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domenica 18 dicembre 2016

L'unicità del Liberty di VITTORIA è come l'unicità dell'ETNA



La Sicilia della tante unicità: quelle naturali, quelle storiche, quelle architettoniche, ... Sto seguendo con attenzione i percorsi dell'Associazione “Liberty Bene Unesco”, che vuole portare allo “scoperto” l'unicità del Liberty vittoriese. Il gruppo va  ringraziato per la grande sensibilità, la volontà e la professionalità che sta mettendo in campo. Anche se non ci sono molte analogie, trovo delle assonanze con il percorso che alcuni studiosi catanesi, tra cui l'amico Salvo Caffo (https://www.facebook.com/salvatore.caffo), hanno intrapreso e portato a termine nel 2013: il riconoscimento dell'Etna come bene Unesco. Un vulcano che presenta una sua unicità, così come il Liberty di questa terra. Penso, sommessamente, che bisogna guardare con attenzione a questa esperienza, facendo, com'è ovvio che sia, le dovute differenze. 

Alla città di Vittoria serve un riconoscimento per farla uscire fuori dal ghetto in cui è stata cacciata, per valorizzare e sensibilizzare i suoi tecnici e le sue maestranze, riportandoli a riscoprire un modo di lavorare.




mercoledì 14 dicembre 2016

Serve una nuova antimafia 2° parte (fine)


Riparto da dove avevo lasciato. Serve costruire un'antimafia sociale. Per arrivare alla sua costruzione - cosa molto difficile - bisogna fare un piccolo passo indietro. In questi ultimi anni in provincia di Ragusa la coscienza antimafia che si era in parte diffusa subito dopo le stragi del '92 (Falcone, Borsellino e le loro scorte), in parte grazie allo smantellamento dei clan che imperversavano nel territorio,  si è, piano piano, consumata. L'azione repressiva delle forze dell'ordine, soprattutto dopo le stragi,  fu una reazione alla violenza mafiosa di quegli anni, e si intrecciò con l'impegno della così detta “società civile” la quale reagì più per vanità culturale e/o ambizione politica che per impegno vero e proprio. La dimostrazione che questa partecipazione fu in buona parte farlocca è data dal fatto che in poco tempo, con l'affermarsi del berlusconismo (inteso più come fenomeno di costume), gran parte di quella “società civile” si riconoscerà via via in un nuovo modello, più simile a quello mafioso. Infatti, l'illegalità da disvalore si trasformerà in risorsa. L'impunità da denigrazione diventerà il segno della propria condizione sociale ed economica. Ad opporsi a questa nuova circostanza, ancora attiva e ben radicata, rimarranno pochi dirigenti politici (di Sinistra) e qualche associazione. Ognuno proverà a contrastare come può,  guardando all'azione della magistratura, alle inchieste giornalistiche e alla capacità di contrasto delle forze dell'ordine. Contestualmente (cosa che ripeto da tempo) la criminalità organizzata locale inizierà la sua evoluzione. Cambieranno le figure, lentamente verrà abbandonato l'atteggiamento violento e vessatorio di un tempo e si dedicherà quasi esclusivamente alla gestione della droga. L'evoluzione sarà graduale ma inevitabile. Grazie ad una massa di denaro significativa, l'atteggiamento da boss cafone e violento non sarà più tollerato, chi vuole continuare su questa scia verrà eliminato. Bisogna diventare "imprenditori" perché le attività, da quelle illegali a quelle legali, non possono decollare senza la collaborazione dei professionisti, dell'imprenditoria e delle istituzioni. E' da questo momento che la criminalità diventa economica è inizia a costruire un rapporto più intenso fatto di interessi e convenienze con buona parte di quella “società civile”, fatta  da professionisti e (im)prenditori che negli anni '90 provano, molto timidamente, a contrastare l'atteggiamento violento dei clan. Adesso, una buona parte di questa "società" è attratta dalle masse di denaro che produce la gestione della droga. Da questo cambio di condotta nascono alleanze e affari che determinano la nascita di quella che in letteratura viene definita "nuova borghesia mafiosa”. Questo rapporto trova un cemento nelle crisi che si succedono, dagli anni '90 in poi. Crisi che indeboliscono il tessuto  economico principale di questa zona fatto di piccole imprese agricole. Il colpo letale lo sferra la depressione finanziaria del 2008. Piccoli imprenditori agricoli, attività ad essi collegati e lavoratori dipendenti sono travolti da un susseguirsi di difficoltà economiche e vengono spinti verso la povertà e/o l'esclusione sociale. I dati dell'ultimo censimento ISTAT sull'agricoltura siciliana sono molto chiari. Nel decennio 2000/2010 le imprese agricole in provincia di Ragusa si sono dimezzate. Si è passati dalle  24 mila aziende censite nel 2000 a meno di 13 mila aziende nel 2010. La cosa interessante è come  la superficie agricola utilizzata (SAU), cioè la superficie destinata alla produzione agricola, è rimasta quasi intatta (si veda tabella estratta dal 6° Censimento Generale dell'Agricoltura in Sicilia). 


Il dato diventa ancora più interessante se accostato al diagramma che descrive l'evoluzione delle dimensioni aziendali in Sicilia (si veda tabella sotto estratta dalla pubblicazione ISTAT Atlante dell'agricoltura in Sicilia pag. 17). 
Nel decennio 2000/2010 si è ridotto notevolmente il numero delle aziende di piccole dimensioni, mentre sono cresciute quelle di medie grandi dimensioni. Se la SAU è rimasta quasi intatta significa che la  terra delle piccole aziende è finita nella mani delle aziende medio grandi. 


Dal Rapporto Agromafie 2016, redatto dalla Coldiretti in collaborazione con L'Eurispes si ottiene la quadratura del cerchio e cioè che l'Indice di Organizzazione Criminale (IOC) della filiera agricola ragusana è il più alto d'Italia. Per essere chiaro: la Mafia controlla l'intero settore. Se poi vogliamo definire alcune sfumature di questa quadratura si può aggiungere che oltre al rapporto Agromafie vi sono alcune inchieste giornalistiche che ci dicono come la zona ragusana, per le sue caratteristiche climatiche e pedologiche, si stia trasformando in una delle zone di produzione di marijuana - controllate dalla mafia - più importanti d'Italia. Stiamo diventando una sorta piccola Jamaica. Ritornando al rapporto Coldiretti si evince chiaramente che la criminalità economica nel ragusano oltre a controllare qualsiasi produzione, gestisce anche i servizi all'agricoltura, sia quelli diretti: lavorazione dei prodotti, imballaggi, trasporti, rifiuti di prodotti dalla filiera che sono tanti e diversi; sia quelli indiretti: edilizia, immobiliare e finanza. 

