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domenica 24 novembre 2019

L'ECONOMIA CRIMINALE IN PROVINCIA DI RAGUSA


E’ strano, è veramente molto strano. Ho raccolto i dati economici più significativi della nostra provincia degli ultimi tre anni, inserendo anche il primo semestre dell’anno in corso, e li ho tabellati. Per farlo ho consultato i dati di Movimprese Unioncamere, dell’ISTAT e gli ultimi due studi sull’economia siciliana pubblicati dalla Banca d’Italia.


Ragusa in cifre
2016
2017
2018
Giugno2019
Imprese commerciali
5.368
5.310
5.225
5.182
Imprese artigiane
6.326
6.271
6.190
6.121
Imprese agricole
8.929
8.967
8.957
8.887
Tasso disoccupazione
19,4%
18,7%
18,8%
20%
Prestiti
5.135
4.933
4.610
4.598
Depositi
3.418
3.642
3.760
3.922


E’ venuto fuori un quadro effettivamente singolare. Il motore economico della nostra provincia: le piccole imprese agricole, artigianali e commerciali, soprattutto gli ultimi due settori, presentano, nell’arco di tempo analizzato, cali significativi. Il tasso di disoccupazione complessivo, cioè quello relativo alla classe di età che va dai 15 anni in poi - sempre all’interno dello stesso periodo - non si schioda dal 20%. I prestiti concessi a cittadini e imprese presentano una significativa flessione, si passa dai 5 miliardi 135 milioni del 2016 ai 4 miliardi 610 milioni del 2018, anche se il primo semestre del 2019 mostra una ripresa.
C’è un dato che scompone l’andamento negativo dei dati inseriti in tabella: in provincia di Ragusa i depositi bancari, dentro il periodo analizzato, AUMENTANO!! Potrà sembrare inverosimile ma dal 2016 al primo semestre del 2019 si registra una crescita di oltre 500 milioni di euro. Ma come è possibile? Tutti i dati economici sono in calo ma i conti correnti si GONFIANO DI SOLDI? 
DA DOVE ARRIVANO QUESTI EURO?

Ma non fisce qui. A questo dato anomalo se ne aggiunge un secondo, anche questo molto recente. E' una classifica che ho tratto dal sito osservatoriofinanziario.it con indicazioni in forte conflitto con i dati negativi visti precedentemente.



La Provincia di Ragusa, in questa speciale graduatoria, stilata nel Marzo scorso, è al sesto posto in Italia per numero di conti correnti.

MA CHI FA GIRARE TUTTI QUESTI SOLDI IN PROVINCIA?

Nel mio piccolo una risposta l’ho trovata. Il 14 ottobre scorso il Sole 24 Ore ha pubblicato l’indagine sulla sicurezza dei territori italiani. Ebbene, nella voce ASSOCIAZIONE A DELINQUERE la nostra provincia risulta PRIMA IN ITALIA.  

Immagine tratta dal Sole 24 Ore del 14/10/2019


Si può pensare che soldi e conti correnti siano legati all’economia criminale? Una risposta parziale ci arriva dall’ultimo quaderno dell’antiriciclaggio pubblicato dalla Banca d’Italia 


Come si può notare dal cartogramma tratto dal documento redatto dell'Ufficio di Informazione Finaziaria della banca centrale, si evince che le operazioni anomale  seganalate nella nostra provincia ...  SONO UN PO' ALTE!



  
Riepilogando: La provincia più piccola della Sicilia (abbiamo un numero di abitanti pari a un quartiere di Palermo) è sesta a livello nazionale per numero di conti correnti; ha i depositi bancari in crescita ma i principali indici economici (numero di imprese e tasso di disoccupazione) in calo da tre anni; è prima in Italia per tasso di associazione a delinquere; presenta un numero rilevante di segnalazioni di riciclaggio.


L’economia legale di questa terra - quella che crea lavoro produttivo, reddito e risparmio - è diventata serva delle economie illegali e ripartirà solo quando verranno colpiti i capitali mafiosi. Questi, oggi, rappresentano il  motore economico di questo territorio. Un motore che non viene aggredito come dimostrano studi e pubblicazioni. Un motore che fa gola a tanti, primo fra tutti il sistema bancario.

domenica 17 novembre 2019

LA PASSEGGIATA ...

