Una
settimana fa l'incontro con il ministro delle politiche agricole
Martina ha prodotto una “parziale soddisfazione”. Una definizione
che nei fatti maschera una cocente delusione. L'obbedieza al proprio
partito fa dire cose che contrastano tra loro. Lo sanno pure i
bambini: la soddisafazione appaga, fa cessare ogni sensazione
dolorosa. Di contro il significato della parola parziale è fin
troppo chiaro: Atteggiamento di chi tende a favorire una parte a
danno dell'altra. Da questo incontro romano chi è stato
favorito? Forse definirlo “parziale soddisfazione” è stata una clamorosa leggerezza, altrimenti che senso ha continuare ad
organizzare la protesta? Mentre si cerca di domare lo sconforto,
decodificando le impalpabili proposte di Martina e Cracolici, nessuno
guarda cosa sta accadendo nel territorio. Eppure, esaminando i dati
della Camera di Commercio di Ragusa si può subito intuire cosa sta
avvenendo. Al 31 dicembre del 2013 nei territori di Acate,
Comiso, Santa Croce Camerina e Vittoria operavano 5510 imprese
agricole. Dopo solo due anni, cioè al 31 dicembre 2015, le
imprese del settore agricolo attive in questa fetta di provincia
sono diventate 4226. La crisi, in 48 mesi, ha divorato 1284
attività. Il dato, anche se significativamente preoccupante, non
va preso solo per la misura che indica ma ci dice come sia fallita la
favola “dell'imprenditore di se stesso”. Un concetto,
un'illusione introdotto agli inizi degli anni '90 che puntava, in
modo falso e distorto, a sostituire la capacità di emancipazione e
di riscatto creata dal modello della piccola attività contadina che
aveva trasformato braccianti e compartecipanti in piccoli proprietari
terrieri. Il concetto che in modo subdolo si sta facendo passare è
che la piccola proprietà contadina chiude o fallisce perché chi la
gestisce è incapace a fare impresa. La crisi, la globalizzazione, le
banche, la gdo, le norme europee … sono un contorno. La colpa,
in modo falso e silenzioso, viene scaricata esclusivamente sul "piccolo imprenditore" che da un lato viene utilizzato per organizzare
la protesta ma sottotraccia viene considerato economicamente inetto,
inadeguato, inadatto, incapace a organizzarsi. Altro fatto
interessante è che, secondo l'INEA (Istituto Nazionale Economia
Agraria), a queste cessazioni non è seguita una riduzione della
superficie coltivata. La SAU (Superficie Agricola Utilizzata) di
quest'area, cioè la somma delle superfici aziendali destinate alla
produzione agricola non è cambiata. Sono solo cessate 1284 imprese
ma le terre di chi si è cancellato continuano ad essere coltivate.
Da chi? I titolari delle imprese cessate cosa sono diventati?
Disoccupati? O forse sono diventati mezzadri o addirittura braccianti
nella loro ex proprietà? E per conto di chi? Siamo al ritorno del
feudo? Del latifondo?
Quindi
quello che sta accadendo nel silenzio generale è una sorta di
pulizia etnica: fare fuori le piccole aziende agricole e concentrare
la loro proprietà nelle mani di imprese strutturate. Lo strumento
che accelererà questo processo di ri-feudalizzazione è il nuovo PSR
(Piano di Sviluppo Rurale) pubblicizzato da Cracolici, Crocetta e Martina. Uno
strumento che guarda alle “imprese strutturate” che non hanno
problemi di regolarità contributiva (DURC) e potranno quindi
drenare soldi pubblici. Tutto il resto lentamente verrà travolto e
assorbito
Filippo
Traina, Nicola Cipolla, Pio La Torre e tanti altri costruirono e
guidarono politicamente un modello economico che creò dignità,
progresso e fu un argine al sottosviluppo e alla mafia. Oggi certa
politica pare chiaramente coesa contro questo modello.