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sabato 30 dicembre 2017

Buon 2018 ... sperando "nell'applicazione del diritto in quanto tale"


Si sta per chiudere il 2017, un anno per nulla brillante per Vittoria. Passerà alla storia come l'anno delle tante operazioni antimafia (setto o otto, ho perso il conto) con arresti eclatanti seguiti dopo poco tempo da rapide scarcerazioni. Mi sono chiesto che senso ha arrestare delle persone, sbatterle in prima pagina e poi dopo pochi giorni liberarle nel silenzio più totale? Per chi subisce immotivatamente questo trattamento è una gogna mediatica tanto assurda quanto atroce. Viceversa, per chi riveste un ruolo nel panorama economico - criminale e mafioso di questa terra è un punto di forza, è una sorta di promozione sul campo. Le scarcerazioni di certi personaggi, soprattutto dopo pochi giorni dai blitz,  ne rafforzano l’impunità e la leadership. Loro lo sanno e naturalmente non perdono tempo si fanno vedere subito in giro, belli, sereni, eleganti, baldanzosi, tranquilli, come se non fosse successo nulla ... “Tuttoapposto mo' fra' …nun hanu nenti né manu ... tutte minchiate!! ”.
Io non ho mai creduto che l'omertà, la paura, la reticenza a denunciare, ...  fossero le caratteristiche genetiche delle persone del Sud. Questi comportamenti sono figli della tanto tragica quanto scarsa credibilità di alcune istituzioni di questo Paese. La gente vorrebbe parlare, vorrebbe denunciare un torto subito, ma quando vede che dopo pochi giorni, in alcuni casi dopo poche ore, l'accusato è di nuovo libero e intrepido sul suo suv o sulla sua lussuosa berlina si chiude nel silenzio, riconoscendone così l'autorità. 
Lo aveva capito Sciascia quando scriveva: “l’unico modo per sconfiggere la mafia e l’humus che la tiene in vita - ovvero la cultura mafiosa dell’anti-stato - è l’applicazione del diritto in quanto tale”. Ecco, “l'applicazione del diritto in quanto tale”. Facile da dire ma sempre più difficile da applicare. 
Fortunatamente le accuse rimangono in piedi, i processi verranno celebrati e produrranno delle condanne, non è un piccola consolazione, ma la paura rimane tutta.

Concludo questo ultimo post del 2017 sempre con le parole di Sciascia - secondo me uno dei pochi  intellettuali visionari, secondo solo a Pasolini -  il quale 40 anni fa aveva capito dove stava andando a parare la lotta alla criminalità economica:             
“... ormai si parla della mafia come di un fatto fisiologico; ritengo invece che sie necessario guardarlo come un fatto patologico e lei che è ministro dell’interno (si rivolgeva a Virgilio Rognoni) deve guardarlo da medico internista”.

Buon 2018!

mercoledì 13 dicembre 2017

Chi aiuta l'economia criminale?


La mafia è una montagna di merda. Era il titolo di un editoriale scritto da Peppino Impastato nel giornalino che ciclostilava a Cinisi, “L'idea Socialista”. Un titolo che negli anni è diventato un ottimo slogan, buono da urlare nelle manifestazioni antimafia o da postare sui social, ma come sempre è complicato da attuare. Eppure dagli escrementi si sta lontani: puzzano, sporcano, infettano, appestano. Stare lontano dalla merda, evitarla è una normale ed evidente conseguenza. Ma quanti si tengono a dovuta distanza da quella montagna di merda che è la mafia? Poche ore fa l'ennesima operazione antimafia della Dda di Catania, la settima o l'ottava (ho perso il conto) di quest'anno. Emerge sempre con forza quello che io, in questo mio piccolo e umile spazio, ma soprattutto altri - molto più titolati di me come Paolo Borrometi, Giovanni Tizian, Federica Angeli - in spazi molti più significativi di questo blog, scrivono da tempo: La mafia si è fatta impresa, è diventata economia, crea opportunità, posti di lavoro, in alcuni casi riesce pure a mimetizzarsi nella così detta “società civile”.
Se guardo i modelli societari e imprenditoriali delle attività sequestrate dalla magistratura, in ogni operazione,  all'economia criminale di questa terra, si capisce dalle loro forme economiche e sociali come queste imprese siano il risultato di suggerimenti tecnici e professionali di un certo livello. Quei modelli d’impresa sono il frutto di menti che conoscono l'andamento dell'economia di un territorio.

C'è un'area grigia fatta da professionisti, che nel totale silenzio gestisce l'economia criminale? Un'area che fa finta di indignarsi, che prova fastidio, che promuove codici etici e mal sopporta le azioni criminali, ma poi, nella quiete e al riparo di uno studio ben arredato, magari con la foto di Falcone e Borsellino messa in bella evidenza, si mette al servizio di certe imprese per pura convenienza economica? Se è così, quest’area di professioni è la forza orogenetica che genera e fa crescere quella montagna di merda che è la mafia.  Se è così sanno benissimo quali sono le loro responsabilità e per darsi una purificata infilano ciclicamente le mani nell'acquasantiera. Trovano sempre un prete che li giustifica e li assolve. Se è così, non sono solo gli arresti a condizionare e infangare un territorio. No! C'è anche quest'area opaca, fatta di cordialità, garbo e gentilezza; tutte qualità che servono a nascondere un professionismo rapace e complice. Questa massa melmosa prova a dissolversi per la vergogna di fronte agli arresti dei propri “clienti”, ma malgrado tenti di diradarsi è facilmente individuabile perché porta addosso il lezzo della  merda.

martedì 5 dicembre 2017

Rifiuti: pensare seriamente alla raccolta in house.


