrivano persone, barche, tir container. La 'ndragheta è interessata a “gestire” queste opere? Una cosa è certa, le nuove strategie della criminalità economica sono perfettamente in linea con le regole della globalizzazione: fare sistema, sviluppare economia di scala affidando la gestione ai migliori. I profitti realizzati, sfruttando il territorio, vengono quasi prevalentemente reinvestiti nei paradisi fiscali. Anche qui i più bravi sono i calabresi. Infatti secondo la Direzione Centrale per i Servizi Antidroga la 'ndragheta ha l'egemonia nel «traffico internazionale di droga, grazie ai canali diretti di approvvigionamento dai Paesi del Sudamerica e alla dimostrata abilità nel gestire complessi sistemi di riciclaggio». Guarda caso a poche miglia dalla nostra costa esiste uno dei migliori paradisi fiscali. Malta. E guarda caso pare che anche qui i Piromalli abbiano qualche "affare". Basta scrivere su Google “Malta offshore” compaiono una serie di siti. Aprendone uno a caso (http://societaoffshore.org/malta) si trova scritto: Lo stato di Malta gode di un sistema fiscale molto vantaggioso: le aliquote applicate sono tra le più basse del vecchio continente e le procedure amministrative risultano molto semplici da espletare. Negli ultimi anni questa giurisdizione si è contraddistinta per l’apertura del proprio sistema fiscale alla cooperazione internazionale così da garantirsi l’inserimento nella White List: questo fattore però non deve trarre in inganno gli investitori perché comunque Malta resta una delle migliori mete per l'offoshore (imprese fittizie usate per nasconderne, denaro e occultare proprietà). Insomma, pare che Malta, per la sua posizione geografica, sia un'ottima piazza dove investire denaro contante. Tutto questo è un caso o una precisa volontà? Ma la domanda che deve sempre rimanere al centro del dibattito è: cosa ci faceva Brandimarte a Vittoria?
La storia continua

giovedì 18 dicembre 2014

Un preoccupante omicidio 2



L'omicidio Brandimarte ha aperto un nuovo squarcio in questa città. Tutti sono straniti dal fatto che un esponente di primo piano della 'ndrangheta calabrese fosse a Vittoria. Ma i legami con la 'ndrangheta questo territorio c'è li ha da tempo. A pag 103 della relazione annuale 2008 della DNA (Direzione Nazionale Antimafia  n.d.r.) si legge: 
“... acquisizioni investigative confermano i collegamenti operativi per il controllo delle attività di trasporto e di confezionamento dei prodotti ortofrutticoli fra soggetti legati alle organizzazioni criminali della camorra, della ’ndrangheta e di cosa nostra, operanti nei mercati ortofrutticoli di Fondi e di Vittoria”. Nella stessa relazione poi a pag 473 c'è scritto:
Nel corso di una riunione tenutasi il 30 gennaio 2008 fra i magistrati della DNA sono state esaminate alcune segnalazioni di infiltrazioni mafiose nei mercati ortofrutticoli di Vittoria, di Fondi e di Milano, rilevando che sarebbe stato necessario acquisire ulteriori, più complete e dettagliate notizie e informazioni sul fenomeno denunciato, al fine di consentire al PNA( Procuratoe Nazionale Antimafia n.d.r.) di adottare adeguate iniziative finalizzate al compimento di un atto di impulso che permettesse alle direzioni distrettuali antimafia di sviluppare compiutamente le necessarie indagini. Si concordava altresì sull’utilità di effettuare un monitoraggio per accertare se e quante indagini esistessero presso le varie DDA in materia di infiltrazione mafiosa nei mercati e ciò in vista di un’ulteriore approfondimento da delegare agli organismi specializzati di polizia giudiziaria. Effettuato il monitoraggio indicato, si è tenuta presso la DNA un’altra riunione il 18-6-2008; all’esito della quale il PNA dettava delle direttive, in attuazione delle quali veniva invitata la DIA a compendiare in una breve informativa le acquisizioni investigative riguardanti i collegamenti operativi per il controllo delle attività di trasporto e di confezionamento dei prodotti ortofrutticoli fra soggetti legati alle organizzazioni criminali della “camorra”, della “ndrangheta” e di “cosa nostra”, operanti nei mercati ortofrutticoli di Fondi e di Vittoria, nonché di predisporre un progetto di protocollo investigativo per sviluppare ulteriormente le indagini in questione al fine di verificare le ipotesi investigative formulate nel corso della riunione suddetta. Progetto di protocollo da sottoporre ovviamente all’esame delle direzioni distrettuali antimafia di Roma, di Napoli, di Reggio Calabria, di Caltanissetta e di Catania nel corso di una riunione da convocare presso la Direzione Nazionale Antimafia”.

