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domenica 18 dicembre 2016

L'unicità del Liberty di VITTORIA è come l'unicità dell'ETNA



La Sicilia della tante unicità: quelle naturali, quelle storiche, quelle architettoniche, ... Sto seguendo con attenzione i percorsi dell'Associazione “Liberty Bene Unesco”, che vuole portare allo “scoperto” l'unicità del Liberty vittoriese. Il gruppo va  ringraziato per la grande sensibilità, la volontà e la professionalità che sta mettendo in campo. Anche se non ci sono molte analogie, trovo delle assonanze con il percorso che alcuni studiosi catanesi, tra cui l'amico Salvo Caffo (https://www.facebook.com/salvatore.caffo), hanno intrapreso e portato a termine nel 2013: il riconoscimento dell'Etna come bene Unesco. Un vulcano che presenta una sua unicità, così come il Liberty di questa terra. Penso, sommessamente, che bisogna guardare con attenzione a questa esperienza, facendo, com'è ovvio che sia, le dovute differenze. 

Alla città di Vittoria serve un riconoscimento per farla uscire fuori dal ghetto in cui è stata cacciata, per valorizzare e sensibilizzare i suoi tecnici e le sue maestranze, riportandoli a riscoprire un modo di lavorare.




mercoledì 14 dicembre 2016

Serve una nuova antimafia 2° parte (fine)


Riparto da dove avevo lasciato. Serve costruire un'antimafia sociale. Per arrivare alla sua costruzione - cosa molto difficile - bisogna fare un piccolo passo indietro. In questi ultimi anni in provincia di Ragusa la coscienza antimafia che si era in parte diffusa subito dopo le stragi del '92 (Falcone, Borsellino e le loro scorte), in parte grazie allo smantellamento dei clan che imperversavano nel territorio,  si è, piano piano, consumata. L'azione repressiva delle forze dell'ordine, soprattutto dopo le stragi,  fu una reazione alla violenza mafiosa di quegli anni, e si intrecciò con l'impegno della così detta “società civile” la quale reagì più per vanità culturale e/o ambizione politica che per impegno vero e proprio. La dimostrazione che questa partecipazione fu in buona parte farlocca è data dal fatto che in poco tempo, con l'affermarsi del berlusconismo (inteso più come fenomeno di costume), gran parte di quella “società civile” si riconoscerà via via in un nuovo modello, più simile a quello mafioso. Infatti, l'illegalità da disvalore si trasformerà in risorsa. L'impunità da denigrazione diventerà il segno della propria condizione sociale ed economica. Ad opporsi a questa nuova circostanza, ancora attiva e ben radicata, rimarranno pochi dirigenti politici (di Sinistra) e qualche associazione. Ognuno proverà a contrastare come può,  guardando all'azione della magistratura, alle inchieste giornalistiche e alla capacità di contrasto delle forze dell'ordine. Contestualmente (cosa che ripeto da tempo) la criminalità organizzata locale inizierà la sua evoluzione. Cambieranno le figure, lentamente verrà abbandonato l'atteggiamento violento e vessatorio di un tempo e si dedicherà quasi esclusivamente alla gestione della droga. L'evoluzione sarà graduale ma inevitabile. Grazie ad una massa di denaro significativa, l'atteggiamento da boss cafone e violento non sarà più tollerato, chi vuole continuare su questa scia verrà eliminato. Bisogna diventare "imprenditori" perché le attività, da quelle illegali a quelle legali, non possono decollare senza la collaborazione dei professionisti, dell'imprenditoria e delle istituzioni. E' da questo momento che la criminalità diventa economica è inizia a costruire un rapporto più intenso fatto di interessi e convenienze con buona parte di quella “società civile”, fatta  da professionisti e (im)prenditori che negli anni '90 provano, molto timidamente, a contrastare l'atteggiamento violento dei clan. Adesso, una buona parte di questa "società" è attratta dalle masse di denaro che produce la gestione della droga. Da questo cambio di condotta nascono alleanze e affari che determinano la nascita di quella che in letteratura viene definita "nuova borghesia mafiosa”. Questo rapporto trova un cemento nelle crisi che si succedono, dagli anni '90 in poi. Crisi che indeboliscono il tessuto  economico principale di questa zona fatto di piccole imprese agricole. Il colpo letale lo sferra la depressione finanziaria del 2008. Piccoli imprenditori agricoli, attività ad essi collegati e lavoratori dipendenti sono travolti da un susseguirsi di difficoltà economiche e vengono spinti verso la povertà e/o l'esclusione sociale. I dati dell'ultimo censimento ISTAT sull'agricoltura siciliana sono molto chiari. Nel decennio 2000/2010 le imprese agricole in provincia di Ragusa si sono dimezzate. Si è passati dalle  24 mila aziende censite nel 2000 a meno di 13 mila aziende nel 2010. La cosa interessante è come  la superficie agricola utilizzata (SAU), cioè la superficie destinata alla produzione agricola, è rimasta quasi intatta (si veda tabella estratta dal 6° Censimento Generale dell'Agricoltura in Sicilia). 