Sulla finanza e in particolare sulla mobilità del denaro si apre una nuova finestra. In questo nuovo capitolo ci viene in aiuto la Banca d'Italia con le sue pubblicazioni. Nell'ultimo quaderno dell'antiriciclaggio dall'Unita di Informazione Finanziaria per L'italia (UIF) pubblicato nel settembre di quest'anno vengono analizzate le operazioni sospette del primo semestre 2016. A pag 11 (vedi figura) viene pubblicato il cartogramma. 






 
Come si può notare la nostra provincia, a livello nazionale, occupa una posizione di tutto rispetto. 50/60 operazioni sospette per ogni 100 mila abitanti. Sono tante!  Le sorprese però non finisco qui. Anche il peso dell'operatività del contante nella nostra provincia è tra i più alti d'Italia. Infatti, nel cartogramma pubblicato a pag. 38 (vedi figura) la nostra provincia ricade nell'area medio alta.

Quindi a Ragusa gira un bel po' di denaro contante? Questi soldi per non passare da certe operazioni bancarie saranno forse  poco puliti? 
Ma la sorpresa delle sorprese è quella che ci viene illustrata nel terzo cartogramma pubblicato a pag 45 (vedi fig. sotto), quello che da indicazioni sui bonifici verso i paesi a fiscalità privilegiata e non cooperativiAnche qui occupiamo una posizione di tutto rispetto. Dai nostri sportelli bancari escono somme verso paradisi fiscali specializzati nel riciclaggio?



 

Se è così sarebbe interessante sapere: quali professionisti promuovono queste operazioni? Perché queste operazioni sono promosse da professionisti! Quali banche si mettono a disposizione per fare questi movimenti? Perché questi movimenti sono fatti dalle banche!

Contro questi dati che ci parlano di flussi di denaro manovrati con una certa dinamicità, si contrappongono i dati della Caritas diocesana che ci raccontano come la povertà nella nostra terra aumenta e si struttura insieme al tasso di disoccupazione, soprattutto quella giovanile che supera ormai il 40%.  Nella relazione annuale della Caritas si legge: "ci troviamo di fronte alla necessità di gestire, oggi più di prima, richieste di tipo materiale ed esigenze di tipo economico". Un altro studio effettuato pochi mesi fa dalla TWING, una start up che si occupa di raccolta ed elaborazione dati, ci da informazioni ancora più significative. Da questa pubblicazione viene fuori che il territorio ragusano è il più povero della Sicilia (si veda fig. allegata). 



Abbiamo il reddito pro capite più basso della Regione e una movimentazione complessiva di capitali tra le più significative del Paese. La provincia babba, l'isola nell'isola è terra di stranissime stranezze. 

La criminalità economica di questa provincia, nell'attuale fase definita "globalizzazione", forse non è un'intrusa ma una protagonista. Ha utilizzato le occasioni (le crisi sono occasioni eccezionali) per marginalizzare le persone dai processi economici e arricchirsi alle loro spalle?

In questa lunga analisi,  spero interessante, ho provato ad accendere i riflettori sulle forze che hanno generato la metamorfosi della criminalità organizzata di questa zona a criminalità economica. Serve progettare e  costruire un contrasto serio perché serio è il problema. Sicuramente non serve l'antimafia delle chiacchiere che si nutre di autocompiacimento. Per progettare e praticare un'antimafia "sociale" bisogna legarla per forza  alle dinamiche economiche di questa terra e alle sue crisi che sono state e sono strumenti letali di emarginazione. Bisogna partire dalla costruzione di un blocco sociale fatto di giovani, di disoccupati, di piccoli imprenditori travolti dalla crisi, che vanno sottratti e contrapposti alle reti clientelari della criminalità economica e alla base di consenso della "nuova borghesia mafiosa". Vanno sottratti a chi li ha prima impoveriti e ora ne vuole sfruttare i loro bisogni. Tanto possono fare le associazioni presenti nel territorio in termini di analisi e di impegno, ma sono poco radicate e ancora meno organizzate. L'antiracket ha preso piede da qualche anno ma ha difficoltà ad estendersi e ad attecchire, non perché le imprese hanno paura dell'intimidazione, ma perché la criminalità economica è diventata un soggetto che ha potere, soprattutto economico, con cui è conveniente fare affari. Serve  capacita di aggregare e creare opinione. La Chiesa insieme alle forze sociali potrebbero assumere questo ruolo. Il vescovo di questa diocesi, mons. Carmelo Cuttitta, è stato un allievo del Beato Padre Pino Puglisi, ne ha conosciuto "l'immediatezza, la capacità di coinvolgimento, la pedagogia della partecipazione e del rendersi non solo partecipi ma anche responsabili degli altri".  Conosce bene la pastorale del Beato Puglisi che fu considerata una fastidiosa interferenza. Qui serve cacciare i mercanti dal tempio e per farlo servono anche strumenti ecclesiali e pastorali idonei a formare coscienze che rifiutino con forza certe logiche che stanno dilagando. Bisogna porre un argine. Questa diocesi ha una guida che possiede capacità e mezzi per avviare la costruzione di quest'argine. Naturalmente, non  tutto può e deve cadere sulle spalle della diocesi. In provincia di Ragusa ci sono forze sociali storiche (Sindacato) che hanno ancora un ruolo nel mondo del lavoro e dell'impresa. Forze che conoscono il territorio e da qualche tempo hanno compreso che serve riorganizzare le classi sociali per emarginare l'economia illegale. La nuova mafia, in modo subdolo, sta guidando i nuovi processi di sviluppo. Bisogna fermarla non solo con la magistratura e le forze dell'ordine ma anche promuovendo e sostenendo l'economia legale. Cioè il connubio tra sviluppo e solidarietà, sviluppo e progresso, sviluppo e rispetto dell'ambiente, sviluppo e rispetto del lavoro. Fino ad oggi, senza contrastato alcuno, c'è solo sviluppo per pochi e degrado per tanti.    
Queste mie considerazioni non possono e non devono essere interpretate come provocazioni. No. Sono solo desiderio di riscatto, o meglio: voglia di non rassegnarsi al decadimento. Se la nuova antimafia non diventa un tutt'uno con la lotta per la democrazia e con un modello di sviluppo che soddisfi i bisogni di tutti e non aggravi squilibri territoriali e divari sociali, la sconfitta è certa, fatta salva l'anima di chi è  e sarà comunque controcorrente.  

