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sabato 30 gennaio 2016

Tassazione eccessiva. Ma non per tutti.


Quelli che stiamo vivendo sono giorni strani. Le sconfitte vengono presentate come grandi vittorie. Qualche settimana fa con un enfasi fuori luogo la stampa di regime suonava la gran cassa per l'ennesimo successo del governo. La Apple Italia - l'industria che produce l'iPhone - ha versato alle casse dello Stato 318 milioni. Detta così sembra una gran bella notizia . Ma guardando bene le carte però si scopre che la casa della mela "mozzicata" doveva allo Stato 880 milioni di euro. La vera notizia quindi è che la Apple ha risparmiato 562 milioni di euro di tasse dovute che non pagherà più. Un bel regalo. Una montagna di soldi con cui si potevano fare un po' di cose.  Adesso, apre, che anche a Google Italia verrà applicato uno sconto simile a quello di Apple. ... Mentre scrivo queste cose penso al piccolo imprenditore Giuseppe Occhipinti (nome di pura fantasia) che per tutta una serie di difficoltà non è riuscito a pagare l'IVA di un trimestre o l'Irpef e quindi Riscossione Sicilia o Equitalia gli ha notificato una cartella esattoriale con la richiesta di 8800 euro di tasse arretrate e non pagate. Occhipinti vorrebbe anche lui fare come la Apple cioè chiedere all'Agenzia delle Entrate di chiudere il debito con 3.18o euro. In questo modo le 5.62o euro di tasse risparmiate potrebbero servire per la sua azienda, oppure potrebbero essere utilizzate per chiudere un debito con l'Inps, potrebbero essere utilizzate anche per la sua famiglia. No, niente di tutto ciò. Il piccolo imprenditore Occhipinti non solo pagherà le 8800 euro ma a questa somma verranno sommate sanzioni, aggi, e interessi. Diventeranno 10 mila euro. Se poi deciderà di rateizzare il debito, l'importo potrà superare le 12 mila euro perché dovrà giustamente pagare gli interessi di rateizzazione. Se invece deciderà di non pagare, il debito crescerà e in pochi mesi potrà diventare anche 15 mila, 18 mila euro. Potrà subire anche il blocco dei propri mezzi (l'auto, il furgone) oppure la messa all'asta di un bene immobile. Diciamolo apertamente il nostro sistema fiscale è selvaggiamente classista: persegue e tartassa i piccoli, perdona e dona ai grandi. L'esempio fatto vale anche per un impiegato o un pensionato. Le tasse, per chi è in difficoltà,  sono diventate un lusso. Impediscono a chi lavora  di vivere dignitosamente.

martedì 19 gennaio 2016

SOTTO ASSEDIO


Vittoria è una città assediata dalla mafia. Un assedio che dura da anni, da decenni. La Città ha cercato e cerca di difendersi, di resistere come può dagli attacchi duri, ciclici ma continui di una criminalità che negli anni è diventata forte e credibile, non solo socialmente, ma soprattuto economicamente. Qui più di ogni altro luogo in Sicilia la mafia è diventata impresa. Chi mette in atto un assedio si pone uno scopo preciso: emarginare chi lo subisce in modo da impedirgli qualsiasi tipo di comunicazione. Non si può e non si deve assolutamente negare che chi assedia cerca di corrompere chi è sotto assedio per conquistare il territorio con l'inganno e il tradimento. E qui di traditori ce ne sono tanti. In questi anni le marmaglie mafiose sono riuscita a conquistare pezzi di città. Il terreno di chi resiste si è via via ridotto, si è assottigliato, è diventato un moncherino di matita, impossibile oramai da temperare. C'è chi ancora si oppone. Forse sono scarsamente organizzati. Ma queste persone mantengono ancora alta la dignità di Vittoria. Non possono essere confuse con la marmaglia e suoi complici invisibili. Chi fa informazione a certi livelli, invece di generalizzare dovrebbe capire e analizzare un territorio. Una volta si chiamava "fare inchiesta". Invece oggi, con molto semplicismo, si banalizza. Così si fa il gioco della mafia. Tutti colpevoli, tutti mafiosi, nessuno è colpevole. E la giostra continua. Diciamolo con estrema franchezza: all'assedio criminale corrisponde anche un assedio mediatico distorto. A nessuno interessano le battaglie di chi prova tra mille difficoltà a resistere. Non interessa neanche far conoscere la verità. Si fruga fra i luoghi comuni peggiori, senza entrare nel merito, senza capire quali dinamiche avvengono in una zona. Cosa ancora più grave se a fare tutto ciò è il “servizio pubblico”. Quando un anno fa fu ucciso Brandimarte la notizia scivolò velocemente. Non meritava nessun approfondimento? Eppure quella poteva essere un'occasione per capire e distinguere. A chi giova tutto ciò? Non sicuramente al nome di Vittoria e di chi la vuole veramente migliorare. 

domenica 17 gennaio 2016

Riappropriarsi della bellezza (primi appunti di campagna elettorale)



