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domenica 27 dicembre 2015

viaggio dentro il discout


La povertà ci ha vinto e sottomesso. Solo i discount hanno il (de)merito di averla resa un po agevole, decorosa e accettabile. In questi posti freddi e formali, ogni forma di indigenza viene svincolata da tutte le ossessioni che crea. Li i prezzi sono accessibili e ti permettono di poter comprare quello che ti serve per mangiare a costi agibili. Certe volte  vado a fare la spesa con mia moglie (ho sempre odiato fare la spesa) e guardo con attenzione le persone. C'è sempre un papà e una mamma con bambino che alla cassa devono decidere cosa mettere fuori dalla spesa. Il bambino ha raccolto le cose che più lo attraggono, dolci, salatini e patatine. Le persone anziane sembrano allucinate, girano con carrelli semivuoti e hanno gli occhi sul depliant preso all'ingresso, comprano solo prodotti in offerta. Gli extracomunitari se sono con famiglia a seguito si comportano come tutte le famiglie, la povertà non è razzista, omologa i bisogni. Se sono maschi, siano essi dall'Est o del Nord Africa, comprano sempre alcolici e salatini. Se sono  donne acquistano alimenti e detersivi. Una cosa li unifica, tutti fanno la spesa con i "soldi contati", pochi possono permettersi di sforare la cifra stabilita. Il discount racconta il territorio meglio di chiunque altro. Negli orari più improbabili, ora di pranzo o primissimo pomeriggio, nel parcheggio trovi qualche suv o berline tedesche. Gli insospettabili vanno a fare la spesa. Non voglio contaminarsi con il resto della ciurma dei consumatori, non vogliono farsi "sgamare". Forse ritengono che non sia bello fare la spesa insieme a extracomunitari, bracciati, commesse, operai o disoccupati. Hanno l'esigenza di risparmiare ma pensano che nessuno lo debba sapere. E' il nuovo segreto di Pulcinella. Nel piazzale, sotto la pensilina dei carrelli, c'è sempre un ragazzo di colore, sicuramente di un paese centroafricano, che distribuisce i carrelli. L'ultima volta abbiamo fatto amicizia e abbiamo parlato un po. Mi ha raccontato che con le mance, accumulate distribuendo carrelli e caricando buste colme di spesa, riesce a fare da sette a otto euro al giorno. Commesse e commessi sono sempre gentili e disponibili. Conoscono quasi tutti i clienti. Fanno di tutto, li vedi nelle corsie a sistemare merce, subito dopo te li puoi trovare alla cassa o fuori col muletto a scaricare la merce appena arrivata. Nel luogo dove si magnificano bisogni essenziali e nuovi disagi, tra i dipendenti non esistono differenze. Tutti devono fare tutto. Ora capisco perché sindacati, partiti, associazioni, perfino la chiesa hanno perso gran parte del proprio ruolo. Il discount li ha sostituiti, è diventato il nuovo centro di vita collettiva. Li prodotti alimentari tappezzati da offerte speciali soddisfano un bisogno essenziale: mangiare spendendo poco. Li l'imbarazzo muore all'ingresso. Attraversato il tornello si acquista la pasta, l’acqua minerale, le merendina, il petto di pollo, i detersivi e la birra che ci terranno compagnia per una settimana, il tutto ad un prezzo sostenibile. 

domenica 20 dicembre 2015

LA CONSIDERAZIONE


Un anno fa, a Vittoria, sette colpi di pistola misero fine alla vita di Michele Brandimarte,  calabrese, pregiudicato con precedenti per 416-bis, associazione a delinquere di stampo mafioso e traffico di droga. Un omicidio “pesante”, caduto troppo presto in un silenzio assordante. Brandimarte era esponente di punta della 'ndrina dei Piromalli Molè, cosca che controlla il territorio di Gioia Tauro. Della morte del piccolo Loris Stival sappiamo tutto, forse anche troppo. Una curiosità morbosa che non si riscontra nell'omicidio Brandimarte. Eppure lo spessore criminale della persona uccisa dovrebbe suscitare più di qualche curiosità.
Isaia Sales, storico della criminalità organizzata, in uno dei suoi saggi scrive: “Le mafie clonano il loro modello dalle classi dirigenti del Paese. Ambiscono a ottenere un riconoscimento pubblico del loro potere. Non gli basta la virtù del crimine, hanno bisogno della considerazione sociale”. Ecco, la considerazione. Il contrario di questo sostantivo è discredito, disprezzo, definizioni che la criminalità economica non ama ma che prendono forma quando la criminalità è “costretta” a venir fuori per quella che è: un'associazione che applica ogni tipo di violenza: omicidio (Brandimarte) compreso. La considerazione è la componente più importante per un'impresa mafiosa, senza di essa non si genera il rispetto, l'ossequio, verso l'imprenditore mafioso. Per la criminalità economica la considerazione è l'investimento più importate, costi quel che costi. Non si bada a spese e comunque la mafia non ha problemi di liquidità. Il suo denaro è un ottimo fertilizzante, attrae tante mosche, parla un linguaggio semplice che tutti considerano, anzi amano.
Oggi la mafia sta dentro lo "scontro" tra domanda e offerta, è diventata il propulsore della nostra economia. Sa proporre alle imprese legali le sue prestazioni ad un costo più basso di qualsiasi concorrenza, oppure offre buone opportunità di lavoro. L’imprenditore “sano” non pensa, non vede, non guarda. Nota solo una cosa: o il prezzo del servizio offerto - che è sempre molto conveniente - oppure la rapidità con cui viene liquidata la sua prestazione.  Il denaro decompone tutti i valori, in primis quelli etici e morali. E' così che si instaura “un'amicizia funzionale” che permette all'economia criminale di acquistare considerazione.
Tra “imprese” però non sempre i rapporti sono stabili e continui. Dove invece si creano obbligazioni reciproche, estremamente vincolanti, pare che sia il mondo della finanza. In questo caso sembra che l'amicizia diventi molto più funzionale è stabile. Poche settimane fa la Banca d'Italia ha pubblicato l'ultimo quaderno dell'antiriciclaggio dove vengono analizzati i dati del primo semestre del 2015. Dalle frasi e dai diagrammi emerge l'energia  liberata dal denaro della criminalità economica - anche nella nostra provincia - e quindi come viene comprata la considerazione. A pag. 7 con poche parole, viene spiegato tutto.
".... Rispetto a ciascuno dei semestri dell’anno precedente si rileva un incremento del numero di segnalazioni con riferimento sia agli intermediari finanziari che ai professionisti e operatori non finanziari. Nel confronto con il secondo semestre del 2014, il numero delle segnalazioni inviate dagli intermediari finanziari è aumentato del 12 per cento per effetto essenzialmente della crescita delle segnalazioni della categoria ‘Banche e Poste’; sono invece rimaste stabili quelle degli altri intermediari finanziari (fatta eccezione per le fiduciarie). Le segnalazioni dei professionisti sono cresciute in maniera significativa per il contributo del Notariato ..."   Chiaro, anche fin troppo.
A pag. 23 le parole prendono forma e diventano un schema. Infatti, nel cartogramma che descrive il numero di seganalazioni provinciali di riciclaggio di denaro, per ogni 100 mila abitanti, ci dice che la (ex) provincia di Ragusa è al secondo posto a livello nazionale, prima in Sicilia. Un ottimo primato, non c'è che dire. Pare che la nostra criminalità economica (soprattutto il suo denaro) sia molto considerata dal sistema finanziario locale e dai tanti professionisti del settore. E' forse questo il nuovo modello Ragusa?
Un dato economico, accessibile a tutti, ci descrive con molta semplicità quanto sia grande il fallimento politico e sociale della lotta alla criminalità economica. Qualcuno è ancora convinto che il problema sia esclusivamente la parte criminale? Ad una attenta lettura dei fatti e della realtà si preferisce sempre il folklore che piace tanto all'antimafia melodrammatica: coppola, riti, giuramenti e facce lombrosiane. Lo capisco (ma non giustifico), è la cosa più facile, meno pericolosa, ma soprattutto fa tanto audience e crea nuovi professionisti dell'antimafia. Questo atteggiamento ha permesso negli anni alla mafia di diventare sistema economico ampio e credibile e quindi di essere CONSIDERATA SOCIALMENTE. La sua espansione economica è sempre più difficile da contenere. Magistratura e forze dell'ordine fanno il possibile. Manca la politica e l’opinione pubblica. Manca la coscienza civile. I media, su questi temi, oramai suonano la grancassa alle veline istituzionali e all'antimafia da operetta. Hanno dimenticato l'autonomia nel giudizio e il proprio ruolo vitale: informare.

