La
povertà ci ha vinto e sottomesso. Solo i discount hanno il
(de)merito di averla resa un po agevole, decorosa e accettabile. In
questi posti freddi e formali, ogni forma di indigenza viene svincolata
da tutte le ossessioni che crea. Li i prezzi sono accessibili e ti
permettono di poter comprare quello che ti serve per mangiare a costi
agibili. Certe volte vado a fare la spesa con mia moglie (ho
sempre odiato fare la spesa) e guardo con attenzione le persone. C'è
sempre un papà e una mamma con bambino che alla cassa devono decidere
cosa mettere fuori dalla spesa. Il bambino ha raccolto le cose che
più lo attraggono, dolci, salatini e patatine. Le persone anziane
sembrano allucinate, girano con carrelli semivuoti e hanno gli occhi
sul depliant preso all'ingresso, comprano solo prodotti in offerta.
Gli extracomunitari se sono con famiglia a seguito si comportano come
tutte le famiglie, la povertà non è razzista, omologa i bisogni. Se
sono maschi, siano essi dall'Est o del Nord Africa, comprano sempre
alcolici e salatini. Se sono donne acquistano alimenti e detersivi. Una cosa li unifica, tutti fanno la spesa con i "soldi contati", pochi possono permettersi di sforare la cifra
stabilita. Il discount racconta il territorio meglio di chiunque
altro. Negli orari più improbabili, ora di pranzo o primissimo
pomeriggio, nel parcheggio trovi qualche suv o berline tedesche. Gli
insospettabili vanno a fare la spesa. Non voglio contaminarsi con il
resto della ciurma dei consumatori, non vogliono farsi "sgamare". Forse ritengono che non sia bello fare la spesa insieme a extracomunitari, bracciati,
commesse, operai o disoccupati. Hanno l'esigenza di risparmiare ma pensano che
nessuno lo debba sapere. E' il nuovo segreto di Pulcinella. Nel piazzale, sotto la pensilina dei
carrelli, c'è sempre un ragazzo di colore, sicuramente di un paese centroafricano, che distribuisce i carrelli. L'ultima volta abbiamo
fatto amicizia e abbiamo parlato un po. Mi ha raccontato che con le
mance, accumulate distribuendo carrelli e caricando buste colme di spesa,
riesce a fare da sette a otto euro al giorno. Commesse e commessi
sono sempre gentili e disponibili. Conoscono quasi tutti i clienti.
Fanno di tutto, li vedi nelle corsie a sistemare merce, subito dopo
te li puoi trovare alla cassa o fuori col muletto a scaricare la
merce appena arrivata. Nel luogo dove si magnificano bisogni
essenziali e nuovi disagi, tra i dipendenti non esistono differenze.
Tutti devono fare tutto. Ora capisco perché sindacati, partiti,
associazioni, perfino la chiesa hanno perso gran parte del proprio
ruolo. Il discount li ha sostituiti, è diventato il nuovo centro di vita collettiva. Li prodotti alimentari tappezzati da offerte speciali soddisfano un bisogno essenziale: mangiare spendendo poco. Li l'imbarazzo muore all'ingresso. Attraversato il tornello si acquista la
pasta, l’acqua minerale, le merendina, il petto di pollo, i
detersivi e la birra che ci terranno compagnia per una settimana, il
tutto ad un prezzo sostenibile.
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domenica 27 dicembre 2015
domenica 20 dicembre 2015
LA CONSIDERAZIONE
Un
anno fa, a Vittoria, sette colpi di pistola misero fine alla vita di
Michele
Brandimarte, calabrese, pregiudicato
con
precedenti per 416-bis, associazione a delinquere di stampo mafioso e
traffico di droga. Un omicidio “pesante”, caduto troppo presto in
un silenzio assordante. Brandimarte era
esponente di punta della 'ndrina dei Piromalli Molè, cosca che
controlla il territorio di Gioia
Tauro. Della
morte del piccolo Loris Stival sappiamo tutto, forse anche troppo.
Una curiosità morbosa che non si riscontra nell'omicidio Brandimarte. Eppure lo spessore criminale della persona uccisa dovrebbe
suscitare più di qualche curiosità.
Isaia
Sales, storico della criminalità organizzata, in uno dei suoi saggi
scrive: “Le mafie clonano il loro modello dalle classi dirigenti
del Paese. Ambiscono a ottenere un riconoscimento pubblico del loro
potere. Non gli basta la virtù del crimine, hanno bisogno della
considerazione sociale”. Ecco, la considerazione.
Il contrario di questo sostantivo è discredito, disprezzo,
definizioni che la criminalità economica non ama ma che prendono
forma quando la criminalità è “costretta” a venir fuori per
quella che è: un'associazione che applica ogni tipo di violenza: omicidio (Brandimarte) compreso. La considerazione è la componente
più importante per un'impresa mafiosa, senza di essa non si genera
il rispetto, l'ossequio, verso l'imprenditore mafioso. Per
la criminalità economica la considerazione è l'investimento più
importate, costi quel che costi. Non si bada a spese e comunque la
mafia non ha problemi di liquidità. Il suo denaro è un ottimo
fertilizzante, attrae tante mosche, parla un linguaggio semplice che
tutti considerano, anzi amano.
Oggi
la mafia sta dentro lo "scontro" tra domanda e offerta, è diventata il
propulsore della nostra economia. Sa proporre alle imprese legali le
sue prestazioni ad un costo più basso di qualsiasi concorrenza,
oppure offre buone opportunità di lavoro. L’imprenditore “sano”
non pensa, non vede, non guarda. Nota solo una cosa: o il prezzo del
servizio offerto - che è sempre molto conveniente - oppure la
rapidità con cui viene liquidata la sua prestazione. Il
denaro decompone tutti i valori, in primis quelli etici e
morali. E' così che si instaura “un'amicizia funzionale” che
permette all'economia criminale di acquistare considerazione.
Tra
“imprese” però non sempre i rapporti sono stabili e continui. Dove invece si
creano obbligazioni reciproche, estremamente vincolanti, pare che sia
il mondo della finanza. In questo caso sembra che
l'amicizia diventi molto più funzionale è stabile. Poche
settimane fa la Banca d'Italia ha pubblicato l'ultimo quaderno
dell'antiriciclaggio dove vengono analizzati i dati del primo semestre
del 2015. Dalle frasi e dai diagrammi emerge l'energia liberata dal denaro della criminalità economica - anche nella nostra provincia
- e quindi come viene comprata la considerazione. A pag. 7 con
poche parole, viene spiegato tutto.
".... Rispetto
a ciascuno dei semestri dell’anno precedente si rileva un
incremento del numero di segnalazioni con riferimento sia agli
intermediari finanziari che ai professionisti e operatori non
finanziari. Nel
confronto con il secondo semestre del 2014, il numero delle
segnalazioni inviate dagli intermediari finanziari è aumentato del
12 per cento per effetto essenzialmente della crescita delle
segnalazioni della categoria ‘Banche e Poste’; sono invece
rimaste stabili quelle degli altri intermediari finanziari (fatta
eccezione per le fiduciarie). Le
segnalazioni dei professionisti sono cresciute in maniera
significativa per il contributo del Notariato ..." Chiaro, anche fin troppo.
