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sabato 14 agosto 2021

I rifiuti sono una risorsa. Ma per chi?



Sono, per formazione culturale e politica, un ambientalista. Ultimamente però mi sono reso conto come molti argomenti ecologisti possano creare più danni di quanti ne risolvano. Negli anni, in tanti, ci siamo convintamente innamorati di certe posizioni, idee, impegni che secondo analisi o considerazioni - sulla carta convincenti - dovevano avere ricadute positive sull'ambiente, nei fatti, abbiamo visto e stiamo vedendo,  rischiano di essere controproducenti. Addirittura  causano più degrado e inquinamento di quanto se ne voleva e se ne vuole evitare. E' il caso, ad esempio,  del nostro modello di raccolta differenziata.  Nel corso del 2017  in molti comuni della provincia,  tra cui anche Vittoria,  partì la raccolta differenziata dei rifiuti solidi urbani. Gli effetti del nuovo sistema furono subito evidenti. In pochissimi mesi solo Vittoria passò da 2 al 54% di rifiuto differenziato. Il successo del dato fu giustamente evidenziato agli "Stati generali della Green Economy", manifestazione nazionale che si tiene ogni anno a Rimini.  Ma va sottolineato come le condizioni igieniche della Città in poco tempo peggiorarono.  Dal 2017 ad oggi, lungo questo arco di tempo, i social ci hanno raccontato, con  foto e video, che la situazione ambientale è via via  degradata verso un'evidente emergenza sanitaria. Nelle periferie estreme e nelle compagne circostanti di Vittoria (ma anche di altri comuni) si accumulavano sacchetti di "monnezza" abbandonati da alcuni "cittadini senza coscienza" (definizione assolutoria utilizzata soprattutto da chi non ha saputo ben governare il sistema di raccolta). Spesso questi cumuli diventavano e diventano, la base delle fumarole che ammorbano da anni l'aria della nostra plaga. Insomma, il territorio è stato via via devastato da un'invasione di sacchetti multicolarati di rifiuti che lo hanno fatto precipitare in una crisi ambientale e igienica di cui non si riesce ad uscire. Quella che sulla carta sembrava una corretta e avanzata gestione dei rifiuti, per una serie di anomalie e disservizi  (e poi anche per l'inciviltà di alcuni cittadini), ha finito per  peggiorare le condizioni ambientali.

Dopo questa breve considerazione vorrei porre alla vostra attenzione alcune domande: 

  • Da quando c'è  questo modello di differenziata  quanto incassa il comune (qualsiasi comune) dai consorzi obbligatori a cui viene conferito il rifiuto differenziato?
  • Questo incasso ha permesso la riduzione della TARI? 
  • Se in tutti i comuni si differenzia: perché le discariche in provincia, e più complessivamente in Sicilia,  sono in via di esaurimento?  E perché si avviano  procedure per aprire nuove vasche? 
La risposta, secondo me, è una sola:                                                                                                           QUESTO MODELLO DI RACCOLTA DIFFERENZIATA PRODUCE DISTORSIONI, NON E' NE' CONVENIENTE  NE' SOSTENIBILE ECONOMICAMENTE, NON E' CAPACE DI CHIUDERE IL CICLO DEI RIFIUTI.  NON HA ASSOLUTAMENTE MESSO IN DISCUSSIONE IL RUOLO DELLE DISCARICHE E DI TUTTO LO SCHIFO CHE GIRA INTORNO ALLE STESSE.

SI PUO' DIRE CHE QUESTO MODELLO  VA MODIFICATO PROFONDAMENTE?