Il dato diventa ancora più interessante se accostato al diagramma che descrive l'evoluzione delle dimensioni aziendali in Sicilia (si veda tabella sotto estratta dalla pubblicazione ISTAT Atlante dell'agricoltura in Sicilia pag. 17). 
Nel decennio 2000/2010 si è ridotto notevolmente il numero delle aziende di piccole dimensioni, mentre sono cresciute quelle di medie grandi dimensioni. Se la SAU è rimasta quasi intatta significa che la  terra delle piccole aziende è finita nella mani delle aziende medio grandi. 


Dal Rapporto Agromafie 2016, redatto dalla Coldiretti in collaborazione con L'Eurispes si ottiene la quadratura del cerchio e cioè che l'Indice di Organizzazione Criminale (IOC) della filiera agricola ragusana è il più alto d'Italia. Per essere chiaro: la Mafia controlla l'intero settore. Se poi vogliamo definire alcune sfumature di questa quadratura si può aggiungere che oltre al rapporto Agromafie vi sono alcune inchieste giornalistiche che ci dicono come la zona ragusana, per le sue caratteristiche climatiche e pedologiche, si stia trasformando in una delle zone di produzione di marijuana - controllate dalla mafia - più importanti d'Italia. Stiamo diventando una sorta piccola Jamaica. Ritornando al rapporto Coldiretti si evince chiaramente che la criminalità economica nel ragusano oltre a controllare qualsiasi produzione, gestisce anche i servizi all'agricoltura, sia quelli diretti: lavorazione dei prodotti, imballaggi, trasporti, rifiuti di prodotti dalla filiera che sono tanti e diversi; sia quelli indiretti: edilizia, immobiliare e finanza. 

Sulla finanza e in particolare sulla mobilità del denaro si apre una nuova finestra. In questo nuovo capitolo ci viene in aiuto la Banca d'Italia con le sue pubblicazioni. Nell'ultimo quaderno dell'antiriciclaggio dall'Unita di Informazione Finanziaria per L'italia (UIF) pubblicato nel settembre di quest'anno vengono analizzate le operazioni sospette del primo semestre 2016. A pag 11 (vedi figura) viene pubblicato il cartogramma. 






 
Come si può notare la nostra provincia, a livello nazionale, occupa una posizione di tutto rispetto. 50/60 operazioni sospette per ogni 100 mila abitanti. Sono tante!  Le sorprese però non finisco qui. Anche il peso dell'operatività del contante nella nostra provincia è tra i più alti d'Italia. Infatti, nel cartogramma pubblicato a pag. 38 (vedi figura) la nostra provincia ricade nell'area medio alta.

Quindi a Ragusa gira un bel po' di denaro contante? Questi soldi per non passare da certe operazioni bancarie saranno forse  poco puliti? 
Ma la sorpresa delle sorprese è quella che ci viene illustrata nel terzo cartogramma pubblicato a pag 45 (vedi fig. sotto), quello che da indicazioni sui bonifici verso i paesi a fiscalità privilegiata e non cooperativiAnche qui occupiamo una posizione di tutto rispetto. Dai nostri sportelli bancari escono somme verso paradisi fiscali specializzati nel riciclaggio?



 

Se è così sarebbe interessante sapere: quali professionisti promuovono queste operazioni? Perché queste operazioni sono promosse da professionisti! Quali banche si mettono a disposizione per fare questi movimenti? Perché questi movimenti sono fatti dalle banche!