P.s :Penso che queste mie parole provocheranno delle reazioni,  anche perché da qualche tempo si sta affermando, soprattutto in alcune istituzioni, un nuovo concetto: parlare di mafia, o della criminalità economica, non è cosa buona,  si fa cattiva pubblicità al territorio e alla sua economia.  E' come quando uno ha un tumore, tutti lo sanno ma non si deve dire. I mali non si sono mai dissolti negandone l'esistenza. 
Spero solo che porre il problema non mi faccia diventare il problema.

giovedì 8 dicembre 2016

Serve una nuova antimafia. 1° parte


Per ogni chilogrammo di marijuana sequestrata dalle forze dell'ordine ce ne sono nove che non vengono intercettate. La freddezza statistica del dato non dice nulla se non viene applicato a quello che succede nella realtà. Solo nel mese di novembre in provincia di Ragusa Carabinieri, Polizia e Guardia di Finanza hanno sequestrato circa 150 kg tra marijuana e hashish. Tutta roba pronta per essere consumata. Se applichiamo il rapporto 1/9 viene fuori che 1350 chilogrammi di erba e di fumo, chilo più chilo meno, si sono salvati dalla confisca e sono stati sicuramente commercializzati. La droga leggera, nelle nostre piazze di spaccio, viene venduta a 10/15 euro al grammo. Se si fa una semplice moltiplicazione viene fuori che a novembre, nel territorio ragusano, la criminalità economica ha incassato circa 15 milioni di euro. Non sto considerando gli incassi fatti con la cocaina e tutto il resto. La cannabis è diventata in poco tempo una fonte di guadagno significativamente importante per la mafia. L'acquisizione di capitale della criminalità economica, grazie ai proventi della droga leggera, è cresciuta a dismisura e insieme ad essa è cresciuto il suo consenso sociale. Mentre da un lato la criminalità economica si ingrassa dall'altro, larghi settori dell'antimafia di mestiere tendono ancora a presentare il fenomeno mafioso essenzialmente come devianza, criminalità, prodotto di situazioni particolari, subcultura, eversione. Pensano ancora che alla mafia si contrapponga una società sostanzialmente sana: la così detta “società civile”. Parlano di racket come se fosse ancora l'attività di finanziamento primario della criminalità organizzata, senza capire che il pizzo, in molte zone, è ormai preistoria. Non hanno ancora capito, o peggio fanno finta di non capire, che la mafia è diventata impresa grazie ai capitali fatti in buonissima parte con la droga. Mentre si discute come contrastare il racket, l'impresa mafiosa si è integrata a pieno titolo nell'habitat sociale, è riconosciuta, stimata, valorizzata. Basta frequentare i bar o tanti locali pubblici durante le varie ore del giorno, imprenditori mafiosi incontrano professionisti o imprenditori normali. Di cosa possono parlare? Di affari!? Mentre tutti pensano ancora all'esattore del pizzo, il mafioso intanto, con i capitali della droga, si è evoluto ed è diventato un uomo d'affari di successo, è capace di creare opportunità di lavoro, interagisce con altri imprenditori creando servizi a costi vantaggiosi, investe nel territorio avviando nuove attività, costruisce rapporti con il sistema bancario, non da fastidio, è diventato un modello da imitare. Tutto questo gli ha permesso di acquisire e gestire posizioni di potere all'interno del sistema sociale in cui opera. La presunta società “civile” è passata, senza battere ciglio, dall'eventuale contrapposizione alla contiguità, instaurando un rapporto di tolleranza-convenienza-alleanza con l'impresa mafiosa. Questo atteggiamento ha sviluppato un modello di controllo-comando che non è più caratterizzato dalla paura per la violenza della mafia ma  dall'utilità della stessa. Si è affermato in modo definito un principio: la criminalità economica è utile e non è un ostacolo per lo "sviluppo". E' avvenuta una contaminazione determinata e dettata dalla massa di denaro che genera la droga che ha interrotto e intorpidito ogni tipo di contrasto sociale. Senza i soldi della droga, oggi, la mafia, anche nel nostro territorio, sarebbe rintanata in una riserva. Urge creare una nuova antimafia ... sociale.

continua 


sabato 26 novembre 2016

LEGALIZZIAMOLA




Pochi giorni fa in questo mio umile spazio segnalai come da tempo l'agricoltura della fascia trasformata stia subendo una strana mutazione, una metamorfosi di tipo sudamericano. Nelle serre della nostra zona sempre più spesso si coltiva marijuana. Utilizzando un termine un po' forte l'ho ribattezzata la nostra zona “la fascia narcotrasformata”. Stiamo assistendo ad una nuova riconversione agricola. Le cronache degli ultimi tempi confermano la mia tesi. Infatti, in Sicilia e in particolare proprio nella nostra zona si produce la migliore erba italiana. Suolo con buone capacità nutritive, temperature medie annue tra i 19 e i 25 gradi, umidità alta, regalano fino a sei raccolti l'anno e un prodotto che ha un'ottima resa e pregio in termini di principio attivo. Per essere chiari: con la nostra erba lo sballo è garantito e certificato. Il tutto, naturalmente, è strettamente controllato dalla criminalità economica, la “GDO del settore”, che gestisce produzione, traffico e vendita sia all'ingrosso che al dettaglio. L'organizzazione di questa nuova produzione è perfetta. C'è chi individua i campi e le serre adatti e ben nascosti, chi si occupa di coltivare, chi di sorvegliare la produzione e chi trasportare il prodotto finito. Terra e manovalanza non né mancano. La crisi della serricoltura è stata ed è una fortuna per la mafia. Produttori travolti dai debiti, disoccupati e immigrati c'è ne sono tanti, basta vere la forza di assumersi qualche rischio, il reddito è certo. Un nuovo affare da milioni e milioni di euro, perché la marijuana non è come i pomodorini, le melanzane o i peperoni: raccogli, lavori, porti al mercato e poi si vede. No. L'erba è concreta, ripaga i sacrifici, è un prodotto che bisogna pagare tutto e subito e la criminalità economica non rinuncia mai alla concretezza. La mafia grazie a questa nuova pratica di coltivazione sta migliorando e rafforzando il controllo del territorio. Mentre le forze dell'ordine, nel nome del ridimensionamento della spesa, subiscono tagli e smorzature, la mafia grazie a questa nuova pratica di coltivazione si afferma con più forza, diventa sempre più punto di riferimento, accresce il suo potere economico e il rispetto. Così, mentre il contrasto e la legge soccombono, le regole della criminalità economica si impongono. Le regole non sono come le leggi che ti dicono che devi essere giusto e corretto, le regole dicono come si comanda un territorio, le regole conducono al rispetto e il rispetto lo merita chi possiede e può dare qualcosa.
La coltivazione di marijuana e il nuovo grande affare questa terra, la Sicilia, è al centro di questo affare. C'è solo un modo per tagliare definitivamente le gambe al nuovo business: legalizzare produzione e consumo. Non vedo altre strade. 