venerdì 27 novembre 2015

Peppino


Peppino Impastato


La strata era china, china di genti.
Nuddu lu sapi, Nuddu visti nenti
dissi na matri supra lu so chiantu.
La facci e la cammisa 'mmensu o sancu.
Me figghiu mossi e nuddu sapi nenti?
L'occhi si ci 'nchievunu di chiantu.
Isa li mani in cielu e grida forti:
Figghiu, figghiu miu chi mala morti.
Carta e pinna era lu so forti.
Scriveva di cosi giusti e di cosi storti.
Quannu parrava iddu facevunu a gara
ma fu lassatu sulu davanti a lupara ...

Pantera Max Andaloro ... per tutti LOPEZ


domenica 8 novembre 2015

La zona grigia




Due TIR la scorsa notte sono andati in fumo e pare che anche questa volta la causa dell'incendio sia dolosa. Il fuoco sta diventando una costante della nostra terra. Sembra che a Vittoria certe attività economiche non siano destinate a sopravvivere. Pochi giorni prima la polizia aveva scoperto e sequestrato un arsenale: armi, munizioni, giubbotti antiproiettile, fucili a pompa, puntatori laser, congegni di puntamento per il tiro da precisione. Fuoco, armi ma soprattutto tanto spaccio di droga ci dicono quanto sia dinamica e come stia crescendo la criminalità locale in particolare dopo l'omicidio Brandimarte. La città "sana" sembra assente, assorbe queste cose in modo pigro, pare che tutto venga metabolizzato in poco tempo. Dovremmo sprizzare sdegno e rabbia da tutti i pori, invece poco, quasi nulla, una tranquillità turbolenta. Sembriamo anime spente prima che corpi. Eppure nel dialogo a due la preoccupazione, l'indignazione e la rabbia viene fuori però non trova la forza di uscire in modo aperto. La giustizia non sempre permette a questa silenziosa indignazione di trasformarsi in qualcosa di aperto e chiassoso. Agli arresti seguono, a volte, scarcerazioni formali che nei fatti rafforzano il personaggio arrestato, lo stesso non perde tempo, appena è fuori  gira la città per farsi vedere, ricevere saluti, complimenti e fiducia. Ma la cosa che più affievolisce questo sdegno facendogli perdere ogni spinta, relegandolo in un angolo e facendolo diventare un argomento da salotto è il fatto che l'economia criminale ha molti soldi da far girare e in un momento di crisi, come quello che stiamo vivendo, questo denaro crea molti appetiti anche nella parte "sana" della città. Il denaro non puzza da qualsiasi parte arriva, lo aveva capito circa 2000 anni fa l'imperatore Vespasiano quando suo figlio Tito provocatoriamente aveva tirato alcune monete tra le urine di un bagno pubblico e lui le aveva subito raccolte e intascate. Da allora nulla è cambiato. Così nel tempo a Vittoria si è creata un'area grigia fatta da imprenditori, professionisti, che in silenzio fa affari con l'economia criminale. Un'area che si indigna, che prova fastidio, e mal sopporta le azioni criminali,  ma in silenzio. Quest'area nei fatti ha accettato lo stato delle cose e senza che se ne sia accorta è diventata, per convenienza economica, quasi complice. Ha compreso le sue responsabilità e per darsi una purificata infila ciclicamente le mani nell'acquasantiera. Allora, se è così, non sono le azioni violente della criminalità a condizionare e infangare la nostra città. No, è questa zona opaca, nebulosa, grigia, fatta di infinite sfumature, apparentemente perbene. Questa massa sfuma per la vergogna di fronte al rossore delle fiamme, perché sa che le azioni violente trovano sostegno nel suo grigio e chi le compie sa che senza quel grigio non avrebbe sussistenza. 

lunedì 26 ottobre 2015

GIOVANNI SPAMPINATO: VITTIMA DI MAFIA.




"Nella sua città era accaduto un torbido delitto maturato negli ambienti dell’estrema destra ragusana e Spampinato invece di registrarlo pigramente sulla scorta delle solite veline di polizia si era impegnato ad andare fino in fondo nella ricerca della verità"             
Vittorio Nisticò direttore de l'Ora

