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sabato 11 ottobre 2025

Sicilia, arcipelago di strutture militari.


Foto base di Sigonella tratta da Google Immagini

La Sicilia non è un'isola. E' un arcipelago di strutture militari. Non c'è provincia della nostra terra che non veda la presenza di un complesso bellico pronto ad essere utilizzato per qualsiasi tipo di "crisi". Molte di queste strutture sono note, la base di Sigonella su tutte. Sto parlando di una vasta area con due piste aeree lunghe più di 2.400  metri denominata dai vertici statunitensi "The Hub of the Med", cioè il centro del Mediterraneo. Un enorme carcinoma maligno posto nel mezzo della Piana di Catania  da cui si propagano una serie di metastasi a cominciare dal vicino porto di Augusta, che è diventato una base per l'attracco di navi militari e di sommergibili a propulsione nucleare. All'interno di questa struttura la Marina Militare italiana ha, da poco, aperto  l'unico polo di formazione avanzata per ufficiali destinati al comando di una nave da guerra. A seguire abbiamo: 
Il MUOS di Niscemi, è un sistema di comunicazioni satellitari militari ad alta frequenza tra i più grandi d’Europa, gestito dagli Usa. Mentre le altre stazioni di terra si trovano in posti deserti – nelle Hawaii, in Australia e in Virginia – a Niscemi è stata costruita a ridosso di in una riserva naturale di querce da sughero, un Sito di Interesse Comunitario, a pochi chilometri dal centro abitato. 
L'aeroporto di Trapani Birgi, è la base per aerei radar, gli Awacs e i caccia della Nato. Poche settimane fa il ministro della difesa  (o della guerra?),  C(r)osetto, ha annunciato che proprio in questa base aerea nascerà la scuola per top gun sui caccia F.35, "i lavori inizieranno nella primavera del 2026 e si concluderanno entro il 2028". 
Poi vi sono i grandi occhi elettronici che controllano il Mediterraneo e cioè il centro radar di Marsala e quello di Noto-Mezzogregorio, due strutture che si occupano di sorvegliare lo spazio aereo italiano e di buona parte di quello della regione Sud-europea della Nato. Questi due centri assicurano pure l’interscambio informativo con le unità navali Usa e Nato in navigazione nel Mediterraneo. 
Ovviamente non possono mancare i poligoni per le esercitazioni di guerra dove ciclicamente militari italiani e delle forze Nato si esercitano al combattimento. Questi sono situati a Punta Bianca (Agrigento), Piazza Armerina e Corleone. 
Ma non finisce mica qui. E no! Abbiamo anche un grande hangar scavato dentro una montagna a Pantelleria. Parlo di un'avio rimessa ben mimetizzata lunga oltre 300 metri larga circa 25 metri e alta circa 20 metri che dovrebbe contenere aerei ed elicotteri da combattimento. A Lampedusa invece vi è un importante centro radar  che contribuisce alla sorveglianza dello spazio aereo di competenza, attraverso il corretto funzionamento e il mantenimento in efficienza del sistema d'arma e degli apparati radio per le comunicazioni terra/bordo/terra nel Mediterraneo centrale e meridionale. Altro importante centro radar è la stazione dell US Navay della Marza, sita nel comune di Ispica, questo monitora il passaggio di navi e sottomarini.  A tutto questo va aggiunto l’uso dei porti di Catania, Messina e Palermo per le soste e i rifornimenti delle unità navali delle marine dei paesi Nato; gli atterraggi, le soste e i decolli dei velivoli d’intelligence e delle società contractor del Pentagono dagli scali “civili” di Catania-Fontanarossa, Palermo-Punta Raisi e Pantelleria e, forse, anche Comiso.  
A questo elenco (sicuramente incompleto) vanno sommate le nuove "occasioni di sviluppo" che si stanno affermando nel nostro arcipelago militare.  Presso i cantieri navali di Palermo, negli ultimi mesi sono stati effettuati i lavori di adeguamento nella portaerei Cavour - nave ammiraglia della nostra Marina militare - relativi all’imbarco dei nuovi aerei da combattimento F35.  Sempre presso i cantieri navali di Palermo è stata effettuata, recentemente, la manutenzione di un altra nave da guerra, l'unità anfibia multiuso Trieste. Sempre nei cantieri navali di Palermo è stata realizzata una maxi nave anfibia da combattimento commissionata dal ministero della difesa del Qatar. 
Non si capisce bene cosa diventerà l'area industriale di Termini Imerese, ma voci di corridoio parlano di insediamenti industriali legati alla produzione di armi, così come non è escluso che l'aeroporto di Comiso possa tornare ad avere un ruolo militare.

