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giovedì 25 febbraio 2016

La crisi attacca un modello che ha creato progresso. Chi governa asseconda.


Una settimana fa l'incontro con il ministro delle politiche agricole Martina ha prodotto una “parziale soddisfazione”. Una definizione che nei fatti maschera una cocente delusione. L'obbedieza al proprio partito fa dire cose che contrastano tra loro. Lo sanno pure i bambini: la soddisafazione appaga, fa cessare ogni sensazione dolorosa. Di contro il significato della parola parziale è fin troppo chiaro: Atteggiamento di chi tende a favorire una parte a danno dell'altra. Da questo incontro romano chi è stato favorito? Forse definirlo “parziale soddisfazione” è stata una clamorosa leggerezza, altrimenti che senso ha continuare ad organizzare la protesta? Mentre si cerca di domare lo sconforto, decodificando le impalpabili proposte di Martina e Cracolici, nessuno guarda cosa sta accadendo nel territorio. Eppure, esaminando i dati della Camera di Commercio di Ragusa si può subito intuire cosa sta avvenendo. Al 31 dicembre del 2013 nei territori di Acate, Comiso, Santa Croce Camerina e Vittoria operavano 5510 imprese agricole. Dopo solo due anni, cioè al 31 dicembre 2015, le imprese del settore agricolo attive in questa fetta di provincia sono diventate 4226. La crisi, in 48 mesi, ha divorato 1284 attività. Il dato, anche se significativamente preoccupante, non va preso solo per la misura che indica ma ci dice come sia fallita la favola “dell'imprenditore di se stesso”. Un concetto, un'illusione introdotto agli inizi degli anni '90 che puntava, in modo falso e distorto, a sostituire la capacità di emancipazione e di riscatto creata dal modello della piccola attività contadina che aveva trasformato braccianti e compartecipanti in piccoli proprietari terrieri. Il concetto che in modo subdolo si sta facendo passare è che la piccola proprietà contadina chiude o fallisce perché chi la gestisce è incapace a fare impresa. La crisi, la globalizzazione, le banche, la gdo, le norme europee … sono un contorno. La colpa, in modo falso e silenzioso, viene scaricata esclusivamente sul "piccolo imprenditore" che da un lato viene utilizzato per organizzare la protesta ma sottotraccia viene considerato economicamente inetto, inadeguato, inadatto, incapace a organizzarsi. Altro fatto interessante è che, secondo l'INEA (Istituto Nazionale Economia Agraria), a queste cessazioni non è seguita una riduzione della superficie coltivata. La SAU (Superficie Agricola Utilizzata) di quest'area, cioè la somma delle superfici aziendali destinate alla produzione agricola non è cambiata. Sono solo cessate 1284 imprese ma le terre di chi si è cancellato continuano ad essere coltivate. Da chi? I titolari delle imprese cessate cosa sono diventati? Disoccupati? O forse sono diventati mezzadri o addirittura braccianti nella loro ex proprietà? E per conto di chi? Siamo al ritorno del feudo? Del latifondo?
Quindi quello che sta accadendo nel silenzio generale è una sorta di pulizia etnica: fare fuori le piccole aziende agricole e concentrare la loro proprietà nelle mani di imprese strutturate. Lo strumento che accelererà questo processo di ri-feudalizzazione è il nuovo PSR (Piano di Sviluppo Rurale) pubblicizzato da Cracolici, Crocetta e Martina. Uno strumento che guarda alle “imprese strutturate” che non hanno problemi di regolarità contributiva (DURC) e potranno quindi drenare soldi pubblici. Tutto il resto lentamente verrà  travolto e assorbito

Filippo Traina, Nicola Cipolla, Pio La Torre e tanti altri costruirono e guidarono politicamente un modello economico che creò dignità, progresso e fu un argine al sottosviluppo e alla mafia. Oggi certa politica pare chiaramente coesa contro questo modello.

mercoledì 17 febbraio 2016

Rapporto Agromafia 2016, Ragusa ha la maggiore intensità di associazionismo criminale


Ragusa è la provincia italiana con la maggiore intensità dell'associazionismo criminale. Il dato emerge dal rapporto annuale Agromafie 2016 stilato dalla Coldiretti in collaborazione con l'Eurispes.  Nel dossier viene misurato l'Indice di Organizzazione Criminale (IOC) della filiera agricola per ogni provincia italiana. Secondo il rapporto Ragusa ha raggiunto il massimo: il 100% dell'indice. Ci segue Reggio Calabria al 99,4% e Napoli al 78,9%. In Sicilia l’unica provincia non caratterizzata da un Indice IOC alto è stata Messina, mentre sul restante territorio i valori sono significativamente elevati, in particolar modo nelle zone meridionali ed orientali dell’Isola (naturalmente Ragusa con il 100% poi Caltanissetta con 69,4% ; Catania 57,5%; Siracusa: 49,2%; Enna: 48,4%).