Intorno al business dei rifiuti si è ormai creato un sistema affaristico mafioso di prim'ordine. L'ultima inchiesta della Dda di Catania che martedì 28 novembre ha prodotto sedici arresti, ha messo in luce una sorta di mafia 4.0. Manager, tecnici, al soldo dei clan e tante compiacenze politiche  gestivano la raccolta dei rifiuti nel Sud Est siciliano e non accettavano concorrenti. L'impresa criminale, all'incertezza del mercato, preferisce la certezza del monopolio e per arrivare a questa prerogativa non utilizza più la violenza ma punta tutto sulla corruzione. Il monopolio va costruito in modo certosino, con omertà e senza creare clamori. Quest'ennesima inchiesta ci racconta con estrema chiarezza come le attività che operano nel modo dei rifiuti portano un marchio indelebile, non si può fare di tutta l'erba un fascio, ma è un comparto, comunque, particolare. La quantità di denaro, soprattutto pubblico, che gira nel settore è tanta e tale da creare un appetito impressionante e continuo.
Per capire cosa genera questo desiderio ho guardato un bando di raccolta differenziata pubblicato tempo fa da un comune di medie dimensioni, come Vittoria. Il valore dell'appalto posto a base d'asta, per raccoglie i rifiuti differenziati e qualche servizio opzionale (bonifica aree, pulizia, arenili, spazzamento …), ammonta a oltre 75 milioni di euro per un periodo di sette anni. Ho anche notato che le percentuali di ribasso in questo tipo di gare non sono molte elevate. Nella peggiore delle ipotesi un servizio di questo tipo verrebbe aggiudicato per poco meno di 70 milioni di euro. Spalmati in sette anni sono dieci milioni l'anno. Ho fatto un conto molto semplice:  ho ipotizzato un costo per ogni dipendente di 5 mila euro mensili, per 70 dipendenti, per 12 mesi, in un anno mi da 4 milioni e 200 mila euro di costo. Ho aggiunto 2 miloni di spese varie (mezzi, attrezzature, manutenzione, carburante ecc..). Ho considerato 300 mila euro di imposte da versare allo Stato. Infine ho valutato 1,5 milioni di euro l'anno per conferire l'indifferenziato in discarica (in una città media come Vittoria si producono circa 2000 tonnellate al mese di RSU, il 50% è differenziato,  il costo di conferimento è di circa 120 euro per tonnellata il tutto per 12 mesi). Sommando i costi annui, se non dimentico nulla, si arriva a 8 milioni di euro di spese.  Quindi, all'impresa aggiudicataria del servizio, rimangono, euro più euro meno, 2 milioni annui. Un guadagno di tutto rispetto. Va  pure detto che alla ditta che effettua la raccolta dei rifiuti differenziati, pare spetti pure una quota di ciò che viene riconosciuto ai comuni da parte dei vari consorzi (CONAI, COREPLA ecc..) Ora, se i conti sono questi, penso proprio che  affidare un servizio che produce un certo  reddito a ditte che spesso (ma non tutte) sono in odore di mafie è illogico e assurdo. Mi pare una inconsapevole complicità. Mi chiedo: perché non svolgere allora il servizio in house, in modo serio, evitando le assunzioni clientelari e gli incarichi agli amici di cordata? Perché non rimettere in sesto gli uffici ecologia per monitorare al meglio il servizio? Faccio notare che l'affidamento  in house ha natura ordinaria e non eccezionale. Lo stabilisce la sentenza del Consiglio di Stato n.3554 del 18/07/2017. Una commento alla sentenza chiarisce  che Nel caso di affidamento in house o di gestione mediante azienda speciale, il provvedimento di scelta dà specificamente conto delle ragioni del mancato ricorso al mercato e, in particolare, del fatto che tale scelta non sia comparativamente più svantaggiosa per i cittadini, anche in relazione ai costi standard di cui al comma 2 dell’articolo 15, nonché dei benefici per la collettività della forma di gestione prescelta, anche con riferimento agli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche.”

Lo dicono le inchieste: i rifiuti sono una grande risorsa per le mafie.  Gestirli, oltre a garantire un certo profitto, permette un maggiore controllo del territorio che è la cosa che interessa di più all'economia criminale. Non deve essere consentito. Su questi temi  serve un balzo in avanti. Serve maggiore consapevolezza politica. Serve coraggio. Lo stesso coraggio di cui parlava Paolo Borsellino: 
È normale che esista la paura, in ogni uomo, l’importante è che sia accompagnata dal coraggio. Non bisogna lasciarsi sopraffare dalla paura, altrimenti diventa un ostacolo che impedisce di andare avanti.”

Per scrivere questo post ho consultato: