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domenica 19 ottobre 2025

Ragusa, provincia "babba" maligna?


Foto tratta da Google Immagini

In queste ore la provincia di Ragusa - da sempre definita con un vecchio adagio terra "babba", cioè zona dove le mafie non attecchivano bene - è salita agli onori della cronaca regionale e nazionale per due importati operazioni contro la criminalità organizzata: l'arresto del latitante vittoriese Gianfranco Stracquadaini a Comiso e poi per una importante operazione antidroga che vedeva la città di Ispica come una rilevante base logistica per commercio di sostanze stupefacenti. Dall'estremo Est all'estremo Ovest degli Iblei emerge un filo unico di interessi e pratiche criminali. Eppure negli anni si era affermata un'opinione, che nel tempo si era via via consolidata, fino a diventare una sorta di verità: la criminalità organizzata era radicata solo ed esclusivamente nell'area ipparina e in particolare a Vittoria. Una stupida persuasione (ancora oggi dura a morire) figlia di antiche e banali convinzioni e di becero e ottuso campanilismo.  Ma mentre modicani, pozzallesi, ispicesi, ragusani si vantavano di essere "babbi", le mafie, con i loro affari,  conquistavano i loro territori fino a manifestarsi con le loro azioni violente. Voglio ricordare alcuni fatti recenti e tra questi i più significativi:
- Nel maggio del 2012 a Marina di Ragusa, nel centralissimo viale Andrea Doria un incendio di origine dolosa mandava in fumo il locale "baciamo le mani".  
- Nel 2014 va in fumo un locale di Sampieri, il "pata pata" e il "terzo tempo" a Pozzallo
- Nel 2015 a Marina di Ragusa, sempre nel centralissimo viale Andrea Doria, un incendio doloso mandava  fumo un altro locale "baja".
- Nel maggio del 2022 Un incendio doloso veniva appiccato in un cantiere edile all'interno del cimitero di Pozzallo.
- Nel marzo del 2024 a Ispica veniva incendiata l'auto di due attivisti di Legambiente che denunciavano irregolarità ambientali. 
- Nell'agosto del 2024 a Marina di Modica andava in fumo l'ennesimo locale, il "Lido Sud". 
- Nel settembre scorso a Ragusa veniva dato alle fiamme il nuovo McDonald's di Via Giorgio La Pira.
Per non parlare che sempre in queste zone, negli ultimi anni, gli arresti di spacciatori e i sequestri di sostanze stupefacenti sono cresciuti esponenzialmente. Alcuni, con stupore (tipico della babbitudine ragusana), ma piano piano, si sono finalmente resi conto che le mafie sono come la loro stupidità, non hanno confini. Se sono state capaci di infettare il Nord Italia, L'Europa, le Americhe, l'Australia, figurarsi se non ammorbavano tutta la nostra piccola provincia. 

Nell'operazione di Ispica è emerso un dato che non può e non deve essere sottovalutato. Lo ha evidenziato il maggiore dei carabinieri Francesco Zangla durante la conferenza stampa. Oltre alla spregiudicatezza dei personaggi  e il possesso di armi ed esplosivo, già di per se indicativo di un certo livello criminale, vi è nel denaro sequestrato (43 mila euro) la significativa presenza non di monete di piccolo taglio, cioè 20 e 50 euro, ma di banconote da 500 euro. Questo sta ad indicare che il giro era veramente grosso e che il denaro "guadagnato" non veniva più contato ma pesato per poi essere utilizzato per altri scopi.  
Tutto questo fa pensare che le mafie sono sempre un passo avanti. Tanti (i babbi) sono convinti che se non sparano non ci sono. Altri invece pensano che quando non sparano non si vedono  e quando si riesce a percepirle sono già da qualche altra parte. Le cerchi nelle campagne e invece sono nei cantieri edili o nelle imprese commerciali. Le cerchi nei cantieri edili o nelle imprese commerciali e invece gestiscono rifiuti e commerciano droghe. Le cerchi nella gestione dei rifiuti e delle droghe e fanno già investimenti finanziari. Per contrastarle bisogna cambiare mentalità. La babbitudine non è solo  un fatto consolatorio,  è un sintomo pericoloso, è un indice di malignità. Se non si contrasta rischia di sfociare nella peggiore delle complicità. 

sabato 11 ottobre 2025

Sicilia, arcipelago di strutture militari.


Foto base di Sigonella tratta da Google Immagini

La Sicilia non è un'isola. E' un arcipelago di strutture militari. Non c'è provincia della nostra terra che non veda la presenza di un complesso bellico pronto ad essere utilizzato per qualsiasi tipo di "crisi". Molte di queste strutture sono note, la base di Sigonella su tutte. Sto parlando di una vasta area con due piste aeree lunghe più di 2.400  metri denominata dai vertici statunitensi "The Hub of the Med", cioè il centro del Mediterraneo. Un enorme carcinoma maligno posto nel mezzo della Piana di Catania  da cui si propagano una serie di metastasi a cominciare dal vicino porto di Augusta, che è diventato una base per l'attracco di navi militari e di sommergibili a propulsione nucleare. All'interno di questa struttura la Marina Militare italiana ha, da poco, aperto  l'unico polo di formazione avanzata per ufficiali destinati al comando di una nave da guerra. A seguire abbiamo: 
Il MUOS di Niscemi, è un sistema di comunicazioni satellitari militari ad alta frequenza tra i più grandi d’Europa, gestito dagli Usa. Mentre le altre stazioni di terra si trovano in posti deserti – nelle Hawaii, in Australia e in Virginia – a Niscemi è stata costruita a ridosso di in una riserva naturale di querce da sughero, un Sito di Interesse Comunitario, a pochi chilometri dal centro abitato. 
L'aeroporto di Trapani Birgi, è la base per aerei radar, gli Awacs e i caccia della Nato. Poche settimane fa il ministro della difesa  (o della guerra?),  C(r)osetto, ha annunciato che proprio in questa base aerea nascerà la scuola per top gun sui caccia F.35, "i lavori inizieranno nella primavera del 2026 e si concluderanno entro il 2028". 
Poi vi sono i grandi occhi elettronici che controllano il Mediterraneo e cioè il centro radar di Marsala e quello di Noto-Mezzogregorio, due strutture che si occupano di sorvegliare lo spazio aereo italiano e di buona parte di quello della regione Sud-europea della Nato. Questi due centri assicurano pure l’interscambio informativo con le unità navali Usa e Nato in navigazione nel Mediterraneo. 
Ovviamente non possono mancare i poligoni per le esercitazioni di guerra dove ciclicamente militari italiani e delle forze Nato si esercitano al combattimento. Questi sono situati a Punta Bianca (Agrigento), Piazza Armerina e Corleone. 
Ma non finisce mica qui. E no! Abbiamo anche un grande hangar scavato dentro una montagna a Pantelleria. Parlo di un'avio rimessa ben mimetizzata lunga oltre 300 metri larga circa 25 metri e alta circa 20 metri che dovrebbe contenere aerei ed elicotteri da combattimento. A Lampedusa invece vi è un importante centro radar  che contribuisce alla sorveglianza dello spazio aereo di competenza, attraverso il corretto funzionamento e il mantenimento in efficienza del sistema d'arma e degli apparati radio per le comunicazioni terra/bordo/terra nel Mediterraneo centrale e meridionale. Altro importante centro radar è la stazione dell US Navay della Marza, sita nel comune di Ispica, questo monitora il passaggio di navi e sottomarini.  A tutto questo va aggiunto l’uso dei porti di Catania, Messina e Palermo per le soste e i rifornimenti delle unità navali delle marine dei paesi Nato; gli atterraggi, le soste e i decolli dei velivoli d’intelligence e delle società contractor del Pentagono dagli scali “civili” di Catania-Fontanarossa, Palermo-Punta Raisi e Pantelleria e, forse, anche Comiso.  
A questo elenco (sicuramente incompleto) vanno sommate le nuove "occasioni di sviluppo" che si stanno affermando nel nostro arcipelago militare.  Presso i cantieri navali di Palermo, negli ultimi mesi sono stati effettuati i lavori di adeguamento nella portaerei Cavour - nave ammiraglia della nostra Marina militare - relativi all’imbarco dei nuovi aerei da combattimento F35.  Sempre presso i cantieri navali di Palermo è stata effettuata, recentemente, la manutenzione di un altra nave da guerra, l'unità anfibia multiuso Trieste. Sempre nei cantieri navali di Palermo è stata realizzata una maxi nave anfibia da combattimento commissionata dal ministero della difesa del Qatar. 
Non si capisce bene cosa diventerà l'area industriale di Termini Imerese, ma voci di corridoio parlano di insediamenti industriali legati alla produzione di armi, così come non è escluso che l'aeroporto di Comiso possa tornare ad avere un ruolo militare.