Cento passi tra chi lotta il malaffare e chi pratica il malaffare. E' una distanza standard da Ragusa a Cinisi, che unisce e collega tutta la Sicilia, come l'antica traversale sicula. Il motivo di questa unione è solo uno: "LA MAFIA NON ESISTE" e chi non è d'accordo viene ammazzato.  Anche nella tranquilla e sorniona Ragusa non esiste, anzi  per certi ragusani, la mafia, non è mai esistita. Guai a pensarlo, è un'offesa all'orgogliosa “babbitudine” che si è sedimentata nei secoli sugli Iblei. Eppure Ragusa ha una vittima di mafia che ogni anno - il 21 marzo - viene ricordata insieme a tante altre vittime della violenza mafiosa, nella giornata della Memoria e dell'Impegno organizzata dall'associazione Libera di don Ciotti. Giovanni Spampinato, giovane corrispondente dell'Ora di Palermo, ucciso la sera del 27 ottobre del 1972 con sei colpi di pistola sparati a distanza ravvicinata da Roberto Campria, figlio del presidente del tribunale di Ragusa. Giovanni lo aveva “tormentato per otto mesi” con domande e articoli sull'omicidio dell'ing Angelo Tumino. Per gli inquirenti fu subito chiaro: un omicidio frutto di uno scatto d'ira da parte di un soggetto che soffriva di “una nevrosi ansiosa reattiva con tendenza depressiva”. Ma come è possibile che un giornalista ucciso dalla reazione collerica di un soggetto depresso possa diventare vittima di mafia? La causa va cercata nelle cose che riusciva a comunicare. La sua scrittura non era solo raffinata, elegante e ricercata. No, vi era tanta denuncia, descritta in modo chiaro, troppo chiaro per i "babbi" di Ragusa. Le inchieste di Spampinato sul neofascismo ibleo erano fastidiose rasoiate. Ragusa in quel periodo era frequentata da Vittorio Quintavalle, ex ufficilae della X Mas di Junio Valerio Borghese, da Stefano delle Chiaie, leader di Avanguardia Nazionale, all'epoca ricercato per la strage di piazza Fontana a Milano (assolto nel 1991). Nel carcere di Ragusa soggiornavano Vincenzo e Filippo Rimi, boss trapanesi di primo piano imparentati con Badalamenti. La famiglia Rimi era il tramite tra cosa nostra è il principe Junio Valerio Borghese il quale aveva chiesto appoggio e sostegno alla mafia per portare a termine la sua “impresa”: un colpo di stato (Golpe Borghese 7 dicembre 1970). Naturalmente dietro questi personaggi di primo piano c'era un sottobosco tutto ragusano fatto di militanti locali di estrema destra, criminalità organizzata e affari loschi che si sviluppavano in diverse direzioni. Una di queste era il commercio di oggetti d'antiquariato. Ed è forse in questo sottobosco che nel febbraio del 1972 matura l'omicidio dell'ing. Tumino, un ex consigliere comunale del Msi amico di Campria con l'hobby dell'antiquariato. Un sottobosco che Spampinato aveva già puntato con le sue inchieste, l'omicidio Tumino gli permetterà di addentrarlo. Giovanni individua nel figlio del presidente del tribunale di Ragusa, Roberto Campria, il ramo fragile. Inizierà a cercalo a sollecitarlo, a incalzarlo. Capisce che Campria è la punta fragile di un iceberg molto consistente, di un grumo poliedrico e multicentrico fatto di tanti interessi. Se crolla Campria il sistema frana, potrebbero venire fuori verità imbarazzanti e l'apparente serenità ragusana - “la babbitudine” - utile a mascherare certi traffici, verrebbe minata nella sua essenza. Il sistema capisce e puntella Campria. Il figlio del magistrato diventa l'argine che deve fermare la sete di verità di Spampinato. La sua depressione, la sua instabilità sono punti di forza. La sua tenuta psicologica deve franare. Infatti cederà e farà pressione sui grilletti di due pistole: una Smith e Wesson e un Erma Werke. Gli esperti dissero che ci voleva una certa abilità nello sparare con due mani e contemporaneamente anche se a distanza ravvicinata. Spampinato morirà prima di arrivare in ospedale. Campria si costituirà, verrà processato e condannato a quattordici anni di carcere. Ne sconterà meno della metà. Il delitto Tumino si dissolverà nei meandri dei tribunali, non si troverà né un movente né un colpevole. Le scomode verità rimarranno al buio, le apparenze si affermeranno, "la babbitudine" continuerà a trionfare. Ma il buio non distrugge ciò che nasconde, prima o poi una luce svelerà il tutto. 
Nell'immaginario collettivo Ragusa è rimasta "babba". Nel dialetto siciliano il significato di questa parola non è esclusivamente legato al concetto di ingenuità o mancanza di “spirtizza”. La stessa parola la utilizziamo per indicare persone che fanno le cose per conto proprio senza che gli altri se ne accorgano. Infatti, piano piano nel tempo e in modo “babbo” questa vicenda è stata ridotta. Dopo 45 anni a Ragusa in pochi sanno che Spampianto è vittima di mafia come Peppino Impastato, Mario Francese, Pippo Fava ...  Si fa di tutto per non fare emergere questa scomoda verità perché la mafia è dappertutto, tranne a Ragusa. Il tempo è stato adattato ad una volontà precisa: rimuovere la storia e i suoi sviluppi. Così il desiderio di verità che aveva mosso Giovanni Spampinato è stato umiliato, mortificato e per certi versi infangato. Sulla vicenda rimangono tanti dubbi, ma oggi come allora si afferma una grande certezza: Ragusa ama essere “babba”. La “babbitudine” conviene, è un ottimo anestetico, fa passare in secondo piano una definizione subdola, feroce e scomoda (che hai ragusani però piace un po'): Ragusa ha quattro facce, come il caciocavallo ... ... ...  e come la mafia.

domenica 18 ottobre 2015

Gioco d'azzardo, disperazione e affari 1° Parte


La voglia di tavolo verde è sempre stata una delle passioni nascoste del nostro territorio. Sarà per questo che qualcuno tempo fa avanzò l'idea di far nascere un casinò in provincia? Se non ricordo male la proposta era di far diventare il Castello di Donnafugata una lussuosa casa da gioco. Questa esigenza pare che sia scemata, non perché sia diminuito l'interesse politico ma perché la voglia di azzardare, il desiderio del gioco ha trovato uno sbocco nella diffusione del le slot machine e nel gioco on line. Il settore in provincia ha avuto subito una rapida espansione. Basta girare per i locali pubblici per capire come il territorio in poco tempo sia silenziosamente diventato una piccola Las Vegas. Molti bar si sono attrezzati con slot machine e video pocker. Ma anche da casa, con un computer, un tablet, uno smartphone o con una una connected tv, si può accedere a siti dove giocare. L'associazione Libera nel suo dossier “Azzardopoli” ci dice che il gioco d'azzardo on line genera: Un fatturato legale stimato in 76,1 miliardi di euro,a cui si devono aggiungere, mantenendoci prudenti, i dieci miliardi di quello illegale. E' “la terza impresa” italiana, l'unica con un bilancio sempre in attivo e che non risente della crisi che colpisce il nostro paese”. Basta farsi un giro, soprattutto nei locali di periferia, per vedere già di prima mattina persone sedute di fronte ad una macchinetta, per subire la “spennatura giornaliera”. Parlando con una di queste, durante uno dei pochi momenti in cui riesce a staccare gli occhi dal video, mi spiega con una certa convinzione che per lui tentare la fortuna è oramai l'unico modo per provare a risollevare la sua situazione economica, ma con la stessa convinzione mi dice che è riuscito solo a precipitare nell'inferno della videodipendenza e dei debiti. Nel giugno scorso sono stati pubblicati dei dati che ci danno la dimensione del danno sociale che c'è in atto nella nostra area. Nel territorio ibleo attualmente si registrano “700 punti giochi (nel 2000 erano appena 70), dove si spendono ogni giorno 821.000 euro”. Ma non ci sono solo le slot dei locali pubblici ci si può rovinare anche da casa, basta collegarsi a Texas holdem poker per fare “Puntate, rilanciate, foldate e bluffate con un unico scopo: scalare la classifica del gioco d'azzardo più famoso al mondo ...”. e così chi gioca online si piazza dalle quattro alle cinque ore davanti al computer. Nei tornei si possono superare anche le 20 ore davanti allo schermo. Chi gioca si estrania dal mondo per vincere o perdere tanti soldi. Sia le slot machine che i giochi on line sono sotto controllo dell'AAMS (Amministrazione Autonoma Monopoli di Stato), “il garante della legalità e della sicurezza in materia di apparecchi e congegni da divertimento ed intrattenimento per assicurare la trasparenza del gioco”. Lo Stato  non esercita gratis questo ruolo alto e nobile, infatti incassa i proventi dei giochi e - siccome la Sicilia è a statuto speciale - anche nelle casse della regionali arrivano soldi frutto di queste attività (rivoluzionario Crocetta dove sei?). Garanti della legalità che creano disperazione guadagnandoci pure? Ma al peggio non c'è limite. Nel luglio scorso dall'operazione della DDA “Gambling" sembra emergere che con il gioco on line la 'ndragheta ripulisse denaro sporco. Pare che dietro il “Texas holdem poker” la cosca della Piana di Gioia Tauro (la zona dei Brandimarte) e della Locride, raggirando i blocchi dell'AAMAS, riciclavano grandi quantità di denaro che venivano trasferite a Malta.  Il cerchio si chiude e i conti tornano  ... 

