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domenica 24 gennaio 2021

Strangolare l'economia per soffocare la democrazia


Foto presa da Google Immagini

La notizia singolare della settimana è che una nonnina di 74 anni e i suoi nipotini "gestivano" lo spaccio di droga tra Modica e Scicli. La singolarità sta tutta nel verbo "gestivano": un imperfetto, sia come coniugazione che come fatto.  Gestivano cosa? La vendita al minuto! Ma chi li forniva periodicamente di merce e dove finivano i soldi che incassavano? Li tenevano tutti loro? Non credo proprio. La nonnina e suoi nipotini erano solo uno dei tanti centri di smistamento sparsi nelle tante periferie di questa provincia. Questi arresti verranno rimpiazzati in tempi brevi. Il ricambio è quasi immediato, la manovalanza non manca, ma soprattutto non deve mancare mai il prodotto perchè la domanda è continua. Le droghe hanno bisogno di manodopera costante. La roba va tagliata, confezionata e poi spacciata. E' un ciclo continuo, che non conosce né impedimenti né interruzioni. Il Covid ha frenato la movida? Non c'è problema, ti portano la roba fino a casa  e nello stesso tempo si creano nuovi servizi e si danno nuove possibilità a chi vuole guadagnarsi da vivere. E' il "welfare delle mafie", capace di venire incontro ai pensionati che non ce la fanno - come probabilmente la "nonnina" che gestiva lo spaccio - ed è in grado di dare un'occupazione ai "nipotini" disoccuppati che consegnano la roba a domicilio, come i rider. Ma queste figure non hanno capacità gestionale sono "lavoratori a cottimo" su cui si scaricare tutte le responsabilità. In provincia di Ragusa la droga scorre a fiumi. Basta leggere la relazione 2020 della Direzione Centrale Servizi Antidroga (DCSA) per capire quale ruolo hanno le mafie nel controllo di questo "prodotto". A pagina 176 della relazione si legge "In provincia di Catania è stato registrato il 31,93% delle sostanze sequestrate in peso a livello regionale, 
il 29,71% a Ragusa, il 14,73% a Palermo, il 10,07% a Messina, il 3,88% ad Agrigento, il 3,46% a Siracusa, il 3,39% a Caltanissetta, il 2,67% a Trapani e lo 0,17% a Enna".  Di contro, il Sert (servizio delle tossicodipendenze) dell'ASP di Ragusa, segnala ciclicamente e con preoccupazione l'aumento di consumo di droghe in questa provincia. E allora l'equazione è presto fatta: maggiori sequestri, maggiore circolazione di droghe; maggiore il numero dei consumatori, maggiori sono incassi per le mafie.  Pensate ancora che questa massa di roba può essere gestita da "nonnine" e "nipotini"? Per capire fino in fondo di quale capacità economica e organizzativa sto parlando basta pensare che la droga sequestrata negli ultimi tre mesi - circa 400 kg di sostanze varie - tagliata e immessa nel mercato avrebbe fruttato alle mafie locali circa otto milioni di euro. Una quantità di denaro che la criminalità economica avrebbe sicuramente pompato dentro quell'economia legale messa in seria difficoltà dalle restrizioni Covid e che lo Stato  non sta sostenendo come dovrebbe essere sostenuta. E' questa la nuova frontiera della criminalità economica: riciclare il denaro sporco nelle imprese in difficoltà. La crisi originata dalla pandemia sta sbriciolando le nostre microimprese, soprattutto quelle del settore della ristorazione, del commercio al minuto e del turismo. Molte di queste non hanno più la possibilità di accedere ai capitali legali. Solo per citare un esempio: nel sito del ministero dello sviluppo economico -"fondodigaranzia.it"- si possono osservare i dati  provinciali relativi ai finanziamenti fino a 30 mila euro messi a disposizione, con il DL liquidità, alle piccole imprese.  