A
pag. 23 le parole prendono forma e diventano un schema. Infatti, nel
cartogramma che descrive il numero di seganalazioni provinciali di
riciclaggio di denaro, per ogni 100 mila abitanti, ci dice che la (ex) provincia di Ragusa
è al secondo posto a livello nazionale, prima in Sicilia. Un ottimo
primato, non c'è che dire. Pare che la nostra criminalità economica
(soprattutto il suo denaro) sia molto considerata dal sistema
finanziario locale e dai tanti professionisti del settore. E' forse questo il nuovo modello Ragusa?
Un dato economico, accessibile a tutti, ci descrive con molta
semplicità quanto sia grande il fallimento politico e sociale della
lotta alla criminalità economica. Qualcuno è ancora convinto che
il problema sia esclusivamente la parte criminale? Ad una attenta
lettura dei fatti e della realtà si preferisce sempre il folklore
che piace tanto all'antimafia melodrammatica: coppola, riti,
giuramenti e facce lombrosiane. Lo capisco (ma non giustifico), è la
cosa più facile, meno pericolosa, ma soprattutto fa tanto audience e
crea nuovi professionisti dell'antimafia. Questo atteggiamento ha permesso negli anni alla mafia di diventare sistema economico
ampio e credibile e quindi di essere CONSIDERATA SOCIALMENTE. La sua espansione economica è sempre più difficile da contenere. Magistratura e forze
dell'ordine fanno il possibile. Manca la politica e l’opinione
pubblica. Manca la coscienza civile. I media, su questi temi, oramai suonano la
grancassa alle veline istituzionali e all'antimafia da operetta. Hanno dimenticato l'autonomia nel giudizio e il proprio ruolo
vitale: informare.
venerdì 27 novembre 2015
Peppino
Peppino Impastato
La strata era china, china di genti.
Nuddu lu sapi, Nuddu visti nenti
dissi na matri supra lu so chiantu.
La facci e la cammisa 'mmensu o sancu.
Me figghiu mossi e nuddu sapi nenti?
L'occhi si ci 'nchievunu di chiantu.
Isa li mani in cielu e grida forti:
Figghiu, figghiu miu chi mala morti.
Carta e pinna era lu so forti.
Scriveva di cosi giusti e di cosi storti.
Quannu parrava iddu facevunu a gara
ma fu lassatu sulu davanti a lupara ...
Pantera Max Andaloro ... per tutti LOPEZ
domenica 8 novembre 2015
La zona grigia
lunedì 26 ottobre 2015
GIOVANNI SPAMPINATO: VITTIMA DI MAFIA.
"Nella sua città era accaduto un torbido delitto maturato negli ambienti dell’estrema destra ragusana e Spampinato invece di registrarlo pigramente sulla scorta delle solite veline di polizia si era impegnato ad andare fino in fondo nella ricerca della verità"
Vittorio Nisticò direttore de l'Ora
Cento passi tra chi lotta il malaffare e chi pratica il malaffare. E' una distanza standard da Ragusa a Cinisi, che unisce e collega tutta la Sicilia, come l'antica traversale sicula. Il motivo di questa unione è solo uno: "LA MAFIA NON ESISTE" e chi non è d'accordo viene ammazzato. Anche nella tranquilla e sorniona Ragusa non esiste, anzi per certi ragusani, la mafia, non è mai
esistita. Guai a pensarlo, è un'offesa all'orgogliosa “babbitudine” che si è sedimentata nei secoli sugli Iblei.
Eppure Ragusa ha una vittima di mafia che ogni
anno - il 21 marzo - viene ricordata insieme a tante altre vittime
della violenza mafiosa, nella giornata della Memoria e dell'Impegno
organizzata dall'associazione Libera di don Ciotti. Giovanni Spampinato, giovane corrispondente dell'Ora di Palermo,
ucciso la sera del 27 ottobre del 1972 con sei colpi di pistola
sparati a distanza ravvicinata da Roberto Campria, figlio del
presidente del tribunale di Ragusa. Giovanni lo aveva “tormentato
per otto mesi” con domande e articoli sull'omicidio dell'ing Angelo
Tumino. Per gli inquirenti fu subito chiaro: un omicidio frutto di
uno scatto d'ira da parte di un soggetto che soffriva di “una
nevrosi ansiosa reattiva con tendenza depressiva”. Ma come è
possibile che un giornalista ucciso dalla reazione collerica di un
soggetto depresso possa diventare vittima di mafia? La causa va
cercata nelle cose che riusciva a comunicare. La sua scrittura non
era solo raffinata, elegante e ricercata. No, vi era tanta denuncia,
descritta in modo chiaro, troppo chiaro per i "babbi" di Ragusa.
Le inchieste di Spampinato sul neofascismo ibleo erano fastidiose
rasoiate. Ragusa in quel periodo era frequentata da Vittorio
Quintavalle, ex ufficilae della X Mas di Junio Valerio Borghese, da
Stefano delle Chiaie, leader di Avanguardia Nazionale, all'epoca
ricercato per la strage di piazza Fontana a Milano (assolto nel
1991). Nel carcere di Ragusa soggiornavano Vincenzo e Filippo Rimi,
boss trapanesi di primo piano imparentati con Badalamenti. La
famiglia Rimi era il tramite tra cosa nostra è il principe Junio
Valerio Borghese il quale aveva chiesto appoggio e sostegno alla
mafia per portare a termine la sua “impresa”: un colpo di stato
(Golpe Borghese 7 dicembre 1970). Naturalmente dietro questi
personaggi di primo piano c'era un sottobosco tutto ragusano fatto di
militanti locali di estrema destra, criminalità organizzata e affari
loschi che si sviluppavano in diverse direzioni. Una di queste era il
commercio di oggetti d'antiquariato. Ed è forse in questo sottobosco
che nel febbraio del 1972 matura l'omicidio dell'ing. Tumino, un ex
consigliere comunale del Msi amico di Campria con l'hobby
dell'antiquariato. Un sottobosco che Spampinato aveva già puntato
con le sue inchieste, l'omicidio Tumino gli permetterà di
addentrarlo. Giovanni individua nel figlio del presidente del tribunale di
Ragusa, Roberto Campria, il ramo fragile. Inizierà a cercalo a
sollecitarlo, a incalzarlo. Capisce che Campria è la punta fragile
di un iceberg molto consistente, di un grumo poliedrico e
multicentrico fatto di tanti interessi. Se crolla Campria il sistema
frana, potrebbero venire fuori verità imbarazzanti e l'apparente
serenità ragusana - “la
babbitudine”
- utile a mascherare certi traffici, verrebbe minata nella sua essenza. Il
sistema capisce e puntella Campria. Il figlio del magistrato diventa
l'argine che deve fermare la sete di verità di Spampinato. La sua
depressione, la sua instabilità sono punti di forza. La sua tenuta
psicologica deve franare. Infatti cederà e farà pressione sui grilletti di due pistole: una Smith e Wesson e un Erma Werke. Gli
esperti dissero che ci voleva una certa abilità nello sparare con
due mani e contemporaneamente anche se a distanza ravvicinata.