L'arte è creare bellezza. La Chiesa, fin dalle sue origini, ha ben compreso il valore e l'importanza dell'arte, l'ha utilizzata in modo sapiente, si è servita dei suoi multiformi linguaggi per comunicare il suo “annuncio di redenzione”. Ha estremizzato a tal punto la rilevanza e il controllo dell'arte che si è appropriata anche del concetto di bellezza, imponendone i canoni. La sua potenza gli ha permesso di normare la bellezza. Per secoli gli edifici religiosi e le loro pareti sono stati il telo sul quale la Chiesa ha dipinto il suo autoritratto. Attorno agli antichi edifici religiosi nascevano quartieri ordinati che rispondevano alla bellezza dell'edificio sacro. Da diversi decenni non è più così. Il rapporto tra arte e spiritualità è ormai sganciato dal concetto di bellezza. Via via nel tempo sono prevalse altre logiche sempre più legate al business o alle speculazioni. Le chiese di oggi sono edifici tristi e desolanti inseriti in quartieri spenti e depressi. Sarebbe interessante capire chi li ha progettati e come sia riuscito ad ottenere le commesse. Se un bene pubblico, come una chiesa, non è bello rischia di essere un “pericolo” per la comunità che lo utilizza. Il nostro territorio questo principio lo ha sperimentato sulla sua pelle. Il momento attuale è segnato da fenomeni negativi, sia sociali che economici, che stanno affievolendo speranza e fiducia. Crescono i segni di rassegnazione e di aggressività. Tutto questo sta rafforzando ancora di più figure che da questo territorio hanno solo tratto grandi profitti personali, abili fantini che negli anni sono saltati da un cavallo all'altro pur di controllare la cosa pubblica affermando esclusivamente i propri interessi. Non serve solo cacciarli dal "tempio", riuscirebbero a rientrare dalle porte laterali. Peppino Impastato diceva: "Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà. All’esistenza di orrendi palazzi sorti all’improvviso, con tutto il loro squallore, da operazioni speculative, ci si abitua con pronta facilità, si mettono le tendine alle finestre, le piante sul davanzale, e presto ci si dimentica di come erano quei luoghi prima, ed ogni cosa, per il solo fatto che è così, pare dover essere così da sempre e per sempre. È per questo che bisognerebbe educare la gente alla bellezza: perché in uomini e donne non si insinui più l’abitudine e la rassegnazione ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore”. Le amministrative si avvicinano. Il conto alla rovescia è iniziato. A Vittoria serve una classe dirigente in grado di ridare entusiasmo e fiducia, una classe politica non solo in grado di governare ma che si assuma anche una funzione pedagogica: cosa può incoraggiare a ritrovare un percorso, ad alzare lo sguardo verso il futuro, a sognare una vita degna della sua vocazione se non insegnare a riappropriarsi della bellezza?

martedì 5 gennaio 2016

L'ultima lezione di Pippo Fava



Catania, 5 gennaio 1984, via dello Stadio, sono le 21 circa, Pippo Fava, giornalista, saggista, scrittore, drammaturgo e sceneggiatore, apre la portiera della sua Renaut 5 si siede, fa per mettere in moto l'auto ma viene raggiunto da cinque colpi di pistola, quasi tutti alla nuca. Così la mafia - perché fu la mafia - amputò la voce più critica ma più sinceramente appassionata di Catania. Ogni anno rivedo la sua ultima intervista, quella che gli fece Enzo Biagi e che nei fatti lo condannò a morte, sono circa 7 minuti (si può cercare su youtube).  Fava con una serenità e una semplicità unica descrive la trasformazione della mafia in sistema economico. 
Per onorare la sua memoria ho voluto (molto immeritatamente) parafrasare alcune sue analisi. Per farlo mi sono permesso di fare delle "indagini di massima", molto generiche. 
In provincia di Ragusa ci sono all'incirca 5000 tossicodipendenti che presumibilmente consumano da 15 a 20 euro di droga al giorno. Significa che la criminalità economica di questa terra incassa da 75 mila a 100 mila euro al giorno. In un anno sono più di 30 milioni di euro. Quale impresa in questa provincia riesce ad avere un reddito così elevato? Se i numeri sono questi non è per nulla campata in aria la tesi che la droga sia la prima economia di questa zona (e non solo). Un’organizzazione che riesce a maneggiare oltre 30 milioni di euro ha la possibilità di inserirsi in qualsiasi settore dell'economia senza avere problemi di liquidità e può resistere a qualsiasi crisi. Quindi pare evidente che questi soldi, in qualche modo, vengono reinvestiti, ripuliti e riciclati. Dovrebbe essere altrettanto evidente quindi che le banche - e tutto ciò che ruota attorno al mondo finanziario ragusano - hanno una funzione.
32 anni fa Pippo Fava nella sua ultima apparizione pubblica  spiegò a tanti telespattaori  che era dentro la banche che bisognava guardare “... lì c’erano decine di migliaia di miliardi insanguinati che venivano immessi dentro le banche e ne fuoriuscivano per andare verso opere pubbliche. Ritengo che molte chiese siano state costruite con appalti avuti da denari mafiosi insanguinati”.

Qualche settimana dopo  il corpo di Fava era chiuso in un bara posta al centro della navata della chiesa di Santa Maria della Guardia di Ognina.  Il suo funerale non fu molto partecipato. 

domenica 3 gennaio 2016

2016


Il 2016 è appena arrivato, gli amici, le persone che mi voglio bene, un po per scherzo, un po in modo benevolo, mi ricordano che quest'anno copierò cinquant’anni. Me lo dicono come se quest'età conferisse saggezza, prudenza, esperienza ... ma chi mi conosce bene sa pure che non sarà così. La prima cosa che mi viene in mente quando sento questa cifra è che il più è fatto, non ne posso aggiunge altrettanti. Non lo dico per pessimismo o perchè mi sento vecchio e arrivato, è soltanto puro realismo. Ma per quanto mi resta da svolgere so che ho ancora tanto da fare. Ancora, per me non è un semplice avverbio di tempo, è continuare ad essere ciò che sono ma soprattutto è l'esortazione a fare altre cose: continuare ad  osare, a provare, a scrivere, a ostacolare le tante porcherie che accadono nella mia terra, a ritornare a correre senza farsi vincere dalla noia e dai dolori. Ecco questo è il più sincero e affettuoso augurio che faccio a me stesso e ai miei coetanei. Concludo questa mia breve "divagazione" di inizio 2016 augurandovi un Buon ancora a tanti … ma non a tutti.