Per approfondire:




sabato 19 novembre 2016

La società dei borghesi piccoli piccoli


La Ragusa delle Istituzioni, delle solidarietà d'affari e di massoneria,
 dei rapporti  inconfessabili tra professionisti e “sperti e malandrini” 
si adopera per circoscrivere i danni. 

Dal Libro di Alfio Caruso “ I siciliani”



Pochi giorni fa nella pagina satirica di Facebrutt qualcuno degli amministratori ha scritto un post: A proposito di massoneria, a Vittoria ci sarebbero ben 800 fratelli muratori! E poi Giorgio Stracquadanio va dicendo in giro che l’edilizia è in crisi… ”. Un post ironico e burlesco, ma capace di mettere in luce un fatto che in questa città (in questa ex provincia) non ha mai suscitato una particolare attenzione. Al di la del numero - “800 fratelli muratori” - che mi sembra un tantino esagerato, la cosa mi ha incuriosito. Cercando su internet ho scoperto che in provincia c'è una presenza massiccia e radicata della massoneria. In particolare operano tre logge massoniche. Due aderenti al Grande Oriente d'Italia (G.O.I.) e una alla Gran Loggia Regolare d'Italia (G.L.R.I.). Ma cosa cercano i massoni iblei? Io, essendo orgogliosamente profano, non sarei mai arrivato ad una risposta, quindi ho girato la domanda ad una persona che non ha mai fatto mistero di essere massone. La sua replica è stata quanto mai singolare (vado a memoria): “L’ordine del mondo è basato su un segreto, ci sono uomini che sentono l'esigenza di capire questo segreto e si mettono insieme per arrivare alla Luce”. Appena lui ha finito di articolare la frase, stavo per pronunciare una di quelle volgari esclamazioni che caratterizzano il nostro dialetto. Fortunatamente la ragione è prevalsa sull'istinto e la lingua è stata immediatamente messa a freno. Comunque, questo gentile signore ha avuto anche la cortesia di evidenziare come le loro riunioni siano frequenti e partecipate, molti “adepti” sono di Vittoria e le iscrizioni sono in aumento. Ma come mai c'è tutta questa voglia di esoterismo, di segretezza, di “insegnamenti riservati a pochi”? Non so fino a che punto lo studio di queste “scienze” possa servire all'arricchimento dell'animo umano, ma penso, da profano convinto, che la massoneria attragga più per interessi materiali, come agevolare carriere oppure ottenere incarichi o favori, che per lo studio esoterico. Sempre da profano convinto, so (ma anche voi lo sapete) che esiste un'ampia letteratura che ritiene la massoneria il lato oscuro di ogni tipo di potere. Moltissimi massoni locali saranno sicuramente bravissime persone, ma hanno accettato di entrare in una associazione segreta in cui si fa un giuramento* di fedeltà estrema. Questa eccessiva devozione serve, forse, ad occultare delle scomode verità? I bene informati accennano anche che in provincia forse operino della logge coperte, frequentate da personaggi che non vogliono rivelare la loro appartenenza alla massoneria, sarà vero? Una cosa comunque pare certa: la massoneria in provincia di Ragusa affascina da tempo e occupa un posto di rilievo. Questo forse spiega perché in questa terra il non detto del passato, con i suoi segreti, fa sempre da trama al futuro e le vecchie ferite resteranno cicatrici nascoste, focolai di nuove infezioni.

Il giuramento* di affiliazione massonico, che va prestato sul Volume della Sacra Legge(?), è il seguente: Liberamente, spontaneamente, con pieno e profondo convincimento dell’animo, con assoluta e irremovibile volontà, alla presenza del Grande Architetto dell’Universo, prometto e giuro di non palesare giammai i segreti della Massoneria, di non far conoscere ad alcuno ciò che mi verrà svelato, sotto pena di aver tagliata la gola, strappato il cuore e la lingua, le viscere lacere, fatto il mio corpo cadavere e in pezzi, indi bruciato e ridotto in polvere, questa sparsa al vento per esecrata memoria di infamia eterna. Prometto e giuro di prestare aiuto e assistenza a tutti i fratelli liberi muratori su tutta la superficie della terra, prometto e giuro di consacrare tutta la mia esistenza al bene e al progresso della mia patria, al bene e al progresso di tutta l’umanità, prometto e giuro di adempiere ed eseguire tutte le leggi, i regolamenti e le disposizioni tutte nell’Ordine e di portare ossequio e obbedienza alla suprema autorità e a tutti quanti sono i miei superiori. Prometto e giuro di conservarmi sempre onesto, solerte e benemerito cittadino ossequiente alle leggi dello stato, amico membro della mia famiglia e massone per abbattere sempre il vizio e propugnare la virtù. Prometto e giuro di non attentare all’onore delle famiglie dei miei fratelli. Finalmente giuro di non appartenere ad alcuna società che sia in opposizione con la libera massoneria, sottoponendomi rispetto alle pene personali piú gravi e terribili”.

sabato 12 novembre 2016

Cancro, malattia sociale


Un altro amico si è ammalato di cancro. Con gli occhi gonfi di rabbia e voce rassegnata mi ha annunciato: “Giò, ho il tumore”. Così mi a detto. Come se il cancro fosse qualcosa che uno possiede. Come se Dio, i Santi, la Madonna, Gesù Cristo una mattina si alzano, si riuniscono e decidono di farti diventare proprietario di questa malattia. No, non sono loro che decidono, è ciò che respiriamo, mangiamo, spesso è anche il tipo di lavoro che facciamo che determina il tumore. Il cancro non si possiede, è il frutto dell'alterazione ambientale (nel senso più ampio possibile del termine) di un territorio. Il fatto stesso che si pronunci la frase: “ho il cancro”. significa che si ha scarsissima considerazione dei fattori ambientali. E' come se il cancro cresce, si sviluppa e fiorisce al tuo interno solo perché già ne possiedi i semi. Non solo, quando viene diagnosticato scatta il silenzio ipocrita. Non si deve sapere in giro che quella persona è malata. Come se il silenzio divorasse la malattia. E poi quando purtroppo si muore, non si muore per il cancro, no, si muore di “malattia incurabile”. Fino alla fine si fa finta di ignoralo. Tutti atteggiamenti che si sono consolidati nel tempo e ci hanno portato a sottostimare cosa mangiamo o a sottovalutare le condizioni dell'ambiente in cui viviamo, lavoriamo e passiamo il nostro tempo libero. Ignoriamo con naturalezza l'evidenza delle cause e degli effetti di questo degrado. All'omertà classica abbiamo affiancato l'omertà ambientale-oncologica. Bisogna cominciare a fracassare questo atteggiamento, questa quiete dolorosa e tragica, magari aprendo una interlocuzione sociale. Raccontare il malessere significa evidenziare i danni del nostro territorio e quindi sensibilizzare le istituzioni preposte ad avviare politiche di riqualificazione e risanamento. Siamo capaci di farlo? Oppure vogliamo essere i prossimi "ha possedere un cancro"?

sabato 5 novembre 2016

Aiuto!!