Ogni giorno da Vittoria partono in media 200 TIR per varie zone d'Italia e d'Europa. Sono forse le rotte commerciali dei TIR che hanno attratto, nel nostro territorio, una delle famiglie più potenti della 'ndragheta?  

to be continued

lunedì 15 dicembre 2014

Un preoccupante omicidio.


Si torna a sparare a Vittoria. Questa volta però non è il solito omicidio legato agli interessi della criminalità economica locale. No. Ad una prima analisi sembra più un regolamento di conti in trasferta. Ma il nome della persona uccisa accende i riflettori su qualcos'altro. Cosa ci fa Michele Brandimarte - esponente di spicco della 'ndrangheta legato alla famiglia Piromalli- Molè, - a Vittoria? Era qui per turismo? Per capire di cosa stiamo parlando bisogna conoscere la capacità criminale ed economica di questa gente. I Piromalli sono una ndrina calabrese, esattamente di Gioia Tauro. Secondo la Direzione Investigativa Antimafia è la più grande cosca dell'Europa occidentale con oltre 400 membri e diverse migliaia di affiliati. E' molto attiva nel traffico internazionale di droga, di armi soprattutto grazie alla presenza del porto di Gioia Tauro. La cosca ha molti interessi anche nel settore agricolo, nei trasporti, nelle truffe alla comunità europea e ha una buona capacità di infiltrazioni nel mondo imprenditoriale. Stiamo parlando di un livello criminale altissimo. I fratelli di Michele Brandimarte, la persona ammazzata, Antonio e Alfonso, furono arrestati nel luglio scorso nell'ambito dell'operazione "Puerto liberado" condotta dalla Guardia di finanza con il coordinamento della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, che portò alla luce l'esistenza di un gruppo che gestiva l'importazione di fiumi di cocaina purissima dal Sudamerica, attraverso il porto di Gioia Tauro. Acquistavano coca direttamente dai cartelli colombiani. Si dice che Michele Brandimarte avesse a Vittoria diversi “amici”. Quali interessi hanno portato in questa parte della Sicilia un uomo di spicco della ndrangheta? La cosa più facile che viene da pensare è che in questo territorio l'economia criminale abbia fatto un grande salto di qualità. Forse è stata abbandonata l'attività predatoria classica basata su manifestazione tipicamente estorsive e si sia passato ad interessi imprenditoriali complessi e raffinati che partono dalla droga e arrivano alla finanza? Per fare questo serve una capacità imprenditoria/criminale superiore. Michele Brandimarte rappresentava questo tipo di capacità? Per questo è stato ucciso?