Spampinato morirà prima di arrivare in ospedale. Campria si
costituirà, verrà processato e condannato a quattordici anni di
carcere. Ne sconterà meno della metà. Il
delitto Tumino si dissolverà nei meandri dei tribunali, non si
troverà né un movente né un colpevole. Le scomode verità rimarranno al buio, le apparenze si affermeranno, "la babbitudine" continuerà a trionfare. Ma il buio non distrugge ciò che nasconde, prima o poi una luce svelerà il tutto.
Nell'immaginario collettivo Ragusa è rimasta "babba". Nel dialetto siciliano il significato di questa parola non è esclusivamente legato al concetto di ingenuità o mancanza di “spirtizza”. La stessa parola la utilizziamo per indicare persone che fanno le cose per conto proprio senza che gli altri se ne accorgano. Infatti, piano piano nel tempo e in modo “babbo” questa vicenda è stata ridotta. Dopo 45 anni a Ragusa in pochi sanno che Spampianto è vittima di mafia come Peppino Impastato, Mario Francese, Pippo Fava ... Si fa di tutto per non fare emergere questa scomoda verità perché la mafia è dappertutto, tranne a Ragusa. Il tempo è stato adattato ad una volontà precisa: rimuovere la storia e i suoi sviluppi. Così il desiderio di verità che aveva mosso Giovanni Spampinato è stato umiliato, mortificato e per certi versi infangato. Sulla vicenda rimangono tanti dubbi, ma oggi come allora si afferma una grande certezza: Ragusa ama essere “babba”. La “babbitudine” conviene, è un ottimo anestetico, fa passare in secondo piano una definizione subdola, feroce e scomoda (che hai ragusani però piace un po'): Ragusa ha quattro facce, come il caciocavallo ... ... ... e come la mafia.
Nell'immaginario collettivo Ragusa è rimasta "babba". Nel dialetto siciliano il significato di questa parola non è esclusivamente legato al concetto di ingenuità o mancanza di “spirtizza”. La stessa parola la utilizziamo per indicare persone che fanno le cose per conto proprio senza che gli altri se ne accorgano. Infatti, piano piano nel tempo e in modo “babbo” questa vicenda è stata ridotta. Dopo 45 anni a Ragusa in pochi sanno che Spampianto è vittima di mafia come Peppino Impastato, Mario Francese, Pippo Fava ... Si fa di tutto per non fare emergere questa scomoda verità perché la mafia è dappertutto, tranne a Ragusa. Il tempo è stato adattato ad una volontà precisa: rimuovere la storia e i suoi sviluppi. Così il desiderio di verità che aveva mosso Giovanni Spampinato è stato umiliato, mortificato e per certi versi infangato. Sulla vicenda rimangono tanti dubbi, ma oggi come allora si afferma una grande certezza: Ragusa ama essere “babba”. La “babbitudine” conviene, è un ottimo anestetico, fa passare in secondo piano una definizione subdola, feroce e scomoda (che hai ragusani però piace un po'): Ragusa ha quattro facce, come il caciocavallo ... ... ... e come la mafia.
domenica 18 ottobre 2015
Gioco d'azzardo, disperazione e affari 1° Parte
La
voglia di tavolo verde è sempre stata una delle passioni nascoste
del nostro territorio. Sarà per questo che qualcuno tempo fa avanzò l'idea di far nascere un casinò in provincia? Se non
ricordo male la proposta era di far diventare il Castello di
Donnafugata una lussuosa casa da gioco. Questa esigenza pare che sia
scemata, non perché sia diminuito l'interesse politico ma perché la
voglia di azzardare, il desiderio del gioco ha trovato uno sbocco
nella diffusione del le slot machine e nel gioco on line. Il settore
in provincia ha avuto subito una rapida espansione. Basta girare per
i locali pubblici per capire come il territorio in poco tempo sia
silenziosamente diventato una piccola Las Vegas. Molti bar si sono
attrezzati con slot machine e video pocker. Ma anche da casa, con un
computer, un tablet, uno smartphone o con una una connected tv, si
può accedere a siti dove giocare. L'associazione Libera nel suo
dossier “Azzardopoli” ci dice che il gioco d'azzardo on line
genera: “Un
fatturato legale stimato in 76,1
miliardi di euro,a
cui si devono aggiungere, mantenendoci prudenti, i dieci
miliardi di quello illegale. E'
“la
terza impresa” italiana,
l'unica con un bilancio sempre in attivo e che non risente della
crisi che colpisce il nostro paese”.
Basta
farsi un giro, soprattutto nei locali di periferia, per vedere già
di prima mattina persone sedute di fronte ad una macchinetta, per
subire la “spennatura giornaliera”. Parlando con una di queste, durante uno dei pochi momenti in cui riesce a staccare gli
occhi dal video, mi spiega con una certa convinzione che per lui
tentare la fortuna è oramai l'unico modo per provare a risollevare
la sua situazione economica, ma con la stessa convinzione mi dice che
è riuscito solo a precipitare
nell'inferno della videodipendenza e dei debiti. Nel giugno scorso
sono stati pubblicati dei dati che ci danno la dimensione del danno
sociale che c'è in atto nella nostra area.
Nel territorio ibleo attualmente si registrano “700
punti giochi (nel 2000 erano appena 70), dove si spendono ogni giorno
821.000 euro”.
Ma non ci sono solo le slot dei locali pubblici ci si può rovinare
anche da casa, basta collegarsi a Texas
holdem poker
per fare “Puntate,
rilanciate, foldate e bluffate con un unico scopo: scalare la
classifica del gioco d'azzardo più famoso al mondo ...”. e così
chi
gioca online si piazza dalle quattro alle cinque ore davanti al
computer. Nei tornei si possono superare anche le 20 ore davanti allo
schermo. Chi gioca si estrania dal mondo per vincere o perdere tanti
soldi. Sia le slot machine che i giochi on line sono sotto
controllo dell'AAMS
(Amministrazione Autonoma Monopoli di Stato), “il
garante della legalità e della sicurezza in materia di apparecchi e
congegni da divertimento ed intrattenimento per assicurare la
trasparenza del gioco”. Lo Stato non esercita gratis questo ruolo alto e nobile, infatti
incassa i proventi dei giochi e - siccome la Sicilia è a
statuto speciale - anche nelle casse della regionali arrivano soldi
frutto di queste attività (rivoluzionario Crocetta dove sei?). Garanti della legalità che creano disperazione guadagnandoci pure? Ma al peggio non c'è limite. Nel luglio scorso dall'operazione della DDA
“Gambling" sembra emergere che con il gioco on line la 'ndragheta
ripulisse denaro sporco. Pare che dietro il “Texas
holdem poker”
la cosca della Piana di Gioia Tauro (la zona dei Brandimarte) e della
Locride, raggirando i blocchi dell'AAMAS, riciclavano grandi quantità
di denaro che venivano trasferite a Malta. Il cerchio si chiude e i conti tornano ...