La ciliegina sulla torta di questo significativo apparato bellico, forse l'ha messa la Regione Sicilia. Infatti con una delibera del 3 ottobre scorso pare abbia riprogrammato i fondi Fers (Fondo europeo sviluppo regionale) stanziando circa 200 milioni di euro "verso una mobilità dual use" cioè civile e militare. La Sicilia ha bisogno di servizi sanitari, scuole sicure, reti idriche per uso agricolo e domestico, infrastrutture adeguate, ma per la regione tutto questo è poco importante, tant'è che sposta le risorse su opere di "natura duale" fregandosene dei bisogni reali dei sui cittadini. E' in questo modo che si alimenta il divario economico-sociale e si da la possibilità di favorire gli interessi di certe economie mafiose (https://www.euroinfosicilia.it/pr-fesr-sicilia-21-27-esame-mid-term-review/).

Con un campionario di strutture  militari operative, logistiche e di formazione di questa portata, la Sicilia è già in prima linea sia per le guerre attuali e sia per i conflitti futuri, in spregio all'art. 11 della Costituzione. 

mercoledì 8 ottobre 2025

Mafia albanese e capitali illeciti, ma su tutto domina sempre e solo lei: la zona grigia.

Acquaforte di Pippo Fava "Pomeriggio al circolo" tratto da Google Immagini


Peppe Bascietto, con una serie di post su Facebook, ha descritto, con precisione chirurgica, il nuovo sistema criminale che opera nel territorio ibleo. Ci ha raccontato la mutazione lenta ma continua che è iniziata con l'ingresso di organizzazioni esterne: 'ndrangheta e mafia albanese. Queste organizzazioni hanno prescritto, per non dire imposto, nuovi comportamenti. La massa enorme di denaro prodotto dalla gestione e dal commercio delle droghe - cocaina su tutte - è diventata in poco tempo lo strumento per costruire una serie di reti economiche che con determinazione si sono infiltrate "nei mercati, nei locali, nei flussi di lavoro e nei permessi di soggiorno". Nel silenzio più totale e con molta risolutezza, in questa parte della Sicilia, si è imposta un'autorità finanziaria, silenziosa, molto ben strutturata e capace di scandire i tempi delle tante economie del Sud Est. In passato in molti miei post pubblicati su questo mio piccolo spazio telematico ho ipotizzato questi legami, ma non avevo gli strumenti per poter definire queste mie teorie. Peppe Bascietto, con una accuratezza millimetrica, ha fornito nomi, cognomi e soprannomi dei personaggi, i loro interessi e gli eventuali legami con altre consorterie mafiose. Nulla a che vedere con le relazioni semestrali della Direzione Investigativa Antimafia. In tutte quelle che ho consultato, compresa l'ultima, l'analisi dei fenomeni criminali in provincia di Ragusa si ferma alla presenza di due distinte organizzazioni mafiose: cosa nostra, influenzata dalle compagini catanesi e nissene e la stidda, strettamente legata alla matrice gelese. Un cliché che si ripete di semestre in semestre da anni. L'unico dato aggiornato sono le operazioni di polizia avute nel periodo a cui fa riferimento la relazione. Gli organi inquirenti sono forse leggermente in ritardo nella lettura del territorio? Eppure da anni esistono atti presso la Commissione nazionale antimafia dove si parla da tempo del ruolo della criminalità albanese. Questa mafia, anni fa, fungeva da "organizzazione di servizio" per le mafie italiane, in quanto si occupava della fornitura, del trasporto (via mare e terra) e dello stoccaggio delle droghe, soprattutto per conto della 'ndrangheta. Poi, sempre da questi atti, emerge come le strutture criminali albanesi si siano evolute e da "organizzazioni di servizio" sono diventate referenti dei più qualificati cartelli di narcotrafficanti sudamericani. Nel resoconto stenografico della seduta della Commissione antimafia di martedì 8 aprile 1997 a pag. 9 si legge: Secondo alcune informazioni, non verificate ma probabilmente attendibili, la presenza di alcuni esponenti dei cartelli colombiani aveva addirittura portato alla sperimentazione della coltivazione della pianta della coca negli altopiani albanesi.
Questo è il nuovo livello criminale. Accanto ad esso, da sempre, c'è un secondo livello che non emerge mai: quello economico! Dove finisce la massa di denaro prodotta dallo spaccio delle droghe? Chi la gestisce? Non possono essere sicuramente i personaggi descritti da Bascietto ad occuparsi di questo, non hanno né le caratteristiche né la capacità. Far convergere certi interessi imprenditoriali con quelli della criminalità non è una cosa semplice. Servono complicità e professionalità di un certo tipo che si svolgono su più strati. 
Un esempio che spieghi in pochi punti questa mia tesi potrebbe essere questo: 
1. Le mafie di questa zona accumulano capitali illeciti con la gestione della droga (anche dei rifiuti).
2. Professionisti capaci e spregiudicati di questo territorio trovano le condizioni attraverso un sistema finanziario compiacente per ripulire questi fondi.
3. I capitali entrano nell’economia legale sotto forma di investimenti, spesso in settori strategici (edilizia, turismo, logistica, serricoltura,…).
4. Il sistema bancario guadagna, gli imprenditori crescono, le mafie si rafforzano economicamente e socialmente e lo Stato finge di non vedere.
Se è così, e io penso che sia così, qui non servono solo più forze dell’ordine o più videosorveglianza. Qui servono più ispettori bancari che verifichino con attenzione ciò che avviene dentro il nostro sistema finanziario. Qui servono più ispettori dell’Agenzia delle Entrate che controllino ciò che accade all’interno di certe imprese. Qui servono intelligenze investigative che sappiano capire come questa criminalità si sta evolvendo. 

Peppe Bascietto ha creato uno squarcio, ci ha dato i nomi, i cognomi e le caratteristiche di questo nuovo sistema criminale/economico che sta infettando tutta la provincia iblea. Ma dietro questi nomi vi è un'entità immateriale, astratta e impenetrabile fatta di imprenditori, notai, avvocati, tecnici, commercialisti, esperti di finanza e quindi di riciclaggio. Un'area grigia che decide come e dove investire la massa enorme di denaro generata del narcotraffico. L'hanno chiamata "mafia trasparente", quella difficile da vedere - o che nessuno vuole vedere - che non ha nomi e soprannomi. E' quella che crea collusioni con la società civile e con le istituzioni. E' la mafia che comanda realmente perché governa e investe i soldi prodotti illegalmente e intreccia rapporti di potere. Questa mafia, avvolta e protetta da una spessa coltre di perbenismo - per questo definita "borghesia mafiosa" - mal sopporta le azioni criminali, vuole silenzio e sfuma per la vergogna di fronte alle violenze della criminalità perché sa che quelle azioni trovano sostegno nel suo grigiore, ma chi compie quelle azioni sa che senza quel grigiore non avrebbe sussistenza. Le istituzioni, per il bene del territorio, si attrezzino per svelare questa mafia. Occorre conoscerne i volti per inserirli, finalmente, anche questi, nelle foto segnaletiche. 

sabato 13 settembre 2025

Venti di guerra al largo delle coste iblee. Ma questa terra cosa rischia di diventare?


