Visualizzazioni totali

martedì 11 aprile 2017

La mafia è un'agenzia educativa


Leggo e rileggo l'articolo scritto da Paolo Borrometi per conto dell'AGI, l'agenzia di stampa dove lavora, e non so cosa dire o pensare. 
I parenti di un capomafia della provincia di Siracusa vogliono, o meglio, pretendono che una scuola che aveva organizzato una manifestazione antimafia gli dia diritto di replica. Cosa volevano spiegare ai ragazzi? Perché si diventa mafiosi? La commedia dell'assurdo è stata superata abbondantemente, ormai siamo al suprfantasy-mafia. La notizia è così sfrenatamente drammatica che riesce ad annullare ogni tipo di reazione. La scuola naturalmente ha rigettato la richiesta di replica, ma il fatto che i parenti di un boss sentano il diritto di fare una richiesta di questo tipo fa veramente impressione.
Ma una ragione che spiega perché si siano spinti a tanto c'è. Facciamo finta di non vederla, ma è li davanti a noi da decenni. Le mafie sono diventate delle vere e proprie agenzie educative. Negli ultimi anni, grazie anche alla crisi,  le periferie delle nostre città sono diventate aree ancora più depresse, povere e abbandonate. Io sono cresciuto in periferia e ricordo che i partiti (principalmente un partito), il sindacato, erano sentinelle attive che provavano a contrastare le tante forme di devianza. La scuola era inclusiva, cercava di recuperare tra mille difficoltà i ragazzi difficili. Le parrocchie erano vigili. Chi non  ricorda l'attivismo di padre Calì, padre Pirillo, Padre Bella, Padre Santoro e poi più avanti padre Cannata (chiedo scusa se dimentico qualcuno). Tutti preti che si sono formati nella periferia e cercavano di coinvolgere a modo loro, bene o male, i ragazzi dei quartieri. Oggi, nei  luoghi dove sono cresciuto non c'è nulla. E' avvenuta una sorta di desertificazione. I partiti non ci sono più da tempo, il sindacato e scomparso ancora prima dei partiti, la parrocchia è diventata un riparo per gli anziani e la scuola tenta di allontanare i ragazzi difficili. L'unica offerta educativa che è rimasta in piedi è quella della criminalità organizzata (c'era anche all'ora ma aveva molti concorrenti) con la sua parola d'ordine chiara e di facile presa: lo Stato con i suoi sbirri è un oppressore, la mafia difende gli oppressi. 
Chi sono gli oppressi? Lo spacciatore, il ladruncolo, il rapinatore, l'abusivo, l'usuraio, ...  i cosi detti "poveri disgraziati". Gente che per "campare" è "stata costretta" a commette qualche reato.  La mafia, li controlla, li gestisce, li protegge, è il suo esercito. Nell'immaginario collettivo difende "i deboli", "gli emarginati", "i poveri", "quelli di cui lo stato se ne frega". Ma non fa solo questo, tutela pure quelle “persone perbene” che subiscono un torto. Ti rubano un motorino, l'auto, gli attrezzi da lavoro? Non ha senso denunciare il furto alla Polizia, è una perdita di tempo. Se si parla con la persona giusta, magari paghi qualcosa,  ritrovi il motorino, l'auto o gli attrezzi da lavoro. Questa è il tipo di giustizia sociale che si è affermato e che trova sostegno e riconoscimento nelle periferie. 
E così, mentre i partiti hanno via via abbandonato i quartieri, perso ogni riferimento sociale e ogni identità smarrendo la direzione, le mafie hanno fatto propri il concetto gramsciano dell'egemonia culturale e il popolarismo sturziano. Non c'è periferia a Vittoria, in Provincia di Ragusa, in Sicilia che non venga controllata “culturalmente” in questo modo. La loro capacità formativa è cresciuta così tanto che alcuni mafiosi si sono professionalizzati, sono diventati "maestri", "scrittori". Pubblicano libri dove si descrivono come "buoni padri di famiglia" e li presentano pure in tv, nei migliori salotti televisivi (ricordate il figlio di Riina), oppure molto più malinconicamente pretendono il diritto di replica ad una manifestazione antimafia. 
E' vero, in questi ultimi anni le mafie sono cambiate, si sono date un tono, sono diventate, grazie alla complicità di professionisti e della finanza, criminalità economica, ma il loro potere, la loro forza, viene dal consenso sociale delle periferie. Molti quartieri del Mezzogiorno sono le palestre dove si forma la futura classe dirigente mafiosa. Se questi luoghi rimangono nelle loro mani significa che si rinuncia di proposito a contrastare la mafia, significa essere volutamente conniventi. 