domenica 4 ottobre 2015

I professionisti


Il mese di settembre è stato molto movimentato. In pochi giorni due operazioni, prima l'arresto dei Consalvo che imponevano agli operatori commerciali cassette e prodotti per imballaggio dei prodotti ortofrutticoli e poi i Cilia. La cattura di quest'ultimi è inserita all'interno di una vasta operazione contro il traffico internazionale di stupefacenti tra l’Italia e l’Olanda, con decine di arresti eseguiti in tutta Italia. Imballaggi e camion, binomio perfetto. Infatti, l'ho scritto tante volte e lo ripeto: chi controlla la logistica governa ogni forma di economia criminale. Ma l'arresto dei Consalvo e dei Cilia non ci racconta solo della loro capacità “imprenditoriale”. Dietro le loro attività ci saranno sicuramente rapporti con consulenti, tecnici, istituti bancari. I loro soldi - tanti soldi - anche se frutto, secondo gli investigatori, di attività illegali fanno gola. La reputazione di certa gente, il loro percorso criminale conta poco o nulla. I loro soldi non hanno nomea, non puzzano, non macchiano quindi qualunque cosa può essere fatta se viene fatta per quei soldi. E' questo tipo di cinismo che contraddistingue questi professionisti? Mi risuonano in testa le parole del magistrato, nostro concittadino, Bruno Giordano che intervistato da Peppe La Lota l'agosto scorso dichiarava: L’attuale situazione richiede una nuova classe dirigente. La partecipazione alla vita pubblica dei professionisti da un lato e il contenimento dell’emigrazione culturale dall’altro”. Ma in questa città, in questa provincia, ci sono professionisti al servizio. La loro eleganza, il loro garbo, la loro amabilità ci racconta la loro freddezza, la loro indifferenza verso ciò che rappresentano socialmente ed economicamente certi “clienti”, certi “imprenditori”. Un cinismo che utilizzano come una corazza ma che nasconde però la loro disperazione. Si sentono furbi - forse anche protetti – perché hanno in mano la gestione di imprese forti e capaci e grazie a questo servigio si arricchiscono. Ma questo cinismo è il peggior nemico che il territorio possa avere. E' l'alleato più forte dell'economia criminale. E' la sostanza allucinogena che spinge a giustificare ogni comportamento: “se non lo faccio io lo fa qualcun'altro quindi non si può che agire in questo modo”. Un cinismo che rende pigri e rassegnati. Non vi rendete conto che tutto ciò è triste? Prima di arrestarli, quando entravano nei vostri studi, quando gli proponevate di investire quel denaro in altre attività non provavate nulla? Se c'è una cosa triste è adeguarsi e cogliere l'occasione, perché non è vero che tanto non cambia nulla o è sempre tutto uguale, con il vostro atteggiamento tutto peggiora. Se vogliamo cominciare a parlare di criminalità in maniera nuova abbiamo l'obbligo di guardare anche questo aspetto. Troppo facile puntare i riflettori solo sui boss e ignorare certi poteri che hanno sempre bisogno di silenzio e ombra.

mercoledì 2 settembre 2015

Convertire per ridare futuro


Un territorio intossicato. Questa è la nostra terra, questa è la Sicilia. Fogne che finiscono a mare, rifiuti non bonificati, discariche abusive. Abbiamo condannato alla pena capitale il territorio che ci visto nascere, crescere e dove viviamo. Un'infedeltà che non trova nessuna giustificazione. Un tradimento che ci sta appestando. Sento dire sempre più spesso “ho un tumore”. Ma un tumore non si possiede. Il cancro non è una patologia personale, è il frutto della scarsa qualità della vita. Non è una malattia che colpisce per caso. L'alterazione dei geni è sempre determinata da cause esterne. Questo male è il risultato di una relazione con il territorio e con l'ambiente in qui si vive. Per non sentirci responsabili, per stare bene con noi stessi, condanniamo, con una facilità estrema, una classe politica inetta, arruffona e viziosa, che non è arrivata li per caso, noi l'abbiamo sostenuta e votata. Non ci può essere concesso nessun tipo di riscatto, la nostra indifferenza ha permesso  l'umiliazione e la mortificazione della terra materna. Non c'è pena o castigo in grado ripagare i danni fatti in questi anni. Questo enorme deficit, peserà sulle spalle delle future generazioni. Spetta ai nostri figli diventare tecnici del risanamento, professionisti della bonifica, medici e volontari della decontaminazione. Abbiamo un solo ruolo da compiere: educarli al rispetto della terra. Questo funzione pedagogica ci può ridare un minimo di dignità. Non è solo un atto di riscatto, c'è l'esigenza di dare un futuro ad una generazione a cui è stato già in parte rubato. La nuova rivoluzione industriale non passa dai pozzi di petrolio, dalla chimica o dal consumo di suolo. Ciò che creerà progresso e lavoro, è il restauro, la cura, il risanamento di una terra che è stata stuprata. Il nostro territorio ha ancora un valore: qui si produce ortofrutta e vino di qualità, qui abbiamo un mare e spiagge singolari , qui c'è un patrimonio culturale riconosciuto e di grande valore. Questa è una terra che deve esportare lavoro e non sconforto, deve importare conoscenza e non disperazione. Serve creare  le condizioni.  Terra e Cultura sono le nostri doti da tutelare e valorizzare. Convertire è un verbo che non può indicare solo un'azione religiosa, ma deve implicare l’economia, gli investimenti e la scelte della pubblica amministrazione. Convertire serve per ridare futuro.

domenica 16 agosto 2015

FUGNATURA


Il mare di Spinasanta quella mattina aveva un colore strano. Le sue acque, quasi sempre limpide e cristalline, erano diventate torbide e giallognole. In controluce poi traspariva come una patina oleosa che rendeva l'acqua ancora più melmosa.  Il fenomeno negli ultimi anni si ripeteva spesso ed era accompagnato da un lezzo strano che si diffondeva nell'aria. Malgrado ciò la persone che popolavano la spiaggia si tuffano lo stesso. La calura estiva portava a sottovalutare l'evento e poi tutti sapevano che il mare di Spinasanta era tra i più puliti della costa, era stato più volte premiato con il famoso riconoscimento internazionale “cozza d'oro”.

Austino u Piscamari, un vecchio marinaio, da sempre imbarcato in navi e pescherecci, mentre si gustava il suo caffè, al “Bar Mediterraneo”, murmiriava a voce alta:
  • U tubu s'antuppau e ora natammu tutti 'nta merda ... Ci curpa ssa minchia di molo.

E col braccio teso e l'indice spiegato indicava la nuova banchina del porto che era stata costruita con i fondi della regione.