Serve obbligatoriamente un nuovo tipo di raccolta differenziata che faccia diventare il rifiuto realmente materia prima e che sappia bloccare ed eliminare l'emergenza ambientale/sanitaria in cui il territorio tutto è precipitato (Ragusa, Modica, Comiso ... non vivono una  situazione migliore della nostra). Bisogna cominciare a pensare - facendo tutte le valutazioni possibili - alla realizzazione di un impianto inter-territoriale di biodigestione. Una struttura in cui vengono trattati, attraverso un processo di compostaggio che avviene in mancanza di ossigeno, la massa di rifiuti organici domestici e gli scarti agricoli.  Da questo procedimento si produce biogas (metano) che può essere utilizzato per qualsiasi tipo di attività. Altra struttura da valutare e prendere in seria considerazione è un centro per la depolimerizzazione delle plastiche sia quelle domestiche che quelle derivanti dall'agricoltura. Da questo processo si ottiene disel e oli combustibili.   Sia per il primo che per il secondo procedimento vi sono studi e imprese di una certa valenza con professionalità in grado di gestire e realizzare le strutture in totale sicurezza. I soldi che i comuni otterrebbero dalla vendita o dalle royalties delle prodotti derivanti dalla trasformazione dei rifiuti potrebbero servire, ad esempio,  a ridurre finalmente  la TARI. Va considerato che questi impianti possono essere realizzati in uno o più  stabilimenti abbandonati presenti nel territorio. Gli stessi posso essere adeguati e riconvertiti per questo tipo di processi. Da questa proposta si deduce anche che per il vetro, la carta e il cartone si può  continuare a differenziare come si è fatto fin'ora, Invece la frazione umida, buona parte dell'indifferenziata, le plastiche e gli scarti agricoli andrebbero raccolti e poi conferiti a questi impianti e non farli finire nelle discariche (https://www.blogsicilia.it/siracusa/discarica-lentini-rifiuti-mafia-ampliamento-leonardi/580271/)

Se vogliamo provare a bloccare l'emergenza ambientale, che è l'humus dove prosperano le mafie (voglio ricordare l'operazione della DDA di Catania "plastic free"), abbiamo l'obbligo di valutare e pensare a forme nuove di gestione dei rifiuti. Il sistema attuale ha generato una serie di problemi che si sono via via incancreniti. Lo dico con tutto il rispetto possibile: quest'emergenza non può essere contrastata solo sui social con foto e filmati che segnalano  mega discariche abusive, dune di plastica o indicando le fumarole che giornalmente ammorbano l'aria del nostra terra  e appestano il suolo di diossine. Il lavoro di denuncia e di sensibilizzazione fatto da Riccardo Zingaro e dalle associazioni ambientaliste è encomiabile; vanno ringraziati  per la passione e il rischio che mettono in campo. Ma  accanto a questo servono proposte e misure che facciano diventare il rifiuto ciò che è realmente: una risorsa e non un problema. La gestione dei rifiuti è uno dei temi, insieme a quello dell'acqua, su cui  sindaci e classe politica regionale hanno cazzeggiato.  I risultati delle loro chiacchiere inconsistenti sono evidenti.  Qui c'è  l'obbligo di mettersi realmente a lavoro prima che le mafie si impadroniscano definitivamente dell'emergenza rifiuti. 




venerdì 6 agosto 2021

Estate 1985: Vittoria sfregiata dalle mafie. La città reagisce, ma rimane isolata.