domenica 4 ottobre 2015
I professionisti
Il mese di
settembre è stato molto movimentato. In pochi giorni due operazioni,
prima l'arresto dei Consalvo che imponevano agli operatori
commerciali cassette e prodotti per imballaggio dei prodotti
ortofrutticoli e poi i Cilia. La cattura di quest'ultimi è inserita
all'interno di una vasta
operazione contro il traffico internazionale di stupefacenti tra
l’Italia e l’Olanda, con decine di arresti eseguiti in tutta
Italia. Imballaggi e camion, binomio perfetto. Infatti, l'ho scritto
tante volte e lo ripeto: chi controlla la logistica governa ogni
forma di economia criminale. Ma l'arresto
dei Consalvo e dei Cilia non ci racconta solo della loro capacità
“imprenditoriale”. Dietro le loro attività ci saranno
sicuramente rapporti con consulenti, tecnici, istituti bancari. I
loro soldi - tanti soldi - anche se frutto, secondo gli
investigatori, di attività illegali fanno gola. La reputazione di
certa gente, il loro percorso criminale conta poco o nulla. I loro
soldi non hanno nomea, non puzzano, non macchiano quindi qualunque
cosa può essere fatta se viene fatta per quei soldi. E' questo tipo di
cinismo che contraddistingue questi professionisti? Mi risuonano in
testa le parole del magistrato, nostro concittadino, Bruno Giordano
che intervistato da Peppe La Lota l'agosto scorso dichiarava:
“L’attuale
situazione richiede una nuova classe dirigente. La partecipazione
alla vita pubblica dei professionisti da un lato e il contenimento
dell’emigrazione culturale dall’altro”. Ma
in questa città, in questa provincia, ci sono professionisti
al servizio. La loro eleganza, il loro garbo, la loro amabilità ci
racconta la loro freddezza, la loro indifferenza verso ciò che
rappresentano socialmente ed economicamente certi “clienti”,
certi “imprenditori”. Un cinismo che utilizzano come una corazza
ma che nasconde però la loro disperazione. Si sentono furbi - forse
anche protetti – perché hanno in mano la gestione di imprese forti
e capaci e grazie a questo servigio si arricchiscono. Ma questo
cinismo è il peggior nemico che il territorio possa avere. E'
l'alleato più forte dell'economia criminale. E' la sostanza
allucinogena che spinge a giustificare ogni comportamento: “se non
lo faccio io lo fa qualcun'altro quindi non si può che agire in
questo modo”. Un cinismo che rende pigri e rassegnati. Non vi
rendete conto che tutto ciò è triste? Prima di arrestarli, quando
entravano nei vostri studi, quando gli proponevate di investire quel
denaro in altre attività non provavate nulla? Se c'è una cosa
triste è adeguarsi e cogliere l'occasione, perché non è vero che
tanto non cambia nulla o è sempre tutto uguale, con il vostro
atteggiamento tutto peggiora. Se vogliamo cominciare a parlare di
criminalità in maniera nuova abbiamo l'obbligo di guardare anche
questo aspetto. Troppo facile puntare i riflettori solo sui boss e
ignorare certi poteri che hanno sempre bisogno di silenzio e ombra.
mercoledì 2 settembre 2015
Convertire per ridare futuro
Un territorio intossicato. Questa è la nostra terra, questa è la
Sicilia. Fogne che finiscono a mare, rifiuti non bonificati,
discariche abusive. Abbiamo condannato alla pena capitale il
territorio che ci visto nascere, crescere e dove viviamo.
Un'infedeltà che non trova nessuna giustificazione. Un tradimento
che ci sta appestando. Sento dire sempre più spesso “ho un
tumore”. Ma un tumore non si possiede. Il cancro non è una
patologia personale, è il frutto della scarsa qualità della vita.
Non è una malattia che colpisce per caso. L'alterazione dei geni è
sempre determinata da cause esterne. Questo male è il risultato di
una relazione con il territorio e con l'ambiente in qui si vive. Per
non sentirci responsabili, per stare bene con noi stessi, condanniamo, con una facilità estrema, una
classe politica inetta, arruffona e viziosa, che non è arrivata li
per caso, noi l'abbiamo sostenuta e votata. Non ci può essere concesso nessun tipo di riscatto, la nostra indifferenza ha permesso l'umiliazione e la mortificazione della terra
materna. Non c'è pena o castigo in grado ripagare i danni fatti in
questi anni. Questo enorme deficit, peserà sulle spalle delle
future generazioni. Spetta ai nostri figli diventare tecnici del
risanamento, professionisti della bonifica, medici e volontari
della decontaminazione. Abbiamo un solo ruolo da compiere: educarli
al rispetto della terra. Questo funzione pedagogica ci può ridare un
minimo di dignità. Non è solo un atto di riscatto, c'è
l'esigenza di dare un futuro ad una generazione a cui è stato già in parte rubato. La nuova rivoluzione industriale non passa dai pozzi di
petrolio, dalla chimica o dal consumo di suolo. Ciò che creerà
progresso e lavoro, è il restauro, la cura, il risanamento di una
terra che è stata stuprata. Il nostro territorio ha ancora un
valore: qui si produce ortofrutta e vino di qualità, qui abbiamo un
mare e spiagge singolari , qui c'è un patrimonio culturale
riconosciuto e di grande valore. Questa è una terra che deve
esportare lavoro e non sconforto, deve importare conoscenza e non
disperazione. Serve creare le condizioni. Terra e Cultura sono le
nostri doti da tutelare e valorizzare. Convertire è un verbo che
non può indicare solo un'azione religiosa, ma deve implicare
l’economia, gli investimenti e la scelte della pubblica
amministrazione. Convertire serve per ridare futuro.
domenica 16 agosto 2015
FUGNATURA
Il
mare di Spinasanta quella mattina aveva un colore strano. Le sue
acque, quasi sempre limpide e cristalline, erano diventate torbide e
giallognole. In controluce poi traspariva come una patina oleosa che rendeva l'acqua ancora più melmosa. Il fenomeno negli ultimi anni si ripeteva spesso ed era
accompagnato da un lezzo strano che si diffondeva nell'aria. Malgrado ciò la persone che popolavano la
spiaggia si tuffano lo stesso. La calura estiva portava a
sottovalutare l'evento e poi tutti sapevano che il mare di Spinasanta
era tra i più puliti della costa, era stato più volte premiato con
il famoso riconoscimento internazionale “cozza d'oro”.
Austino
u Piscamari, un vecchio marinaio, da sempre imbarcato in navi e pescherecci, mentre si
gustava il suo caffè, al “Bar Mediterraneo”, murmiriava a voce
alta:
- U tubu s'antuppau e ora natammu tutti 'nta merda ... Ci curpa ssa minchia di molo.
E
col braccio teso e l'indice spiegato indicava la nuova banchina del
porto che era stata costruita con i fondi della regione.
Nunzio
Trentatre, da sempre studente in medicina, ascoltava con curiosità
le invettive di Austinu. Mosso dalla curiosità gli spiò:
- Austì, che stai dicendo? Chi è sta storia? … u molo? … u tubu?
- Ma chi studi a fare - rispose Austino – t'ha spiego io una cosa ca nun t'ansigna nuddu.
Il
vecchio marinaio afferrò una sedia del bar e gli si sedette tipo
sacco di patate. Subito, a mo di anfiteatro, si sistemarono Nunzio Tretatrè, Suzzu Mazetta, Meno u Zuccu e tanti altri ancora che erano
stati attratti dalle sue parole.