Nunzio Trentatre, da sempre studente in medicina, ascoltava con curiosità le invettive di Austinu. Mosso dalla curiosità gli spiò:
  •  Austì, che stai dicendo? Chi è sta storia? … u molo? … u tubu?

  • Ma chi studi a fare - rispose Austino – t'ha spiego io una cosa ca nun t'ansigna nuddu.

Il vecchio marinaio afferrò una sedia del bar e gli si sedette tipo sacco di patate. Subito, a mo di anfiteatro, si sistemarono Nunzio Tretatrè, Suzzu Mazetta, Meno u Zuccu e tanti altri ancora che erano stati attratti dalle sue parole.

Austino attaccò il suo monologo:
  • Ata sapiri ca tutta l'acqua fitusa provenienti dagli scarichi attaccati a fugnatura di Spinasanta finisci all’interno di una vasca ca è vicino o lanterninu del porto. Tutta sta fitinzia veni trattata e pompata 'nta tubu bello grosso e luongu ca arriva a tre miglia dalla costa. Quando cominciarono i travagghi del nuovo molo nessuno si domandò dove passasse stu tubu. Solo io ci dissi all'ingegnieri dell'impresa di stari attenti. Ma stu lofio nun mi capio ... o fici finta di nun capiri. Intato i massi di calcestruzzu venivano posizionati, e viri caso na puocu unni i misiru?

Menu u Zuccu - portava questo soprannome perché duro di comprendonio - gli domando:
  • Unni i jttaru i pitruna Austì?
  • Inkia, si Zuccu unni ti tuoccunu e tuoccunu - risposte Austino; e poi gli urlo:
  • BACCALA', SUPRA U TUBU!!
  • MINCHIA U NTUPPARU, rispose in coro il piccolo pubblico.
  • E quindi? - Sbottò Suzzu Mazzetta, un piccolo imprenditore che aveva sempre preso appalti regalando bustarelle.
Austino sosprirò, lo guardò e con tono polemico gli disse:
  • E quindi nenti ... in estate, quando calano i mau mau, è normale che la quantita di acqua fitusa aumenta. Se poi piove u caricu di fitizia crisci, u tubo è ntupatu e non riesce a smaltirla. La vasca non riesce a contenerla, tutto esce fuori e finisce a mare e tu - puntanto il dito verso Suzzu - ti fai u bagno nta merda mia, tua e di tutti.



Fatti luoghi e personaggi sono frutto dell'immaginazione ... ogni riferimento è puramente casuale.

venerdì 14 agosto 2015

Semplicemente Scoglitti


Scoglitti doveva essere la Rimini del Sud (mai similitudine fu più infelice), non è diventata neanche lido di Gela (con tutto il rispetto per Gela). Una borgata che viene resa sporca, grumosa, sciatta da tutti i suoi fruitori e che espone senza pudore i danni grandi e piccoli che ciclicamente gli vengono arrecati. La sua bellezza, malgrado i tanti sfregi, rimane intatta. Abbiamo provato a "scassarla" in tutti i modi ma il suo mare, la sua costa, le sue spiagge la rendono comunque unica. Il porto misura il fallimento di tutte le politiche dispiegate (si fa per dire) in questi anni. E' il monumento alla disfatta di un territorio liquefatto dall'incapacità e dall'aridità della sua classe politica. Sta li a farsi consumare dal sole e dal vento senza che nessuno si preoccupi. Potrebbe diventare un volano per il turistico ma fin'ora è riuscito soltanto a “rimodellare”, bene o MALE, la morfologia della costa. Spostandosi da Est o ad Ovest del porto nulla cambia in termini di mortificazione di un territorio. L'abusivismo edilizio ha si sfigurato il paesaggio ma la natura è stata più forte. Chi era convinto di domare le dune e il mare ha fatto male i conti. La lunga lama di cemento armato che doveva contenere l'avanzata del mare sta cedendo. A poco servono gli interventi tampone alla fine crollerà. L'acqua, il vento e il sale vincono sempre. Gli amministratori annunciano, la regione promette, ma i finanziamenti per contenere i danni di una natura che si riprende a modo suo il maltolto arrivano con il contagocce. Invece di trovare un serio rimedio al degrado che negli anni è stato creato vengono avanzati progetti ambiziosi, al culmine del delirio di onnipotenza. Nessuno comprende e comprenderà mai che a Scoglitti non serve nulla di tutto ciò. E' un antico borgo marinaro che va solo riqualificato, rispettato, stimata e valorizzato per quello che è, tenendo in considerazione l'ambiente in cui è inserito. Quando la crisi azzanna e il territorio si impoverisce bisogna mettere in campo più attenzione, più sensibilità, più concretezza. Doti che però mancano da tempo a noi cittadini e quindi, di riflesso, ad una classe politica che si atteggia ad esperta, che spara alto ma che poi precipita tra le umane miserie e spaventosi limiti organizzativi. Oggi, come ogni anno, arriveranno migliaia di vancanzieri ferragostani con il loro carico di birre, agurie e chissaà quant'altro, pronti a spiaggiarsi come tanti tonnacci sugli arenili. Speriamo che almeno quest'anno abbiano rispetto per se stessi e per il luogo che occuperanno per una notte. Scoglitti, nonostante tutto, malgrado noi è e sarà sempre bella, continuerà a metabolizzare ogni forma di deturpazione. Basterebbe avere coscienza di questo per capire cosa potrebbe essere per tutto l'anno e invece non lo è.

lunedì 27 luglio 2015

RICICLAGGIO 3 (fine)