martedì 9 dicembre 2014

IO LO SO





Io lo so. So cosa fa girare l'economia del mio territorio. Tutti parlano dell'agricoltura, anzi della serricoltura. Ma quando mai, non è più così da tempo. L'odore del successo, della conquista, da trent'anni, sta nel cemento, nei mattoni, nei ponteggi, nelle lottizzazioni, ma soprattutto nella capacità di utilizzare la paura di tanti piccoli imprenditori artigiani del settore - gli unici che non si sono mai arricchiti e che oggi sono travolti dalla crisi. Piccoli imprenditori, lavoratori autonomi abituati a credere che se non si costruisce si rimanere senza lavoro. Le prove sono indiscutibili, le ho riprese in questi anni con i miei occhi. Ho visto la città crescere, allargarsi fino a puntare verso il mare. Altro che oro verde, qui da tempo tutto nasce dal cemento. E’ da sempre la professione più facile per far soldi nel più breve tempo possibile. Devi avere solo una capacità: agguantare silenziosamente, come un predatore, i terreni più allettanti, acquistarli per pochi decine di euro al mq e poi attendere. Una variante, una modifica, la nuova stesura del piano regolatore, qualcosa ti verrà sicuramente incontro. Non ci voglio prove per queste cose, baste sentire il discorso dell'imprenditore Edoardo Nottola nel film Le mani sulla città di Francesco Rosi: “… questa terra quanto la puoi pagare oggi … trecento, cinquecento, mille lire al metro quadrato … ma domani questa terra, questo stesso metro quadrato, ne può valere sessanta, settantamila, e pure di più … Tutto dipende da noi, il cinquemila per cento di profitto … niente affanni e niente preoccupazioni … tutto guadagno e nessun rischio … Noi dobbiamo fare solo in modo che il comune porti qua le strade, le fogne, l'acqua, il gas, la luce e il telefono ...”. E' così da sempre e in ogni parte d'Italia. Quando l'obbiettivo è raggiunto, tutto è già pronto per la realizzazione dell'opera: dal progetto alle imprese di subappalto. Tanti  piccoli artigiani, su cui tagliare il prezzo di costruzione, scaricare responsabilità e rischi. Quando guardo le tante costruzioni nate in questi anni e ci entro per visitarle, sento le voci di chi le ha costruite senza guadagnarci nulla, si è solo indebitato e vive con la promessa di un nuovo lavoro convinto di potersi rifare. Le banche poi hanno sempre concesso credito ai tanti Nottola. Si Può dire che le banche sembrano fatte solo per i Nottola. Per gli istituti di credito le imprese agricole, l'artigianato, i servizi sono attività gassose, prive di massa. Mi capita, a volte, di trovarmi con questi imprenditori, con i Nottola, con i più forti; li guardo, li ascolto, sono ben vestiti, hanno uffici che sembrano studi professionali con quadri d'autore alle pareti, parlano bene, con calma, alcuni mi dicono: “sai ... io sono sempre stato di sinistra”, come per giustificarsi. Ed è li che sale la rabbia, quella muta, che ti fa digrignare i denti e mordere la lingua. Io lo so chi siete, so che state fiutando nuovi affari, malgrado la crisi, nonostante la mancanza di credito, per voi tutto questo non esiste. Anzi, per voi la crisi è un opportunità e la mancanza di credito è un pretesto. Con poche migliaia di euro si possono comprare terreni e fabbricati messi all'asta così da far ripartire la giostra da un'altra angolazione. E poi si trova sempre qualcuno pronto a difendere questi affari. Gli argomenti sono sempre gli stessi: lo sviluppo, il lavoro, l'economia, la crisi, l'impresa, la modernità … tutte definizioni. Nei fatti tutto è per voi. La verità, nonostante tutto, è li e non si può nascondere. Io lo so, e così, e non posso assecondarvi.

 Riadattamento di "Io so e ho le prove" di Roberto Saviano,  pubblicato nel  n.32 di  Nuovi Argomenti dell'ottobre 2005.