Nel mio piccolo, insieme a pochissimi altri, denuncio da tempo le anomalie  economiche della nostra provincia. Ora, purtroppo, i dati pubblicati dalla Coldiretti mi danno ragione. La cosa non mi entusiasma per niente. E' la conferma che non avrei mai voluto né leggere né sentire in modo così chiaro: l'economia criminale, la mafia, grazie alla crisi è diventata la padrona della principale attività di questa terra. So benissimo che la politica politicante farà spallucce. E' troppo impegnata nel cercare consenso e nel cavalcare la protesta di chi è disperato. Questa notizia ci dice che la vecchia prassi dei tavoli di crisi fatti a Palermo oppure a Roma serve solo ad anestetizzare i problemi per poi farli incancrenire. Mentre si discute per individuare qualche pannicello caldo, chi ha liquidità fa affari e rileva imprese cotte dalle difficoltà economiche. La crisi del mondo agricolo è diventata un grande business per l'economia criminale. L'intera filiera agricola ragusana, dalla produzione fino ai trasporti, secondo Coldiretti, è controllata interamente dalla mafia.

Adesso la così detta "società civile" ragusana, sempre attenta a non sporcarsi pubblicamente le mani che infila ogni domenica nell'acquasantiera, ha un motivo valido e certificato per indignarsi e non rimanere immobile e silenziosa. Viceversa, se neanche questi dati e queste accuse non smuoveranno le tante anime belle, le ipotesi di complicità con il sistema economico mafioso troveranno una conferma.

Questa terra riparte solo se verranno colpiti i capitali mafiosi.  Sono il loro motore economico che spesso rimane illeso e come dimostrano altri studi fanno gola a tanti. Alle banche prime fra tutti.

sabato 13 febbraio 2016

Un marziano al mercato di Vittoria.


Oggi per l'ennesima volta è andato in onda il recital su ciò che resta della serricultura. Lo scenario è quello di sempre: il mercato ortofrutticolo. Quella di stamani è stata la versione più drammatica e purtroppo anche grottesca di sempre. Su un piccolo palco, circondato da poliziotti in assetto antisommossa e da amministratori, si agitava in modo poco aggraziato un panciuto, paffuto e spettinato assessore regionale. Sembrava un marziano, un pesce fuori dall'acqua, più interessato ai microfoni e alle interviste che alle cose da dire o alle misure da proporre. E' emersa con forza quello che per anni è stato un luogo comune: l'impotenza della classe politica regionale. La bolla finanziaria ha creato la crisi delle tante economie reali. A questa è seguita la bolla di una fauna politica incapace e inadeguata che sta trascinando tutto nel baratro. Oggi lo sconforto e la disperazione dei tanti manifestanti che ascoltavano increduli l'ass. Cracolici erano palpabili. “Ma chi sta diciennu??” La frase correva di bocca in bocca. Qualcuno mentre lo ascoltava agitava il telefonino, gli era arrivata una foto con il ciliegino venduto al dettaglio in un supermarket a tre euro al chilo. Il giorno prima al mercato di Vittoria il pomodorino si vendeva a 40 centesimi. Il massimo e il minimo. Chi guadagna e chi fallisce. La GDO che ricavare migliaia di euro al giorno contro le poche decine di euro di un produttore. Quando tutto ciò accade per anni e nessuno, neanche chi ha promesso la rivoluzione (come se fosse una cosa da promettere), riesce a fermare questa ingiustizia, la rabbia prende il sopravvento. Una rabbia composta, misurata, dignitosa e proprio per questo non può più essere presa in giro come è stato sempre fatto.  La vacuità delle misure elencate da Cracolici ha fatto scattare una risata sdegnosa: “mi sono insediato il 4 di novembre ... sul ciclone Athos chiedete a chi c'era prima di me perché non arrivano i soldi ... 15 milioni di euro per gli investimenti … e poi il colpo finale  “ … chiederò al ministro la dichiarazione dello stato di crisi del mercato, la moratoria dei debiti agricoli e l’attuazione delle misure di salvaguardia dei nostri prodotti” . CHIEDERA'??? Ma l'assessore regionale che ha visto quanta disperazione c'è tra i produttori siciliani (Vittoria è solo una piccola parte) non deve mica chiedere: DEVE PRETENDERE!!! E' IL MINIMO!!! Non ha capito la gravità della situazione? Non sa assumersi la responsabilità delle cose da fare?  Forse non conosce il proprio ruolo?  ...  ???  Una cosa è certa ha detto che vuole "procedere per ordine". Quale sia quest'ordine e da dove deve arrivare (Marte?) non si sa. 

Non rimane che una speranza. Lo dico da cattolico perplesso: penso che solo Dio ci può salvare e sicuramente non si servirà di certi preti.