Il riciclaggio del denaro ricavato da operazioni illecite senza la compiacenza del sistema bancario non si può attuare. La mafia della nostra terra e i suoi derivati guadagna tanti soldi, soprattutto con la droga. Questa consistente e appetitosa massa di denaro deve essere trasferita in affari perfettamente legali. Se penso alle due più importanti operazioni antidroga in provincia, “Tsunami e “Jet Lag”, l'unica cosa che mi viene in mente non sono le pagine dei giornali con le foto degli arrestati pubblicate tipo album calciatori Panini. No, mi viene in mente un piccolo articolo comparso dopo qualche mese su corrierediragusa.it, a riflettori smorzati, dove nell'occhiello si leggeva: dall’operazione Tsunami un giro di denaro non segnalato da 2 istituti di credito. Non so che fine abbia fatto quell'inchiesta ma la cosa mi ha suscitato una certe curiosità e mia ha spinto a fare una piccola ricerca. Penso di aver trovato qualcosa che apre uno squarcio. Nel sito della Banca d'Italia vengono pubblicati i Quaderni dell'Antiriciclaggio dell'Unità di Infomazione Finaziaria (UIF). Nell'ultimo numero, quello relativo al secondo semestre 2014, uscito nel maggio scorso, a pag 14 vengono riepilogate le segnalazioni di riciclaggio ripartite per provincia. I dati di Ragusa sono molto significativi. Nel 2013 l'UIF della Banca d'Italia ha messo sotto attenzione 233 operazioni sospette. Nel 2014 le segnalazioni anomale sono salite a 354. 121 in più rispetto al 2013. Questi numeri indicati cosi non dicono tanto ma diventano eloquenti quanto vengono confrontati con quelli delle altre province. Infatti, a pag 11 dello stesso quaderno è pubblicato il cartogramma che indica le segnalazioni bancarie/finanziarie anomale per ogni 100 mila abitanti ripartite per provincia, qui viene fuori che Ragusa occupa una posizione medio alta a livello nazionale. In Sicilia è seconda solo a Catania. Un altro elemento interessante lo si trova a pag 38, nel cartogramma dell'operatività del contante, cioè il giro di denaro liquido in entrata e in uscita da un conto corrente. La nostra percentuale di movimentazione è tra le più alte, si attesta al terzo posto a livello nazionale.  Viceversa a  pag. 44 e a pag.  45 si evince che le percentuale della quota di bonifici da o per paesi con fiscalità di vantaggio e non cooperativi invece è medio bassa.  Questo cosa significa che le eventuali operazioni anomale avvengono esclusivamente in loco?  In attesa che qualcuno possa fornire qualche spiegazione in merito penso che questi dati forniscono delle riflessioni. Se qualcuno è ancora convinto che la criminalità organizzata del nostro territorio è composta da un'accozzaglia di volgari delinquenti “malazionari”commette un errore clamoroso, quello è il lato “folkloristico”. La nostra è una criminalità economica, è un'impresa molto organizzata che guadagna molto denaro e ha il bisogno di reinvestirlo in attività lecite. C'è sempre un momento, un passaggio, negli affari dell'economia criminale, in cui ha bisogno di una banca, di una finanziaria, di un professionista, un avvocato, un notaio, un consulente. Vi è quindi una fase in cui è costretta ad uscire allo scoperto e quindi diventa vulnerabile. Ma l'impresa criminale riesce a superare anche questa circostanza. La possibilità di guadagnare  molti soldi facilmente è il pastone principale che alimenta collusione, complicità e omertà. La mafia sa come va utilizzato questo mangime, non è così ingorda, mangia e fa mangiare. Un dirigente di una qualsiasi banca, un professionista, finisce sempre per conformarsi, non può permettersi di perdere un affare sicuro o rinunciare a un ricco guadagno. Difronte ai soldi l'etica, la morale hanno l'obbligo di affievolirsi,  possono prendere un pò di vigore la domenica, per poco più di un'ora, davanti ad un altare. Per il resto, se trasformare il puzzo del denaro sporco in Chanel n.5 produce lauti guadagni, Dio, Gesù, la Madonna, Padre Pio, dovranno capire e perdonare. 

Per colpire l'economia criminale di questa provincia oltre ai magistrati, ai prefetti, ai finanzieri, ai poliziotti, ai carabinieri, occorrono gli ispettori della Banca d'Italia, ma soprattutto serve una sensibilità sociale vera e non di facciata (quattro facce come il caciocavallo). La lotta contro l'impresa mafiosa è troppo complicata per essere affidata solo alle forze dell'ordine e alla magistratura.

Per approfondire.




domenica 21 giugno 2015

Riciclaggio 2


Riciclare, un verbo che la criminalità economica sa declinare solo all'infinito. Dai proventi della droga arriva il grosso delle somme da reinvestire e i soldi che si fanno con lo spaccio sono così tanti che non si riesce a contarli, si fa prima a pesarli.  Basta leggere la cronaca delle ultime settimane per rendersi conto delle dimensioni. Il 23 maggio scorso a Vittoria i Carabinieri scoprono un laboratorio di cocaina . Dalla droga sequestrata sarebbe stato possibile ricavare oltre 250 dosi con un guadagno di circa 12 mila euro. Il 4 giugno scorso sempre i Carabinieri, nelle campagne di Santa Croce Camerina, scoprono una piantagione di marijuana. Oltre tremila kg di erba che immessa nel mercato avrebbe prodotto un ricavato di circa 2 milioni di euro. Il 6 giugno a Scoglitti la Polizia di Niscemi blocca un'auto carica di hascisc e cocaina. Fatta una prima stima l'hascisc avrebbe fruttato 130 mila euro e la coca 12 mila euro. In meno di venti giorni, solo nel territorio ipparino è stato sequestrato un quantitativo di stupefacenti che se immesso nel mercato avrebbe generato qualcosa come 2,5 milioni di euro. Quale prodotto ha una resa così alta? E' l'unica merce che non conosce crisi. Non c'è investimento finanziario o impresa edile, agricola, industriale capace di produrre margini così elevati. I guadagni sono così immediati che anche un disoccupato, una persona che non ha mai avuto problemi di giustizia, viene tentato dall'entrare nell'impresa droga. Il lavoro delle forze dell'ordine è prezioso, preciso e puntuale ma bisogna avere la consapevolezza che queste operazioni toccano una parte della punta dell'iceberg droga. Sicuramente esagero, ma penso che la produzione e la commercializzazione degli stupefacenti sia diventata, per i volumi d'affare che genera, la nostra prima economia. Non solo, secondo gli inquirenti, pare che quest'area della Sicilia (Gela - Vittoria) sia una sorta di zona franca della produzione di marijuana. Sembra che qui si possono acquistare quantitativi importanti a costi molto convenienti, da piazzare in altri centri della provincia o dell'isola. Naturalmente questa quantità di denaro non può mica rimanere inerte, va reinvestita. La domanda è dove? Forse una possibile risposta ci arriva dalla lunga e articolata interrogazione al ministro degli interni fatta del sen. Lumia il 27 gennaio scorso? Forse. Nel lungo quesito Lumia scrive: “... a Vittoria la mafia ha occupato ... in primis l'indotto” della commercializzazione ortofrutticola. A Vittoria tutti sanno che ogni giorno tonnellate d'ortofrutta vengono sistemate in cassette di legno, queste a sua volta vengono impostate su pedane di legno e poi il tutto viene trasportato sui TIR. Imballaggi e logistica sono servizi essenziali per le nostre produzioni senza i quali l'ortofrutta prodotta resterebbe ferma a marcire. Il sen. Lumia, sempre nella sua interrogazione sottolinea come alcune imprese di questi settori, secodo lui, siano controllate da “soggetti contigui”, inoltre avanza due considerazioni “… in un periodo come l'attuale segnato da una crisi generalizzata, dalla carenza di liquidità e dalla "chiusura a riccio" del sistema creditizio, le mafie hanno potenziato un'attività di "sostegno" a persone e imprese sull'orlo del collasso, finalizzata a divenire poi proprietarie dei loro destini, riciclando, al contempo, capitali di provenienza illecita ...”. Sarà una mia impressione, ma penso che l'economia del territorio non venga più controllata chiedendo il pizzo alle imprese.

