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domenica 10 novembre 2024

Vittoria città incompresa.


E' da dieci anni che esiste questo mio piccolo spazio telematico. Una sorta di taccuino dove ho appuntato e raccontato il mio territorio, i suoi vizi, le sue anomalie, le sue "perversioni". In tanti, in questo arco di tempo, mi hanno detto che ho scritto solo dei problemi di questa terra e poco dei sui pregi, ma io ho sempre pensato che se uno ama la sua terra deve raccontare tutto, anche quello che non va. Solo raccontando le cose che non funzionano in un territorio, in un luogo, si dimostra di volergli veramente bene. E comunque, scrivere di Vittoria è stata ed è questione difficile "ppi nu vitturisi” (per un vittoriese). Su Vittoria, in molti anni, è stato detto tutto e il contrario di tutto.  Scendere nei soliti, spudorati, luoghi comuni è stata ed è la cosa più facile che si verifica parlando di questa città. Io mi considero un suo figlio fortunato, privilegiato, e ho quindi un certo pudore nel salire in cattedra a spiegare come e perché Vittoria è continuamente ferita, infangata, mortificata. Questa cosa la lascio fare ai cosiddetti "vittoriesi bene" che sono sempre pronti a spiegarci tutto (senza far capire nulla), e sono bravi a marchiare come cattivo, volgare, tamarro, viddanu, l’attegiamento dei "vitturisi". Io delle ferite di questa città non ne faccio una bandiera che serve ad autopromuovermi né mi nascondo dietro la bellezza di ciò che resta del suo liberty, o della forza economica della serre o della sapidità dei suoi vini per dare agli altri l'immagine che più gradiscono di Vittoria. Penso invece che questa città prima di essere giudicata (sempre male) va conosciuta (realmente). Per comprenderla e amarla devi attraversare i vicoli del suo centro storico o frequentare i quartieri periferici in cui si fondono e si contaminano le vari classi sociali: l'immigrato, il commerciante, l'artigiano, il disoccupato, l'impiegato, e capisci invece che Vittoria è un luogo senza confini, un'area aperta che ha sete di riscatto, di giustizia, ma è oppressa e impaurita da una criminalità violenta, becera e stracciona che si impone su tutti. La città mai come ora sente l'esigenza di  uscire da questa condizione, ma ha bisogno di essere aiutata. Penso che costruire una connessione costante tra associazioni, imprese, sindacato, parrocchie e istituzioni sia l'indicazione più giusta. E' li che bisogna lavorare, attraversando la città lungo quella linea sottile fatta di devianze e disagio, di crimine e legalità (parola abusata), per costruire alternative e dimostrare che invece di imporsi con l'arroganza o peggio con la violenza ci si può emancipare con iniziative che si prendono cura della città e del suo territorio, rendendolo attraente.  Non penso che manchi la volontà per fare ciò; serve, forse, alimentare la disponibilità a fare ciò. Bisogna trovarla, va fatto, per togliere quell'alone di "irredimibilità" che aleggia da tempo e rischia di svuotare Vittoria rendendola sempre meno interessante e sempre più plebea.


domenica 1 settembre 2024

Crisi Idrica: la siccità avanza, la desertificazione procede, le soluzioni...


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Molto caldo, poca pioggia, il clima cambia...e la siccità avanza. E' la sintesi di cosa è stata questa estate e più in generale quest'anno, soprattutto nella nostra provincia. Tutto questo non si è manifestato ora. E' da oltre venti anni che questa terra vive uno stato di "arsura". Se poi si va a vedere il sito del SIAS (Servizio Informativo Agrometereologico Siciliano) (http://www.sias.regione.sicilia.it/frameset_news_96.htm) e si guardano i vari diagrammi pubblicati si capisce chiaramente cosa è accaduto e cosa sta accadendo in Sicilia. Accanto ai dati regionali vi è poi la specificità del nostro territorio. La provincia di Ragusa negli ultimi anni presenta una piovosità media annua che supera di poco i 500 mm, il dato è inferiore del 20% rispetto alla media regionale. Le aree caratterizzate da basse precipitazioni sono tutte ubicate nella zona costiera tra Scicli, Santa Croce Camerina e Acate con un valore medio annuo di 436 mm. Tanto per  farci un'idea: nelle zone desertiche cadono in media 200/250 mm di pioggia l'anno. Alla scarsa piovosità si è aggiunto un lento ma continuo aumento delle temperature medie. Il sito https://www.meteoblue.com/it/climate-change/ragusa_italia_2523650 ha analizzato le temperature medie degli ultimi 44 anni (1979-2023), in quest'arco di tempo si è determinato un aumento delle temperature medie di circa 2°. Queste condizioni sono la causa dell'avvio alla desertificazione del nostro territorio. Infatti, osservando la Carta della vulnerabilità alla desertificazione redatta dalla Regione Siciliana si può notare come circa il 50% dell'area iblea presenta un rischio desertificazione molto alto.  Lungo la fascia costiera il rischio è elevato. 