Austino
attaccò il suo monologo:
- Ata sapiri ca tutta l'acqua fitusa provenienti dagli scarichi attaccati a fugnatura di Spinasanta finisci all’interno di una vasca ca è vicino o lanterninu del porto. Tutta sta fitinzia veni trattata e pompata 'nta tubu bello grosso e luongu ca arriva a tre miglia dalla costa. Quando cominciarono i travagghi del nuovo molo nessuno si domandò dove passasse stu tubu. Solo io ci dissi all'ingegnieri dell'impresa di stari attenti. Ma stu lofio nun mi capio ... o fici finta di nun capiri. Intato i massi di calcestruzzu venivano posizionati, e viri caso na puocu unni i misiru?
Menu u
Zuccu - portava questo soprannome perché duro di comprendonio - gli domando:
- Unni i jttaru i pitruna Austì?
- Inkia, si Zuccu unni ti tuoccunu e tuoccunu - risposte Austino; e poi gli urlo:
- BACCALA', SUPRA U TUBU!!
- MINCHIA U NTUPPARU, rispose in coro il piccolo pubblico.
- E quindi? - Sbottò Suzzu Mazzetta, un piccolo imprenditore che aveva sempre preso appalti regalando bustarelle.
Austino
sosprirò, lo guardò e con tono polemico gli disse:
- E quindi nenti ... in estate, quando calano i mau mau, è normale che la quantita di acqua fitusa aumenta. Se poi piove u caricu di fitizia crisci, u tubo è ntupatu e non riesce a smaltirla. La vasca non riesce a contenerla, tutto esce fuori e finisce a mare e tu - puntanto il dito verso Suzzu - ti fai u bagno nta merda mia, tua e di tutti.
Fatti luoghi e personaggi sono frutto dell'immaginazione ... ogni riferimento è puramente casuale.
venerdì 14 agosto 2015
Semplicemente Scoglitti
Scoglitti
doveva essere la Rimini del Sud (mai similitudine fu più infelice),
non è diventata neanche lido di Gela (con tutto il rispetto per
Gela). Una borgata che viene resa sporca, grumosa, sciatta da tutti i
suoi fruitori e che espone senza pudore i danni grandi e piccoli che
ciclicamente gli vengono arrecati. La sua bellezza, malgrado i tanti
sfregi, rimane intatta. Abbiamo provato a "scassarla" in
tutti i modi ma il suo mare, la sua costa, le sue spiagge la rendono
comunque unica. Il porto misura il fallimento di tutte le politiche
dispiegate (si fa per dire) in questi anni. E' il monumento alla
disfatta di un territorio liquefatto dall'incapacità e dall'aridità
della sua classe politica. Sta li a farsi consumare dal sole e dal
vento senza che nessuno si preoccupi. Potrebbe diventare un volano
per il turistico ma fin'ora è riuscito soltanto a
“rimodellare”, bene o MALE, la morfologia della costa. Spostandosi
da Est o ad Ovest del porto nulla cambia in termini di mortificazione
di un territorio. L'abusivismo edilizio ha si sfigurato il paesaggio ma la natura è stata più forte.
Chi era convinto di domare le dune e il mare ha fatto male i conti.
La lunga lama di cemento armato che doveva contenere l'avanzata del
mare sta cedendo. A poco servono gli interventi tampone alla fine
crollerà. L'acqua, il vento e il sale vincono sempre. Gli
amministratori annunciano, la regione promette, ma i finanziamenti
per contenere i danni di una natura che si riprende a modo suo il
maltolto arrivano con il contagocce. Invece di trovare un serio
rimedio al degrado che negli anni è stato creato vengono avanzati
progetti ambiziosi, al culmine del delirio di onnipotenza. Nessuno
comprende e comprenderà mai che a Scoglitti non serve nulla di tutto
ciò. E' un antico borgo marinaro che va solo riqualificato,
rispettato, stimata e valorizzato per quello che è, tenendo in
considerazione l'ambiente in cui è inserito. Quando la crisi azzanna
e il territorio si impoverisce bisogna mettere in campo più
attenzione, più sensibilità, più concretezza. Doti che però mancano da
tempo a noi cittadini e quindi, di riflesso, ad una classe politica
che si atteggia ad esperta, che spara alto ma che poi precipita tra
le umane miserie e spaventosi limiti organizzativi. Oggi, come ogni
anno, arriveranno migliaia di vancanzieri ferragostani con il loro
carico di birre, agurie e chissaà quant'altro, pronti a spiaggiarsi
come tanti tonnacci sugli arenili. Speriamo che almeno quest'anno
abbiano rispetto per se stessi e per il luogo che occuperanno per
una notte. Scoglitti, nonostante tutto, malgrado noi è e sarà
sempre bella, continuerà a metabolizzare ogni forma di deturpazione.
Basterebbe avere coscienza di questo per capire cosa potrebbe essere
per tutto l'anno e invece non lo è.
lunedì 27 luglio 2015
RICICLAGGIO 3 (fine)
Il
riciclaggio del denaro ricavato da operazioni illecite senza la
compiacenza del sistema bancario non si può attuare. La mafia della
nostra terra e i suoi derivati guadagna tanti soldi, soprattutto con
la droga. Questa consistente e appetitosa massa di denaro deve essere
trasferita in affari perfettamente legali. Se penso alle due più
importanti operazioni antidroga in provincia, “Tsunami e “Jet
Lag”, l'unica cosa che mi viene in mente non sono le pagine dei
giornali con le foto degli arrestati pubblicate tipo album calciatori
Panini. No, mi viene in mente un piccolo articolo comparso dopo
qualche mese su corrierediragusa.it,
a riflettori smorzati, dove nell'occhiello si
leggeva: dall’operazione
Tsunami un giro di denaro non segnalato da 2 istituti di credito.
Non so che fine abbia fatto quell'inchiesta ma la cosa mi ha
suscitato una certe curiosità e mia ha spinto a fare una piccola
ricerca. Penso di aver trovato qualcosa che apre uno squarcio. Nel
sito della Banca d'Italia vengono pubblicati i Quaderni
dell'Antiriciclaggio dell'Unità di Infomazione Finaziaria (UIF).