L'estate 2025 non passerà alla storia soltanto per essere stata la più calda di sempre ma anche perché è stata parecchio movimentata da un punto di vista militare. A largo delle nostre coste l'agitazione (fortunatamente senza scontri) tra navi militari russe e della Nato, con il corollario di aerei ed elicotteri che pattugliavano le aree interessate, è stata intensa e continua. Basta visitare il sito italmiradar.com e leggere i post che riguardano le tensioni nel Mediterraneo per trovare conferma di ciò che scrivo.  Ma perché vi è stata e vi è tutta questa allerta? La guerra in Ucraina e le vicende mediorientali ci raccontano quella parte dello scontro che riguarda il controllo della superfice delle acque del Mare Nostrum. Accanto a questo vi è un altro conflitto ben più grave e pericoloso: è quello sul controllo dei fondali del Mediterraneo! La Sicilia, per la sua posizione centrale tra Europa, Asia e Africa, è diventata il punto di incontro, il nodo cruciale, per la rete internet mondiale

Sui nostri fondali, al largo della costa ragusana, poggiano i cavi di fibra ottica che trasportano le informazioni tra l'Estremo Oriente e le Americhe, tra L'Africa e il Nord Europa.  A Marina di Ragusa e a Pozzallo vi sono le stazioni di approdo di questi cavi che servono a rafforzare il sistema di connessione a livello internazionale. Le immagini che allego, tratte dal sito submarinecablemap.com, evidenziano la condizione di ciò che sto raccontando.

E' chiaro pertanto come la Sicilia, e in particolare la zona iblea, sia diventata un'area strategica, definita da esimi giornalisti, manager di primo piano e militari alti in grado: "hub informatico",  "cerniera digitale", "cuore della rete mondiale di internet".  Tutto questo ovviamente ci espone ad una nuova serie di problemi, soprattutto ora che vi sono diverse tensioni. Pensare di provare a tranciare questi cavi significa non solo voler alterare l'economa globale ma peggiorare una serie di equilibri geopolitici già, da tempo, abbastanza precari. Ecco spiegato perché la sola presenza, a largo delle nostre coste, del rimorchiatore russo Jakob Grebelsky - probabile nave di appoggio del  sottomarino russo Novorossky - ha attivato un intenso sistema di allerta che è stato seguito e raccontato per l'intera estate dal sito www.itamilradar.com.

La Sicilia,  il nostro territorio, grazie (si fa per dire) a questo nuova condizione strategica, si appresta a diventare  una grande base militare, una gigantesca caserma,  una zona di economia di guerra, dove verranno formati i guerrieri del XXI secolo. Non è un caso se poche ore fa, il presidente della commissione Difesa della Camera dei deputati, il modicano Nino Minardo, ha annunciato con una certa enfasi che presso l'aeroporto di Trapani-Birgi, nascerà il nuovo polo di addestramento globale dei caccia F-35 e sarà la struttura gemella di quella già operativa nella Luke Air Force base in Arizona, negli Stati Uniti.  Il deputato ha voluto inoltre fare rilevare come tutto questo "...è un’opportunità concreta per la Sicilia. Significa centinaia di posti di lavoro tra personale civile e militare, nuove possibilità per le imprese locali e la presenza di grandi realtà industriali come Leonardo e Lockheed Martin. Credo fortemente che la nostra Isola possa diventare un punto di riferimento nel Mediterraneo, coniugando industria della difesa, portualità e infrastrutture. È un’occasione storica di crescita e di sviluppo che dobbiamo saper cogliere."

Allora il futuro di questa terra non sarà il turismo, lo sviluppo del settore agroalimentare e quindi il rilancio della sua microimpresa ma sarà solo quello di diventare un'importante piattaforma tecnologico-militare? E quindi 'l'aeroporto di Comiso o il porto di Pozzallo, per "saper cogliere" queste occasioni storiche cosa potrebbero o dovranno diventare?  Le parole dell'on Minardo, nella loro banalità politica fanno paura e vanno a braccetto con quanto scritto nel Piano territoriale regionale (PTR). In questo documento (si veda l'immagine allegata) la fascia costiera che va da Siracusa a Licata viene definita "banana energetica", cioè dovrebbe diventare un area che produce energia con l'agri-voltaico, biocarburanti e impianti eolici off-shore. Tutta  questa energia  serve forse a sostenere l'energivora Intelligenza Artificiale (AI) che dovrà viaggiare nella rete sottomarina?  Se è così (ed è probabile che sia così) tutto questo deve essere difeso, da ogni possibile attacco, con sistemi militari avanzati. Nell'area del Sud Est siciliano sono operative: la base di Sigonella, il sistema MUOS e poi vi sono diverse infrastrutture militari, apparentemente secondarie, sparse nel territorio. Alla luce di un possibile precipitare degli eventi, tanto in Ucraina quanto in Medio Oriente, potrebbero servire ulteriori strutture militari? E' forse questa  "l'occasione storica di crescita"  di cui parla l'on Minardo? E' così che si prova ad avviare la filiera della guerra? 



Nell'attesa che qualcuno risponda a questi quesiti penso che intanto serva una mobilitazione civile e democratica, prima che sia troppo tardi. Prima che tutto possa diventare definitivo.  

domenica 24 agosto 2025

Salvo Vitale, un uomo di coraggio.




Salvo Vitale non c'è più. Il 19 agosto, a 82 anni, pochi giorni dopo il suo compleanno, ci ha lasciato. Salvo era un amico fraterno di Peppino Impastato, era uno di quei compagni che si era dedicato  a quell’attivismo politico sano, creativo, geniale e totalizzante nato a cavallo tra gli anni '60 e '70. Si era laureato in Filosofia e aveva iniziato la sua carriera come corrispondente per L’Ora, ma poi decise di fare l'insegnante. Insieme a Impastato si dedicarono completamente alla lotta contro la mafia di Cinisi e di Badalamenti, denunciandone ogni attività illecita, deridendo i mafiosi e i loro complici politici. Infatti, una delle sue tante qualità era quella di burlare la mafia, di non prenderla troppo sul serio come fanno certi personaggi egocentrici che si atteggiano ad esperti di criminalità organizzate. Lui, insieme a Peppino, con il programma "Onda pazza", erano diventati dei potenti ed estrosi menestrelli. Si può dire che insieme hanno inventato l'antimafia sociale, quella che dà realmente fastidio e sta dalla parte degli oppressi. Dopo l’assassinio di Peppino, continuò la sua battaglia con una geniale incoscienza, riuscendo a mantenere viva la memoria di Peppino e soprattutto a far emergere la verità sul suo omicidio perché carabinieri e magistratura sostenevano (o depistavano) che Impastato fosse un terrorista incapace a maneggiate il tritolo o peggio, un folle suicida. Ha continuato in mille modi a dare fastidio e a deridere le mafie senza mai cadere nella rete dell'antimafia in doppio petto, anzi la criticava con tagliente ironia. “Mettere in mezzo a tutto una grande, comune risata”, era una delle sue massime. Con il suo blog , "Il Compagno - giornale di controinformazione stile Radio Aut", ha regalato tante analisi, e molti spunti  sul contrasto alle mafie, alle loro evoluzioni e ai loro interessi economici. Per tutta una vita ha cercato di animare il focolaio di agitazione che nasce dove ci sono uomini che subiscono ingiustizie”. Le parole a cui teneva  di più erano "resistere" e "oltre", un binomio che può sembrare un ossimoro ma che invece è stato ed è il motore che spinge verso  la concreta fattibilità che un altro mondo è possibile.
Salvo Vitale ci lascia due grandi insegnamenti: non piegarsi mai al silenzio, anche quando sembra inutile o fa paura, e poi che la memoria non è solo ricordo ma lotta.
Abbiamo perso un compagno, ma restano vive le sue parole che continueranno a suggerire ai giovani (ma anche ai meno giovani) di non arrendersi, perché le mafie si combattono e si abbattono con la cultura, con l’ironia e con il coraggio.