La ciliegina sulla torta di questo significativo apparato bellico, forse l'ha messa la Regione Sicilia. Infatti con una delibera del 3 ottobre scorso pare abbia riprogrammato i fondi Fers (Fondo europeo sviluppo regionale) stanziando circa 200 milioni di euro "verso una mobilità dual use" cioè civile e militare. La Sicilia ha bisogno di servizi sanitari, scuole sicure, reti idriche per uso agricolo e domestico, infrastrutture adeguate, ma per la regione tutto questo è poco importante, tant'è che sposta le risorse su opere di "natura duale" fregandosene dei bisogni reali dei sui cittadini. E' in questo modo che si alimenta il divario economico-sociale e si da la possibilità di favorire gli interessi di certe economie mafiose (https://www.euroinfosicilia.it/pr-fesr-sicilia-21-27-esame-mid-term-review/).

Con un campionario di strutture  militari operative, logistiche e di formazione di questa portata, la Sicilia è già in prima linea sia per le guerre attuali e sia per i conflitti futuri, in spregio all'art. 11 della Costituzione. 

mercoledì 8 ottobre 2025

Mafia albanese e capitali illeciti, ma su tutto domina sempre e solo lei: la zona grigia.

Acquaforte di Pippo Fava "Pomeriggio al circolo" tratto da Google Immagini


Peppe Bascietto, con una serie di post su Facebook, ha descritto, con precisione chirurgica, il nuovo sistema criminale che opera nel territorio ibleo. Ci ha raccontato la mutazione lenta ma continua che è iniziata con l'ingresso di organizzazioni esterne: 'ndrangheta e mafia albanese. Queste organizzazioni hanno prescritto, per non dire imposto, nuovi comportamenti. La massa enorme di denaro prodotto dalla gestione e dal commercio delle droghe - cocaina su tutte - è diventata in poco tempo lo strumento per costruire una serie di reti economiche che con determinazione si sono infiltrate "nei mercati, nei locali, nei flussi di lavoro e nei permessi di soggiorno". Nel silenzio più totale e con molta risolutezza, in questa parte della Sicilia, si è imposta un'autorità finanziaria, silenziosa, molto ben strutturata e capace di scandire i tempi delle tante economie del Sud Est. In passato in molti miei post pubblicati su questo mio piccolo spazio telematico ho ipotizzato questi legami, ma non avevo gli strumenti per poter definire queste mie teorie. Peppe Bascietto, con una accuratezza millimetrica, ha fornito nomi, cognomi e soprannomi dei personaggi, i loro interessi e gli eventuali legami con altre consorterie mafiose. Nulla a che vedere con le relazioni semestrali della Direzione Investigativa Antimafia. In tutte quelle che ho consultato, compresa l'ultima, l'analisi dei fenomeni criminali in provincia di Ragusa si ferma alla presenza di due distinte organizzazioni mafiose: cosa nostra, influenzata dalle compagini catanesi e nissene e la stidda, strettamente legata alla matrice gelese. Un cliché che si ripete di semestre in semestre da anni. L'unico dato aggiornato sono le operazioni di polizia avute nel periodo a cui fa riferimento la relazione. Gli organi inquirenti sono forse leggermente in ritardo nella lettura del territorio? Eppure da anni esistono atti presso la Commissione nazionale antimafia dove si parla da tempo del ruolo della criminalità albanese. Questa mafia, anni fa, fungeva da "organizzazione di servizio" per le mafie italiane, in quanto si occupava della fornitura, del trasporto (via mare e terra) e dello stoccaggio delle droghe, soprattutto per conto della 'ndrangheta. Poi, sempre da questi