Tutto ciò sta seriamente compromettendo la condizione dei nostri fiumi e dei nostri invasi. Pochi giorni fa Alessia Gambuzza, responsabile di Legambiente agricoltura Sicilia, su ragusaoggi.it dichiarava:Ad aprile il livello dell’acqua nella diga di Santa Rosalia, che rifornisce campagne e città, si collocava sette metri sotto lo sfioro, un dato assolutamente eccezionale. Oggi l’Irminio, principale corso d’acqua del Sud Est e che alimenta la diga, in alcuni tratti del suo corso appare privo del deflusso minimo vitale”. Anche le condizioni dell'Ippari sono preoccupanti, addirittura alcuni tratti sono secchi da tempo. Infine, per non farci mancare nulla,  la nostra rete idrica è un colabrodo. Da uno studio della CGIA di Mestre si apprende che in provincia di Ragusa si disperde  il 46,5 % di "oro blu".
Riepilogando: Dighe quasi prosciugate, bacini fluviali in difficoltà, riserve d'acqua scarse, reti idriche colabrodo e dati  meteo che ci indicano la lenta ma inesorabile  desertificazione del territorio. Tutto questo sta avvenendo in una zona densamente popolata la cuij hu economia è legata all'agricoltura e  alla zootecnia. Un dato su tutti: l'attuale crisi idrica ha ridotto del 50% la nostra produzione olivicola. Queste difficoltà dovrebbero creare l'insonnia alla nostra classe dirigente. Invece? Invece dorme sonni tranquilli, si sente rassicurata da una grande scoperta:  la recente individuazione, da parte dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, di un ampio corpo idrico sotto i Monti Iblei https://www.nature.com/articles/s43247-023-01077-w. Si è aperta subito la caccia a come emungere, sfruttare, questa enorme massa d'acqua senza capire che caratteristiche ha quest'acqua e senza valutare i costi di questa sottrazione. 
Ho  chiesto al dott. Mario Mattia,  ricercatore dell'INGV, di spiegare in modo semplice il senso della ricerca e le eventuali difficoltà  sul probabile sfruttamento di questo importante corpo idrico. Di seguito allego la sua nota.
"Il recente articolo intitolato "Extensive freshened groundwater resources emplaced during the Messinian sea-level drawdown in southern Sicily, Italy," scritto da un gruppo di ricercatori dell’INGV, dell’Università Roma Tre e dell’Università di Malta e pubblicato sulla rivista ‘Communications Earth & Environment’ ha “agitato le acque” (è il caso di dirlo) dell’opinione pubblica e della politica siciliana in questa estate all’insegna della crisi idrica che sta martellando quasi tutta l’isola. In estrema sintesi, i ricercatori affermano che nelle profondità dell’Altopiano Ibleo esiste un cospicuo “reservoir” (serbatoio) profondo di acqua, frutto della dinamica geologica recente (tra 5 e 7 milioni di anni fa) e mai sfruttato. I dati utilizzati per definire le dimensioni e la distribuzione tridimensionale di questo serbatoio provengono da diverse campagne di prospezione (pozzi) trivellati negli ultimi 50 anni da compagnie interessate a giacimenti di petrolio e gas sia in territorio siciliano che nei mari prospicienti l’isola. Al di là dei dettagli tecnici e del modello interpretativo sull’origine di questa grande massa d’acqua che appaiono ancora piuttosto speculativi, il dibattito si è subito aperto sulla possibilità di utilizzare quest’acqua per risolvere l’eterno problema della carenza idrica siciliana. A questa ipotesi è possibile opporre alcune considerazioni: 
1 il serbatoio, nella sua parte più alta, è profondo circa 700 metri (Licodia) e dunque le tecniche di perforazione necessarie per raggiungerlo appartengono più al campo petrolifero che a quello tradizionale dei pozzi idrici; 
2 i costi per il sollevamento dell’acqua (energia per i motori) sarebbero notevoli; 
3 non abbiamo certezze sulla salinità di queste acque. Ove si trattasse di acqua non potabile, sarebbe necessario mischiarla con acqua dolce, riproponendo il tema della scarsità della risorsa; 
4 è un serbatoio che non ha rialimentazione, quindi destinato ad esaurirsi. 
Un approccio razionale e non emotivo al problema, dunque, impone una seria riflessione sull’enorme investimento che una campagna di perforazione ed estrazione comporterebbe, senza considerare il fatto che se uno dei motivi principali della carenza d’acqua in Sicilia è lo stato delle condotte, questo investimento risolverebbe poco o niente. L’idea che, da ricercatori, ci siamo fatti è che si cerchi, ancora una volta, una soluzione “miracolistica” ad un problema che ha invece soluzioni possibili senza voli pindarici e rischiosi. Riuscirà il populismo imperante a non abbracciare questa ricerca (di per sé meritevole e ben fatta) ed a farne una bandiera politica da sventolare in occasione di elezioni e relative interviste e dibattiti sui giornali e nelle TV? Vedremo."
Parole chiare che dovrebbero far riflettere e che danno anche un'indicazione importante: riqualificare lo stato delle nostre condotte idriche per evitare di continuare a disperdere acqua. I soldi, tra Fondo di sviluppo e Coesione 2021-2027 e PNRR, ci sono e sono pure tanti ma le perdite continuano. Perchè?
Le politiche sull’acqua che si sono imposte negli ultimi anni sono influenzate dalle società multinazionali e rispondono a logiche di mercificazione e di privatizzazione. La Sicilia non è esente da questa logica neoliberale tant'è che nel 2004 è nata Siciliacque spa una società mista partecipata al 75% da Idrosicilia, controllata da Italgas spa, e al 25% dalla Regione Siciliana.  Dal 2004 ad oggi Siciliacque ha investito oltre 250 milioni di euro sull'infrastruttura idrica regionale, gran parte dell’impegno totale previsto dalla concessione stipulata con la Regione Siciliana, ma i risultati, viste le attuali condizioni,  non sono brillanti.  Personalmente penso che il problema stia tutto in un concetto: l’acqua non viene più considerata un bene pubblico ma una merce nelle mani di pochi grandi gruppi industriali che agiscono perseguendo la massimizzazione dei profitti utilizzando fondi pubblici. Questa logica si è imposta fino ad annichilire una condizione che era certa e indiscutibile, cioè che l’accesso all’acqua è un diritto che dev’essere garantito a tutti, in base a una considerazione che dovrebbe essere ovvia ma non lo è più. L’acqua non è un bene economico qualsiasi ma una fonte di vita e la vita dev’essere assicurata a tutti, fa parte di quei diritti inalienabili e immercificabili che ognuno acquisisce nascendo. 