domenica 23 novembre 2014

Critica alla furbizia


In questi giorni discuto molto con mia figlia sull'inutilità di occupare la scuola che frequenta. Ritengo gli argomenti che utilizza troppo grandi e trattati in modo un po approssimativo: jobs act, articolo 18, riforma della scuola. Non per fare il padre compassato e scrupoloso, penso che ci sia passione nelle cose che dice, ma vedo affiorare anche il desiderio antico e furbesco di perdere qualche giorno di scuola, la solita maliziosa svogliatezza che un po tutti da giovani abbiamo praticato. Ma se occupare la scuola a queste condizioni è sbagliato, sia nel metodo che nel merito, non significa che io abbia ragione. Agli slogan di ragazzi che “protestano” perché aspirano ad un futuro migliore, noi grandi cosa contrapponiamo? Se un ragazzo qualsiasi mi domandasse: “Ok, la mia protesta è un po vaga e furba perché sa di vacanza, ma lei cosa propone? Non vede che il merito è stato bandito e che vengono premiati solo i furbi, quelli che stanno nelle vicinanze del potere o meglio che sono parenti del potere?” Io queste accuse me le sento addosso. Ed è qui che affiora il caso di cui tutti in città parliamo: gli incarichi al figlio dell'ass. Dezio. Voglio fare subito una precisazione non è mia intenzione mitragliare un giovane professionista. Il problema non è né lui né il cognome che porta, ma è il modello attuato. Un sistema che è uguale a Vittoria come a Courmayeur. Gli atti, le delibere, le determinazioni sono sicuramente legittimi ciò che fa impressione è come la casta che governa da Nord a Sud guardi esclusivamente a se stessa. Qualcuno molto più bravo di me ha scritto in un breve saggio: “il massimo peso delle relazioni di casta, rispetto all'impalpabilità delle relazioni basate sul merito”. Uno studente ha tutte le ragioni per mandarci sonoramente a quel paese, perché a Vittoria come a Treviso puoi essere un giovane brillante e capace, presentare ad una pubblica amministrazione un ottimo lavoro che merita di essere sostenuto ma qualcuno ti dirà: “chi sei ... di chi fai parte” e dalla risposta dipenderà tutto. Puoi essere Einstein, se non hai un padrino finisci nell'insieme indistinto e indifferenziato, diventi un bamboccione, sfigato e choosy. Se invece sei furbo … Se vogliamo uscire al più presto da questa crisi lasciando un mondo migliore a questi ragazzi serve valorizzare il genio, il lavoro, e fare qualche sacrificio. Non serve sicuramente la furbizia. Ricordiamoci della volpe: è furba ma finisce sempre in pellicceria.  

domenica 16 novembre 2014

Con chi sta Dio?


Io non voglio sapere dove sta Dio. Io vorrei capire: con chi sta Dio? Da credente, sempre più perplesso, mi sono sempre posto questa domanda. Non sono riuscito mai a trovare una risposta. Fatti, circostanze, condizioni che si susseguono giornalmente mi lasciano sempre più dubbioso e via via più scettico. La domanda poi si fa più insistente quando leggo certa cronaca , ma soprattutto sento certe cose. Ad esempio mi è arrivata notizia che  noti “personaggi”, gente molto ricca e potente della mia città, essendo molto credenti (beati loro) hanno sentito l'esigenza di realizzare all'interno delle loro ricche e lussuose abitazioni una cappella. Li si chiudono per pregare. Mi è venuto spontaneo pensare, tra i tanti elettrodomestici che possiedono questo è quello più singolare: la lavabiancheria della coscienza. Io li immagino, dopo che hanno capito di aver combinato qualche porcheria, inginocchiati col capo chino che provano a mettere a posto la propria anima tra i loro agi. Si atteggiano un po come Zaccheo il pubblicano, il ricco esattore di piccola statura, il quale ospitò Gesù nella sua casa, ammise i suoi peccati e promise di dare la metà dei suoi beni ai poveri e se aveva frodato qualcuno avrebbe restituito quattro volte tanto. Certo,  loro si guardano bene dall'imitarlo. Anzi, forse, per questa gente Zaccheo è stato un grande cretino perché doveva tenersi in casa Gesù,  ma soprattutto i soldi. Infatti, se uno ci ragiona (come loro) è  molto meglio trincerarsi nel proprio agiato e prezioso angolo spirituale, implorare perdono al proprio Gesù, recitare due Padre Nostro, tre Ave Maria e un Atto di Dolore per resettare e pulire tutto, così da ripartire bianchi e splendenti per nuove scorribande.
Questa singolare notizia insieme alle tante cronache di questi giorni ha fatto riemergere questa domanda: con chi sta Dio? Dalla mia memoria affiora una frase di Don Pino Puglisi (ammazzato dalla mafia).“Nessun uomo è lontano dal Signore. Il Signore ama la libertà, non impone il suo amore. Non forza il cuore di nessuno di noi. Ogni cuore ha i suoi tempi, che neppure noi riusciamo a comprendere. Lui bussa e sta alla porta. Quando il cuore è pronto si aprirà.".
UHMMM ... quindi non c'è bisogno di avere una cappella personale. Dio attende ovunque.
Dopo di che mi torna in mente una frase di Don Peppino Diana (ammazzato dalla camorra): “La criminalità organizzata riempie un vuoto di potere dello Stato che nelle amministrazioni periferiche è caratterizzato da corruzione, lungaggini e favoritismi".
Apposto  ... 
Io non voglio sapere dove sta Dio. Io vorrei capire: con chi sta Dio?

giovedì 2 ottobre 2014

Marcantonio Colonna e l'autonomia siciliana.