Da Aprile 2020 a Gennaio 2021 soltanto 4.861 imprese ragusane, su oltre 27.000 che ne potevano fare richiesta, hanno avuto accesso ai fondi. L'iter in diversi casi è stato lungo e difficoltoso. Siamo di fronte alla metamorfosi di un paradigma che ha caratterizzato per anni le mafie: alle imprese non si estorce più il denaro, si presta. Quando si capirà che questo attegiamento avalla l'usura, con tutto quello che la stessa determina, sarà sempre troppo tardi.  

Le mafie, anche quelle di questa terra, sono in grado, purtroppo, di soddisfare i bisogni, sia con il loro "welfare" e sia con il "sostegno" all'economia legale. Fino ad oggi le istituzioni non hanno avviato né un contrasto né messo in campo misure che possano osteggiare queste "compentenze". Si sappia però come la "capacità" delle mafie rischia di minare nel profondo la democrzia. Il loro "welfare" e il loro "sostegno" sono la base di un consenso sociale che può diventare (forse lo è già) consenso  politico. 

domenica 17 gennaio 2021

Vittoria: beni confiscati alle mafie. A quando l'utilizzo? II Parte (fine)

Foto tratta dal sito dell'Ansa
 
" ... la mafia era, ed è, altra cosa: un «sistema» che in Sicilia contiene e muove gli interessi economici e di potere di una classe che approssimativamente possiamo dire borghese; e non sorge e si sviluppa nel «vuoto» dello Stato (cioè quando lo Stato, con le sue leggi e le sue funzioni, è debole o manca) ma «dentro» lo Stato". La mafia insomma altro non è che una borghesia parassitaria, una borghesia che non imprende ma soltanto sfrutta." 

E' l'introduzione che fece Leonardo Sciascia a "Il giorno della Civetta" in una edizione per le scuole medie. Poche parole  ma che davano, già cinquant'anni fa, l'idea di cose fossero realmente le mafie.  Questa frase - che ricordavo, ma non a memoria - sono andato a cercarla quando pochi giorni fa ho appreso dai media che "all'imprenditore di spessore",  Elio Greco, sono stati confiscati beni per 40 milioni di euro (https://meridionews.it/articolo/91414/mafia-confisca-da-40-milioni-al-re-degli-imballaggi-dalle-rapine-in-banca-agli-affari-nellarea-di-vittoria/). "Sette tra società e ditte individuali operanti nel settore dell'ortofrutta e del packaging, diciotto tra fabbricati e capannoni e sedici appezzamenti di terreno". La domanda, la solita, che mi è subito balzata in mente è stata: come e da chi venivano gestite queste imprese e i loro beni? Anche un imprenditore di spessore deve avvalersi della professionalità di un notaio per costituire una società, di consulenti per la conduzione fiscale e previdenziale delle stesse, di tecnici e di legali per tutto il resto.  Tutti  lo conoscevano soltando come imprenditore di spessore? Nessuno immaginava che avesse dei probabili prestanome? E gli istituti bancari,  in genere molto più informati dei servizi segreti,  gestivano i capitali genereati da  queste imprese senza sapere a chi facessero capo? Quesiti scontati, che pongo garbatamente da tempo, ma  mai nessuno ha provato a dare una risposta. Chissa perché!  