sabato 6 giugno 2015

Riciclaggio 1


Riutilizzare il denaro che proviene da attività illecite è la sola necessità dell'economia criminale. I soldi della mafia se non vengono reinvestiti nel mattone, nella creazione di imprese sono solo profitto inattivo, inutile, inoperoso.   La manovalanza (extracomunitari o piccola criminalità locale) fa il lavoro sporco,  genera denaro con lo spaccio, lo sfruttamento della prostituzione e i video giochi. Poi c'è il livello economico, ovvero chi deve far fruttare questo denaro con gli investimenti. Chi occupa questa posizione non deve sporcarsi le mani, deve essere rassicurante, deve fornire garanzia di credibilità (sopra c'è pure un livello politico?). E' come una sequenza geologica, ogni strato rappresenta un ambiente, non sempre è facile ricostruire la successione. Ritorno con insistenza su questo argomento perché penso che il riciclaggio sia il punto di collegamento fra impresa criminale e quella che viene ancora definita “società civile”. I proventi della droga in primo luogo, ma più in generale di tutte le attività illecite, sono il punto di saldatura con il sistema economico legale. La crisi economica ha accentuato e perfezionato questi processi, in particolare la mancanza di liquidità ha reso ancora più fragile l'economia legale. Professionisti, consulenti, tecnici, imprese non sono più come in passato vacche da mungere con il pizzo. La crisi li ha resi utili per altri motivi. In questi anni hanno perso lavoro, incarichi, commesse e le loro difficoltà economiche sono diventate una grande opportunità per chi ha buone disponibilità di denaro. Le loro preoccupazioni sono musica per chi deve riciclare soldi. Un vecchio detto siciliano dice: “papà è ccu mi runa u pani” (papà è chi mi da il pane), oggi, in questa terra, chi ha liquidità e voglia di investire diventa padre, madre, santo, dio; poco importa come e da dove arrivino quei soldi. E' cosi che la criminalità economica sta diventando padrona della crisi, trasformandosi in stampella di un'economia legale che è sempre più sofferente. Tutto questo è difficile da dimostrare ma si può percepire, intuire, desumere. Immaginate un signore, un “distinto e rassicurante imprenditore”, il quale si reca in uno studio tecnico, oppure da un legale, oppure da un consulente, perché sa che investimenti o progetti di una certa valenza economica sono bloccati per mancanza di fondi. Il distinto imprenditore è disponibile a diventare partner del progetto mettendo a disposizione proprio le somme che mancano per completare e far partire l'investimento. Chi riceve l'offerta cosa farà? Rinuncerà a quelle somme oppure farà di tutto per farselo socio? I soldi, e solo i soldi, sono lo strumento principale che la criminalità economica usa per farsi accettare e integrarsi nella società “buona”. Questo la mafia lo sa e lo sa pure la “società civile”.    To be continued

sabato 16 maggio 2015

Vittoria, Città di frontiera.


Rileggo il passo scritto da Sciascia “... Vittoria è come un paese di frontiera: ne ha l'animazione, la mescolanza, l'ambiguità, la contraddizione. Era l'argine contro cui si spegnevano, non senza qualche impennata, le ondate mafiose. Forse più di una breccia in questi anni si è aperta: ma l'impressione della frontiera rimane ancora oggi. Ho il pregiudizio che non soltanto sappiamo di star valicando il confine tra la sicilia sedicente "sperta" ... e la Sicilia che da quella "sperta" è definita "babba".

Una frase mi resta impressa, soprattutto perché è declinata al passato: “Era l'argine in cui si spegnevano, non senza qualche inpennata, le ondate mafiose”. Eravamo una ostacolo, ma abbiamo rimosso i blocchi, gli anticorpi si sono indeboliti e siamo stati infettati definitivamente dalla cultura mafiosa. Difatti, la città via via negli anni, è scesa sempre più in basso senza mai toccare il fondo. Il masso, la zavorra che ci sta trascinando giù è una criminalità organizzata autoctona, capace di relazionarsi con altre criminalità. La stessa si evoluta ed è mutata con la stessa velocità con cui si è evoluta ed è mutata la nostra società.
Negli anni ’80 e ’90, i clan erano macro-organizzazioni che assemblavano a se ogni forma di criminalità e non tolleravano, stroncando violentemente sul nascere, ogni tentativo di disobbedienza o di attentato alla loro supremazia. Oggi, la nuova criminalità organizzata ha cambiato atteggiamento, ha avviato una sorta di flessibilità, di precarietà del crimine. Non sente più come in passato la necessità di costituirsi in una macrostruttura evidente, non tiene a libro paga i propri affiliati. Troppa visibilità. Troppi costi. Meglio vivere nell'ombra e controllare senza rischiare.

Può succedere che lo spaccio delle droghe (attività principale di tutte le mafie) venga affidato, come una sorta di franchising, agli extracomunitari. Si rischia poco, il guadagno è abbondante e sicuro, ma soprattutto l'opinione pubblica individua come responsabili principali di questa piaga sociale gli “immigrati” che da tempo sono percepiti come una questione di ordine pubblico (specie in una società come la nostra indebolita economicamente e culturalmente dalla crisi).
La mafia ha però sempre il solito problema, dove e come reinvestire i soldi. Può accadere che i proventi delle attività illecite vengano investiti in attività imprenditoriali di servizio all'economia legale. E così che volto criminale e violento della Cosa Nuova si attenua e affiora invece l'aspetto “gentile e imprenditoriale”? La criminalità organizzata sa che negli affari si guadagna e si perde, ma la stessa non vuole perdere mai. Le imprese criminali cercano la certezza del monopolio. Le regole sono per i deboli, bisogna controllare l'economia. Per mettere in moto queste dinamiche bisogna abbandonare i vecchi metodi. Ad esempio, l'idea di pizzo, da violenta e odiosa imposizione, dovrebbe trasformarsi in conveniente prestazione professionale. In questo caso la possibile vittima del racket verrebbe trasformata in cliente a cui fornire un ottimo servizio, ma soprattutto per attirare tanti clienti, per avere il monopolio, le prestazioni devono essere molto vantaggiose economicamente. L'economia criminale da tempo ha compreso che i costi di alcuni processi lavorativi delle imprese che operano nella legalità sono diventati poco sostenibili. Se si riesce ad offrire la possibilità di ridurre questi costi, si possono creare realmente le condizioni di monopolio. E' forse così che l'economia criminale prova a penetrare l'economia legale? Come è possibile che una prestazione se svolta dall'impresa legale ha un costo, se invece viene conferita a “terzi” lo stesso si riduce? Il servizio viene svolto nel rispetto delle norme ambientali, lavorative, previdenziali e fiscali? Da questa breve analisi emerge in modo evidente come queste forme di “esternalizzazione” vadano incontro alle esigenze dell'impresa sana. Infatti, la stessa non si porrebbe il problema di chi offre il servizio e di come si possano ridurre le spese, alla stessa interessa che il servizio sia fatto bene e soprattutto costi poco. Se tutto questo avviene si creano le condizioni perfette: la mafia si fa impresa, il pizzo diventa servizio, l'impresa sana abbatte i costi. E' così che si generano cont(r)atti bilaterali perfetti? E' così che i rapporti economici tra legale e illegale si consolidano? E' possibile che questi rapporti da economici diventino personali? E' così che si diluiscono i confini tra legale e illegale?

Al centro di queste vortice di punti interrogativi ci sta la Vittoria “buona”, la così detta “società civile” che parla tanto di legalità ma dimentica spesso come la legalità è corresponsabilità. Questa parte della città pare che nasconda a se stessa come le nuove forme di criminalità economica possano essere in grado di creare economia e influenzarla sia nel territorio, sia fuori dal territorio e quindi di formare una ricchezza che non genera sviluppo e progresso. La domanda che tutti dovremmo porci è: forse questa ricchezza crea punti di contatto tra i vari strati sociali della città?