La mercificazione dell'acqua sta avvenendo mentre la risorsa è sempre più scarsa. Questo ha riaperto vecchi canali che sembravano oramai fuori uso. Le economie mafiose hanno fiutato l'affare, le somme in ballo sono tante e l’acqua è da sempre uno dei settori su cui i gruppi mafiosi hanno, in ogni tempo, esercitato il loro dominio. Come scrive Umberto Santino: "...i gruppi criminali agiscono all’interno di un sistema di relazioni, hanno rapporti con il contesto sociale, con l’economia, la politica e le istituzioni, le attività delittuose sono intrecciate con attività legali e perseguono fini di arricchimento e di potere".  E' ovvio per tanto che le mafie, forti delle loro relazioni e approfittando dell'opportunità dalla crisi idrica hanno rivolto particolare attenzione  all’acqua.  E' chiaro che bisogna opporsi a questa logica, bisogna riprendere una battaglia che fu del movimento contadino, ovviamente con nuove articolazioni, promuovendo da un lato politiche di autogoverno dell'acqua nel territorio e dall'altro impegnare parlamenti, associazioni di categoria,   intellettuali,   media e i sindacati contro la mercificazione di un bene che non a caso è chiamano "oro blu". 






domenica 28 luglio 2024

Imballaggi


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Dopo un'operazione di polizia sull'infiltrazione delle mafie in alcuni settori economici del nostro territorio, si scatena il solito vespaio di polemiche che dura in media tre giorni. Nascono articoli, post sui social che descrivono la pericolosità criminale degli arrestati, ma in questi commenti non si analizzano mai i danni economici creati da queste attività e non si cercano mai le complicità.  Le ultime operazioni in ordine di tempo riguardano il settore degli imballaggi  - operazione "Fenice" - del 12 giugno scorso, l'altra è avvenuta il 12 luglio, nel siracusano, e afferiva al settore dei trasporti. 

La produzione di ortofrutta rappresenta il segmento economico più importante del Sud Est siciliano, ma lo sviluppo di questo settore è da sempre collegato all'apporto e alla crescita dell’indotto, cioè a quella "catena di fornitura e servizi”, che ha consentito e consente di mettere in connessione la produzione con il consumo. Per essere più chiaro: senza imballaggi e logistica i nostri prodotti ortofrutticoli non arriverebbero mai sulle tavole dei consumatori. Un pezzo di questi due settori, così strategici, sono finiti da tempo sotto il controllo diretto di sodalizi mafiosi caratterizzati da strategie imprenditoriali aggressive. Il problema che da sempre hanno le mafie non è però aumentare gli introiti delle imprese che controllano, ma ripulire il denaro che arriva dalle loro attività illegali in modo da regolarizzarlo. Uno studio dell'Ufficio Informazioni Finanziarie della Banca d'Italia, dal titolo significativo: “Il profilo finanziario delle imprese infiltrate dalla criminalità organizzata in Italia”, ha analizzato come il flusso costante di denaro che arriva dalle attività criminali (gestione spaccio di droga e gestione dei rifiuti), viene immesso nelle imprese che le stesse mafie controllano (vedi link 1). Lo studio ha pure individuato la distribuzione provinciale delle imprese infiltrate, Ragusa ovviamente c'è! (si veda la figura estrapolata dallo studio).