La frase di Sciascia, la notizia sulla confisca dei beni all'imprenditore di spessore e il futuro utilizzo di questi beni impone un'altra riflessione. Grazie ai suggerimenti di Andrea Gentile del Forum anti-mafia di Vittoria,  sono andato a visionare il sito dell'Agenzia Nazionale per l'Amministrazione e la Destinazione dei Beni Sequestrati e Confiscati alle mafie (ANBSC) in modo da avere dati certi e da chiunque verificabili (https://openregio.anbsc.it/statistiche/visualizza/beni_destinati/aziende). Da li sono  riuscito ad ottenere notizie aggiornate su Vittoria. Ad oggi lo Stato, alle mafie di questa città,  ha confiscato 52 beni. 8 immobili e un'azienda sono già in gestione. Invece 43 beni sono ancora destinati all'ANBSC e quindi non sono utilizzati.  Voglio ricordare a me stesso come questo pezzo di  patrimonio sia stato realizzato dalle mafie impoverendo, degradando e quindi rubando il futuro alla nostra città. Ora questi beni devono servire per ridare il futuro. Sono il nostro recovery fund. Ma per esserlo realmente c'è bisogno di costruire un movimento ampio che si attivi per il loro utilizzo. Serve mettere in moto quello che alcuni chiamano "imprenditorialità collettiva". Un soggetto economico che non è fatto solo dai protagonisti locali (cooperative, imprese, associazioni di categoria, sindacato, associazioni del volontariato ...) ma anche da altri soggetti: dai comuni alla prefettura fino alle forze dell'ordine, dove ogni uno deve contribuire al successo e al tutela delle attività economiche che si possono e si devono realizzare con questi beni. Questa, penso, sia la prima condizione che deve differenziarci.  Non si capisce come mai il bene nelle mani dell'imprenditoria mafiosa ha uno sviluppo economico dinamico.   Nel momento in cui questi beni vengono confiscati perdono ogni interesse  e diventato un peso per i comuni e per le istituzioni a cui vengono spesso destinati. Un patrimonio immobiliare fatto di capannoni, terreni agricoli, di immobili  non può essere divorato dall'incuria e dal disinteresse per poi finire nel degrado. Su questo tema serve un movimento che abbia la forza di scuotere l'attuale immobilismo della politica e di tutte le istituzioni dello Stato,  capace di creare una rete tra economia e istituzioni, in grado di rigenerare questi beni, trasformarli in imprese o in attività sociali che creano sviluppo, progresso e lavoro. Non serve a nulla assegnarli  (quando vengano assegnati!) a scopo "clientelare". Non possono diventare sedi di associazioni che hanno bisogno di un luogo dove riunirsi  per  discutere di eventuali  progetti o percorsi di una "legalità" fumosa. Lo ripeto: questi beni vanno messi a frutto per creare attività sociali e lavoro produttivo dentro un progetto di imprenditorialità collettiva. 

In un territorio dove c'è un alto tasso di disoccupazione accompagnato da un elevato tasso di evasione scolastica; la politica, le istituzioni, a fronte di un patrimonio di beni confiscati così ampio potrebbe attivare un canale, ad esempio con la Fondazione con il Sud (https://www.fondazioneconilsud.it/),  per approntare e avviare  "interventi di contrasto alla dispersione scolastica, per valorizzare i giovani talenti e attrarre “cervelli” creando start up per la tutela e valorizzazione dei tanti beni comuni (agricoltura,  patrimonio storico, artistico, culturale, ambiente ...), sostenendo le imprese in difficoltà,  qualificando i servizi socio-sanitari,  favorendo il welfare di comunità"

Lo ricordo sempre a me stesso: in questa città soltanto a due "imprenditori di spessore" sono statti sequestrati beni per 80 milioni di euro  (https://www.rainews.it/dl/rainews/TGR/media/sic-vittoria-sequestro-beni-boss-puccio-28d33139-a0ea-4790-bb14-32e4096b93b9.html   https://www.rainews.it/tgr/sicilia/video/2019/01/sic-emanuele-Greco-sequestro-Vittoria-Stidda-e943aff4-08e0-4784-97bf-74ea1e361a71.html). Questi beni,  come emerge dai servizi allegati (insieme ai tanti beni di altri soggetti gia sequestrati e confiscati), sono frutto di probabili attività illecite che hanno generato economie che sua volta hanno penalizzato lo sviluppo della città. Queste imprese sono state poste a reddito  da quella "borghesia mafiosa" raccontata da Sciascia. La stessa, a titolo oneroso,  ha messo al servizio "dell'imprenditoria di spessore" le proprie competenze professionali e i suoi rapporti con le istituzioni, contribuendo così ad impoverire e ad infangare Vittoria.   Questo capitale  deve essere utilizzato per cominciare a risarcire e per intubare  le economie sane e i servizi sociali di questa città che - ora anche per colpa del Covid - rischiano di essere soffocati da quell'imprenditoria criminale, dai suoi collaboratori e dai "servizi sociali" offerti dal welfare di prossimità che le mafie stanno organizzando.  Il virus sta dando vigore a tutti questi soggetti e tutto sta accadendo in silenzio e alla vigilia delle elezioni amministrative. 

