Giovanni
Viola, trentenne, si è impiccato nella sua azienda agricola.
Giovanni era sposato, era padre di un bambino, era un produttore
agricolo capace, era una brava persona che non accettava la
situazione economica in cui era precipitato. Per tutto questo non ha
retto. Le brave persone non fanno mai del male agli altri, non ci
riescono, e per questo ieri dopo pranzo si è recato nella sua
azienda e li ha compiuto l’ultimo atto - assurdo e per nulla
condivisibile - della sua breve vita. Siamo alla resa dei conti,
quello di ieri non è il gesto disperato di un singolo. NO! Vittoria
sta vivendo la crisi economica e sociale più ampia della sua storia
recente. Migliaia di titolari di aziende agricole, artigianali e
commerciali si trovano nelle stesse condizioni economiche e
psicologiche in cui si trovava Giovanni. Nessuno ha compreso quanto
sia ampio il livello di disperazione di questa terra. Quella di ieri
è solo una piccola frazione della punta dell’iceberg che ci sta
venendo addosso. Il rischio, che va subito contrastato è
l’emulazione. Togliersi la vita non è la soluzione.
C’è
qualcosa che non funziona più nel nostro sistema economico. Tante,
troppe difformità caratterizzano il comparto. Questa crisi per
alcuni soggetti è diventata una manna dal cielo. La loro ricchezza e
il loro potere politico sta aumentando a dismisura, è direttamente
proporzionale all’impoverimento dei produttori agricoli. Chi
governa ha il compito di fermare questa macelleria sociale. Deve
individuare soluzioni immediate. E’ li per questo e non per
rabbonire o anestetizzare la disperazione crescente. I fornitori, gli
operai, le rate dei finanziamenti, le tasse, le cartelle esattoriali,
i tributi comunali non si pagano con le pacche sulle spalle, con le
promesse oppure con la solita frase: “adesso vediamo”.
Non
c’è più nulla da vedere. C’è da evitare, e subito, altri gesti
come questo.
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