La legalizzazione di questo denaro permette alle imprese mafiose di essere molto più competitive dei loro concorrenti. Per esempio, un'attività di produzione imballaggi, avendo una maggiore capacità finanziaria si può permettere il lusso di offrire i propri prodotti a prezzi più bassi, diventando così concorrenziale da, eventualmente, monopolizzare il mercato. Invece, le altre imprese, quelle che provano a rispettare le regole, vivono difficoltà non indifferenti. Le attività del settore che subiscono maggiori avversità sono quelle confiscate ai sodalizi mafiosi e poi poste in amministrazione giudiziaria. Attualmente sono tre le aziende del territorio, che producono e commercializzano imballaggi, gestite da un amministratore giudiziario. Ho incontrato l'amministratore di queste attività, il dott. Salvatore Formica, il quale mi ha subito rimarcato come il sistema bancario non ritenga più affidabile le aziende da lui amministrate. Ho voluto approfondire questo aspetto assurdo e alcuni chiarimenti mi sono arrivati leggendo la pubblicazione dalla Banca d'Italia dal titolo: Aziende sequestrate alla criminalità organizzata: le relazioni con il sistema bancario (vedi link 2). A pag 21, nel paragrafo 4 - Conclusioni e proposte - c'è scritto: "...Con il provvedimento giudiziario l’azienda viene sottoposta ad un vero e proprio trauma; al venire meno del “vantaggio competitivo” derivante dall’utilizzazione in molti casi di strumenti propri dell’intimidazione mafiosa o dal riciclaggio di flussi di denaro di provenienza delittuosa, si affianca la necessità di affrontare una serie di problematiche, non ultima l’emersione del costo della legalità e della trasparenza...". 
Per la banca centrale della Repubblica italiana il trauma economico si ha quando l'azienda finisce sotto il controllo dello Stato!? La trasparenza e la legalità non sono un valore, ma un costo!? Quando l'attività era controllata dell'imprenditoria mafiosa, per la Banca d'Italia (e quindi per il sistema bancario tutto), era capace, credibile e solvibile!? Dubbi che personalmente alimentano un certo sconcerto. 
Di fronte a questo tipo di posizioni bisogna porsi una domanda: chi certificava la credibilità bancaria di un'attività controllata dalle mafie? La risposta è ovvia, ma fa nascere altri interrogativi. Infatti, una qualsiasi azienda che si presenta in banca per aprire un conto,  o avere un po' di scopertura, oppure un fido, non lo fa esibendo il curriculum del suo titolare o il casellario giudiziale dei suoi soci. No! Lo fa presentando i bilanci degli ultimi anni che ha fatto fare al suo commercialista.  E' forse tra le pieghe di questi documenti contabili che vengono  eventualmente occultate le anomalie finanziarie che danno quel “vanataggio competitivo che deriva da flussi di denaro di provenienza delittuosa”? E' nel momento in cui la stessa azienda finisce in amministrazione giudiziaria che per la banca si materializzano quei turbamenti capaci di generare quel “trauma” che rende subito inaffidabile un'impresa gestita dallo Stato? Ma le "stranezze" non finiscono mica qui. Le aziende poste in amministrazione giudiziaria diventano poco credibili anche per i fornitori, i quali anche loro, forse, non si sentono garantiti dallo Stato. Inoltre, come se non bastasse, cominciano a venir meno anche i clienti, ma non per paura o perché minacciati da qualcuno. No! Ma perché la prima cosa che aumenta in un'impresa amministrata dallo Stato sono i costi di gestione, a partire  dalla regolarizzazione del personale (prima non era totalmente in regola), con la corretta applicazione dei contratti di categoria;  per tanto il prodotto  - l'imballaggio -  avrà per forza di cosa  un prezzo maggiore rispetto a prima e questo lo pone immediatamente “fuori mercato”.

Il controllo giudiziario di un impresa confiscata alle mafie avrebbe il compito di bonificare la stessa,   assicurandone il suo risanamento in ambito economico-finanziario, salvaguardandone e migliorandone i livelli occupazionali esistenti, in modo da svincolarla, in modo definitivo, dall’assoggettamento e dall’infiltrazione mafiosa. Invece, la nomina dell’amministratore giudiziario fa scattare immediatamente, tra i vari operatori che prima si interfacciavano con la stessa, una serie di "preoccupazioni" che determinano il non riscatto dell'azienda fino al suo fallimento.  E' forse per questo motivo che 4 aziende su 5 sottratte alle mafie chiudano i battenti? Invece dei convegni passerella servirebbero norme che consentano a un'impresa confiscata alle mafie di rimanere attiva sul mercato, tutelando così i posti di lavoro e il patrimonio economico. Servirebbe trattare queste attività come delle start up in modo da avere le relative agevolazioni fiscali e contributive. Servirebbe fare in modo che le aziende confiscate si mettessero in rete in modo da creare filiere produttive che coinvolgano anche le imprese sane così da creare circuiti virtuosi.  Servirebbe un sistema bancario capace di saper distinguere il grano da loglio e quindi in grado di saper analizzare approfonditamente i flussi finanziari e le movimentazioni di denaro di certe aziende. Servirebbero indagini finanziarie vere, capaci di far emergere finalmente il ruolo mefitico di quell'area grigia a servizio delle economie mafiose. Ma tutto ciò che servirebbe pare sia molto complicato sia da pensare e poi, soprattutto, da attuare. Nei convegni "antimafia" è più facile dibattere sulla rozzezza della manovalanza mafiosa. In questi seminari mai un accenno di discussione su come provare a contrastare quel livello economico cha ha rafforzato e rafforzerà il ruolo delle mafie nel territorio. E' cosi che l'imprenditoria mafiosa continuerà a mettere a frutto e ad accrescere quelle risorse di capitale sociale ed economico che, insieme a un modello organizzativo basato su una combinazione di legami forti, costituiscono il fondamento della sua straordinaria capacità di riprodursi nel tempo e nello spazio.