Per chi vuole conoscere gli scritti di Salvo Vitale https://www.ilcompagno.it/




mercoledì 13 agosto 2025

Sistemi idrici siciliani, per la Corte dei conti ci sono 25 anni di inefficienze.

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Ricordate la coppia Totò Cuffaro Felice Crosta? Il primo presidente della regione, finito in carcere per favoreggiamento aggravato alla mafia e violazione del segreto istruttorio, il secondo super dirigente regionale che guadagnava 1.500  euro al giorno. Entrambi furono i  firmatari del Piano di tutela delle acque della Regione siciliana, un documento elaborato tra il 2003 e il 2007 e poi approvato il 24 dicembre 2008. Uno strumento di pianificazione dove in più di 200 pagine veniva delineata l'autosufficienza del sistema idrico dell'isola, in grado di garantire il fabbisogno di tutti i comparti produttivi e civili anche in assenza di piogge prolungate. In 20 anni questo documento è diventato, via via, carta straccia. Il 7 agosto sorso la Corte dei conti ha certificato lo storico stato di inefficienza e di carenza strutturale sia dei grandi invasi sia delle reti idriche siciliane dove le perdite d'acqua, in alcuni casi, arrivano al 70%. Infatti nella relazione dei magistrati contabili si legge: “sussistono agli atti istruttori palesi e macroscopiche carenze documentali nella individuazione delle connessioni finanziarie e funzionali tra le diverse gestioni emergenziali che hanno interessato gli interventi per la realizzazione, il completamento e la manutenzione delle dighe, delle reti di grande adduzione delle risorse idriche, e delle reti comunali con decorrenza dall’anno 2001”. Il 2001 è proprio l'anno in cui inizia lo scempio privatistico dei sistemi idrici siciliani. Infatti la Regione con un decreto favorisce la privatizzazione della gestione idrica in base a “criteri di efficienza, efficacia e di economicità”. In una relazione l'allora commissario regionale per le acque, l'ex generale dei carabinieri Roberto Jucci, provò a cambiare quella norma proponendo l'istituzione di una authority che avrebbe dovuto gestire, unitariamente, le dighe, le condotte, e gli impianti comunali. Dopo quella relazione l'ex generale fu spedito a casa e la carica di commissario venne assunta da Totò “vasa vasa” che nominò suo vice il dott. Felice Crosta. Nel 2004, sempre durante il governo Cuffaro, nasce Siciliacque spa, società per il 75% privata e per il restante 25% di proprietà della regione. Oggi questa struttura gestisce 90 milioni di metri cubi d'acqua e copre il fabbisogno (si fa per dire) delle province di Agrigento, Caltanissetta, Enna, Trapani, e in parte di Palermo, Messina e Ragusa. In tutte queste zone si sta affrontando da tempo una grave crisi idrica che viene attribuita quasi esclusivamente alla scarsa piovosità e alle alte temperature. Ma nel Piano di tutela delle acque non si scrisse che i sistemi idrici siciliani erano in grado di garantire il fabbisogno di tutti i comparti produttivi e civili anche in assenza di piogge prolungate? Cosa è cambiato da allora? La recente relazione della Corte dei conti ci fornisce un dato significativo che delinea lo spessore delle gravi insufficienze strutturali sia nella realizzazione e sia nella manutenzione delle opere idriche dell’isola: su 1.438 interventi urgenti e di immediata attuazione richiesti in tutta Italia al Commissario nazionale per l’emergenza idrica, 773 arrivano dalla Sicilia, cioè più del 50% degli interventi richiesti. Tutto questo, secondo i magistrati, “costituisce una prima evidenza della gravità del deficit strutturale nella realizzazione e/o manutenzione delle opere idriche nella Regione siciliana”. E i criteri di efficienza, efficacia ed economicità che per la Regione dovevano arrivare con la privatizzazione dove sono finiti? Si parla di un Piano di messa in sicurezza del sistema idrico siciliano, il costo si aggira a circa 1,3 miliardi. Il 60% di questo Piano pare sia già finanziato e prevede la costruzione e il rifacimento delle grandi strutture irrigue per circa 600 milioni di euro, la messa in sicurezza delle dighe per 440 milioni di euro, il riutilizzo delle acque reflue in agricoltura per 200 milioni di euro e altri 60 milioni di euro per la rimozione del fango degli invasi. Un profluvio di soldi pubblici che fa sfregare le mani a tanti e non esclude il rischio di infiltrazioni mafiose. Ecco perché la magistratura contabile, dopo 25 anni, vuole vederci chiaro e “chiede (a diverse strutture regionali ndr) di fornire lo stato di attuazione degli interventi programmati”.  Chi avrà il coraggio di raccontare come stanno i fatti di fronte ad un quarto di secolo di (volute?) debolezza gestionali? Intanto Totò Cuffaro, dopo le sofferenze patite in carcere,  si è ripreso, prepotentemente, la scena politica siciliana e le sue decisioni, anche quelle sulle politiche di gestione dell'acqua, saranno molto determinanti. Tutto questo mentre in Sicilia  aumenta la siccità, avanza la desertificazione e la sete brucia le gole dei siciliani. Tre emergenze che hanno già messo in moto la macchina del consenso.



In allegato la delibera della Corte de conti

file:///C:/Users/PC8/Desktop/delibera_213_2025_sicilia.pdf

sabato 5 luglio 2025

Sicilia grande piattaforma militare!? L'aeroporto di Comiso cosa sarà?

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La dichiarazione/notizia è passata come una meteora, la scia è stata molto luminosa ma si è subito diradata. Nei social se ne è parlato per alcune ore. In tanti hanno postato nelle proprie bacheche i link dei quotidiani e delle piattaforme all-news e li sono arrivate le “condivisioni”, sono piovuti i “mi piace” e i “commenti”.  Infine, come avviene per qualsiasi notizia, dopo poco tempo tutto si è dissolto come nella scena di un film. Ora, siccome certe dichiarazioni non possono essere metabolizzate in questo modo io la ribadisco e la rilancio con forza: La Sicilia diventerà il primo luogo extra Stati Uniti dove saranno formati i piloti dei caccia bombardieri F-35. Questa frase è stata declamata con una serafica serenità dal Ministro della difesa (o della guerra?), Guido Crosetto, il 2 luglio scorso nella base militare di Decimomannu, in Sardegna, alla presenza del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Il ministro non si è limitato solo a dare questa notizia, ma l’ha presentata come un grande vantaggio per l’isola, “che porta ricchezza e aiuta a mettere insieme le capacità industriali…perché il futuro si costruisce facendo diventare la difesa un motore sociale, economico, di innovazione e tecnologico”.  Dopo poco tempo sono arrivate le dichiarazioni del presidente della commissione difesa della Camera, on. Nino Minardo, : “Dal punto di vista economico, l’iniziativa può avere ricadute significative sul territorio, generando occupazione qualificata e attrazione di investimenti. La presenza di una struttura di questo livello in Sicilia rafforza il sistema industriale della difesa e apre nuove prospettive per la formazione e la tecnologia. È fondamentale adesso che vi sia massima attenzione e collaborazione per seguire ogni sviluppo, garantendo il necessario supporto istituzionale”.
La Sicilia, da laboratorio politico,  si appresta a diventare anche una grande base militare? Una gigantesca caserma? Un luogo dove si formano i guerrieri del XXI secolo? Queste domande non nascono a caso ma scaturiscono da una serie di fatti che si sono susseguiti negli ultimi tempi. 

Nel 2023, presso i cantieri navali di Palermo, sono stati effettuati lavori di adeguamento relativi all’imbarco dei nuovi aerei F-35 sulla portaerei Cavour - nave ammiraglia della nostra Marina militare. Nel 2024, sempre presso i cantieri navali di Palermo, è stata effettuata la manutenzione di un’altra nave da guerra, l'unità anfibia multiuso Trieste. Sempre nel 2024 ad Augusta è stato istituito il polo unico di formazione avanzata per gli ufficiali della Marina Militare designati al comando navale. Dal gennaio di quest’anno, voci sempre più insistenti parlano di insediamenti in aree industriali siciliane (Termini Imerese?) di azienda specializzata nella progettazione e sviluppo di batterie a litio di nuova generazione sia per uso industriale che commerciale. L’uso industriale è legato all’industria delle armi? Faccio notare che le batterie a litio sono fondamentali nella gestione elettronica dei nuovi sistemi d’arma.  A marzo 2025 il vice presidente esecutivo della Commissione Europea, Raffaele Fitto,  a margine di un convegno che si è tenuto a Palermo, sul tema della spesa dei fondi Ue e della destinazione di queste somme per la difesa, ha dichiarato che vi è la possibilità di utilizzare le risorse della politica di coesione per spese militari. Infine, lo ribadisco, pochi giorni fa il ministro Guido Crosetto ci annuncia che in Sicilia saranno formati i top gun che piloteranno gli F-35. 

Riepilogando: nuove strutture di manutenzione, nuove basi militari di alta formazione, nuove industrie di produzione. In Sicilia, per fare tutto questo, oltre ai soldi, servono zone dedicate all'accettazione e al deposito temporaneo di merci e materiali utili a realizzare ciò. In particolare: strutture, mezzi e attrezzature dovranno arrivare o nei porti o negli aeroporti e poi serviranno delle basi logistiche. E' forse per questo motivo che l'aeroporto di Comiso dovrebbe diventare un'area cargo? E' possibile che alcune zone industriali (Catania o Termini Imerese?) possano diventare basi dove o ammassare il materiale o insediare industrie a servizio di questo ambizioso progetto? Parafrasando il titolo di un vecchia canzone, "strada facendo" vedremo cosa accadrà. Intanto, però, da qualche tempo il nostro cielo è solcato ciclicamente da aerei militari da trasporto e da grossi elicotteri da trasposto. Chissà perché?

sabato 7 giugno 2025

Le criptovalute sono il nuove fronte delle mafie. Anche in provincia di Ragusa?


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Le mafie stanno aggiornando il proprio capitale sociale. La nuova frontiere per riciclare il denaro prodotto illegalmente è la finanza digitale. Da tempo le criptovalute si sono imposte come strumenti di pagamento alternativi perché garantiscono transazioni veloci, anonime e difficilmente tracciabili. Questi nuovi sistemi, proprio per le caratteristiche che presentano, sono strumenti perfetti per riciclare il denaro prodotto illegalmente, per tanto stanno diventando un riferimento concreto per le economie mafiose. Questo non significa che bisogna attribuire ai mafiosi chissà quali competenze. Le loro conoscenze sono comunque sempre molto limitate. Però comprendono l'importanza di avere facilitatori e mediatori pronti a mettere a disposizione le proprie capacità e quindi certi servizi. Si è parlato più volte dei professionisti, di legali o consulenti finanziari capaci di riciclare le masse di denaro prodotte illegalmente con la gestione della droga e dei rifiuti. Adesso, tra questi, bisogna iscrivere anche gli informatici, gli hackers, persone in grado di operare nel dark web, un pezzo di internet non catalogato dai mortori di ricerca tradizionali (Google, Opera, Bing,...)  ma da motori particolari come i “Tor”, cioè browsers progettati per migliorare l’anonimato on line. Li si possono sviluppare attività illegali come il commercio di sostanze stupefacenti, il commercio d’armi, il gioco d’azzardo on line, la pedopornografia, ect. Le transazioni economiche di queste “economie”, cioè i pagamenti, avvengono con le criptovalute.  Gli hackers, per le loro "compentenze" sono in grado di offrire una gamma di servizi capaci  a "migliorare" la gestione delle “transazioni aziendali”. Alcune di queste prestazioni potrebbero essere: 

  • Le applicazioni decentralizzate (dApp), applicazioni simili alle app tradizionali, con la differenza fondamentale che al posto di appoggiarsi su server (sistema in cui tutti i processi informatici sono gestiti da un singolo computer) sfruttano le piattaforme blockchain, cioè una struttura digitale a cui possono accedere solo i membri della rete autorizzati.
  •  L’implementazione di smart contract, un sistema che permette di eliminare intermediari e di garantire l'esecuzione automatica delle clausole di pagamento quando le condizioni sono soddisfatte.
  • Il wallet, tecnicamente il portafoglio, uno strumento digitale che permette il salvataggio e la gestione di criptovalute.

Tutto questo non è facile da controllare, non è semplice da investigare e quindi è complicato da individuare. Non è un caso se nell’ultima relazione della DIA si legge che le criptovalute sono diventate lo strumento privilegiato per il riciclaggio dei proventi illeciti. E' in atto  quindi, come ho scritto all’inizio, un aggiornamento del cosiddetto capitale sociale delle mafie. Prima, quando si pensava alle relazioni esterne, si pensava ad avvocati, commercialisti, broker finanziari capaci a ripulire il denaro sporco. Oggi per riciclare il denaro servono anche persone che abbiano competenze informatiche.

Da queste considerazioni emerge una domanda: ma la situazione criptovalute in provincia di Ragusa qual è? Il nostro territorio da tempo è molto attento alle innovazioni digitali, pare che sia tra i più attivi del Mezzogiorno. In questa parte della Sicilia, in poco tempo, si è formata una rete consistente di servizi e di consulenza che assiste privati e aziende nell’adozione delle criptovalute e delle tecnologie blockchain. Questo non significa che dietro ci siano obbligatoriamente economie malate o le mafie, però è un dato indicativo che gli inquirenti potrebbero cominciare a tenere in considerazione.

Infine mi permetto di evidenziare che non va dimenticata una cosa: nella nostra provincia la ‘ndrangheta, da tempo, ha un ruolo di primo piano. Questo non deve fare trascurare un altro fatto: la stessa 'ndrangheta è l’organizzazione che, lì dove opera, sa utilizzare al meglio le piattaforme di trading clandestine e bancomat virtuali per convertire e spostare fondi...senza lasciare tracce.  


Per scrivere questo post ho consultato:

https://www.zerounoweb.it/techtarget/searchsecurity/dark-web-cose-e-come-evitarne-i-trabocchetti/

https://www.bitpanda.com/academy/it/lezioni/cose-una-dapp/

https://www.ilsole24ore.com/art/smart-contract-cosa-sono-e-come-funzionano-clausole-blockchain-ACsDo2P?refresh_ce=1

https://drive.google.com/file/d/1CSmwV2Z5e61sQWgN6muvRgXFc1y-sQA_/view

 https://www.ragusaoggi.it/criptovalute-quanto-sono-popolari-a-ragusa-chi-le-utilizza-di-piu/

https://www.ilvibonese.it/cronaca/541946-gratteri-la-ndrangheta-ora-si-fa-pagare-anche-in-bitcoin-ma-nel-darkweb-la-camorra-e-avanti/

 

domenica 25 maggio 2025

In provincia di Ragusa la mafia c'è...ma non si vede.