In una terra di “frontiera” capire i meccanismi d'affermazione dell'impresa criminale significa comprendere come funzionano le dinamiche economiche e sociali del territorio. Schierarsi contro questa economia diventa la prima azione vera per affermare la legalità autentica. Conoscerne l'evoluzione, avviando forme di contrasto, non è solo un impegno morale ma è una necessità che ci permette di cominciare a ricostruire “l'argine” che restituisca dignità a Vittoria.




sabato 25 aprile 2015

25 Aprile


Oggi festeggiamo il 70° della Liberazione. Affinché si possa apprezzare meglio questa Festa di Libertà bisogna ricordare cosa è stato il fascismo nel nostro territorio.
Le elezioni amministrative del 1920 sancirono la vittoria dei socialisti in 8 dei 13 comuni di quella che sarebbe diventata la nostra provincia: Ragusa superiore, Ispica, Pozzallo, Acate, Vittoria, Comiso, Scicli e Modica. Mentre i socialriformisti si affermarono a Ragusa inferiore, Giarratana e Monterosso. La forte avanzata delle forze progressiste sviluppò in quest'area della Sicilia un fascismo molto simile allo squadrismo padano, caratterizzato da una spiccata violenza sociale e politica, che puntava al rovesciamento dei rapporti di forza. Protagonisti e mandanti di tutte le azioni violente furono e Filippo Pennavaria a Ragusa, Giovanni Barone a Modica, Mario Petino a Vittoria, Vittorio Casaccio a Comiso, Francesco Vaccaro Scurto a Spaccaforno. In tutta l'area del ragusano iniziò una costante azione di disturbo: assalti, incendi e saccheggi contro camere del lavoro, sedi di partito, e circoli politici di varia estrazione politica. Furono picchiati selvaggiamente e uccisi diversi esponenti politici e sindacali. La violenza praticata dalle squadre fasciste creava identità di gruppo, era vincente, era esaltante, era appagante e questa cosa piaceva molto alla mafia locale, che vedeva nelle forze progressiste l'avversario principale, per questo spesso partecipava alle spedizioni organizzate dai fascisti. Uno di questi episodi avvenne a Vittoria il 29 gennaio del 1921 dove fascisti e il gruppo mafioso dei “caprai” (U. Santino, 1995, pag. 26) assaltarono e distrussero il circolo socialista. Durante l'aggressione spararono e uccisero il consigliere comunale socialista Giuseppe Campagna. Il 13 marzo dello stesso anno, sempre a Vittoria, le squadre fasciste distrussero i locali della Lega di miglioramento, la Sezione Socialiasta e la Sezione Giovanile Comunista. Nel maggio del 1922 , sempre a Vittoria, i fascisti uccisero a revolverate il giovane comunista Orazio Sortino e bruciarono la sede della locale Camera del Lavoro e del Partito Comunista d'Italia.

Il 25 Aprile è una giornata di festa ma in tempi come quelli che stiamo vivendo bisogna riappropriarsi della memoria.  

domenica 19 aprile 2015

Mare Mortum



Quello di oggi è soltanto l'ultimo dramma di migranti che "viaggiavano" per la “speranza”. Una tragedia continua di cui se ne conosce solo un parte. E' giusto che si sappia: molte di queste stragi sono sconosciute, per la cronaca non sono mai avvenute. Morti anonime, dove i corpi non sono stati mai recuperati. Provo a fare un operazione di memoria, voglio ricordare a me stesso e a chi mi legge le stragi che si conoscono e che la stampa ci ha raccontato. Forse potremo cominciare a capire quanto sia grande questo dramma.

Per la cronaca tutto trova inizio nella notte di Natale del 1996: 300 persone muoiono annegate a largo di Portopalo e per molto tempo tutto rimarrà un mistero.
Settembre 2002, a pochi metri dalla costa di Scoglitti, 12 persone annegano nel tentativo di
raggiungere la spiaggia di Baia Dorica.
Giugno 2003, una barcone con a bordo 250 si rovescia a largo della Tunisia. Il bilancio ufficiale sarà di 160 dispersi.
Ottobre 2003, nel Canale di Sicilia un barcone della speranza viene soccorso dalla guardia costiera. Circa 70 persone moriranno durante la traversata.
Ottobre 2004, una carretta del mare si inabissa davanti alle coste della Tunisia, i dispersi saranno circa 70.
Agosto 2006, un barcone con 120 clandestini si rovescia per il peso degli immigrati. 50 persone risultano disperse.
Maggio 2008, 47 persone muoiono di fame e freddo su un barcone che voleva raggiungere le coste siciliane. I cadaveri verranno gettati in mare dai compagni.
Giugno 2008, una barca della speranza si inabissa a largo delle coste libiche. A bordo c'erano 150 persone. Soltanto una riuscirà a salvarsi.
Febbraio 2011, nel Canale di Sicilia scompare un barcone con a bordo forse oltre 200 immigrati.
Marzo 2011, un barcone che trasporta 30 persone naufraga nel Canale di Sicilia, per fortuna nelle vicinanze c'è un peschereccio mazarese. Due purtroppo scompaiono tra le onde del mare.
Marzo 2011, nel canale di Sicilia affonda un barcone con a bordo oltre 40 persone. Solo cinque riusciranno a salvarsi, gli unici che sapevano nuotare.
Marzo 2011, un barcone con a bordo 17 persone partite dalla Libia affonda a largo di Lampedusa, 11 annegheranno.
Aprile 2011, i corpi di 70 persone morte durante una traversata vengono recuperati al largo della Libia.
Aprile 2011, un barcone partito dalla Libia con 300 persone a bordo si ribalta nel canale di Sicilia. I dispersi, da quanto emerge dai racconti, saranno oltre duecento.
Maggio 2011, tre ragazzi  muoiono a un passo dalla spiaggia di Lampedusa. I cadaveri vengono recuperati incastrati sotto il barcone.
Agosto 2011, 25 persone muoiono asfissiate nella stiva di un barcone partito dalle coste libiche verso Lampedusa.
Ottobre 2012, 34 persone, tra cui sette bambini e undici donne, sono le vittime di un naufragio a largo di Lampedusa.
Luglio 2013, si ribalta un gommone a 29 miglia dalla Libia: i soccorsi recuperano 22 persone mentre altre 31, secondo i racconti, sono finiti in fondo al mare.
Agosto 2013, 6 persone muoiono sulla spiaggia del lungomare della Plaia di Catania.  
Annegano nel tentativo di raggiungere la riva.
Settembre 2013. 13 persone muoiono annegate sulla spiaggia di Sampieri, a Scicli, nel tentativo di raggiungere la costa.
Ottobre 2013. Viene definita "una strage senza precedenti". Un barcone carico di migranti naufraga a Lampedusa. Il bilancio finale arriverà a contare 366 vittime e 20 morti presunti. Tra i morti ci sono tante donne, alcune incinte e molti bambini.
Nel 2014 secondo l'UNHCR le persone morte nel Canale di Sicilia ammontano a 1900, 1600 solo a Giugno.
2015, sempre secondo l'UNHCR fino a febbraio le persone annegate nel Canale di Sicilia sono circa 300. 

Un escalation di morti che non trova la parola fine  - due consonanti, f ed n,  e due vocali, i ed e -  alimentata da un oceano di frasi fatte tanto finte quanto false.