Per il bene della città serve aprire subito questo scontro. C'è un bisogno urgente di avviare questo movimento. Non ci sono né scuse né alternative.  Vittoria deve diventare presidio di giustizia sociale e lo deve fare utilizzando anche i beni di chi l'ha insudiciata e deturpata.


domenica 10 gennaio 2021

Vittoria e i beni confiscati alle mafie. A quando l'utilizzo? I parte


Pio La Torre foto tratta da Google Immagini


Pochi giorni fa Peppe Scifo, segretario provinciale della CGIL, pubblicava un post su Facebook deve sottolineava con attenzione quanto fosse poco utile l’esercizio della memoria se poi lo stesso non è accompagnato da unaadesione al significato delle ricorrenze”. La sua breve analisi faceva riferimeto alla strage mafiosa di San Basilio, avvenuta a Vittoria il 2 gennaio di ventidue anni fa. Un fatto che non può essere solo un ricordo da appiccicare suisocial”. C’è una frase del suo post che ha stimolato la mia curiosità: Mancano conoscenza e analisi, ma soprattutto manca la tensione ideale rispetto al problema e alle tante sue sfaccettature; per citarne una ad esempio, le aziende sequestrate alla mafia nella Città di Vittoria, sono un tema sconosciuto alla politica locale. La gestione dei beni della criminalità economica iblea è un argomento che in tanti (non solo la politica), nel corso di questi anni, abbiamo sottovalutato; anzi, non lo abbiano proprio cosiderato. E' arrivamo il momento di cominciare non solo a parlarne - sarebbe un esercizio sterile - ma soprattutto occuparsene concretamente.  
La prima questione da porsi è: cosa e quanto è stato sequestrato in questi anni alle mafie vittoriesi? 
Nella pagina web del sito del comune di Vittoria (https://www.comunevittoria.gov.it/) si trova un link: “beni immobili confiscati alla mafia", entrandoci si può accedere all'elenco dei beni confiscati.  Il documento non è molto aggiornato,  porta la data del 28 novembre del 2018 e in esso sono registrati 21 immobili tra terreni e abitazioni appartenenti a dieci differenti proprietà. Quattro di queste proprietà erano assegnate temporaneamente ad associazioni di volontariato e cooperative sociali, ma l’assegnazione è già scaduta da tempo. Altre quattro proprietà sono da assegnare. Una è in uso temporaneo al comando di polizia municipale e in una, pare, vi abiti una famiglia. Riassumendo: su 21 immobili solo due sono assegnati, tutto il resto è inutilizzato. Si può dire che è un evidente fallimento? 
Continuando a cercare la cosa è diventata più interessante. Il 4 gennaio scorso ho ascolatato l'intervento del prof. Giuseppe Teri, vicepresidente nazionale della scuola di formazione Antonio Caponnetto, durante la diretta Facebook organizzata da I Siciliani giovani in memoria di Giuseppe Fava. Il prof. Teri, illustrando alcuni dati dell’Agenzia Nazionale dei Beni Sequestrati e Confiscati (ANBSC), si è soffermato su quelli relativi a beni sequestrati a Vittoria. Dal suo intervento ho appreso come, al 4 gennaio 2021, alle mafie vittoriesi “sono stati confiscati 64 beni. 57 sono in gestione dell’ANBSC, cioè vuol dire non sono ancora utilizzati. La differenza tra 64 e 57 sono in procedura giudiziaria… . Quindi, ad oggi, nella nostra città ci sono 57 beni immobili gestiti dall'ANBSC - che è un ente posto sotto la vigilanza del Ministero dell'Interno - inutilizzatti, trascurati, abbandonati. Lo stesso Ministero  però ha pagato per anni l’affitto per l’immobile dove è allocato il commissariato di polizia di Vittoria ad un parente della famiglia Luca, ovvero Rocco Luca, figlio di Salvatore, finito in carcere assieme allo zio e al padre, nel luglio 2019, perché indagati con accusa di concorso esterno in associazione mafiosa e riciclaggio ( https://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2019/07/14/sequestrata-sede-pstra-proprietari-clan_e443eaa9-efc2-46ff-81da-a351f4567558.html).
In una città dove le povertà aumentano e dove il Covid sta peggiorando la situazione economica ci sono 57 beni che potrebero essere riutilizzati per creare lavoro, ma non vengono usati. Non si conosce la loro reale consistenza, non fanno parte del dibattito politco, non vengono neanche utilizzati dallo Stato che li ha in gestione. Questo non è un fallimento: è una vergogna! E' la conferma che qui qualisiasi forma di contrasto alle economie mafiose - metastasi di questo territorio - è stata inconsistente. A cosa sono serviti i percorsi di legalità se poi non siamo riusciti a gestire e utilizzare i patrimoni delle mafie per scopi economici e sociali? Senza voler fare demagogia: ma Pio La Torre per cosa è morto? Per finire con la faccia stampata su qualche murales? L'amministrazione che verrà, di qualuque colore essa sia, dovrà essere incalzata con forza, su questo tema. 
Vittoria deve diventare un presidio di giustizia sociale e lo deve fare partendo dall'utilizzo dei beni di chi ha infangato e sfregito questa città.  .... Continua