Marcontonio Colonna, Ammiraglio della flotta pontificia e padre di Vittoria Colonna (la fondatrice della nostra città),  diventò Vicerè di Sicilia il  4 gennaio del 1577. La nomina venne concessa da Filippo II Re di Spagna perché il principe Colonna pochi mesi prima era stato il grande eroe della battaglia di Lepanto (aveva catturato la nave ammiraglia dei turchi). Appena prese possesso della carica cercò subito di avviare una serie di profonde trasformazioni nella macchina amministrativa siciliana. La riforma delle riforme riguardava in primo luogo il Sant'Uffizio dell'Inquizione siciliana, una struttura elefantiaca. Era  un gran bel carrozzone clientelare composto da oltre 20 mila persone che beneficiavano di numerosi privilegi e immunità. Questi "sant'uomini" avevano un potere enorme: chi gli stava sulle balle lo accusavano di eresia e se le cose andavano bene lo sfortunato, oltre ad avere i beni confiscati, finiva la sua vita in carcere tra torture e stenti. Tutte le strutture dell'inquisizione, all'intero del grande regno spagnolo, erano state snellite nei loro apparati burocratici e soprattutto erano stati ridotti i numerosi privilegi, tranne però per quella siciliana. Questa cosa procurava un enorme fastidio al Vicerè Colonna il quale si mise immediatamente a lavoro ma la missione si dimostrò subito impossibile. L'eroe di Lepanto non si rese conto di ciò che aveva sfiorato, voleva  mettere mano su grumo di interessi di enormi proporzioni. L'errore più grave che commise fu quello di aver toccato l'orgoglio siculo: la voglia di autonomia che avvolge da sempre questa terra. Per difendere e tutelare i loro interessi, gli inquisitori siciliani sciorinarono il meglio della loro arte delatoria. In meno di tre anni  i padri inquisitori la ebbero vinta. Tutto restò com'era sempre stato.  Al Vicerè sommerso dai veleni venne affiancato un osservatore spagnolo e mentre si recava in Spagna, dal re Filippo II, per discolparsi dalle innumerevoli accuse che gli erano piovute addosso, morì. Le male lingue dell'epoca parlavano di avvelenamento.
Quasi seicento anni dopo la storia di questa terra non è per nulla cambiata. La Regione Sicilia, grazie allo statuto autonomo, è  la più costosa, pachidermica e inefficiente macchina amministrativa del Paese e forse dell''Unione Europea.

sabato 16 agosto 2014

Scoglitti, la sua forza le nostre debolezze.