1) https://uif.bancaditalia.it/pubblicazioni/quaderni/2022/quaderno-17-2022/index.html

2) https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/qef/2013-0202/QEF_202.pdf






domenica 16 giugno 2024

Operazione "Fenice": non solo imballaggi ma anche diverse assonanze.



Vittoria, ma non solo lei, vive una doppia esistenza: di giorno la città frenetica degli uffici, delle banche, del mercato ortofrutticolo, del fatturato; di notte, soprattutto nei fine settimana, diventa la città piena di luci in cui "perdersi" è questione di un attimo. Dentro questa dicotomia si trovano a proprio agio anche le economie mafiose. Questa mia considerazione non nasce a caso ma leggendo il comunicato della DDA di Catania relativo all'operazione "Fenice" che il 12 giugno scorso ha portato all'arresto di 16 persone e ha messo in evidenza (finalmente) come a Vittoria operi una mafia imprenditoriale capace di creare relazioni  con altre mafie imprenditoriali.  Nel documento infatti si legge: "...un’associazione per delinquere di tipo mafioso che, avvalendosi della forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva, avrebbe perpetrato una serie indeterminata di delitti contro la vita, l’incolumità individuale, la libertà personale, il patrimonio, e acquisito, in modo diretto o indiretto, la gestione o comunque il controllo di attività economiche, con particolare riferimento al settore della produzione e commercializzazione di imballaggi per prodotti ortofrutticoli. Il sodalizio avrebbe unito l’aggressività e la forza militare a strategie imprenditoriali, estendendo così il suo potere mafioso e il controllo territoriale. A riscontro della sua operatività sarebbero emersi collegamenti con altri gruppi mafiosi, inclusi i clan “Santapaola-Ercolano” di Catania, “Nardo” di Lentini, “Rinzivillo” di Gela. ...". 
E' da tempo che scrivo in questo mio diario telematico che qui le mafia hanno fatto un salto di qualità determinato non solo da chi è stato arrestato. Sono persone che non  hanno la capacità di stabilire quella strategia imprenditoriale che serve a tenere in piedi un'attività. Per fare questo servono alleanze strategiche con funzionari pubblici, bancari, avvocati, notai, commercialisti. Non è più la violenza a caratterizzare le mafie e quando la stessa si manifesta, vedi l'omicidio Russo e il tentato omicidio di Di Martino, arriva immediatamente la risposta della magistratura e delle forze dell'ordine. Ormai l'ossatura del potere mafioso di questa terra, e non solo di questa, si regge sempre meno sulla struttura criminale e sempre più su quella zona grigia fatta da insospettabili disposti a colludere, tradendo l’etica della propria professione. L'imposizione degli imballaggi non avviene con la forza ma diventando competitivi abbassando il prezzo del prodotto, facilitando i pagamenti. Basterebbe ascoltare chi amministra le attività confiscate per capire cosa accade in quel settore. Si capirebbe come e perché sono così competitivi o convenienti. L'altro elemento è il collegamento con i gruppi mafiosi Santapaola-Ercolano” di Catania, “Nardo” di Lentini, “Rinzivillo” di Gela. Guarda caso tre clan mafiosi legati alle 'ndrine calabresi per l'acquisto, a prezzi vantaggiosi, della cocaina. La coca ormai inonda la luccicante movida iblea, è diventata lo sballo di massa a prezzi accessibili. C’è chi la fuma, chi la sniffa anche tutti i giorni. Basta chiederla e la trovi ovunque. Questo territorio, come tanti altri, è diventato un immenso suk, un grande mercato di miraggi, di piacere effimero, ma soprattutto un mercato che non conosce crisi e che genera capitali illeciti che vanno reinvestiti "imprenditorialmente".
Quante assonanze tra l'operazione "Fenice" e l'operazione "Alto livello" (altro bliz coordinato sempre dalla DDA di Catania pochi gironi fa) che ha portato alla luce un sofisticato sistema di frode fiscale e riciclaggio di denaro di dubbia provenienza, dove, anche qui sono state arrestate 16 persone, anche qui vi sono legami con gruppi catanesi, ma in questo caso non è coinvolta un'imprenditoria mafiosa, ma quattro "insospettabili colletti bianchi" di Modica. 

domenica 9 giugno 2024

Matteotti, Pennavaria e la nascita della provincia di Ragusa.