Non so voi, ma io comincio ad avvertire una ripugnanza impressionante per le troppe parole di questa campagna referendaria monopolizzata dal si. Fiumi di parole inutili che servono solo a nascondere, come polvere sotto il tappeto, il disastro economico e sociale che stiamo vivendo. I numeri, a differenza delle parole, ci raccontano qualcos'altro.
PIL. l'ultima nota dell'ISTAT ci dice che “Prosegue la fase di incertezza per l'economia italiana, con segnali di rallentamento dei consumi ... L'indicatore anticipatore non segnala prospettive di accelerazione dell'attività economica negli ultimi mesi dell'anno”. Siamo fermi. La cosa più sconvolgente è che il 13% del nostro PIL è originato dall'economia sommersa (inserita nel conteggio del PIL alla fine del 2014) Sto parlando di 211 miliardi generati da “imprese” invisibili al fisco che hanno lavoratori in nero e da “attività” legate all'economia criminale. L'illegalità ha assunto un ruolo di primo piano nella nostra economia per questo non viene contrastata come si deve. La nostra lieve crescita, + 0,7% PIL nel 2015, è legata a questo “nuovo modello di sviluppo”.
La Povertà è aumentata e cono essa sono ricomparse alcune condizioni che pensavamo estinte. L'ultimo rapporto della Caritas/ISTAT ci racconta di 1 milione e 582 mila famiglie  italiane che  vivono in uno stato di povertà. Un totale di quasi 4,6 milioni di individui, l'8% della popolazione italiana. Da questo dato si deduce quanto scritto dalla Fondazione Migrantes, la quale certifica che siamo tornati ad essere un paese di emigranti. 107.529 gli italiani espatriati nel 2015, in gran parte lombardi (20.088) e veneti (10.374). (Ma non sono i cittadini delle regioni più ricche governate da quella Lega che non vuole gli immigrati?). Di contro, nel Sud, in Sicilia, ci sono comuni molto vicini al nostro che si stanno svuotando. Più del 40% dei cittadini di Favara e Licata sono ormai residenti all'estero. Questo dato ci “narra” come sia fallito miseramente il jobs act. Intanto la disoccupazione giovanile, secondo l'ISTAT, (dati 31 Agosto scorso) è cresciuta passando dal 37,1% al 39,2%. A settembre è salito il tasso di disoccupazione complessiva passando dall' 11,4% all'11,7%. Grazie ai voucher cresce invece in modo esponenziale il lavoro precario: +35,9% rispetto al 2015 e + 71,3% rispetto al 2014.
Scuola. Non do nessun dato, utilizzo le parole del capo del governo: “la Buona Scuola non funziona ma la modifico solo dopo il referendum”
Banche. Su Monte Paschi di Siena gravano una caterva di crediti per lo più inesigibili. Unicredit vuole tagliare oltre 6000 posti di lavoro. Su Banca Etruria, Veneto Banca, Banca Marche, Carichieti e Cassa di risparmio di Ferrara, c'è da mettersi le mani nei capelli. A tutto questo si aggiunge che anche qualche banca locale non vive più momenti magici.

Lo so, qualche passionario del genio di Firenze dirà, o scriverà, che sono un gufo, ma questi dati io li sto solo registrando. Questi numeri sono frutto delle riforme fatte dal “magnifico”. Quindi prima di affibbiare figure zoomorfe a chi non la pensa come voi, vi ricordo che siete tifosi di un innominato che si atteggia a grande statista. Lo dico per il vostro bene, state attenti, rischiate di fare una brutta fine.   #votoNO 

lunedì 31 ottobre 2016

Bretelle e ribassi


Leggo la notizia dell'assegnazione dell'appalto per la realizzazione della bretella che collegherà l'aeroporto di Comiso alla SS 514 Ragusa Catania. I lavori comportano una spesa di 9 milioni 201 mila euro e l’impresa se lo è aggiudicato grazie ad un ribasso d’asta del 52 per cento. IL 52 PER CENTO!!! Cioè quello che si può fare con 9 milioni e 201 mila euro si farà con 4 milioni 784 mila euro? Se è così le cose sono due: o è farlocco il prezzario regionale che stabilisce gli importi, o è priva di fondamento l'offerta.
Riaffiorano nella mia memoria: il crollo del viadotto della SS 626 Caltanissetta Gela nel maggio 2009, a solo tre anni dall'inaugurazione. Il cedimento del ponte “Verdura” sulla SS 115 Agrigento Sciacca nel febbraio 2013. Lo sprofondamento del viadotto “Petrulla” nel luglio del 2014 sempre sulla SS 626. E infine, l'apoteosi delle apoteosi, il 23 dicembre del 2014 Renzi taglia il nastro del viadotto “Scorciavacche 2”, sulla Palermo Agrigento, ma già a Capodanno mezza carreggiata era affondata nel vuoto. 13 milioni di euro crollati in meno di dieci giorni. Grandioso. Un filo rosso collega questi schianti clamorosi. Sono tutte opere aggiudicate con ribassi significativi. Mi viene un dubbio, forse - dico forse - potrebbe esserci una certa attinenza tra i ribassi e crolli? E se così fosse, i controlli come sono stati effettuati? Le cronache di questi ultimi tempi ci hanno abituati ad essere sempre più diffidenti e a pensar male sempre e comunque. Quando si parla di opere di un certo tipo si diventa subito diffidenti.
Questo ribasso del 52 per cento è stato una detonazione che ha allarmato una parte dell'opinione pubblica. Non vi sono dubbi, la bretella è un'infrastruttura importante per questa territorio e il ribasso potrebbe essere anche giustificato. Forse è il caso che gli organi preposti al controllo e alle verifiche puntassero a migliorare il proprio ruolo. Ad esempio, una maggiore attenzione nell'affidamento dei subappalti insieme ad una verifica attenta sui materiali usati, non sarebbe male. Inoltre, potrebbe essere utile effettuare collaudi anche durante la realizzazione dell'opera.