Nell'ultimo numero, quello relativo al secondo semestre 2014, uscito
nel maggio scorso, a pag 14 vengono riepilogate le segnalazioni di
riciclaggio ripartite per provincia. I dati di Ragusa sono molto
significativi. Nel 2013 l'UIF della Banca d'Italia ha messo sotto
attenzione 233 operazioni sospette. Nel 2014 le segnalazioni anomale
sono salite a 354. 121 in più rispetto al 2013. Questi numeri
indicati cosi non dicono tanto ma diventano eloquenti quanto vengono
confrontati con quelli delle altre province. Infatti, a pag 11 dello
stesso quaderno è pubblicato il cartogramma che indica le
segnalazioni bancarie/finanziarie anomale per ogni 100 mila abitanti
ripartite per provincia, qui viene fuori che Ragusa occupa una
posizione medio alta a livello nazionale. In Sicilia è seconda solo
a Catania. Un altro elemento interessante lo si trova a pag 38, nel
cartogramma dell'operatività del contante, cioè il giro di denaro
liquido in entrata e in uscita da un conto corrente. La nostra
percentuale di movimentazione è tra le più alte, si attesta al
terzo posto a livello nazionale. Viceversa a pag. 44 e a
pag. 45 si evince che le percentuale della quota di bonifici da
o per paesi con fiscalità di vantaggio e non cooperativi invece è
medio bassa. Questo cosa significa che le eventuali operazioni
anomale avvengono esclusivamente in loco? In attesa che
qualcuno possa fornire qualche spiegazione in merito penso che questi
dati forniscono delle riflessioni. Se qualcuno è ancora convinto che
la criminalità organizzata del nostro territorio è composta da
un'accozzaglia di volgari delinquenti “malazionari”commette un
errore clamoroso, quello è il lato “folkloristico”. La nostra è
una criminalità economica, è un'impresa molto organizzata che
guadagna molto denaro e ha il bisogno di reinvestirlo in attività
lecite. C'è sempre un momento, un passaggio, negli affari
dell'economia criminale, in cui ha bisogno di una banca, di una
finanziaria, di un professionista, un avvocato, un notaio, un
consulente. Vi è quindi una fase in cui è costretta ad uscire allo
scoperto e quindi diventa vulnerabile. Ma l'impresa criminale riesce
a superare anche questa circostanza. La possibilità di guadagnare
molti soldi facilmente è il pastone principale che alimenta
collusione, complicità e omertà. La mafia sa come va utilizzato
questo mangime, non è così ingorda, mangia e fa mangiare. Un
dirigente di una qualsiasi banca, un professionista, finisce sempre
per conformarsi, non può permettersi di perdere un affare sicuro o
rinunciare a un ricco guadagno. Difronte ai soldi l'etica, la morale
hanno l'obbligo di affievolirsi, possono prendere un pò di
vigore la domenica, per poco più di un'ora, davanti ad un altare.
Per il resto, se trasformare il puzzo del denaro sporco in
Chanel n.5 produce lauti guadagni, Dio, Gesù, la Madonna, Padre Pio,
dovranno capire e perdonare.
Per
colpire l'economia criminale di questa provincia oltre ai magistrati,
ai prefetti, ai finanzieri, ai poliziotti, ai carabinieri, occorrono
gli ispettori della Banca d'Italia, ma soprattutto serve una
sensibilità sociale vera e non di facciata (quattro facce come il
caciocavallo). La lotta contro l'impresa mafiosa è troppo complicata
per essere affidata solo alle forze dell'ordine e alla magistratura.
Per
approfondire.
domenica 21 giugno 2015
Riciclaggio 2
Riciclare,
un verbo che la criminalità economica sa declinare solo
all'infinito. Dai proventi della droga arriva il grosso delle somme
da reinvestire e i soldi che si fanno con lo spaccio sono così tanti
che non si riesce a contarli, si fa prima a pesarli. Basta leggere la cronaca delle
ultime settimane per rendersi conto delle dimensioni. Il 23 maggio scorso a Vittoria i Carabinieri
scoprono un laboratorio di cocaina . Dalla
droga sequestrata sarebbe stato possibile ricavare oltre 250 dosi con
un guadagno di circa 12 mila euro.
Il 4 giugno scorso sempre i Carabinieri, nelle campagne di Santa
Croce Camerina, scoprono una piantagione di marijuana. Oltre
tremila kg di erba che immessa nel mercato avrebbe prodotto un
ricavato di circa 2 milioni di euro.
Il 6 giugno a Scoglitti la Polizia di Niscemi blocca un'auto carica di hascisc e
cocaina. Fatta
una prima stima l'hascisc avrebbe fruttato 130 mila euro e la coca 12
mila euro.
In meno di venti giorni, solo nel territorio ipparino è stato
sequestrato un quantitativo di stupefacenti che se immesso nel
mercato avrebbe generato qualcosa come 2,5 milioni di euro. Quale
prodotto ha una resa così alta?
E' l'unica merce che non conosce crisi. Non c'è investimento
finanziario o impresa edile, agricola, industriale capace di produrre
margini così elevati. I guadagni sono così immediati che anche un
disoccupato, una persona che non ha mai avuto problemi di giustizia,
viene tentato dall'entrare nell'impresa droga. Il
lavoro delle forze dell'ordine è prezioso, preciso e puntuale ma
bisogna avere la consapevolezza che queste operazioni toccano una
parte della punta dell'iceberg droga. Sicuramente esagero, ma penso
che la produzione e la commercializzazione degli stupefacenti sia
diventata, per i volumi d'affare che genera, la nostra prima
economia. Non solo, secondo gli inquirenti, pare
che quest'area della Sicilia (Gela - Vittoria) sia una sorta di zona
franca della produzione di marijuana. Sembra che qui si possono
acquistare quantitativi importanti a costi molto convenienti, da
piazzare in altri centri della provincia o dell'isola.
Naturalmente
questa quantità di denaro non può mica rimanere inerte, va
reinvestita. La domanda è dove?
Forse
una
possibile risposta ci arriva dalla lunga e articolata interrogazione
al ministro degli interni fatta del sen. Lumia il 27 gennaio scorso?
Forse. Nel
lungo quesito
Lumia
scrive: “...
a Vittoria la mafia ha occupato ... in primis
l'indotto” della
commercializzazione ortofrutticola.
A
Vittoria tutti sanno che ogni giorno tonnellate d'ortofrutta vengono
sistemate in cassette di legno, queste a sua volta vengono impostate
su pedane di legno e poi il tutto viene trasportato sui TIR.
Imballaggi e logistica sono servizi essenziali per le nostre
produzioni senza i quali l'ortofrutta prodotta resterebbe ferma a
marcire. Il sen. Lumia, sempre nella sua interrogazione sottolinea
come alcune imprese di questi settori, secodo lui, siano controllate
da “soggetti
contigui”,
inoltre avanza due considerazioni “…
in un periodo come l'attuale segnato da una crisi generalizzata,
dalla carenza di liquidità e dalla "chiusura a riccio" del
sistema creditizio, le mafie hanno potenziato un'attività di
"sostegno" a persone e imprese sull'orlo del collasso,
finalizzata a divenire poi proprietarie dei loro destini, riciclando,
al contempo, capitali di provenienza illecita ...”.
Sarà una mia impressione, ma penso che l'economia del territorio non
venga più controllata chiedendo il pizzo alle imprese.