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100 anni fa, il 10 giugno 1924, Giacomo Matteotti, deputato, giornalista e segretario del Partito Socialista Unitario, venne rapito a Roma e ucciso per ordine di Mussolini. Quel pomeriggio Matteotti si stava dirigendo a piedi verso Montecitorio quando fu costretto da diversi individui ad entrare per forza in un’auto. Si scoprirà poi che i suoi rapitori erano appartenenti alla polizia politica del regime. Il suo corpo verrà ritrovato il 16 agosto in un bosco a pochi chilometri da Roma. Matteotti fu ucciso a causa del discorso del 30 maggio 1924, dove denunciò i brogli elettorali attuati dal nascente regime fascista. Ma secondo lo storico, prof. Mauro Canali, pare che Matteotti sia stato ucciso anche perché stava per denunciare uno scandalo finanziario. La compagnia petrolifera americana, Sinclair Oil, avrebbe pagato delle tangenti indirettamente a Mussolini, ma anche a gerarchi fascisti e a esponenti dei Savoia, per ottenere lo sfruttamento di alcuni giacimenti petroliferi italiani che interessavano anche ad una compagnia inglese. la Anglo Iranian Oil. Matteotti era entrato in possesso dei documenti che comprovavano la corruzione e ne voleva fare oggetto di un suo intervento alla camera l'11 giugno del 1924. Il giorno prima verrà sequestrato e ucciso. I documenti di cui era in possesso spariranno. I giacimenti petroliferi che la Sinclair Oil avrebbe potuto sfruttare, per cinquant'anni e con esenzione di imposte, si trovavano in Emilia Romagna e Sicilia. Ad onore del vero va detto pure che nel novembre del 1924, nel pieno della vicenda Matteotti, Mussolini revocherà le autorizzazioni alla Sinclair. 

L'altipiano ibleo, in particolare l'area ragusana, è da sempre un ottimo serbatoio di idrocarburi. Guarda caso la Sinclair aveva predisposto un piano di prospezioni geologiche nell'altopiano di Ragusa, è quindi, molto probabilmente, i giacimenti petroliferi siciliani a cui la Sinclair Oil era interessata a sfruttare erano quelli del nostro territorio. Filippo Pennavaria, “duce di Ragusa”, è un ricco banchiere che ha imposto il fascismo nell'area iblea anche con la violenza delle sue squadracce, alla maniera di Farinacci, Balbo, Finzi, etc. E' diventato in pochi anni punto di riferimento politico del territorio ibleo. Il ras del fascismo ragusano poteva non sapere degli interessi della compagnia petrolifera Sinclair Oil? Pennavaria, nell'Aprile del 1924 viene rieletto deputato e pochi giorni prima del discorso di Matteotti gli verranno affidate le funzioni di segreteria del comitato direttivo del gruppo parlamentare di maggioranza. Grazie a questo incarico vivrà  la forte crisi politica generata dall'assassinio di Matteotti. Pennavaria, forte di questa carica, accoglierà con assoluta riservatezza l'incalzante successione di avvenimenti fino al 3 gennaio del 1925 (Mussolini si assumerà la responsabilità politica su quanto è accaduto) diventando, su questa vicenda,  uno dei "collaboratori" più fidati del duce. Dal 1925 in poi a Ragusa verranno finanziate molte opere pubbliche, sarà una delle città del Mezzogiorno che riceverà più attenzioni da parte del regime. Le prime e più significative sono: la Stazione ferroviaria, l'acquedotto, l'ospedale, l'ammodernamento degli impianti estrattivi d’asfalto. Il 6 novembre 1926 Pennavaria verrà nominato sottosegretario alle poste e telecomunicazioni e un mese dopo, il 6 dicembre 1926, lo stesso Pennavaria annuncerà la costituzione della nuova provincia di Ragusa. Ma tutto questo  verrà  concesso per la fedeltà e i servizi resi a Mussolini ??? Agli storici il compito di dipanare questa tesi intrigante. 

P.s. Fra qualche giorno l'amministrazione comunale revocherà la cittadinanza onoraria a Benito Mussolini. A molti potrà sembrare un fatto simbolico o ideologico, invece è un atto importante. Dopo 100 anni Vittoria, seguendo l'esempio di altre amministrazioni, stralcia dal proprio presente una delle pagine più buie della storia d'Italia. Mi permetto sommessamente di suggerire che sarebbe anche il caso di pubblicare la delibera del consiglio comunale che all'epoca conferì questa cittadinanza. 


domenica 2 giugno 2024

Operazione "Alto Livello". Si apre uno squarcio sul riciclaggio in provincia di Ragusa?