domenica 9 aprile 2017

Come eravamo


A molti miei coetanei sento ripetere spesso una frase: “Noi da giovani eravamo meglio di quelli di oggi” … … è una cazzata paurosa.
Basta guardare cosa sono oggi le discoteche e li puoi vedere  come sono i ragazzi di oggi: belli, palestrati, vestiti benissimo, alcuni arrivano con auto brillanti. Entri in una discoteca dal nome altisonante è trovi le ragazze immagine... e non dico altro.
Noi eravamo brutti, è già dire brutti è una metafora. Io, ad esempio, avevo i capelli un po' lunghi tipo Jim Morrison (sottolineo tipo … se lo sente dall'aldilà mi fulmina) ed ero pieno di brufoli. Erano così tanti i miei brufoli che con il topexan, (storico detergente) io non  ci lavavo la faccia ... lo bevevo ... come sciroppo, pur di mandare vie quelle “petunie” che avevo sul viso.
Le nostre discoteche erano tristi già dai nomi. Ricordate la “Fazenda”? Era una capanna di legno in mezzo ad un polverosissimo sterrato che fungeva da parcheggio. Tu arrivavi e appena scendevi dall'auto eri in mezzo alla povere. All'ingresso della discoteca, non si faceva la fila per i biglietti, NO, si stava mezzora a battere i piedi per scrollarsi di dosso tonnellate di polvere.
Le ragazze immagine? Si, hai voglia! Immaginavamo che ci fossero!!
E poi le nostre auto … intanto erano le auto delle nostre madri, che spesso prendevamo a sgamo e soprattutto quando c'era il pieno di benzina … la Fiat 126 era quella che andava per la maggiore. Ci infilavamo in cinque, avvolte anche in sei, in quelle scatole di latta. Quando uscivamo da quell'auto eravamo già sudati come delle scimmie.
Ma la vera differenza tra noi e i ragazzi di oggi era nell'abbigliamento. Noi eravamo dei tamarri mostruosi. Come scarpe avevamo quasi sempre scarpe da tennis, i più sfigati le espadrillas. Indossavamo jeans strettissimi che ti impedivano i movimenti, ma soprattutto ci pressavano maledettamente i genitali. Non contenti indossavamo cinture finte el charro con fibie mostruose che ti lasciavano il segno sulla pelle per giorni. Le abbottonavamo strettissime. E poi, infilata dentro i jeans, una maglietta aderente che sembrava la maglia della salute dei poveri. I più tamarri arrotolavano le maniche di queste magliette e alcuni avvolgevano sapientemente un pacchetto di malboro per sentirsi più fighi. Entravi in discoteca e non si andava a ballare ma giravi il locale, in mezzo alla confusione più totale e con la musica sparata a palla ... cercavi la ragazza che ti piaceva. Le ragazze stavano quasi sempre sedute sui divanetti, in pista ballavano solo le coppie. Appena trovavi quella che ti piaceva ti piazzavi li davanti a lei. Ti appoggiavi su uno dei tanti pali legno che popolavano la “fazenda” e aspettavi, senza perdere mai la tua preda. La fissavi fino a fargli la tac, la risonanza magnetica con i mezzi di contrasto e nel contempo che la fissavi aspettavi il momento magico.
Allora le discoteche facevano dai venti ai trenta minuti di lenti e tutti eravamo preparati a quella mezz'ora di musica. Il dj con maestria smorzava la musica disco e con voce impostata diceva: EHI RAGAZZI IN PISTA: cominciano i lenntii”. in quel momento tutti i falchetti abbandonavano i pali e si tuffano sulle loro prede … intanto le luci del locale venivano abbondantemente smorzate, non si vedeva quasi nulla ma ognuno sapeva dov'era la sua preda, anche al buio l'avresti trovata, oddio c'era anche chi nello slancio inciampava e cadeva come una baccalà, ma chi riusciva a raggiungere la ragazza gli si piantava davanti e con voce ferma esclamava: “Balli!!” la risposta era quasi sempre “ … si …”. Tutti e due, mano nella mano raggiungevano la pista e li iniziava un ballo che non vi dico. Era tutto uno strofinio, un avvicinarsi di lui e un allontanarsi di lei, quando l'atmosfera si era finalmente riscaldata a dovere e si cominciavano a prendere le giuste misure, le palle con gli specchietti che giravano ti mandavano un maledetto raggio di luce che illuminava il volto di lei … li tantissimi si accorgevano che quella che avevano puntato per un'intera serata ... b a s t a r d a ... pochi secondi prima che tu arrivassi a chiederle di ballare si era spostata lasciando il posto a sua cugina … s i m p a t i c i s s i m a … ma comunque un cesso.


Ai miei coetanei che fanno certe affermazioni mi sento di dire che noi abbiamo limonato cose che gli umani non possono neanche immaginare. Ma andava bene così.