sabato 6 giugno 2015
Riciclaggio 1
Riutilizzare il denaro che proviene da attività illecite è la sola necessità
dell'economia criminale. I soldi della mafia se non vengono
reinvestiti nel mattone, nella creazione di imprese sono solo
profitto inattivo, inutile, inoperoso. La
manovalanza (extracomunitari o piccola criminalità locale) fa
il lavoro sporco, genera denaro con lo spaccio, lo sfruttamento
della prostituzione e i video giochi. Poi c'è il livello economico,
ovvero chi deve far fruttare questo denaro con gli investimenti. Chi
occupa questa posizione non deve sporcarsi le mani, deve essere rassicurante, deve fornire garanzia di credibilità (sopra c'è
pure un livello politico?). E' come una sequenza geologica, ogni
strato rappresenta un ambiente, non sempre è facile ricostruire la
successione. Ritorno con insistenza su questo argomento perché
penso che il riciclaggio sia il punto di collegamento fra impresa
criminale e quella che viene ancora definita “società civile”. I
proventi della droga in primo luogo, ma più in generale di tutte le attività illecite, sono il punto di saldatura con il sistema
economico legale. La crisi economica ha accentuato e perfezionato
questi processi, in particolare la mancanza di liquidità ha reso
ancora più fragile l'economia legale. Professionisti, consulenti,
tecnici, imprese non sono più come in passato vacche da mungere con
il pizzo. La crisi li ha resi utili per altri motivi. In questi anni
hanno perso lavoro, incarichi, commesse e le loro difficoltà
economiche sono diventate una grande opportunità per chi ha buone
disponibilità di denaro. Le loro preoccupazioni sono musica per chi
deve riciclare soldi. Un vecchio detto siciliano dice: “papà è
ccu mi runa u pani” (papà è chi mi da il pane), oggi, in questa
terra, chi ha liquidità e voglia di investire diventa padre, madre,
santo, dio; poco importa come e da dove arrivino quei soldi. E' cosi
che la criminalità economica sta diventando padrona della crisi,
trasformandosi in stampella di un'economia legale che è sempre più
sofferente. Tutto questo è difficile da dimostrare ma si può
percepire, intuire, desumere. Immaginate un signore, un “distinto e
rassicurante imprenditore”, il quale si reca in uno studio tecnico,
oppure da un legale, oppure da un consulente, perché sa che
investimenti o progetti di una certa valenza economica sono bloccati
per mancanza di fondi. Il distinto imprenditore è disponibile a
diventare partner del progetto mettendo a disposizione proprio le
somme che mancano per completare e far partire l'investimento. Chi riceve l'offerta cosa farà? Rinuncerà a quelle somme oppure farà
di tutto per farselo socio? I soldi, e solo i soldi, sono lo
strumento principale che la criminalità economica usa per farsi
accettare e integrarsi nella società “buona”. Questo la mafia lo
sa e lo sa pure la “società civile”. To be continued
sabato 16 maggio 2015
Vittoria, Città di frontiera.
Rileggo
il passo scritto da Sciascia “...
Vittoria è come un paese di frontiera: ne ha l'animazione, la
mescolanza, l'ambiguità, la contraddizione. Era l'argine contro cui
si spegnevano, non senza qualche impennata, le ondate mafiose. Forse
più di una breccia in questi anni si è aperta: ma l'impressione
della frontiera rimane ancora oggi. Ho il pregiudizio che non
soltanto sappiamo di star valicando il confine tra la sicilia
sedicente "sperta" ... e la Sicilia che da quella "sperta"
è definita "babba".
Una
frase mi resta impressa, soprattutto perché è declinata al passato:
“Era
l'argine in cui si spegnevano, non senza qualche inpennata, le ondate
mafiose”. Eravamo
una ostacolo, ma abbiamo rimosso i blocchi, gli anticorpi si sono
indeboliti e siamo stati infettati definitivamente dalla cultura
mafiosa. Difatti, la
città via via negli anni, è scesa sempre più in basso senza mai
toccare il fondo. Il masso, la zavorra che ci sta trascinando giù è
una criminalità organizzata autoctona, capace di relazionarsi con
altre criminalità. La stessa si evoluta ed è mutata con la stessa
velocità con cui si è evoluta ed
è mutata la nostra società.
Negli
anni ’80 e ’90, i clan erano macro-organizzazioni che
assemblavano a se ogni forma di criminalità e non tolleravano,
stroncando violentemente sul nascere, ogni tentativo di disobbedienza
o di attentato alla loro supremazia. Oggi, la nuova criminalità
organizzata ha cambiato atteggiamento, ha avviato una sorta di
flessibilità, di precarietà del crimine. Non
sente più come in passato la necessità di costituirsi in una
macrostruttura evidente, non tiene a libro paga i propri affiliati.
Troppa visibilità. Troppi costi. Meglio
vivere nell'ombra e controllare senza rischiare.
Può
succedere che lo spaccio delle droghe (attività principale di tutte
le mafie) venga affidato, come una sorta di franchising, agli
extracomunitari. Si rischia poco, il guadagno è abbondante e
sicuro, ma soprattutto l'opinione pubblica individua come
responsabili principali di questa piaga sociale gli “immigrati”
che da tempo sono percepiti come una questione
di ordine pubblico
(specie in una società come la nostra indebolita economicamente e
culturalmente dalla crisi).
La
mafia ha però sempre il solito problema, dove
e come reinvestire i soldi. Può
accadere
che
i proventi delle attività illecite vengano investiti
in attività imprenditoriali di servizio all'economia legale.
E così che volto criminale e violento della Cosa Nuova si attenua
e affiora invece l'aspetto “gentile e imprenditoriale”? La
criminalità organizzata sa che negli affari si guadagna e si perde,
ma la stessa non vuole perdere mai. Le imprese criminali cercano la
certezza del monopolio. Le regole sono per i deboli, bisogna
controllare l'economia. Per mettere in moto queste dinamiche bisogna
abbandonare i vecchi metodi. Ad esempio, l'idea di pizzo, da violenta
e odiosa imposizione, dovrebbe trasformarsi in conveniente
prestazione professionale. In questo caso la possibile vittima del
racket verrebbe trasformata in cliente a cui fornire un ottimo
servizio, ma soprattutto per attirare tanti clienti, per avere il
monopolio, le prestazioni devono essere molto vantaggiose
economicamente. L'economia criminale da tempo ha compreso che i costi
di
alcuni processi lavorativi delle imprese che operano nella legalità
sono diventati poco sostenibili. Se si riesce ad offrire la
possibilità di ridurre questi costi, si possono creare realmente le
condizioni di monopolio. E'
forse così che l'economia criminale prova a penetrare l'economia
legale? Come
è possibile che una prestazione se svolta dall'impresa legale ha un
costo, se invece viene conferita a “terzi” lo stesso si riduce?
Il
servizio viene svolto nel rispetto delle norme ambientali,
lavorative, previdenziali e fiscali?
Da questa breve analisi emerge in modo evidente come queste forme di
“esternalizzazione” vadano incontro alle esigenze dell'impresa
sana. Infatti, la stessa non si porrebbe il problema di chi offre il
servizio e di come si possano ridurre le spese, alla stessa interessa
che il servizio sia fatto bene e soprattutto costi poco. Se tutto
questo avviene si creano le condizioni perfette: la mafia si fa
impresa, il pizzo diventa servizio, l'impresa sana abbatte i costi.
E'
così che si generano cont(r)atti bilaterali perfetti?
E'
così che i rapporti economici tra legale e illegale si consolidano?
E' possibile che questi rapporti da economici diventino personali? E'
così che si diluiscono i confini tra legale e illegale?
Al
centro di queste vortice di punti interrogativi ci sta la Vittoria
“buona”, la così detta “società civile” che parla tanto di
legalità ma dimentica spesso come la legalità è
corresponsabilità. Questa parte della città pare che nasconda a
se stessa come le nuove forme di criminalità economica possano
essere in grado di creare economia e influenzarla sia nel
territorio, sia fuori dal territorio e quindi di formare una
ricchezza che non genera sviluppo e progresso. La domanda
che tutti dovremmo porci è: forse questa ricchezza crea punti di
contatto tra i vari strati sociali della città?
In
una terra di “frontiera” capire i meccanismi
d'affermazione dell'impresa criminale significa comprendere come
funzionano le dinamiche economiche e sociali del territorio.