Migliorare il sistema dei controlli significa non solo dare una risposta alle nostre esigenze di cittadini ma soprattutto tutelare la nostra incolumità. Ci siamo stancati di leggere o di vedere morti assurde senza trovare mai un responsabile vero, o addossare la colpa alle figure più deboli socialmente. Non possiamo affidarci sempre al fato o alla divina provvidenza.

sabato 29 ottobre 2016

Il monopolio è il paravento



Quanto costa trasportare un TIR carico d'ortofrutta da Vittoria a Bari? Da Vittoria a Fondi? Da Vittoria a Milano? Domande a cui possono rispondere solo gli addetti ai lavori. Ho voluto fare una piccola ricerca, sono venuti fuori dei numeri veramente interessanti. Nei cassoni frigo dei modernissimi TIR che vediamo sfrecciare nelle nostre circonvallazioni ci vanno 26 pedane di prodotto. La pedana è l'unità di misura e il suo costo di trasporto è strettamente legato alla sua destinazione. Per fare un esempio: trasportare una pedana di ortofrutta da Vittoria a Fondi, solo andata, costa mediamente 60 euro. Quindi il prezzo che il commerciante deve saldare al titolare del TIR per un carico completo d'ortofrutta diretto al mercato laziale è presto fatto: (26 pedane x 60 euro) 1560 euro. A questa somme si detrae circa il 10% per la commissione dovuta all'agenzia di intermediazione che organizza il viaggio e altre 5 euro a pedana per il carico, quindi: 286 euro. Se l'autista decide di affrontare direttamente l'itinerario deve spendere: circa 600 euro per il gasolio (un tir a pieno carico consuma in media un litro di gasolio ogni 2 Km percorsi, la distanza da Vittoria a Fondi e di 900 Km circa e il costo del gasolio è di 1. 30 euro a litro). 130, per traghettare a Messina e 150 euro circa di spese varie. Quindi dalle 1560 bisogna sottrarre circa 1100 euro di spese. Pertanto, l'incasso netto è di 460 euro. I costi aumentano se l'autotrasportatore decide di imbarcarsi a Catania per sbarcare a Napoli e poi proseguire per Fondi.
Ho detto sin dall'inizio che il viaggio è solo andata. Se la ditta di trasporto è già organizzata con un viaggio di ritorno non ci sono problemi, altrimenti tir e autista devono attendere qualche giorno per trovare una commessa di trasporto che li riporti a Vittoria. Quindi dalle 460 bisogna detrarre almeno 100 euro per il periodo in cui soggiorna. Va comunque evidenziato come la tariffa per il ritorno è sempre molto più bassa, all'incirca 600 euro, generalmente si trasportano casse vuote. Va anche tenuto in considerazione il fatto che sia per l'andata come per il ritorno il tempo di guida, nell'arco di una giornata, non deve superare le 9 ore e comunque non si possono superare le 4,5 ore di guida effettive, dopo di che seguono pause, riposi e stop forzati. Quindi un viaggio andata e ritorno da Fondi in media dura è tre giorni. L'incasso netto si aggira intorno alle 200/300 euro. Questi soldi non finiscono tutti nella tasca dell'impresa di trasporto, bisogna sempre detrarre la manutenzione e l'usura del mezzo, le tasse e le consulenze. E' fin troppo evidente: i piccoli padroncini o le imprese locali che resistono non sono organizzati né per dimensione aziendale, né tanto meno per capacità finanziaria. Infatti, via via si stanno dissolvendo.
Quali sono oggi le ditte che operano nel mondo dei trasporti? Le inchieste della DDA, le operazioni della DIA, e qualche inchiesta giornalistica ci raccontano di un accordo tra i clan camorristici casalesi e cosa nostra e 'ndragheta sull'autotrasporto di prodotti ortofrutticoli verso i principali mercati all'ingrosso (Forse oltre l'ortofrutta si fa viaggiare qualcos'altro?).
Solo da Vittoria ogni giorno partono in media 200/300 camion. Un convoglio consistente, che collega il Sud/Est siciliano con diversi centri del Sud, del Centro, del Nord Italia e dell'Europa. Avere il monopolio di queste rotte commerciali significa avere il controllo dell'economia e dei traffici leciti e, forse, illeciti. Qualsiasi prodotto agricolo, industriale o di provenienza illegale senza camion rimane dov'è. Due sono i modi per avere l'esclusiva: imporsi con la violenza, metodo rumoroso e desueto, oppure schiacciare verso il basso il costo del trasporto, annullando dolcemente ogni concorrenza, anzi puntando ad assorbirla. In questo caso si diventa economicamente convenienti, capaci di creare nuove opportunità di lavoro, ma soprattutto degnamente accettabili.

Concludo dicendo che la DDA in una delle sue relazioni è stata fin troppo esplicita. “E allora risulta chiara, solare, la ragione dell’interesse dei capi dei sodalizi di stampo mafioso per l’attività di autotrasporto e per l’affermazione delle ditte “in mano” all’organizzazione mafiosa sulle altre. L’importanza della piena operatività di tali imprese (in alcune regioni piuttosto che in altre), la loro condizione di entità monopoliste del mercato, il groviglio di interessi che fa capo a tali attività, consente di comprendere la ragione per cui le organizzazioni criminali gestiscano direttamente siffatte attività”. 