Foto tratta da Google Immagini

Peppe e Totuccio discutevano mentre passeggiavano sul largo marciapiede del lungomare. Di colpo Peppe indicò col dito due fumarole dense e nerissime che rovinavano il paesaggio della plaga, esordì esclamando:
- Talè chi c’è dda! ... Il solito cornuto che da fuoco a plastica dismessa e rifiuti ...
Totuccio gli rispose prima con una risata sdegnosa e poi attaccò a raccontare una storia:
- Quello è niente, negli ultimi anni è successo di peggio ed è accaduto nel silenzio più totale. Ti ricordi il capannone di C.da Purrazza?
- Certo che me lo ricordo! - Rispose Peppe, e poi continuò: Si disse che fu bruciato perché il proprietario non pagava il pizzo ...
- Si, u pizzu! - Ribattè subito Totuccio, e seguitò:  Ammucca aciddazzu!! In quel capannone da tempo non c’era nulla, o meglio, sulla carta non c’era nulla. Se ti ricordi quella struttura fu costruita con i contributi dell’Unione Europea e per un certo periodo c’era un centro di lavorazione di prodotti agricoli... Poi, dopo qualche anno il centro chiuse per fallimento o chissà per cosa e si insediò una piccola fabbrica che produceva imballaggi... Poi, anche questa chiuse, non si capì bene se per fallimento o altro e il capannone rimase “vuoto”... Però in quella struttura c’era sempre movimento. Camion e furgoni che entravano ed uscivano, non si capiva cosa trasportassero ...
- Mhii! Esclamò Peppe - Ma lo sai che è vero, ora ca ci penso c’era un movimento di mezzi nella strada di Purrazza che mai si era visto ... manco quando c’era il magazzino ... Cunta, cunta ... la cosa è interessante.
Totuccio riattaccò:
HahA ... Ti piace a storiella. Quindi, dove ero rimasto … Ah, si, i mezzi che andavano e venivano ... Non si capiva cosa trasportassero, eppure sta storia durò per un bel po’ di tempo. Poi una bella mattina ... BOOOMM ... tutto pigliò a fuoco. Fiamme altissime tagliavano l’aria della zona e con esse un fumo nero e densissimo, accompagnato da un odore acre, così forte da renderla irrespirabile. Arrivarono i pompieri, polizia, carabinieri, vigili urbani ... La zona fu interdetta al traffico per alcune ore ... Alcuni vigili del fuoco e qualche poliziotto si sentirono male, forse per quello che avevano respirato, e furono ricoverati per qualche giorno in ospedale ... Dalla stampa si seppe che l’incendio, molto probabilmente, era stato di origine dolosa, ma poi tutto scemò ... Come si dice: ro muortu si ni parra tri jorna ... e poi ...
- E poi? - Ribadì Peppe – chi successi?
- Non successi nulla, disse Totuccio, però dopo tempo un altro capannone a C.da Balestra, anche questo “abbandonato” ... pigliò fuoco ...  con le stesse modalità. Parlando con un amico proprio di questi fatti lui mi raccontò che quasi sicuramente in questi capannoni venivano stoccati, provvisoriamente, rifiuti di lavorazione che provenivano sia da aziende agricole e sia da qualche impresa industriale. Questo amico mi disse che c’era un’impresa di trasporto e raccolta rifiuti, una società, che faceva questo servizio a prezzi stracciati. Molti agricoltori e molte imprese che producevano rifiuti speciali o pericolosi, proprio per risparmiare sulle spese dello smaltimento, si erano rivolti a questa società la quale, ripeto, a prezzi stracciati, raccogleva, rilasciando, tutta la documentazione necessaria ... persino la certificazione dello smaltimento finale ...
- E comu facivuno, replicò subito Peppe
Totuccio, sorpreso dall’obiezione sgranò gli occhi e corrugò la fronte e poi sbottò:
- Matruzza mia ... si ciù stupitu di Liborio lu nanu. Ma come te lo devo fare capire. Quelli della società dei rifiuti raccoglievano tutta la merda che si produce, la accatastavano in questi magazzini e poi quando li avevano riempiti fino al tetto, una bella mattina, prima che il sole spuntasse, tutto piagliava a fuoco. I giornali avrebbero parlato di come era avvenuto l’incendio, se era doloso, se avevano dimenticato a caricare un muletto elettrico, ipotizzando pizzo, racket, tangenti ... Intanto tutto lo schifo che era stato accumulato in quelle strutture si era dissolto nell’aria ...
-MINCHIA!! gridò Peppe.
La risposta di Totuccio fu secca e immediata:
- PEPPE, NON E’ MINCHIA, E’ ARIA ... ARIA AMMURBATA ... CHE ABBIAMO RESPIRATO ... TUTTI: ALBERI, ARMALI E CRISTIANI.