atti, emerge come le strutture criminali albanesi si siano evolute e da "organizzazioni di servizio" sono diventate referenti dei più qualificati cartelli di narcotrafficanti sudamericani. Nel resoconto stenografico della seduta della Commissione antimafia di martedì 8 aprile 1997 a pag. 9 si legge: Secondo alcune informazioni, non verificate ma probabilmente attendibili, la presenza di alcuni esponenti dei cartelli colombiani aveva addirittura portato alla sperimentazione della coltivazione della pianta della coca negli altopiani albanesi.
Questo è il nuovo livello criminale. Accanto ad esso, da sempre, c'è un secondo livello che non emerge mai: quello economico! Dove finisce la massa di denaro prodotta dallo spaccio delle droghe? Chi la gestisce? Non possono essere sicuramente i personaggi descritti da Bascietto ad occuparsi di questo, non hanno né le caratteristiche né la capacità. Far convergere certi interessi imprenditoriali con quelli della criminalità non è una cosa semplice. Servono complicità e professionalità di un certo tipo che si svolgono su più strati. 
Un esempio che spieghi in pochi punti questa mia tesi potrebbe essere questo: 
1. Le mafie di questa zona accumulano capitali illeciti con la gestione della droga (anche dei rifiuti).
2. Professionisti capaci e spregiudicati di questo territorio trovano le condizioni attraverso un sistema finanziario compiacente per ripulire questi fondi.
3. I capitali entrano nell’economia legale sotto forma di investimenti, spesso in settori strategici (edilizia, turismo, logistica, serricoltura,…).
4. Il sistema bancario guadagna, gli imprenditori crescono, le mafie si rafforzano economicamente e socialmente e lo Stato finge di non vedere.
Se è così, e io penso che sia così, qui non servono solo più forze dell’ordine o più videosorveglianza. Qui servono più ispettori bancari che verifichino con attenzione ciò che avviene dentro il nostro sistema finanziario. Qui servono più ispettori dell’Agenzia delle Entrate che controllino ciò che accade all’interno di certe imprese. Qui servono intelligenze investigative che sappiano capire come questa criminalità si sta evolvendo. 

Peppe Bascietto ha creato uno squarcio, ci ha dato i nomi, i cognomi e le caratteristiche di questo nuovo sistema criminale/economico che sta infettando tutta la provincia iblea. Ma dietro questi nomi vi è un'entità immateriale, astratta e impenetrabile fatta di imprenditori, notai, avvocati, tecnici, commercialisti, esperti di finanza e quindi di riciclaggio. Un'area grigia che decide come e dove investire la massa enorme di denaro generata del narcotraffico. L'hanno chiamata "mafia trasparente", quella difficile da vedere - o che nessuno vuole vedere - che non ha nomi e soprannomi. E' quella che crea collusioni con la società civile e con le istituzioni. E' la mafia che comanda realmente perché governa e investe i soldi prodotti illegalmente e intreccia rapporti di potere. Questa mafia, avvolta e protetta da una spessa coltre di perbenismo - per questo definita "borghesia mafiosa" - mal sopporta le azioni criminali, vuole silenzio e sfuma per la vergogna di fronte alle violenze della criminalità perché sa che quelle azioni trovano sostegno nel suo grigiore, ma chi compie quelle azioni sa che senza quel grigiore non avrebbe sussistenza. Le istituzioni, per il bene del territorio, si attrezzino per svelare questa mafia. Occorre conoscerne i volti per inserirli, finalmente, anche questi, nelle foto segnaletiche.