Scoglitti siccome immobile, potrebbe essere uno slogan che attraversa nel tempo la nostra meravigliosa frazione. Doveva essere la Rimini del Sud (mai assioma fu più infelice), non è diventata neanche lido di Gela (con tutto il rispetto per Gela). Una borgata che viene resa sporca, grumosa, sciatta dai suoi fruitori temporanei (soprattutto quelli ferragostani) e che espone senza pudore i danni grandi e piccoli che negli anni gli sono stati arrecati. La sua bellezza, malgrado i tanti sfregi, è unica, quasi inarrivabile. Abbiamo provato a "scassarla" in tutti i modi ma il suo mare, la sua costa, le sue spiagge la rendono comunque unica. Il porto è il suo metronomo, misura il fallimento di tutte le politiche dispiegate (si fa per dire) in questi anni. E' uno dei tanti monumenti alle sorti magnifiche e progressive di una Sicilia liquefatta dall'incapacità e dall'aridità della sua classe politica. Sta li a farsi consumare dal sole e dal vento senza che nessuno si preoccupi. Potrebbe diventare un volano per lo sviluppo turistico ma fin'ora è riuscito soltanto a “rimodellare” bene o MALE la morfologia della costa. Spostandosi da Est o ad Ovest del porto nulla cambia in termini di mortificazione di un territorio. L'abusivismo edilizio, che da Camarana a Costa Eubea, ha saziato la voglia di seconda casa al mare ha si sfigurato il paesaggio, ma la natura è stata più forte, le dune non sono state domate e la lunga lama di cemento armato che doveva contenere l'avanzata del mare sta cedendo in più punti. Gli amministratori annunciano, la regione promette, ma i finanziamenti per contenere i danni, di una natura che si riprende a modo suo il maltolto, arrivano con il contagocce. Invece di trovare un serio rimedio al degrado che negli anni è stato creato sono stati avanzati progetti ambiziosi, al culmine del delirio di onnipotenza. Chi voleva realizzare un anfiteatro, chi un acquario, chi annunciava a più riprese una pioggia di allettanti interessi dai migliori albergatori del mondo. Per fortuna non è successo nulla di tutto ciò. Si vedevano già queste opere incomplete, sferzate dalla “pruvenza” e cotte dal sole, decomporsi lentamente. Nessuno ha compreso, comprende e comprenderà che a Scoglitti non serve nulla di tutto ciò, va solo riqualificata, rispettata, stimata, valorizzata per quella che è. Quando la crisi azzanna e il territorio si impoverisce servirebbe mettere in campo più attenzione, più sensibilità, più concretezza. Doti che mancano da tempo a noi cittadini e quindi, di riflesso, a tutta la nostra classe politica che si atteggia ad esperta, che spara alto ma poi precipita tra le umane miserie e gli spaventosi limiti organizzativi. Scoglitti, nonostante tutto, malgrado noi è e sarà sempre bella, continuerà a metabolizzare ogni forma di deturpazione. Basterebbe avere coscienza di ciò per capire cosa potrebbe essere per tutto l'anno e invece non lo è. 

martedì 5 agosto 2014

Cappello, Confindustria e le politiche del credito.

Come non condividere le preoccupazioni del presidente regionale della PMI di Confindustria, Giorgio Cappello “ … Siamo vicini alla macelleria sociale ... Se le banche non cambieranno la politica di erogazione del credito alle Piccole e medie imprese il sistema rischia di collassare ...”. Sante parole. Ma, è anche vero che le parole sono pietre e vanno lanciate nella giusta direzione per colpire il bersaglio. Ci sono troppe cose, anche evidenti, che non coincidono Le domande che giro in modo garbato al dott. Cappello sono le seguenti:
  1. Ma la politica del credito non si decide all'interno dei cda delle banche, grandi e piccole, e nelle fondazioni che li gestiscono?
  2.  In quasi tutti i cda siedono molti esponenti di area Confindustria. Alcuni occupano posizioni di vertice. Ma in questi anni i confindustriali quali politiche di credito hanno avallato? Le stesse che Lei, dott. Cappello, denuncia dal 2008?
  3. Se è così, le sue dichiarazioni vanno contro i dirigenti della sua organizzazione?

Lo dico con estrema sincerità, non è nel mio interesse polemizzare con chi ha avanzato una denuncia pubblica, l'ultima di una lunga serie (altre organizzazioni da tempo hanno evidenziato queste anomalie), ma vorrei che si spiegasse, non a me, ma ai tanti che hanno letto le dichiarazioni del presidente regionale delle Pmi di Confindustria, come è possibile dichiarare di costituirsi parte civile "contro le vessazioni del sistema bancario" se ai vertici di quel sistema siedono imprenditori che aderiscono a Confindustria e in alcuni casi la governano.

sabato 28 giugno 2014

Scrivere è l'unico modo per sentirsi liberi e per continuare a "lottare".

Si, si  è proprio così, non ci resta che scrivere. In un Paese dove tutto è finzione, dove il re è nudo da tempo e la rassegnazione prevale su tutto e pervade ogni cosa  che ti  circonda,  non  rimane altro che scrivere.   Uno modo civile, forse un po pigro, ma è  da sempre la maniera migliore per dire ciò che si pensa. Le parole sono importanti, ma quelle scritte su un foglio, qualsiasi esso sia, sono pietre. Inizio questa nuova avventura con l'entusiasmo di sempre, spero di trovare per strada, come nella vita, tanti amici, avversai, nemici, con cui confrontarmi.