La loro passeggiata continuò in silenzio, il nero delle fumarole che Peppe aveva indicato poco prima si era già disperso e il paesaggio era ritornato quello di sempre.



Personaggi e luoghi sono di fantasia. La storia, forse, è vera. 

giovedì 7 novembre 2019

#servechiarezza



Leggendo il volantino della manifestazione “Riprendiamoci la città” emergono subito alcune considerazioni. Chi ha organizzato l’evento ha scelto un titolo un tantino retorico per una città “infettata di luridume”. Ma chi deve riprendersi la città? Intanto la parola “riprendiamoci”, declinata in modo autoritario, fa un po’ impressione; e comunque, se la risposta è caratterizzata da esortazioni categoriche tipo: “ … sollecitati da più parti … la società civile che lo vuole”, la domanda che sorge spontanea è: ma chi ha sollecitato? Dov’è mai stata la “società civile”? In questa città per anni sono state negate le evidenze e la così detta “società civile, tranne una sparuta minoranza, non ha mai sollecitato nulla, anzi ha pensato ad altro. E poi la firma: “La Gente Onesta di Vittoria”. Ma cosa significa? Chi ha deciso chi è onesto e chi no? Bisognerebbe capirlo! In questo manifesto emerge un genericismo pericoloso, si rivolge ad un “popolo” non meglio identificato. La parola “gente” sta a moltitudine, ressa, folla; con questa parola si vuole forse dire: tutti insieme appassionatamente? Se è così NO! Bisogna differenziare. Mai come oggi a Vittoria è obbligatorio separare il grano dal loglio. Nella parabola del buon samaritano il prete e il levita sono diversi dal samaritano. Senza che nessuno si arrabbi o si senta attaccato, ma a Vittoria se si vuole uscire dai “riflettori giudicanti, puntati continuamente addosso” bisogna tracciare limiti netti. Prima del #iocisto viene il #servechiarezza, altrimenti #èsolofumo.