Foto tratta dal sito https://ginotaranto.it/

In provincia di Ragusa c’è la mafia, ma non si vede.  Questo territorio va narrato per il suo modo di essere seducente, per la sua immagine turistica, per il suo mare, per il suo cibo, per la sua storia.  Tutto questo però deve essere come una nebbia, capace di offuscare i misteri e le anomalie di questa terra. Qui non si spara più, o meglio, rispetto al passato si spara poco, molto poco, e si spara solo in alcune zone. Quando si spara, i colpevoli, dopo pochissime ore, vengono individuati e arrestati e le loro facce finiscono sui quotidiani locali. Guardando quei volti si capisce subito qual è lo spessore criminale dei soggetti, si intuisce pure qual è il livello di miseria e di emarginazione in cui sono cresciuti.  Questo tipo di arresti a molti fa dire che lo Stato è attento, è vigile, controlla il territorio. Ma non è proprio così. Le mafie hanno avuto sempre due facce: una è quella dei personaggi cupi, miseri, sconfitti dalla vita, che non hanno nulla da perdere; l’altra è quella delle facce d’angelo, dall’abbigliamento ricercato, che magari gestiscono attività imprenditoriali floride che si sono affermate in poco tempo, creando un radicamento nel territorio attraverso assunzioni di lavoratori e azzerando la concorrenza. Diversi si chiedono come siano diventati così “produttivi”, così facoltosi, ma è una curiosità leggera che svanisce subito. Nei fatti prevale sempre non la paura ma l’ammirazione e il rispetto per la capacità e la rapidità che questi “imprenditori” hanno avuto nel sapersi imporre economicamente e socialmente. Questi personaggi eterei ma concreti, impalpabili ma consistenti, possono diventare anche classe politica-amministrativa. 
Far convergere certi interessi imprenditoriali con quelli della criminalità economica non può essere un fatto casuale, forse è strutturale e, secondo me, si dipana su più livelli. In sintesi, gli interessi di certe imprese e quelli dell’economia criminale condividono una logica: lo sviluppo illimitato dei capitali e quindi si alimentano a vicenda.  Un esempio che spieghi in pochi punti questa mia tesi potrebbe essere questo: 
1. Le mafie di questa terra accumulano capitali illeciti con la gestione della droga e dei rifiuti.
2. Professionisti capaci e spregiudicati trovano le condizioni attraverso un sistema finanziario compiacente per ripulire questi fondi.
3. I capitali entrano nell’economia legale sotto forma di investimenti, spesso in settori strategici (edilizia, turismo, logistica, serricoltura,…).
4. Il sistema bancario guadagna, gli imprenditori crescono e lo Stato finge di non vedere.

E’ forse questo il nuovo modello di sviluppo che si sta affermando in Sicilia e in particolare nella nostra provincia? 

Poche settimane fa il presidente della Commissione regionale Antimafia, on. Antonello Cracolici, in visita a Ragusa ha dichiarato che questa provincia è al centro degli interessi criminali interconnessi tra mafia, ndragheta, criminalità del nord Africa e con l’isola di Malta. “I settori di maggiore preoccupazione riguardano il traffico di stupefacenti, le attività connesse al riciclaggio, …e la gestione della manodopera e del lavoro clandestino”. La mia ipotesi quindi non è poi così fantasiosa. E allora qui non servono solo più forze dell’ordine, qui servono più ispettori bancari che verifichino con attenzione ciò che avviene dentro il sistema finanziario, qui servono più ispettori dell’Agenzia delle Entrate che controllino ciò che accade all’interno di certe imprese. E’ facile arrestare il piccolo spacciatore, così come è semplice verificare fiscalmente una piccola attività artigianale o commerciale. Molto più complicato (per tanti motivi) verificare ciò che accade all’interno di certe imprese o peggio all’interno di un istituto bancario. Mi ritornano in mente le parole del presidente della Corte di Appello di Palermo, dott. Giovanni Pizzillo, il quale convocò il consigliere Chinnici per dirgli: “Ma cosa credete di fare all’Ufficio di Istruzione? La devi smettere di fare indagini nelle banche, così rovini tutta l’economia siciliana”. E gli suggerì di caricare il giudice che faceva le verifiche bancarie, Giovanni Falcone, di “processetti” in modo che “così farà come ogni giudice istruttore: non farà più niente”. Ma Chinnici e Falcone non ascoltarono il consiglio e andarono…per la loro strada.

Chiudo questo mio post con una notizia che è in attesa di verifica. Si dice che la Corte d’Appello di Catania abbia annullato il sequestro di quattro aziende di Vittoria che erano confiscate e in amministrazione giudiziaria. Mi auguro che ciò non sia vero, e comunque se tutto questo troverà conferma sarà interessante leggere nella sentenza i motivi di questo dissequestro.

venerdì 25 aprile 2025

25 APRILE: RICORDARE I PARTIGIANI DI VITTORIA.


Foto presa da Google Immagini

Il 25 Aprile ha segnato, segna e  segnerà sempre, in modo chiaro e inequivocabile, il confine tra la fine delle barbarie e l'inizio della civiltà. Questa data, ma più in generale la Resistenza, ci ha ridato la gioia e l'orgoglio di essere italiani. Tutto questo è stato determinato dai partigiani, persone che hanno combattuto volontariamente contro l'inciviltà e la ferocia del nazifascismo. Va detto che tanti furono i partigiani siciliani impegnati a combattere in tantissime aree del Nord Italia. Donne e uomini, anche della nostra città, fecero la Resistenza combattendo e sconfiggendochi voleva imporre il concetto disumano di "superiorità" con le persecuzioni, gli arresti, le torture, fino ad arrivare all'uso delle camere a gas e dei forni crematori.

Già lo scorso anno avevo ricordato il nome di una donna partigiana di Vittoria, Giuseppina Di Guardo, che combatté con le Squadre di Azione Patriottica (SAP) in Emilia Romagna.  Quest'anno - grazie ad una ricerca guidata dal prof. Claudio Dellavalle (già ordinario di storia contemporanea presso l'università di Torino) e dagli Istituti storici della Resistenza del Piemonte, in collaborazione con il Ministero della Difesa -  segnalo una banca dati informatica che raccoglie 108.421 nomi di partigiani, combattenti, patrioti e benemeriti che hanno svolto attività durante la lotta di Liberazione in Piemonte (regione dove la Resistenza fu più tenace e combattiva), di questi, 34, sono di origine vittoriese.

Ripeto: 34 persone di Vittoria, tra il 1943 e il 1945, hanno combattuto nel territorio piemontese contro i nazifascisti. In questo “motore di ricerca” si possono consultare le schede personali di questi nostri “compaesani”. Ogni scheda comprende, oltre ai dati anagrafici, il nome di battaglia e la qualifica (partigiano, patriota, benemerito), l'indicazione delle formazioni di appartenenza con i relativi periodi, la professione, la carriera militare precedente l'8 settembre 1943, l'eventuale appartenenza alle formazioni della Rsi, i gradi partigiani, le ferite ed eventuali dati su decesso, cattura e deportazione. Per chi volesse consultarli allego di seguito l’indirizzo. 

Da una prima verifica (vorrei sinceramente sbagliarmi) pare che a Vittoria, sia di Giuseppina Di Guardo quanto di queste 34 persone, non esista memoria alcuna.  Se il fascismo è stato (ed è) la barbarica volontà di potere di una élite corrotta e improduttiva, il cui fine è stato (ed è) quello  di schiacciare - anche con la violenza - il lavoro produttivo per sostenere la rendita finanziaria e il parassitismo burocratico dello Stato; le persone che lo hanno combattuto non possono essere dimenticate o peggio ignorate. Se dopo 80 anni il “mostro”, con "sobrietà", ha ripreso forma significa che il valore della Resistenza si è perso, non è più la virtù su cui si è fondata la Repubblica e la democrazia italiana. Recuperare la memoria, essere militanti della memoria, non è più doveroso, è obbligatorio...perché la memoria è l'unico vaccino della democrazia.