martedì 5 gennaio 2021

5 gennaio: Peppino Impastato, Giuseppe Fava.

Immagine presa da Google immagini

Portare lo stesso nome, nascere e morire nello stesso giorno, ammazzati entrambi dalla mafia. Tutto questo vorrà pure dire qualcosa. Il 5 gennaio è la data di Peppino e Giuseppe, loro hanno cambiato le regole di come si contrastano le mafie. Ci hanno insegnato che denuinciarle per reprimerle non basta. Ci hanno spiegato che le mafie non sono soltanto un mero fenomeno criminale, come per anni tanti hanno voluto farci intendere. Loro ci hanno detto che per contrastarle seriamente bisognava anche risanare,  modificare  e organizzare il territorio dove razzolano le mafie, attraverso una maggiore giustizia sociale. Con le loro parole e con le loro lotte ci hanno detto che le mafie hanno gioco facile nel proporsi come un  sistema  vincente, soprattutto dove mancano, volutamente, i diritti e le possibilità: a partire dal lavoro, passando per l'istruzione e l'assenza di servizi essenziali, come l’assistenza sanitaria. Ci hanno fornito i primi elementi per leggere le mafie come organizzazione prevalentemente economica e ci hanno fatto capire come  attraverso l'impresa mafiosa si modificavano e si modificano, in alcuni casi si annullano, i meccanismi di competizione leale tra le attività, generando quelle forme di monopolio che producono disuguaglianza e quindi altra  povertà. Una duplice lezione quindi, politica ed economica, che prevedeva e prevede  la costruizione di case matte di giustizia sociale capaci di restituire, ma soprattutto di attaccare togliendo terreno e aria a qualsiasi logica mafiosa. Avevano anche individuato i percorsi che le nuove criminalità economiche avevano intrapreso con i gruppi finanziari. Avevano compreso e denunciato come e dove si riciclava - grazie alla compiacenza di tanti professionisti - il denaro prodotto illegalmente. Con i loro racconti ci dicevano che questo nuovo blocco stava assumendo nei fatti il controllo delle regole democratiche. Hanno alzato il lembo che nascondeva lo schifo che oggi ci governa e lo hanno raccontato con la forza delle loro parole e delle loro azione politica. Per tutto questo sono stati uccisi e poi infangati. Ma la verità, dopo tempo, è venuta a galla. Tutto questo ci dice che loro, le mafie, non hanno ancora vinto. 