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Ci sono fatti di cronaca riguardanti realtà importanti di questa provincia che spesso cadono nel vuoto, oppure vengono descritti in modo poco circostanziato così da essere metabolizzati serenamente e in poco tempo. E' il caso dell'operazione "Alto Livello", condotta dalla Guardia di Finanza di Catania e coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia etnea, che ha portato alla luce un sofisticato sistema di frode fiscale, somministrazione fraudolenta di manodopera e riciclaggio di denaro di dubbia provenienza. Per queste accuse sono state arrestate 16 persone. 4 sono di Modica. Il sistema, molto raffinato, aveva base a Catania e si estendeva per tutto il territorio nazionale. Pare fosse alimentato da 14 reti di impresa, di cui avrebbero fatto parte 37 società e coinvolgeva 439 imprese.  In pratica, tramite le reti d'impresa era stato attivato un giro di interposizione fittizia di manodopera (un'impresa utilizza lavoratori reclutati da un'altra impresa che è formalmente il datore di lavoro dal quale ricevono il compenso) e accanto ad esso un movimento di fatturazioni per operazioni inesistenti (riciclaggio). Sono due classici del know how più diffuso per frodare l’erario. Secondo gli inquirenti pare che i 4 "colletti bianchi" di Modica avessero il "ruolo di legali rappresentanti di decine di società facenti parte costantemente del gruppo fin dalla creazione..." 

Tra i 16 arrestati vi è anche un noto imprenditore romano, Gianluca Ius, persona legata agli ambienti dell'estrema destra della capitale e molto amico di Fabrizio Piscitelli, detto Diabolik. Piscitelli è un militante di estrema destra, un narcotrafficante vicino sia al clan camorristico di Michele Senese,  sia a Massimo Carminati, il capo di quell'organizzazione chiamata "Mafia capitale". Per la cronaca: Diabolik è stato ucciso il 7 agosto 2019 con un colpo alla nuca; poche ore prima era stato nello studio di Ius. 
Le competenze di Ius nel campo della gestione di somme di dubbia provenienza pare siano rinomate. Nel 2013 fu coinvolto nella vicenda Enav Finmeccanica, una maxi inchiesta che svelò il sistema di accantonamento delle provviste di denaro in nero che servivano per distribuire tangenti
Ius da tempo fa avanti e indietro dalla Sicilia. Per la GdF, i suoi frequenti viaggi nell'isola hanno uno scopo: poter consegnare ai gestori di questo "raffinato sistema" somme in contante (frutto di quali attività?) per poi fatturare alle reti di impresa attraverso le società a lui riconducibili, Bellatrix holding e Sarfin srl, le stesse identiche somme a cui seguivano i relativi bonifici. Una presunta gigantesca lavatrice su cui si è concentrata l'attenzione degli inquirenti.

E' la prima volta che in questa provincia affiora un probabile sistema di imprese appestato da economie criminali. L'operazione Alto Livello forse ha aperto uno squarcio in quel muro di complicità di cui parlo da tempo.
Da quanti anni le 4 società modicane operavano in questo modo? Agivano solo all'interno di questo "raffinato sistema"? Effettuavano anche operazioni di riciclaggio? Erano assistite anche da consulenti legali, fiscali e finanziari di questa provincia? Avevano rapporti con il sistema bancario locale? Chi forniva servizi a queste società non vedeva o non capiva nulla? Domande, apparentemente banali, che attendono risposte.

I nomi degli arrestati e  maggiori ragguagli sull'operazione li potete trovare nei siti e nei quotidiani che ho consultato. 

https://livesicilia.it/catania-palermo-finanza-16-misure-maxi-sequestro-nomi-arrestati/

https://meridionews.it/operazione-alto-livello-catania-frode-fiscale-lingotti-rolex/

https://www.lasicilia.it/cronaca/dalla-fissazione-del-calcio-allamicizia-con-diabolik-ecco-chi-e-larrestato-gianluca-ius-2157943/

https://lavialibera.it/it-schede-214-fabrizio_piscitelli_diabolik_ultras_narcotraffico_roma

Pag 41 del "Il Messaggero" cronaca di Roma del 31 Maggio 2024. 

Pag 7 "Corriere della Sera" cronaca di Roma del 31 Maggio 2024.  

Pag  II de "La Sicilia" cronaca di Catania del 31 maggio 2024.


 

domenica 19 maggio 2024

100 chili di cocaina al mese per la provincia di Ragusa?