P.s. se il link allegato non si apre provare con quest'altro indirizzo http://intranet.istoreto.it/partigianato/default.asp, poi cliccare su "Accedi alla ricerca del PARTIGINATO PIEMONTESE" digitare il comune di nascita e la provincia e si apre l'elenco.

domenica 2 marzo 2025

Dati e analisi sulle economie mafiose in provincia di Ragusa.


Foto tratta dal sito 
https://ginotaranto.it/project/difesa-inutile/ che ringrazio


Ho sempre immaginato il rapporto tra economie mafiose ed economie "legali" come le aree d'intersezione tra più cerchi. Se in geometria è facile descrivere il perimetro e calcolare la superfice di queste figure anomale, invece, nei di rapporti opachi tra sistemi produttivi non è per nulla semplice delimitarne le dimensioni. Tante volte ho provato a descrivere queste zone, ma benché le mie teorie poggino su ipotesi che avrebbero una certa valenza, restano comunque sempre delle supposizioni. Di recente però sono stati pubblicati tre studi che danno indicazioni chiare su questo tipo di connessioni  economiche. Le stesse forniscono stime e mappe concettuali. Due  pubblicazioni sono dell'Unità d'Informazione Finanziaria della Banca d'Italia: la prima pubblicata nel maggio 2021, la seconda nel novembre 2024.  La terza pubblicazione, invece, è del dicembre 2024 ed è stata divulgata dal centro studi della CGIA di Mestre. In quest'ultimo studio viene pure stilata una graduatoria delle connessioni tra econome mafiose ed economie "legali" presenti nei contesti criminali di 105 province italiane. La provincia di Ragusa in questa speciale classifica occupa la 40° posizione. Infatti, su circa 30.000 imprese attive al 30 novembre 2024,  885 sarebbero quelle connesse alle mafie locali, cioè il 3% del totale. Ma questa valutazione non tiene in considerazione dell'indice di imprenditorialità mafiosa, cioè il rapporto tra la stima di imprese connesse con le economie criminali e il numero di abitanti della provincia. La provincia di Ragusa, con meno di 320.000 abitanti e 885 attività che gravitano attorno alle economia criminali, ha un indice di imprenditorialità mafiosa che è pari a 0.3%. La sorpresa viene fuori analizzando i dati delle province di Palermo e di Catania. Le due aree metropolitane, nella classifica redatta dalla CGIA, sono al 6° e 9° posto, ma al calcolo dell'indice di imprenditorialità mafiosa presentano un valore di infiltrazione che è di poco successivo e uguale a quello della nostra provincia (0.33% Palermo, 0.3% Catania). 

La provincia (presunta) "babba", l'isola nell'isola, ha le stesse caratteristiche di quelle aree metropolitane su cui le mafie hanno avuto, purtroppo, da sempre una presenza determinate!!?
 
Sarebbe interessante sapere come queste 885 attività ragusane, legate alle econome mafiose, siano distribuite nel territorio provinciale, cioè in quali comuni ricadono, e soprattutto capire quali siano i settori connessi e quale forma giuridica e dimensione hanno queste imprese. 

Individuare la distribuzione territoriale di queste "attività" non è per nulla facile, ma un aiuto può arrivare dalla classificazione dei settori economici maggiormente infiltrati. 

           


Il diagramma pubblicato a pag. 19 dello studio del novembre 2024 della Banca d'Italia indica le attività maggiormente soggette ad essere infiltrate. I primi, in ordine di importanza sono: il commercio a dettaglio (Rentail), la manifattura, le costruzioni, l'immobiliare (Real estate), l'alberghiero e la ristorazione (Accommodation and food services). In quale area della nostra provincia ricadono maggiormente queste attività? Basta percorrere la Strada Statale 115, partendo da Acate fino ad Ispica e poi ripercorre a ritroso la vecchia litoranea e si capisce subito dove possono essere ubicate. 
Sulla forma giuridica preferita dalle attività mafiose viene in aiuto la relazione di un esperto come il colonnello Giuseppe Furciniti della Guardia di Finanza il quale scrive: "La forma giuridica più diffusa è la società a responsabilità limitata, ritenuta il miglior compromesso tra l'agilità di costituzione e gestione e le esigenze di occultamento dell'identità criminale (grazie alla frammentazione del capitale tra più soggetti diversi). A quest'ultimo obiettivo, risponde anche l'utilizzo di prestanome e l'utilizzo di strutture di controllo societario a partecipazioni incrociate (“scatole cinesi”). La preferenza per la forma delle s.r.l. è spiegata soprattutto dalla facilità di costituzione (si richiede un capitale sociale di 10.000 €) e dal vantaggio dettato dalla limitazione delle responsabilità patrimoniali".
Le dimensioni delle imprese connesse alle mafie vengono definite nello studio della Banca d'Italia pubblicato nel novembre del 2024. Gli autori introducono un quadro concettuale per distinguere i diversi motivi di infiltrazione delle mafie nelle imprese legali che si basa su tre motivazioni principali: funzionale (imprese create per attività criminali), competitiva (imprese di medie dimensioni infiltrate per beneficiare di attività criminali) e pura (grandi imprese utilizzate per benefici economici e non economici, come connessioni politiche). Come si può notare, lo studio  prende in considerazione le medie grandi imprese e non le piccole e le microimprese.  Sarà che queste ultime non sono per nulla funzionali agli interessi economici delle mafie? Faccio notare che nella nostra provincia il 94% delle imprese attive sono piccole e microimprese, ovviamente  il restante 6% sono medie grandi imprese. Se lo studio della CGIA di Mestre stima per la nostra provincia 885 imprese infiltrate,  cioè il 3%  delle imprese attive. Se il 6% delle imprese attive in provincia sono di dimensioni medio grandi. Se la Banca d'Italia dice che le medie grandi imprese sono quelle economicamente più adeguate agli interessi delle mafie. 
Ma per caso  il 50% delle medie grandi imprese iblee sono connesse alle mafie???

Gli Obiettivi Strategici delle medie grandi aziende infiltrate dalle mafie sono da sempre  orientati a migliorare la capacità produttiva e i ricavi. Queste aziende devono diventare punti di riferimento sociale e politico nei loro territori e per fare questo si avvalgono di figure professionali di alto livello, sia in campo tributario e sia in campo giuridico. Tutto questo non lo fanno per creare sviluppo, ma, in primo luogo,  per riciclare il denaro che proviene dalle attività illecite. Per fare ciò serve  soprattutto la complicità del sistema bancario che, anche attraverso l'accesso al credito sostiene quegli "investimenti" in grado di "digerisce" le masse di denaro prodotte illegalmente. A sostegno di questa tesi vi sono sempre i dati forniti da Banca d'Italia i quali dicono che in Sicilia a giungo del 2024 il credito alle imprese si era ridotto del 1,3%  rispetto a dodici mesi prima. La flessione però ha riguardato le piccole e medie imprese (-6%!), mentre per le medie grandi imprese i prestiti sono cresciuti. Il dato della provincia di Ragusa è emblematico. A settembre del 2024 l'importo totale dei prestiti bancari per tutte le attività economiche ammonta a circa due miliardi di euro (esattamente 1.937.000.000 di euro), di questi oltre un un miliardo (esattamente 1.377.000.000) è stato affidato a medie grandi imprese, la differenza, circa 600 milioni (esattamente 560.000) è andata invece alle piccole e micro imprese. Quindi, con  molta probabilità, le 885 medie grandi imprese legate alle economie mafiose iblee hanno avuto la possibilità di accedere facilmente al credito? 