giovedì 20 ottobre 2016

La fascia narcotrasformata


L'origine di ogni illegalità è da ricercare nelle diseguaglianze economiche e sociali che caratterizzano un territorio. Più queste diseguaglianze diventano ampie e profonde più l'illegalità si consolida fino a diventare consuetudine, regola, costume. Un emarginato se deve scegliere tra una condotta legale o una illegale in molti casi favorisce la seconda perché individua nelle istituzioni (che hanno il compito di garantire la legalità) la causa della sua condizione. Questo è il terreno di coltura della mafia e della sua emanazione più diretta: l'economia criminale. Il motore dell'impresa mafiosa è la droga. Nella nostra provincia, nell'ultimo mese vi sono stati più di venti arresti per spaccio di droga con sequestri anche significativi di sostanze stupefacenti in particolare hashish, marijuana e coca. Famiglie in difficoltà economica intende a spacciare, compresi i figli minorenni. Madri disoccupate che si sostituiscono ai figli spacciatori sottoposti agli arresti domiciliari. Giovani incensurati senza lavoro e poi tanti extracomunitari. Lo spaccio è diventato un grande ammortizzatore sociale. Una risposta concreta alla voglia di lavoro. Nessuna città è esclusa: Ragusa, Modica, Comiso, Ispica, Pozzallo, Scicli, Vittoria, Acate … In ognuna di esse c'è un quartiere, una piazza, una via, un vicolo dove potersi procurare roba per intronarsi. Gli arrestati vengono rimpiazzati subito, il ricambio è immediato, la manovalanza non manca, ma soprattutto non manca mai il prodotto. Vi sembrerà strano ma la Sicilia produce il 90% della marijuana nazionale. "Secondo l'ultimo rapporto sul consumo di droga nel mondo pubblicato dall'Unodc (Ufficio per la droga e il crimine dell'Onu), l'Italia è il primo paese al mondo per sequestri di piantagioni: oltre 4 milioni nel solo 2012. Più degli interi Stati Uniti dove il numero si è attestato a quota 3.933.959 milioni. Un incremento del 5700% rispetto al 2010 quando i sequestri erano stati appena 71.998 mila".  All'interno di queste cifre la Sicilia domina incontrastata. E secondo voi quali sono la zone più vocate alle produzione di cannabis? Viene da ridere. Avete presente la fascia trasformata? Le serre d'ortofrutta da Pachino fino a Trapani, con il grosso della produzione in quella città dal nome vincente? Ecco, pare che questo ampio territorio sia diventato il motore economico della mafia. La fascia narcotrasformata. Siamo come la Colombia.
Produrre droga leggera è il nuovo business. Garantisce entrate certe e un profitto elevatissimo, a fronte di un investimento esiguo. Infatti, contadini travolti dalla crisi che mettono a disposizione terra e capacita di coltivazione, per poche migliaia di euro, non ne mancano. I semi di marijuana, quelli di migliore qualità, si comprano a prezzi modici sul web. Se poi si considera che una pianta produce in media 500 grammi di roba che al consumo si vende a circa 10 euro al grammo, si capisce perché la marijuana è diventata il nuovo grande affare. Esiste attualmente un prodotto con una resa così alta? Non credo! Naturalmente non tutto il prodotto finisce nelle nostre piazze di spaccio, una buona parte viene utilizzata per essere scambiata con un'altra droga gestita dai calabresi: la cocaina. Ma questa è un'altra storia.


cannabis_43675141701.htm

LA FASCIA NARCOTRASFORMATA


L'origine di ogni illegalità è da ricercare nelle diseguaglianze economiche e sociali che caratterizzano un territorio. Più queste diseguaglianze diventano ampie e profonde più l'illegalità si consolida fino a diventare consuetudine, regola, costume. Un emarginato se deve scegliere tra una condotta legale o una illegale in molti casi favorisce la seconda perché individua nelle istituzioni (che hanno il compito di garantire la legalità) la causa della sua condizione. Questo è il terreno di coltura della mafia e della sua emanazione più diretta: l'economia criminale. Il motore dell'impresa mafiosa è la droga. Nella nostra provincia, nell'ultimo mese vi sono stati più di venti arresti per spaccio di droga con sequestri anche significativi di sostanze stupefacenti in particolare hashish, marIjuana e coca. Famiglie in difficoltà economica intende a spacciare, compresi i figli minorenni. Madri disoccupate che si sostituiscono ai figli spacciatori sottoposti agli arresti domiciliari. Giovani incensurati senza lavoro e poi tanti extracomunitari. Lo spaccio è diventato un grande ammortizzatore sociale. Una risposta concreta alla voglia di lavoro. Nessuna città è esclusa: Ragusa, Modica, Comiso, Ispica, Vittoria, Acate … In ognuna di esse c'è un quartiere, una piazza, una via, un vicolo dove potersi procurare roba per intronarsi. Gli arrestati vengono rimpiazzati subito, il ricambio è immediato, la manovalanza non manca, ma soprattutto non manca mai il prodotto. Vi sembrerà strano ma la Sicilia produce il 90% della marijuana nazionale. "Secondo l'ultimo rapporto sul consumo di droga nel mondo pubblicato dall'Unodc (Ufficio per la droga e il crimine dell'Onu), l'Italia è il primo paese al mondo per sequestri di piantagioni: oltre 4 milioni nel solo 2012. Più degli interi Stati Uniti dove il numero si è attestato a quota 3.933.959 milioni. Un incremento del 5700% rispetto al 2010 quando i sequestri erano stati appena 71.998 mila".  All'interno di queste cifre la Sicilia domina incontrastata. E secondo voi quali sono la zone più vocate alle produzione di cannabis? Viene da ridere. Avete presente la fascia trasformata? Le serre d'ortofrutta da Pachino fino a Trapani, con il grosso della produzione in quella città dal nome vincente? Ecco, pare che questo ampio territorio sia diventato il motore economico della mafia. La fascia narcotrasformata. Siamo come la Colombia.
Produrre droga leggera è il nuovo business. Garantisce entrate certe e un profitto elevatissimo, a fronte di un investimento esiguo. Infatti, contadini travolti dalla crisi che mettono a disposizione terra e capacita di coltivazione, per poche migliaia di euro, non ne mancano. I semi di marijuana, quelli di migliore qualità, si comprano a prezzi modici sul web. Se poi si considera che una pianta produce in media 500 grammi di roba che al consumo si vende a circa 10 euro al grammo, si capisce perché la marijuana è diventata il nuovo grande affare. Esiste attualmente un prodotto con una resa così alta? Non credo! Naturalmente non tutto il prodotto finisce nelle nostre piazze di spaccio, una buona parte viene utilizzata per essere scambiata con un'altra droga gestita dai calabresi: la cocaina. Ma questa è un'altra storia.

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domenica 9 ottobre 2016

Quelli che ... il motorino era tutto.