sabato 2 gennaio 2021

2 Gennaio

Per Vittoria il 2 gennaio è una data che smorza drasticamdente le luci delle feste natalizie, creando un buio che per molti dovrebbe divorare ciò che nasconde. Ma non è, e non deve essere così. 

Pare ieri, ma tutto è successo ventidue anni fa.  Pioveva quel pomeriggio del 2 gennaio 1999, una pioggia sottile accompagnata da un freddo umido. Ero stato al cinema, allo spettacolo pomeridiano. Alle 19,00 ero già di ritorno a casa. In via Garibadi trovai una fila di auto lunghissima. In lontananza si vedevano brillare i lampeggianti delle ambulanze. Arrivare a casa fu un'avventura. La città era bloccata da un traffico impressionante. Era successo qualcosa, ma non potevo mai immaginare quale tragedia si fosse consumata. Entrai a casa e come sempre in modo automatico accesi la tv. L'apparecchio casualmente era già sintonizzato su Rai Due: stava per iniziare il Tg. Prima notizia ... rimasi "frizzato". Dopo ventidue anni, quando penso a quel momento, avverto ancora quel senso gelido di pietrificazione.

 Il 2 gennaio del 1999 non è stata solo la data che ha certificato uno degli oltraggi peggiori che una comunità potesse subire, rappresenta soprattutto uno spartiacque. Certifica la nascita di una nuova era criminale in questa città. Nelle mafie ogni cambiamento è caratterizzato dallo spargimento di sangue. Il 9 settembre del 1983 il boss Cirasa veniva ucciso per ordine della famiglia emergente: i Gallo. Finiva l'era del contrabbando di sigarette e iniziava l'era del racket e dello spaccio di droga. Tra febbraio e giugno del 1987 avviene lo stermino della famiglia Gallo ad opera degli stiddari. Iniziava il dominio del clan Carbonaro Dominante e lo scontro con cosa nostra. Con la strage del  2 gennaio del 1999  viene "azzerato" il clan che per anni ha infastidito e turbato l'intero territorio. Prende definitivamente forma un nuovo modello di mafia: la criminalità economica. Questa nuova "organizzazione" ha l'esigenza di costruire rapporti di convivenza con imprese e professionisti, ma per portare a termine i propri affari deve fare pulizia, liberarsi di quella zavorra che è rappresentata da malavitosi straccioni, rozzi e violenti; capaci, con le loro azioni di creare l'attenzione degli inquirenti e quindi di mettere a rischio i nuovi affari.  Per fare questo serve alimentare uno scontro, magari soffiando sul fuoco di certi contrasti mai assopiti.  Era risaputo come i rapporti tra gli stiddari di Dominante e i Piscopo (soldati di cosa nostra gelese) erano stati sempre tesi. E li che bisognava accendere la miccia. "Angelo Mirabella (uomo di Dominante) s' era allargato troppo. Aveva fregato i Piscopo riscuotendo il pizzo che avevano imposto ad un imprenditore; gli aveva venduto anche una partita di eroina tagliata male e loro volevano indietro i soldi; poi era entrato in contrasto con i "gelesi". Per questo i Piscopo hanno deciso la sua eliminazione". A dare l'input agli investigatori per decifrare la strage di Vittoria del due gennaio scorso dove furono uccisi tre "stiddari" e due innocenti, è stato un pentito dell' ultimo ora (La Repubblica del 12/01/1999).  Il piombo sparato dalle pistole dei killer eliminerà Angelo Mirabella, probabile reggente del clan Dominate,  e di due possibili affiliati, Rosario Nobile e Claudio Motta. Le indagini degli inquirenti e le indicazioni dei pentiti porteranno ad individuare nei Piscopo i mandanti della strage. E così anche il clan dei "picurari", legato a cosa nostra di Gela, verrà azzerato dagli arresti.  Il campo è  finalmente libero e il messaggio è stato forte e chiaro per tutti. Poco importa se due ragazzi, Rosario Salerno e Salvatore Ottone,  totalmente estranei a qualsiasi logica criminale, verranno travolti nel modo peggiore in questo regolamento di conti. La nascita della criminalità economica  verrà battezzata anche col sangue degli innocenti. Ciò che conta realmante e deve essere evidente a tutti è come nulla deve essere come prima. In poco tempo dovranno affermarsi nuove, silenti e moderne dinamiche economiche che daranno una nuova forma e un nuovo stile gli interessi delle mafie economiche. 

