Caro
Giovanni,
oggi
avresti
compiuto 73 anni. Chissà
come saresti.
Io
ti
immagino come un anziano
e
distinto signore occhialuto,
quasi
certamente
nonno,
con
la barba incolta e sempre
con
un
giornale sotto il braccio.
Sicuramente
saresti
una persona
di spirito con la battuta pronta e tagliente, capace
di suscitare una certa ilarità.
Senz’altro
saremmo
amici - amici
magari è troppo - sicuramente conoscenti.
Tutto
questo però
lo
posso solo fantasticare,
la
vita ti
è stata tragicamente
rubata
la sera
del
27
ottobre del 1972. 47
anni fa i
tuoi
sogni, le tue
ambizioni e le tue
aspettative
sono state azzerate
in pochi secondi
da
sei colpi di pistola, sparati tutti a distanza ravvicinata. La laurea
in filosofia, la carriera all’Ora o
in un altro giornale,
forse
anche l’insegnamento in
una scuola o all’università. Tutto
si
è
dissolto
in
un attimo.
Tu
amavi fare il
“giornalista giornalista”,
non
ti limitavi a registrare come fanno i “giornalisti impiegati”.
Tu
esaminavi, indagavi e
lo hai fatto così bene
da
mettere
in evidente difficoltà
quel
blocco di potere economico-ecclesiale che da
anni
scandiva
i
tempi e le condizioni dell’agenda
politica ragusana, determinandone
linee
e classe dirigente. La
tua Ragusa era una città imperturbabile, lo era così tanto da
risultare "babba".
Tu
a questa cosa non avevi mai creduto, anzi, già da ragazzo
avevi capito qual’era il vero volto della tua città. La
babbitudine era solo una maschera che nascondeva affari, intrecci e
collusioni. Tutte verità imbarazzanti che
se fossero venute a galla avrebbero minato certi
interessi. Hai
cominciato a raccontare le abigiutà ragusane
grazie
ad un giornale orgogliosamente
fastidioso:
L’Ora.
Lo
hai fatto
con
uno
stile unico e con una
delicatezza impareggiabile.
Hai iniziato
a
sfogliare
quel blocco di
potere
come un
carciofo, staccando
con calma
le foglie (che
guarda caso si chiamano cosche)tra
loro strettissime e tutte dotate di una punta pronta a ferire.
L’omicidio
dell’ing.
Tumino ti
aveva aperto
un varco che
portava dritto
al cuore di questo carciofo. Di
colpo
eri
diventato
il
problema, andavi fermato e ti
hanno fermato. Poi,
per
difendere
il
grumo
di affari e segreti inconfessabili,
hanno
detto: “se
l’è cercata
… era
un provocatore in
cerca di notorietà”,
Hanno
provato
a delegittimarti
attuando
un piano banale e maligno come la “babbitudine”, ma
non ci sono riusciti. Allora
hanno
provato a
cancellare
la tua
figura da ogni memoria.
Qui,
purtroppo, sono stati più bravi.
Fuori
Ragusa sei apprezzato, studiato e riconosciuto. Invece
a Ragusa, la
tua città,
l’operazione
rimozione per alcuni
versi è andata
a buon fine.
In questi 47 anni poche le manifestazioni che ti ricordano (tranne
l’ultima che è stata un po' pomposa ma per alcuni versi efficace)
e
pochissimi i luoghi che portano il tuo nome. E’
come se a Ragusa - dopo
quasi mezzo secolo dalla tua scomparsa - il
tuo nome e i tuoi scritti
dessero ancora fastidio. Guarda che se ci rifletti attentamente è una grande soddisfazione: eri
e sei “pericoloso”.
A
proposito di
ciò,
lo
sai che in questi anni
Ragusa
è cresciuta urbanisticamente? E’
diventata un’unica
grande periferia, il centro storico si è svuotato e i quartieri
periferici sono diventati dei
dormitori. Tu,
già nel gennaio
del
1970, parlavi dell’urgenza di avere strumenti urbanistici che
regolassero la crescita della città e scrivevi
di “notabili che all’interno di un’oligarchia” politica
osteggiavano tali strumenti. Avevi
capito tutto,
forse
per questo eri e
sei rimasto
un problema. Pare
che
quell’oligarchia
in questi anni abbia
vissuto nell’ansia
che qualcuno potesse
raccogliere il tuo testimone ricominciando
così
a sfogliare le strette
“cosche” di
quel
carciofo. Hanno
lavorato scientificamente per impedirlo
e
per dirla tutta non gli è venuto molto
difficile.
L’Ora,
il tuo giornale, non c’è più, è
fallito,
adesso
ci sono i “social”, piazze virtuali dove si
pubblica
di tutto.
Ragusa è rimasta
impertubabile e sorniona così
come l’hai lascita,
ma
come hai capito
il
tuo sacrificio non è stato totalmente vano. Ci
sono
tanti
che
si stanno adoperando
per
mantenere
viva la tua memoria e
come te stanno
raccontando sui
social
le anomalie di questa terra.
“la
babbitudine
ragusana”
è
stata piano piano smascherata. Oggi si dice e si scrive che la babbitidine
è
l’altra
faccia dell’omertà,
quella
imperturbabile,
capace di intimorire
ammorbidendo ogni
forma di
opinione come il pane duro viene rammollito dalla ricotta calda. Da
qualche tempo emerge un’altra
definizione,
meno
irrisoria
ma forse
più realistica:
Ragusa
ha tante
facce, come il caciocavallo ... e come la mafia.
La
tua vicenda, drammatica e oscura, ha acceso una luce su queste facce e loro hanno subito spento quella luce. Pensavano
che il buio potesse divorare ciò che nasconde,non
ci sono riusciti pienamente è tutto questo è
merito tuo.
Buon
compleanno Giovanni, grazie
al tuo insegnamento la paura comincia a non fa più prigionieri e la speranza inizia ad aprire spazi di verità.
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