Schierarsi contro questa economia diventa la prima azione vera per
affermare la legalità autentica. Conoscerne l'evoluzione, avviando
forme di contrasto, non è solo un impegno morale ma è una necessità
che ci permette di cominciare a ricostruire “l'argine” che
restituisca dignità a Vittoria.
sabato 25 aprile 2015
25 Aprile
Oggi festeggiamo il 70°
della Liberazione. Affinché si possa apprezzare meglio questa Festa
di Libertà bisogna ricordare cosa è stato il fascismo nel nostro
territorio.
Le elezioni
amministrative del 1920 sancirono la vittoria dei socialisti in 8 dei
13 comuni di quella che sarebbe diventata la nostra provincia: Ragusa superiore, Ispica, Pozzallo,
Acate, Vittoria, Comiso, Scicli e Modica. Mentre i socialriformisti
si affermarono a Ragusa inferiore, Giarratana e Monterosso. La forte
avanzata delle forze progressiste sviluppò in quest'area della
Sicilia un fascismo molto simile allo squadrismo padano,
caratterizzato da una spiccata violenza sociale e politica, che
puntava al rovesciamento dei rapporti di forza. Protagonisti e
mandanti di tutte le azioni violente furono e Filippo Pennavaria a
Ragusa, Giovanni Barone a Modica, Mario Petino a Vittoria, Vittorio
Casaccio a Comiso, Francesco Vaccaro Scurto a Spaccaforno. In tutta
l'area del ragusano iniziò una costante azione di disturbo:
assalti, incendi e saccheggi contro camere del lavoro, sedi di
partito, e circoli politici di varia estrazione politica. Furono
picchiati selvaggiamente e uccisi diversi esponenti politici e
sindacali. La violenza praticata dalle squadre fasciste creava
identità di gruppo, era vincente, era esaltante, era appagante e
questa cosa piaceva molto alla mafia locale, che vedeva nelle forze
progressiste l'avversario principale, per questo spesso partecipava
alle spedizioni organizzate dai fascisti. Uno di questi episodi
avvenne a Vittoria il 29 gennaio del 1921 dove fascisti e il gruppo
mafioso dei “caprai” (U. Santino, 1995, pag. 26) assaltarono e
distrussero il circolo socialista. Durante l'aggressione spararono e
uccisero il consigliere comunale socialista Giuseppe Campagna. Il 13
marzo dello stesso anno, sempre a Vittoria, le squadre fasciste
distrussero i locali della Lega di miglioramento, la Sezione
Socialiasta e la Sezione Giovanile Comunista. Nel maggio del 1922 ,
sempre a Vittoria, i fascisti uccisero a revolverate il giovane
comunista Orazio Sortino e bruciarono la sede della locale Camera del
Lavoro e del Partito Comunista d'Italia.
Il 25 Aprile è una
giornata di festa ma in tempi come quelli che stiamo vivendo bisogna
riappropriarsi della memoria.
domenica 19 aprile 2015
Mare Mortum
Quello di oggi è soltanto l'ultimo dramma di migranti che "viaggiavano" per la
“speranza”. Una tragedia continua di cui se ne conosce solo un
parte. E' giusto che si sappia: molte di queste stragi sono
sconosciute, per la cronaca non sono mai avvenute. Morti anonime, dove i corpi non
sono stati mai recuperati. Provo a fare un operazione di memoria,
voglio ricordare a me stesso e a chi mi legge le stragi che si conoscono e che la stampa ci ha raccontato. Forse potremo cominciare a capire quanto sia grande questo
dramma.
Per
la cronaca tutto trova inizio nella notte di Natale del 1996: 300
persone muoiono annegate a largo di Portopalo e per molto tempo tutto
rimarrà un mistero.
Settembre
2002,
a pochi metri dalla costa di Scoglitti, 12 persone annegano nel
tentativo di
raggiungere la spiaggia di Baia Dorica.
raggiungere la spiaggia di Baia Dorica.
Giugno
2003,
una
barcone con a bordo 250 si rovescia a largo della Tunisia. Il
bilancio ufficiale sarà di 160
dispersi.
Ottobre
2003,
nel
Canale di Sicilia un
barcone della speranza viene soccorso dalla guardia costiera. Circa
70 persone moriranno durante la traversata.
Ottobre
2004,
una carretta del mare si inabissa davanti alle coste della Tunisia, i
dispersi saranno circa 70.
Agosto
2006,
un
barcone con 120 clandestini si rovescia per il peso degli immigrati.
50 persone risultano disperse.
Maggio
2008,
47 persone muoiono di fame e freddo su un barcone che voleva
raggiungere le coste siciliane. I cadaveri verranno gettati in mare
dai compagni.
Giugno
2008,
una barca della speranza si inabissa a largo delle coste libiche. A
bordo c'erano 150
persone. Soltanto una riuscirà a salvarsi.
Febbraio
2011,
nel
Canale
di Sicilia scompare un barcone con a bordo forse oltre 200
immigrati.
Marzo
2011,
un barcone che trasporta 30 persone naufraga nel Canale di Sicilia,
per fortuna nelle vicinanze c'è un peschereccio mazarese. Due
purtroppo scompaiono tra le onde del mare.
Marzo
2011,
nel
canale di Sicilia affonda un barcone con a bordo oltre 40 persone.
Solo cinque riusciranno a salvarsi, gli unici che sapevano nuotare.
Marzo
2011,
un barcone con a bordo 17 persone partite dalla Libia affonda a largo
di Lampedusa, 11 annegheranno.
Aprile
2011,
i corpi di 70 persone morte durante una traversata vengono recuperati
al largo della Libia.
Aprile
2011,
un
barcone partito dalla Libia con 300 persone a bordo si ribalta nel
canale di Sicilia. I dispersi, da quanto emerge dai racconti, saranno
oltre duecento.
Maggio
2011,
tre
ragazzi muoiono a un passo dalla spiaggia di Lampedusa. I
cadaveri vengono recuperati incastrati sotto il barcone.
Agosto
2011,
25 persone muoiono asfissiate nella stiva di un barcone partito
dalle coste libiche verso Lampedusa.
Ottobre
2012,
34
persone, tra cui sette bambini e undici donne, sono le vittime di un naufragio a largo di Lampedusa.
Luglio
2013,
si ribalta un gommone a 29 miglia dalla Libia: i soccorsi recuperano
22 persone mentre altre 31, secondo i racconti, sono finiti in fondo
al mare.
Agosto
2013,
6
persone muoiono sulla spiaggia del lungomare della Plaia di Catania.
Annegano nel tentativo di raggiungere la riva.
Settembre
2013.
13 persone muoiono annegate
sulla
spiaggia di Sampieri,
a Scicli, nel tentativo di raggiungere la costa.
Ottobre
2013. Viene definita "una strage senza precedenti".
Un barcone carico di migranti naufraga a Lampedusa. Il bilancio
finale arriverà a contare 366 vittime e 20 morti presunti. Tra i
morti ci sono tante donne, alcune incinte e molti bambini.
Nel
2014
secondo l'UNHCR le persone morte nel Canale di Sicilia ammontano a
1900, 1600 solo a Giugno.
2015,
sempre
secondo l'UNHCR fino a febbraio le persone annegate nel Canale di
Sicilia sono circa 300.
Un escalation di morti che non trova la parola fine - due consonanti, f ed n, e due vocali, i ed e - alimentata da un oceano di frasi fatte tanto finte quanto false.
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