Foto tratta da Google Immagini

La provincia di Ragusa ha un debole sfrenato per la "dama bianca", la cocaina. E'  il foraggio  che fa  galoppare tantissime persone, le rende performati, attive, socievoli, e per questo riceve una corte incessante che generare assuefazione, alimenta il crimine, ma soprattutto crea molto denaro. Scrivo questo perché ho rivisto di recente tutti i sequestri di droga fatti in provincia dalle forze dell'ordine nell'ultimo anno.  Sommando i quantitativi di cocaina requisita è venuto fuori un risultato significativo: oltre  25 kg di roba. Sembrano tanti, ma purtroppo, malgrado il grande impegno delle forze dell'ordine, è solo la punta dell'iceberg.  Il grosso arriva sempre a soddisfare i nasi esigenti di "scioppa".  E' difficile determinare quanta cocaina si consuma in questa provincia. Un aiuto però ci arriva da uno studio recente condotto dall'Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, finanziato dal Dipartimento per le Politiche Antidroga della presidenza del Consiglio dei Ministri. Secondo questo istituto in Italia si consumano in media 11 dosi di cocaina al giorno ogni 1000 abitanti. Ma questa è la media nazionale. E' molto probabile che nel nostro territorio, visto i continui sequestri e le preoccupanti denunce del  SERT, il dato del consumo può essere comparato a quelle di certe realtà lombarde, e cioè 25-30 dosi giornaliere ogni 1000 abitanti. Ipotizzando una media di 27 dosi giornaliere ogni 1000 abitanti e tenendo in considerazione che al 31 dicembre del 2023 gli abitanti della nostra provincia sono circa 320 mila, facendo poi la dovuta proporzione, si determina che ogni giorno in questa provincia si sniffano 8.640 dosi di coca. Da un grammo di cocaina si producono in media tre dosi, quindi ogni giorno vengono assunti quasi 3 kg  di "lady white". In un mese sono quasi 100 kg.  Se tanto mi da tanto in provincia di Ragusa nell'ultimo anno sono arrivati circa 1.200 kg di coca che sono finiti dentro i nasi di chi se l'è pippata.  Il prezzo della coca varia in base al tipo di roba, comunque secondo il dipartimento delle politiche antidroga il prezzo medio e pari a  circa 80 euro al grammo. 100 Kg di coca a un prezzo medio di 80 euro al grammo rendono 8 milioni di euro al mese (€80 X 1.000 g X 100 kg). Circa 100 milioni in un anno. Questa massa di soldi viene generata solo dalla cocaina. E il commercio di eroina, erba o hashish e crack (in provincia è arrivato anche il crack e se ne fa grande uso), quanti milioni di euro produce? 

Ci troviamo di fronte a un business enorme, capace di destare appetiti di ogni tipo e la concretezza delle mafie riesce a soddisfarli pienamente. Si parte da quelli più miseri cioè quelli della piccola criminalità, fatta da disoccupati, immigrati, tossicodipendenti, spesso violenti, che si fronteggiano nelle piazze di spaccio della provincia per  conquistarsi una fetta di mercato che gli permetta di vivere. Poi vi è il ruolo dei clan locali, capaci di fare arrivare la roba nel territorio e nell'organizzare lo spaccio.  Qui 'ndrangheta ha stabilito da tempo i suoi contatti con la criminalità organizzata del territorio, ma da qualche tempo pare che subisca la concorrenza della mafia albanese. Infine vi è il ruolo della "borghesia mafiosa"(professionisti di vario genere), un'area opaca, grigia, di cui non si parla mai, che ha il compito di riciclare queste grandi masse di denaro.  Quest'area di persone "perbene" si indigna di fronte a certi atti di violenza degli spacciatori o dei clan locali, ma sa che quella violenza trova sostegno nel suo grigiore e chi la compie sa che senza quelle opacità non potrebbe esistere.  In sostanza questa grande quantità di soldi gestita dalla mafie è riuscita a coniugare dall'affarismo degli strati professionali di questa provincia fino ai bisogni del suo sottoproletariato (stupefacente solo a pensarlo).  

Nelle pubblicazioni di economia il territorio ragusano viene ancora definito l'isola nell'isola, dove piccole e medie imprese dinamiche riescono a valorizzare le produzioni agricole e creano sviluppo con servizi di qualità. Mi sento di affermare che questa ormai  è una descrizione  fuori luogo.  Nei fatti, piaccia o meno, la prima economia di questa terra, come in tante altre zone, è quella dall'imprenditoria mafiosa e dai suoi complici. 

Si avvicina il 23 maggio (data dell'attentato di Capaci dove il dott. Falcone, la moglie e la sua scorta vennero massacrati) e con esso arrivano puntualmente i convegni e i seminari sulla legalità, narrata come valore da "mettere a frutto". Va detto che sono manifestazioni che presentano sempre il solito format, in cui si alimenta il ricordo, il dolore e dove si parlerà di contrasto alla criminalità che crea problemi di ordine pubblico. Per carità, tutto bello, buono e giusto, ma  superato e spesso anche un po' retorico. A quando un convegno dove si provi ad analizzare le economie mafiose, le sue tante connivenze (professionali e bancarie) e di come si intende contrastarle seriamente? Lo ricordo a me stesso, l'insegnamento del dott. Falcone è stato chiaro: "segui i soldi e troverai la mafia". Qui di soldi ne scorrono tanti, ma nessuno ne segue le tracce. Perché?

Per scrivere questo post ho consultato:

1) l'archivio di ragusoggi.it

2) https://www.marionegri.it/magazine/droghe-e-acque-reflue-2022

3) https://www.ragusah24.it/2020/06/17/cocaina-a-fiumi-nel-ragusano-il-sert-lancia-lallarme/

4) https://www.politicheantidroga.gov.it/media/iadfrgci/sintesi-introduttiva-alla-realzione-al-parlamento-2023-dati-2022.pdf

5) https://meridionews.it/ragusa-fermato-corriere-con-600-grammi-di-cocaina/amp/