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sabato 7 novembre 2020

Una manifestazione, tanti dubbi , una certezza.

Sono passate due settimana dai fatti di domenica 25 ottobre. A bocce ferme e con gli animi un po' meno esacerbati vorrei provare ad analizzare ciò che è successo in poco più di due ore nel centro storico della città. Ho raccolto filmati e messaggi sui social per capire da dove è partita questa manifestazione e perché ha avuto un epilogo così triste (la foto  della Polizia pronta a intervenire che ho tratto da Facebook ne è la conferma). Da quello che mi risulta, tutto parte sabato 24 ottobre. Inizia un tam tam di messaggi su WhatsApp "contro le restrizioni" previste nella bozza del Dpcm che riguardano principalmente i bar, i pub e i ristoranti. "Riuniamoci per una protesta pacifica. Piazzetta ex Prince vicino piazzetta "dove c'è il cavallo" ore 21:00 ci vediamo la per percorrere tutta la via Cavour fino in piazza del Popolo". Il messaggio è seguito da un secondo avviso enigmatico: "Giralo e avvisiamo tutti i proprietari dei locali e noi civili..in privato però sennò la polizia arriva prima di noi". Quindi la manifestazione non era autorizzata? Non era indetta dagli operatori commerciali? E poi: perché la Polizia non doveva sapere nulla? 


I messaggi verranno inoltrati a centinaia di persone fino al tardo pomeriggio di domenica. Alle 21 della stessa domenica a Piazza Italia un folto gruppo di persone si concentra attorno alla "statua del cavallo" e li iniziano a parlare alcuni titolari di attività di ristorazione i quali molto chiaramente decidono di non partecipare perché non posso "associarsi" con chi aveva deciso di manifestare in  modo molto poco ortodosso e poi si preferisce organizzare una manifestazione con "determinati criteri a partire dalle autorizzazioni che sono importanti". E' evidente il disagio tra gli esercenti, così come è evidente il loro senso di responsabilità e di rispetto per le regole democratiche. Infatti, molti di loro non prederanno parte alla "passeggiata pacifica". La manifestazione ha comunque inizio. Un corposo gruppo di persone si avvierà per la via Cavour per poi raggiungere Piazza del Popolo. Durante il percorso verrà invocato "libertà, libertà", parola che possiede un significato ampio e non riducibile (e comunque, stanno o no manifestando "liberamente"?) e di tanto in tanto verranno fatte esplodere delle bombe carta (tanto perché manca la "libertà"). La manifestazione sarà ripresa in diretta attraverso i social da alcune persone e i video verranno commentati. Tra i vari commenti ne ho notato uno che ho conservato perché a mio avviso è particolare 

 
"... è partito tutto dai ragazzi"  Ma chi sono questi "ragazzi"? Non sarebbe interessante capire cosa sia realmente successo?   I titolari delle attività erano tra gli organizzatori si o no? Erano i promotori e sono stati esautorati?  L'unica cosa certa - aggiungo coraggiosa - è stata la presa di distanza da parte dei tanti titolari di attività di ristorazione pub,  bar, ...  i quali si sono tirati fuori da questa protesta tanto strana quanto anomala.

Questa in breve la storia depurata dalla vicende di carattere "politico", le stesse meritano una valutazione a parte che verrà fatta successivamente. Quello che a me ora interessa è capire chi ha organizzato questa "manifestazione" e soprattutto: quale scopo reale aveva questa protesta. Ci sono fatti che vanno analizzati e  chiariti. Provo a fare la mia valutazione.

Vittoria da tempo è diventato il centro della movida di buona parte della  nostra provincia. Persone, soprattutto giovani, Covid permettendo, vengono a trascorre le serate dei fine settimana nel centro storico della nostra città, il quale, negli anni, è stato via via valorizzato urbanisticamente. Ciò ha permesso la nascita di molte realtà imprenditoriali serie e qualificate che operano nel settore della ristorazione e dell'accoglienza. Ma è anche vero che questo pezzo di città si è trasformato in una zona franca dove piano piano si è imposta una sorta di sospensione della legalità e soprattutto dei controlli. Infatti, la criminalità organizzata, quella fatta dai piccoli spacciatori che si atteggiano a boss di quartiere, ha trovato terreno fertile; lentamente si è imposta senza nessun contrasto e si è creata il suo mercato spacciando droghe di ogni tipo. Un traffico legato, naturalmente, ai tanti avventori che frequentano la zona i quali, ovviamente, non bazzicano nel nostro centro storico solo per apprezzare gli ottimi piatti o per bere un buon vino o un'eccellente birra artigianale, ma anche per cercare lo "sballo". Tutto questo, naturalmente, ha creato nel tempo problemi di ordine pubblico. Ciò che scrivo potrà pure non piacere ma è la cronaca recente che ci racconta queste cose. Il riemergere dell'emergenza Covid e le conseguenti disposizioni imposte degli ultimi DCPM hanno obbligato i locali a chiudere e quindi di colpo sono venuti meno sia clienti che vivacizzavano il centro storico sia i consumatori di "sballo". Questo, oltre a mettere in crisi le attività economiche legali (che vanno opportunamente sostenute), ha messo in crisi lo smercio degli stupefacenti. Vittoria è una grossa piazza di spaccio, qui la droga scorre a fiumi e una buona parte delle somme che provengono dal traffico al minuto è stata sempre reinvestita - grazie alle complicità di un'area grigia - nell'economia legale. Le norme anti Covid, quindi, non solo hanno fermato l'economia sana ma hanno anche ridotto gli incassi delle mafie. Sarà stato questo il motivo per cui i "malacarne" che gestiscono lo spaccio si sono mobilitati e hanno provato a gestire e capeggiare la "rivolta" provando ad utilizzare i ristoratori come scudo? Sicuramente! La cosa certa - che pochissimi hanno evidenziato - è come l'economia legale non sia caduta in questa trappola e sia riuscita, con coraggio e determinazione, a smarcarsi da questa "manifestazione". 

Chi lavora nel rispetto delle regole sa quanto sia importante il riguardo verso le istituzioni e questa è una città di persone che hanno fatto del lavoro legale la loro ragione di vita. Sono invece le istituzioni che non hanno capito questa città e i suoi problemi, facendola chiudere di più in se stessa, avallato così un concetto distorto che la rende ancora più invisa.