Contro questi dati che ci parlano di flussi di denaro manovrati con una certa dinamicità, si contrappongono i dati della Caritas diocesana che ci raccontano come la povertà nella nostra terra aumenta e si struttura insieme al tasso di disoccupazione, soprattutto quella giovanile che supera ormai il 40%.  Nella relazione annuale della Caritas si legge: "ci troviamo di fronte alla necessità di gestire, oggi più di prima, richieste di tipo materiale ed esigenze di tipo economico". Un altro studio effettuato pochi mesi fa dalla TWING, una start up che si occupa di raccolta ed elaborazione dati, ci da informazioni ancora più significative. Da questa pubblicazione viene fuori che il territorio ragusano è il più povero della Sicilia (si veda fig. allegata). 



Abbiamo il reddito pro capite più basso della Regione e una movimentazione complessiva di capitali tra le più significative del Paese. La provincia babba, l'isola nell'isola è terra di stranissime stranezze. 

La criminalità economica di questa provincia, nell'attuale fase definita "globalizzazione", forse non è un'intrusa ma una protagonista. Ha utilizzato le occasioni (le crisi sono occasioni eccezionali) per marginalizzare le persone dai processi economici e arricchirsi alle loro spalle?

In questa lunga analisi,  spero interessante, ho provato ad accendere i riflettori sulle forze che hanno generato la metamorfosi della criminalità organizzata di questa zona a criminalità economica. Serve progettare e  costruire un contrasto serio perché serio è il problema. Sicuramente non serve l'antimafia delle chiacchiere che si nutre di autocompiacimento. Per progettare e praticare un'antimafia "sociale" bisogna legarla per forza  alle dinamiche economiche di questa terra e alle sue crisi che sono state e sono strumenti letali di emarginazione. Bisogna partire dalla costruzione di un blocco sociale fatto di giovani, di disoccupati, di piccoli imprenditori travolti dalla crisi, che vanno sottratti e contrapposti alle reti clientelari della criminalità economica e alla base di consenso della "nuova borghesia mafiosa". Vanno sottratti a chi li ha prima impoveriti e ora ne vuole sfruttare i loro bisogni. Tanto possono fare le associazioni presenti nel territorio in termini di analisi e di impegno, ma sono poco radicate e ancora meno organizzate. L'antiracket ha preso piede da qualche anno ma ha difficoltà ad estendersi e ad attecchire, non perché le imprese hanno paura dell'intimidazione, ma perché la criminalità economica è diventata un soggetto che ha potere, soprattutto economico, con cui è conveniente fare affari. Serve  capacita di aggregare e creare opinione. La Chiesa insieme alle forze sociali potrebbero assumere questo ruolo. Il vescovo di questa diocesi, mons. Carmelo Cuttitta, è stato un allievo del Beato Padre Pino Puglisi, ne ha conosciuto "l'immediatezza, la capacità di coinvolgimento, la pedagogia della partecipazione e del rendersi non solo partecipi ma anche responsabili degli altri".  Conosce bene la pastorale del Beato Puglisi che fu considerata una fastidiosa interferenza. Qui serve cacciare i mercanti dal tempio e per farlo servono anche strumenti ecclesiali e pastorali idonei a formare coscienze che rifiutino con forza certe logiche che stanno dilagando. Bisogna porre un argine. Questa diocesi ha una guida che possiede capacità e mezzi per avviare la costruzione di quest'argine. Naturalmente, non  tutto può e deve cadere sulle spalle della diocesi. In provincia di Ragusa ci sono forze sociali storiche (Sindacato) che hanno ancora un ruolo nel mondo del lavoro e dell'impresa. Forze che conoscono il territorio e da qualche tempo hanno compreso che serve riorganizzare le classi sociali per emarginare l'economia illegale. La nuova mafia, in modo subdolo, sta guidando i nuovi processi di sviluppo. Bisogna fermarla non solo con la magistratura e le forze dell'ordine ma anche promuovendo e sostenendo l'economia legale. Cioè il connubio tra sviluppo e solidarietà, sviluppo e progresso, sviluppo e rispetto dell'ambiente, sviluppo e rispetto del lavoro. Fino ad oggi, senza contrastato alcuno, c'è solo sviluppo per pochi e degrado per tanti.    
Queste mie considerazioni non possono e non devono essere interpretate come provocazioni. No. Sono solo desiderio di riscatto, o meglio: voglia di non rassegnarsi al decadimento. Se la nuova antimafia non diventa un tutt'uno con la lotta per la democrazia e con un modello di sviluppo che soddisfi i bisogni di tutti e non aggravi squilibri territoriali e divari sociali, la sconfitta è certa, fatta salva l'anima di chi è  e sarà comunque controcorrente.  