Il 2 gennaio, San Basilio, non può essere solo ricordo e commemorazione. Ventidue anni fa è iniziata  una nuova era criminale di cui ancora oggi non si conoscono bene né forma e né confini. E' una data che non si può e non si deve rimuoveme, così come va evitato di racchiuderla nella semplice rievocazione dei fatti.

venerdì 1 gennaio 2021

Buon 2021 ...

Foto tratta da Facebook

 Ciò che diciamo principio spesso è fine 
e la fine è comiciare.

Questa frase di Thomas Stearns Eliot sintetizza ciò che potrà e dovrà essere il 2021. L'anno è iniziato sin da subito con un quesito che ci portiamo dietro da mesi, una problema tanto banale quanto complicato da risolvere: il vaccino sconfiggerà il Covid? Che poi nei fatti non è una domanda, anzi è un finto interrogativo che serve solo a celare quel desiderio e quella voglia di certezza nel tornare velocissimamente alla normalità perduta, cioè a prima del 21 febbraio del 2020, il giorno in cui è cambiatto tutto, cioè qundo fu scoperto il paziente zero, Mattia di Codogno. Da quella data (che indica una fine) è comiciato un nuovo perido che tra le tante cose negative ha "prodotto", solo in Italia, oltre 73 mila morti, di questi 166 solo nella nostra piccola provincia. "Andrà tutto bene" si scriveva poco tempo fa sugli striscioni decorati con i colori dell'arcobaleno. Che fine hanno fatto quei disegni? Dov'è finita quella iniziale lotta a superare l'ostacolo? Si è subito consumata? Pare che tutto sia scomparso. Forse eravamo conviti che senza sforzo, senza una volontà precisa, ma soltanto con una frase e dei colori stampati su una tela si potesse rimuovere questo blocco per poi ritornare alle tante piccole certezze che ci rassicurvano? Non è così purtroppo. Il 2020 non può essere rimosso, è li e ci chiede di essere ricordato perchè è l'anno cha ha sancito la fine di molte sicurezze, ratificando l'inizio di un nuovo periodo storico che è ben sintetizzato dalla foto che ho allegato e da qualche ora gira su Facebook. Nel 2021 dobbiamo avere la forza dello sgabello e il coraggio e la fiducia del cane.  Cane e sgabello hanno fatto rete, resistono per avere un futuro. Se qualcuno chiedesse al cane o allo sgabello: come va? Loro, serafici, risponderebbero: ma quando ci vai?  E rimarrebbero li a resistere con fiducia e determinzaione. Ecco: resistenza, fiducia e determinzaione, tre sostantivi femminili (sottolineo femminili) che stanno alla base di ogni inizio e determinano, quasi sempre, un finale positivo. E allora buon anno e tanta resistenza, fiducia e determinazione a TUTTI!!