martedì 5 novembre 2019

Buon compleanno Giovanni




Caro Giovanni,
oggi avresti compiuto 73 anni. Chissà come saresti. Io ti immagino come un anziano e distinto signore occhialuto, quasi certamente nonno, con la barba incolta e sempre con un giornale sotto il braccio. Sicuramente saresti una persona di spirito con la battuta pronta e tagliente, capace di suscitare una certa ilarità. Senz’altro saremmo amici - amici magari è troppo - sicuramente conoscenti. Tutto questo però lo posso solo fantasticare, la vita ti è stata tragicamente rubata la sera del 27 ottobre del 1972. 47 anni fa i tuoi sogni, le tue ambizioni e le tue aspettative sono state azzerate in pochi secondi da sei colpi di pistola, sparati tutti a distanza ravvicinata. La laurea in filosofia, la carriera all’Ora o in un altro giornale, forse anche l’insegnamento in una scuola o all’università. Tutto si è dissolto in un attimo. Tu amavi fare il “giornalista giornalista”, non ti limitavi a registrare come fanno i “giornalisti impiegati”. Tu esaminavi, indagavi e lo hai fatto così bene da mettere in evidente difficoltà quel blocco di potere economico-ecclesiale che da anni scandiva i tempi e le condizioni dell’agenda politica ragusana, determinandone linee e classe dirigente. La tua Ragusa era una città imperturbabile, lo era così tanto da risultare "babba". Tu a questa cosa non avevi mai creduto, anzi, già da ragazzo avevi capito qual’era il vero volto della tua città. La babbitudine era solo una maschera che nascondeva affari, intrecci e collusioni. Tutte verità imbarazzanti che se fossero venute a galla avrebbero minato certi interessi. Hai cominciato a raccontare le abigiutà ragusane grazie ad un giornale orgogliosamente fastidioso: L’Ora. Lo hai fatto con uno stile unico e con una delicatezza impareggiabile. Hai iniziato a sfogliare quel blocco di potere come un carciofo, staccando con calma le foglie (che guarda caso si chiamano cosche)tra loro strettissime e tutte dotate di una punta pronta a ferire. L’omicidio dell’ing. Tumino ti aveva aperto un varco che portava dritto al cuore di questo carciofo. Di colpo eri diventato il problema, andavi fermato e ti hanno fermato. Poi, per difendere il grumo di affari e segreti inconfessabili, hanno detto: “se l’è cercata … era un provocatore in cerca di notorietà”, Hanno provato a delegittimarti attuando un piano banale e maligno come la “babbitudine”, ma non ci sono riusciti. Allora hanno provato a cancellare la tua figura da ogni memoria. Qui, purtroppo, sono stati più bravi. Fuori Ragusa sei apprezzato, studiato e riconosciuto. Invece a Ragusa, la tua città, l’operazione rimozione per alcuni versi è andata a buon fine. In questi 47 anni poche le manifestazioni che ti ricordano (tranne l’ultima che è stata un po' pomposa ma per alcuni versi efficace) e pochissimi i luoghi che portano il tuo nome. E’ come se a Ragusa - dopo quasi mezzo secolo dalla tua scomparsa - il tuo nome e i tuoi scritti dessero ancora fastidio. Guarda che se ci rifletti attentamente è una grande soddisfazione: eri e sei “pericoloso”. A proposito di ciò, lo sai che in questi anni Ragusa è cresciuta urbanisticamente? E’ diventata un’unica grande periferia, il centro storico si è svuotato e i quartieri periferici sono diventati dei dormitori. Tu, già nel gennaio del 1970, parlavi dell’urgenza di avere strumenti urbanistici che regolassero la crescita della città e scrivevi di “notabili che all’interno di un’oligarchia” politica osteggiavano tali strumenti. Avevi capito tutto, forse per questo eri e sei rimasto un problema. Pare che quell’oligarchia in questi anni abbia vissuto nell’ansia che qualcuno potesse raccogliere il tuo testimone ricominciando così a sfogliare le strette “cosche” di quel carciofo. Hanno lavorato scientificamente per impedirlo e per dirla tutta non gli è venuto molto difficile. L’Ora, il tuo giornale, non c’è più, è fallito, adesso ci sono i “social”, piazze virtuali dove si pubblica di tutto. Ragusa è rimasta impertubabile e sorniona così come l’hai lascita, ma come hai capito il tuo sacrificio non è stato totalmente vano. Ci sono tanti che si stanno adoperando per mantenere viva la tua memoria e come te stanno raccontando sui social le anomalie di questa terra. la babbitudine ragusana è stata piano piano smascherata. Oggi si dice e si scrive che la babbitidine è l’altra faccia dellomertà, quella imperturbabile, capace di intimorire ammorbidendo ogni forma di opinione come il pane duro viene rammollito dalla ricotta calda. Da qualche tempo emerge un’altra definizione, meno irrisoria ma forse più realistica: Ragusa ha tante facce, come il caciocavallo ... e come la mafia. 

La tua vicenda, drammatica e oscura, ha acceso una luce su queste facce e loro hanno subito spento quella luce. Pensavano che il buio potesse divorare ciò che nasconde,non ci sono riusciti pienamente è tutto questo è merito tuo.

Buon compleanno Giovanni, grazie al tuo insegnamento la paura comincia a non fa più prigionieri e la speranza inizia ad aprire spazi di verità.