P.s :Penso che queste mie parole provocheranno delle reazioni,  anche perché da qualche tempo si sta affermando, soprattutto in alcune istituzioni, un nuovo concetto: parlare di mafia, o della criminalità economica, non è cosa buona,  si fa cattiva pubblicità al territorio e alla sua economia.  E' come quando uno ha un tumore, tutti lo sanno ma non si deve dire. I mali non si sono mai dissolti negandone l'esistenza. 
Spero solo che porre il problema non mi faccia diventare il problema.

giovedì 8 dicembre 2016

Serve una nuova antimafia. 1° parte


Per ogni chilogrammo di marijuana sequestrata dalle forze dell'ordine ce ne sono nove che non vengono intercettate. La freddezza statistica del dato non dice nulla se non viene applicato a quello che succede nella realtà. Solo nel mese di novembre in provincia di Ragusa Carabinieri, Polizia e Guardia di Finanza hanno sequestrato circa 150 kg tra marijuana e hashish. Tutta roba pronta per essere consumata. Se applichiamo il rapporto 1/9 viene fuori che 1350 chilogrammi di erba e di fumo, chilo più chilo meno, si sono salvati dalla confisca e sono stati sicuramente commercializzati. La droga leggera, nelle nostre piazze di spaccio, viene venduta a 10/15 euro al grammo. Se si fa una semplice moltiplicazione viene fuori che a novembre, nel territorio ragusano, la criminalità economica ha incassato circa 15 milioni di euro. Non sto considerando gli incassi fatti con la cocaina e tutto il resto. La cannabis è diventata in poco tempo una fonte di guadagno significativamente importante per la mafia. L'acquisizione di capitale della criminalità economica, grazie ai proventi della droga leggera, è cresciuta a dismisura e insieme ad essa è cresciuto il suo consenso sociale. Mentre da un lato la criminalità economica si ingrassa dall'altro, larghi settori dell'antimafia di mestiere tendono ancora a presentare il fenomeno mafioso essenzialmente come devianza, criminalità, prodotto di situazioni particolari, subcultura, eversione. Pensano ancora che alla mafia si contrapponga una società sostanzialmente sana: la così detta “società civile”. Parlano di racket come se fosse ancora l'attività di finanziamento primario della criminalità organizzata, senza capire che il pizzo, in molte zone, è ormai preistoria. Non hanno ancora capito, o peggio fanno finta di non capire, che la mafia è diventata impresa grazie ai capitali fatti in buonissima parte con la droga. Mentre si discute come contrastare il racket, l'impresa mafiosa si è integrata a pieno titolo nell'habitat sociale, è riconosciuta, stimata, valorizzata. Basta frequentare i bar o tanti locali pubblici durante le varie ore del giorno, imprenditori mafiosi incontrano professionisti o imprenditori normali. Di cosa possono parlare? Di affari!? Mentre tutti pensano ancora all'esattore del pizzo, il mafioso intanto, con i capitali della droga, si è evoluto ed è diventato un uomo d'affari di successo, è capace di creare opportunità di lavoro, interagisce con altri imprenditori creando servizi a costi vantaggiosi, investe nel territorio avviando nuove attività, costruisce rapporti con il sistema bancario, non da fastidio, è diventato un modello da imitare. Tutto questo gli ha permesso di acquisire e gestire posizioni di potere all'interno del sistema sociale in cui opera. La presunta società “civile” è passata, senza battere ciglio, dall'eventuale contrapposizione alla contiguità, instaurando un rapporto di tolleranza-convenienza-alleanza con l'impresa mafiosa. Questo atteggiamento ha sviluppato un modello di controllo-comando che non è più caratterizzato dalla paura per la violenza della mafia ma  dall'utilità della stessa. Si è affermato in modo definito un principio: la criminalità economica è utile e non è un ostacolo per lo "sviluppo". E' avvenuta una contaminazione determinata e dettata dalla massa di denaro che genera la droga che ha interrotto e intorpidito ogni tipo di contrasto sociale. Senza i soldi della droga, oggi, la mafia, anche nel nostro territorio, sarebbe rintanata in una riserva. Urge creare una nuova antimafia ... sociale.

continua