Sabato di fine maggio dell '81, ... dopo aver trascorso il pomeriggio a far finta di studiare - il caldo cominciava a farsi sentire e la voglia di apprendere evaporava con più facilità del solito - scappavo, come un evaso, da casa per andare al bar di via Adua. Li trovavo gli amici  con cui passare un po' di tempo prima di andare in centro. Gli argomenti della discussione erano sempre gli stessi, sette giorni su sette: donne e motori. L'argomento donne era una meteora, una brevissima introduzione al tema centrale: carburatori truccati, ciclera manomessi, pistoni rettificati, marmitte a siringa, gare, scommesse, tamponamenti.
Quel pomeriggio, al  centro della solita discussione, arrivo' il Biondo (utilizzo questo pseudonimo) col suo nuovo Gitan tre marce sellino lungo. Nella sostanza era un tubo piegato poggiato  su due ruote con un manubrio. Non era brutto … di più. Il Biondo quel pomeriggio era più tamarro del solito … Occhiali finti Ray Ban con lenti a specchio. Camicia rosa carne sbottonatissima ... con un colletto molto ampio .... ad ali di deltaplano. La camicia era infilata dentro un paio di jeans di  similpelle, neri… attillati che mettevano in mostra il pacco. Il tutto stretto da un cintura con una fibia enorme ... con al centro, in rilievo, il coniglietto di play boy. Gli  Stivaletti di tela bianchi, che arrivavano poco sopra la caviglia, completavano l'opera. 
 Arrivo' davanti a noi, scese da quell'aborto di motorino nello stesso modo di Ponciarello dei Chips, tolse gli occhiali ed esclamo : 
- Ahuuu u viristivu u mostru!! (aho avete visto il mostro),  facendo segno verso la sua moto. La risposta fu immediata: 
- No, to suoru ancor nun ha passatu  (no, tua sorealla ancora non è passata).
 Il Biondo, a quella battuta neanche si scompose e ribattè con più convinzione: 
- Avete visto che MOSTRO!!
 Io, per non farlo sentire a disagio gli domandai:  che è sta ... cosa? 
Lui rispose secco: hai visto? ...  Ha pure il freno a disco.
Dal gruppo usci  una voce: 
- E cu stu frenu ... a disco ... cchi va ... cciu' veloce?
Il Biondo fece una smorfia di quelle, tipo, "ignoranti … non capite una mazza" e subito iniziò a spiegare la grande valenza di quel pezzo di metallo piazzato nella ruota del suo Gitan.
- Stu discu è na putenza. Ata sapiri cha se io parto da via f.lli Bandiera, sparato a manetta e arrivo di fronte al bar e freno ...  cco freno di davanti … ... u mutirino, si blocca … cca. Indicò con l'indice il punto dell'ipotetica fermata.
U Rizzo (il ricciolo), un provocatore nato, con sottile ironia esclamò:
- See ... vabbé ... vulissi virriri. (si,vabbene, vorrei vedere).  
Non finì neanche di pronunciarla quella frase che già il Biondo era salito sul suo motorino era arrivato fino a via f,lli Bandiera, si era posizionato ed era ripartito sparato … Prima, seconda , terza ...  arrivò velocissimo e davanti al bar piantò una frenata col freno anteriore a disco  … Il motorino si fermò di colpo. ... Lui … si fermò … ma un tantino oltre il motorino. Esattamente finì su un cumulo di ghiaia di un cantiere edile e strisciò per qualche metro. Ora, strisciare velocemente sulla ghiaia non è  una bella cosa. 
I finti Ray Ban si erano sbriciolati. La camicia si era letteralmente squarciata. I pantaloni in similpelle si erano lacerati soprattutto da dietro e il sedere non era rimasto contento. Gli stivaletti si erano aperti davanti e gli alluci erano allo scoperto ... scuoiati. 
Il Biondo era tutto un'escoriazione, sanguinava che sembrava Cristo alla colonna. In quelle condizioni ... pietose si avvicinò a noi camminando come uno zombi. Ci guardo in faccia e con una smorfia che sembrava un sorriso disse : 
- Avete visto? ... Si firmau cca!!

lunedì 3 ottobre 2016

REFERENDUM COSTITUZIONALE: MATTEO RENZI TI SCRIVO


Sig. Presidente del Consiglio
la campagna elettorale sul referendum è entrata nel vivo e la giostra mediatica sta già girando a mille amplificando cineticamente tutte le dichiarazione dei vari leader dei due schieramenti. In questo vortice di frasi e controfrasi ce n'è una che rimane sempre a galla, la sua: “abbattere i costi della politica”. La recita con un' enfasi, con una retorica così persuasiva da renderla fisica. Quando Lei si appresta a pronunciala i tratti del suo viso di colpo si irrigidiscono e le smorfie che La caratterizzano si resettano. Una mimica facciale unica, impareggiabile. E' come se Lei credesse veramente a quello che dice. Certo, la sua storia personale però è in leggera contraddizione con la sua frase. Sul suo sito, matteorenzi.it, nella sezione chi sono non si capisce bene che tipo di lavoro Lei abbia svolto prima di entrare in politica. Leggo: “Lavora come dirigente nell’azienda di famiglia che si occupa di servizi di marketing”. Frase, a mio avviso, generica, che non chiarisce quale tipo di esperienza lavorativa Lei abbia maturato. Ma poco importa.
Il suo curriculum politico invece è ampio, denso, ricco. E' evidente che Lei ha sempre e solo fatto politica e di politica vive. Non è un'accusa la mia. Ho sempre ritenuto la politica il mestiere più alto e più nobile che una donna o un uomo possa svolgere, ma richiede qualità specifiche. Per questo non la ritengo un costo, ma una risorsa. Persone come De Gasperi, Dossetti, La Pira, Moro, Togliatti, Di Vittorio, Ingrao, Pajetta, Berlinguer, Nenni, Pertini ... sono state un costo? Converrà con me che sono stati una risorsa. Dietro le storie di questi uomini ci sono anni di sacrifici, privazioni, sofferenze e lavoro, tanto lavoro, praticato in tutte le sue forme. Proprio perché conoscevano nel profondo il significato della parola lavoro, cercavano di incentrare la loro azione Politica nel migliorare le condizioni economiche e sociali del Paese. Inoltre, erano persone che si dedicavano molto raramente alla politica della talpa, una pratica furbesca, direi un tantino infame, che consiste nel far mancare il terreno sotto i piedi anche ai propri compagni di partito, pur di arrivare ad occupare velocemente posti di rilievo. Saprà sicuramente come molti di questi sono padri di quella Costituzione che Lei chiede di “modificare”. La credibilità di queste persone è ancora così forte nel Paese che avete scelto di utilizzare alcune figure (posso dire strumentalmente?) per dare credito e vigore alla vostra campagna referendaria (i manifesti con la faccia di Ingrao, Berlinguer ... ricorda? ) .
Sono certo che sosterrà anche Lei che quel modo di fare Politica non è un costo. Se è così, sa anche che il suo ruolo politico/istituzionale gli impone di essere chiaro. Mi permetta, penso che Lei debba dire: “abbattere i costi della mala-politica”, precisando cos'è la mala-politica, cioè: la gestione inconcludente e inefficace delle istituzioni che si amministrano, caratterizzata da latitanza, episodi di malcostume e corruzione, mancanza di progettualità, ipocrisia, smania di fare sempre e comunque buona figura, il tutto condito da continui e ripetuti cambi di casacca. Tutti mali che conosciamo ma che nessuno, neanche Lei, ha provato a redimere. Non mi pare che la riforma costituzionale che Lei propone e per cui siamo chiamati a votare al referendum del prossimo 4 dicembre, punti ad abbattere tutto questo. Anzi.
Lei sta già occupando tutti gli spazi mediatici per promuovere la sua causa, che io, come avrà capito, non condivido. Le chiedo però umilmente di essere preciso. La Politica ha ancora un suo fascino, soprattutto nelle giovani generazioni, non la sfregi con frasi generiche, o peggio con promesse mirabolanti.



La saluto augurandole un grande in bocca a lupo per la sua carriera