Foto di Giuseppe Leone tratta da Google Immagini 

Sono a riposo forzato. E' dal 29 luglio che sono in quarantena cautelativa. Gli amici mi chiamano per non farmi sentire solo e tra le tante chiamate c'è stata quella di Gianfranco Motta. Gianfranco prima ancora di essere un storico dirigente sindacale e un compagno, un amico, una persona con cui spesso  discuto anche (soprattutto) animatamente, quasi al limite del litigio. Tra una parola e l'altra mi ha raccontato di aver trovato documenti della CNA risalenti al 1985, dove si parla dell'impegno contro la criminalità organizzata di questa terra  (gentilmente me ne ha inviato una copia che di seguito allego). Motta non è ragusano, è un catanese doc. Arrivò in provincia di Ragusa verso la fine degli anni 70 inviato dal PCI a dirigere prima il partito a Scicli e poi la CNA. Da subito capì che questa provincia non era per nulla "babba", anzi  comprese come l'apparente tranquillità iblea era solo una maschera che nascondeva, e continua a nasconde, interessi e intrecci imbarazzanti.  Dirigendo la CNA si rese conto come questi intrecci puntavano a penalizzare le tante economie sane, cioè la miriade di piccole attività agricole, artigianali e commerciali che erano, e sono, la struttura portante del sistema Ragusa. Nei primi anni '8o il racket imposto dalle mafie emergenti cominciava ad asfissiare le attività legali dell'area iblea e con esso era cresciuto il controllo e lo spaccio della droga. Secondo una relazione della Prefettura, il consumo di stupefacenti aveva raggiunto, in molti comuni della provincia, livelli allarmati.  Le nuove mafie, in poco tempo, tra la raccolta capillare del  pizzo e gli incassi dello spaccio di droga avevano raggiunto un livello economico di primo piano, C'era  l'esigenza  di riciclare questa enorme massa di denaro e l'unico modo era puntare al controllo, con le buone o con le cattive,  delle economie legali.  Il gruppo dirigente della CNA capì e si oppose con forza a questo "progetto criminale ed economico". L'incidenza maggiore delle attività mafiose si concentrò soprattutto a Vittoria, dove operava un'imprenditoria molto dinamica che venne obbligata, in modo violento e asfissiante, a subire il pizzo ma anche a digerire il denaro prodotto illegalmente dai clan. Ad opporsi a questo "progetto" fu la determinazione dei diversi dirigenti artigiani (su tutti Filippo Bonetta, la cui attività subì un attentato dinamitardo), i quali provarono a denunciare e sviluppare forme di contrasto verso una  criminalità nuova e aggressiva. L'estate del 1985 fu particolarmente "calda". Tutto iniziò  il 7 luglio. Al congresso provinciale della CNA, l'assemblea approvava  un documento dove si chiedeva l'intervento straordinario della Commissione Nazionale Antimafia in provincia di Ragusa. La richiesta di mettere sotto la lente di ingrandimento il territorio provinciale, e quello di Vittoria in particolare, fece scattare le intimidazioni. Dopo pochi giorni i mezzi, i cantieri, le sedi dei consorzi edili e del consorzio dei produttori di imballaggi per l'ortofrutta legati alla CNA (CAEV E CIV) furono interessati da attentanti. Insieme a questi atti vi fu una recrudescenza delle rapine ai tir che trasportavano ortofrutta (molti autotrasportatori erano associati alla FITA/CNA). L'organizzazione non rimase isolata, La Lega delle Cooperative, il sindacato, il Comune di Vittoria, il Consiglio Provinciale, la deputazione della provincia, e la Prefettura, attraverso il Comitato per l'ordine pubblico, si mobilitarono e si schierarono accanto agli operatori economici sostenendo la loro battaglia per un vero "progetto di qualificazione dello sviluppo".  Ciò che venne meno fu l'attenzione e l'intervento delle istituzioni superiori. Il Ministero dell'Interno sottovalutò le preoccupazioni che arrivavano dal Comitato per l'ordine e la sicurezza, dal Consiglio Provinciale e dal Comune di Vittoria. La stessa CNA, in un documento, aveva denunciato con forza come "le attività mafiose stanno allargando i loro obbiettivi e attaccano nuovi settori della vita economica e civile". Dopo quell'estate la forza criminale ed economica di quei gruppi mafiosi, senza un contrasto preciso e determinato, divenne così dirompente da deprimere, umiliare, persino uccidere, ogni forma di resistenza. A conferma di ciò pochi anni dopo il settimanale L'Espresso, nel maggio del 1989, pubblicava una mappa delle organizzazioni mafiose e poneva il clan Carbonaro Dominante fra le strutture criminali più organizzate del paese. Una "disattenzione" imperdonabile che farà  precipitare lentamente Vittoria nel fango.

Dopo quasi 40 anni - esattamente 36 dal 1985 - le mafie di questa terra, malgrado siano state smembrate dalle tante operazioni di polizia e dai "pentimenti" dei suoi esponenti maggiori, non hanno perso, per nulla, la loro forza aggregativa e propulsiva. Anzi, si sono evolute. Nel tempo si sono liberate dalle vecchie logiche e hanno modificato il loro modo di operare cambiando forma e struttura. Non intimidiscono più con la violenza ma si sono imposte con la loro forza economica, capace di isolare le poche resistenze rimaste e di produrre consenso sociale e politico. La storia recente ne è la conferma.   Parafrasando Lavoisier, qui  nulla si è distrutto, ma tutto si è trasformato ... grazie al denaro, ai picciuli, a pila.

https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1992/01/29/tir-scortati-tra-catania-ragusa.html