Questi dati mi riportano in mente le parole del dott. Salvatore Formica, gestore di un'impresa confiscata alla mafia, il quale nel luglio scorso mi raccontò delle difficoltà che aveva nell'ottenere dei finanziamenti perché gli istituti di credito non ritenevano e non ritengono più affidabili le imprese amministrate giudiziariamente. Le Banche non credono nello Stato gestore di imprese confiscate?

Lo Stato,  con le sue istituzioni ha mostrato tutta la sua forza contro la mafia rozza e violenta,  l'attenzione delle e forze dell'ordine è riuscita a disarticolare le strutture militari. Non è un caso se molti esponenti locali stanno in carcere. Ma della mafia che si mischia nell'economia che conta, che punta ad entrare negli apparati istituzionali, che propone accordi e non scontri non c'è manco l'ombra del contrasto.  Serve accendere i riflettori su ciò che sta accendendo in questa provincia che di "babbo" come dimostrano i dati,  non ha proprio nulla. Occorre una nuova antimafia che accanto alla memoria solleciti la magistratura e le forze dell'ordine a guardare con attenzione cosa sta succedendo nell'economia iblea.  Continuare a pensare che le mafie di questa terra siano solo delle bande di ignoranti, che abitano nei quartieri degradati è un errore clamoroso. Questa è gente schiacciata e sconfitta dalle loro miserie, che le forze dell'ordine braccano quotidianamente. Qui c'è un'altra mafia, mite, ricca, elegante, potente, e per questo molto più pericolosa che va bloccata...prima che sia troppo tardi.

Per scrivere questo post ho consultato:












domenica 16 febbraio 2025

RAGUSA, PROVINCIA BABBA O MAFIOGENA?

Foto tratta dal sito ginotarato.it che ringrazio per la concessione


Il traffico delle droghe ha segnato e segna la svolta sostanziale per le economie mafiose di questa terra. Le droghe sono diventate l’elemento centrale che attrae e trascina, in modo trasversale, una gamma variegata di persone appartenenti a diversi gruppi sociali. Nello spaccio al minuto sono coinvolti intere famiglie, molte delle quali vivono in uno stato di indigenza. I vari elementi di un gruppo familiare, in assenza di un lavoro legale, trovano nella vendita di cocaina, di crack, di hashish una risposta occupazionale. Questo commercio, sempre più consistente, è diventato un lavoro e quindi una parte fondamentale dell’economia reale del Sud Est siciliano. E' il welfare, lo stato sociale, creato dalle mafie, capace di venire incontro alle esigenze del pensionato che non riesce ad arrivare a fine mese, al disoccupato di mezza età che non trova lavoro o a quelle di tanti giovani, definiti nerd o neet, i quali attraverso le applicazioni social sono diventati i rider dello spaccio.  E' questa la nuova economia che genera occupazione anche in provincia di Ragusa, non ci sono comunità esenti da tale fenomeno. Come nell'economia legale esiste la competizione tra imprese che commerciano lo stesso prodotto, anche la vendita al minuto delle droghe attiva una competizione tra i vari spacciatori e questa, spesso, sfocia in conflitti. E' in tale ambito, secondo me, che vanno inseriti certi omicidi avvenuti di recente a Vittoria. Peppe Bascietto, pochi giorni fa, in un lungo post su Facebook, ha descritto con la minuzia di un giallista le questioni legate al mondo dello spaccio al minuto, ma ha anche aperto uno squarcio su ciò che io, in questo mio piccolo spazio telematico, scrivo e domando, provocatoriamente, da anni: da dove arrivano i quantitativi di droghe che stanno immiserendo il territorio? Chi gestisce il traffico di questa merce? Bascietto, nel suo post, parla di  "droga fornita dalla camorra". Ma la criminalità campana equipaggia, con piccoli quantitativi di cocaina, un gruppo familiare locale che è tenuto fuori dall'organizzazione criminale del territorio e quindi è incapace a soddisfare l'enorme domanda di sballo che arriva da tutte le zone. Per tanto, la domanda si ripropone: chi gestisce il traffico degli stupefacenti negli Iblei? Ha forse un ruolo la 'ndragheta? C'entra forse qualcosa la mafia albanese? Le operazioni di polizia svolte negli ultimi dieci anni nell'area Sudorientale della Sicilia ci raccontano come queste due organizzazioni oramai svolgano, anche nella nostra provincia, un ruolo centrale. Ad accendere i riflettori sul grosso traffico degli stupefacenti in terra iblea fu "l'operazione stammer" effettuata dalla Guardia di Finanza il 24 gennaio del 2017 dove una grossa parte degli 8.000 Kg di cocaina ordinati ai narcos colombiani dalla 'ndragheta (clan Pititto-Prostamo-Iannello di Mileto e Fiaré-Gasparro-Razionale di San Gregorio d'Ippona) finirono in Sicilia e in particolare su tre direttrici: Vittoria, Palermo e Catania. Quale gruppo locale era interessato ad acquistare una parte del mastodontico carico di cocaina proveniente direttamente dalla Colombia? Vittoria compare più volte all'interno di questa indagine in particolare quanto Pititto (esponente della 'ndragheta) incontra al MAAS di Catania (mercato agroalimentare) un tale di Vittoria, un certo Maurizio, per concordare uno scambio di droga. A questo punto le domande che sorgono sono: i quintali di cocaina che arrivano a Vittoria se li pippano solo i vittoriesi oppure vengono distribuiti i tutto il territorio ibleo? E chi gestisce a Comiso, a Ragusa, a Modica, a Scicli, a Ispica,... il traffico e quindi lo spaccio? E le masse di denaro generate da questo "commercio" servono solo a mantenere i precari o i disperati dello spaccio al minuto, oppure vengono riciclate in determinate attività economiche?  Ma questa giostra di domande non finisce mica qui.  Gli albanesi per diverso tempo sono stati coinvolti dalle 'ndrine calabresi nei trasporti e nella logistica della cocaina, ma grazie a ciò hanno sviluppato una capacità operativa ed economica che li ha resi sempre più indipendenti. Il loro status di narcotrafficanti è diventato di primo livello, non solo per la loro affidabilità ma, soprattutto, perché, a differenza dei calabresi, forniscono ai clan locali stupefacenti di alta qualità e a un prezzo molto più conveniente. Infatti, le mafie albanesi oggi, lavorano alla pari e senza farsi la guerra, con i calabresi. In particolare, proprio nella  parte Sud-orientale della Sicilia sono riusciti a portare a termine i loro traffici illeciti sia con esponenti di cosa nostra e sia con gruppi facenti capo a ciò che resta della stidda. Come non ricordare l'operazione "agnellino" della Questura di Ragusa, dove un gruppo di albanesi, con la complicità dei clan locali, aveva messo su un’organizzazione criminale dedita al commercio di cocaina, marjuana e hashish proveniente dall'Albania, in grado di fornire tutta la provincia iblea e di produrre così un giro d'affari di milioni di euro al mese. Anche queste somme dove finivano? Venivano sotterrate o riciclate in attività economiche? 

La provincia di Ragusa è stata da sempre crocevia di vari interessi anomali. Si può dire che questa terra, definita babba, è nei fatti mafiogena? E' giusto affermare che qui si sono generate e si generano economie malate che hanno creato uno sviluppo distorto capace di indebolire le poche economie legali rimaste? E' possibile affermare che le economie mafiose sono in grado di alleviare le difficoltà dei ceti sociali più deboli?  E se tutto questo risultasse vero: qual'è il rapporto tra un'imprenditoria mafiosa così forte e "credibile" con le istituzioni del territorio? A fronte di queste domande servirebbe un'antimafia nuova, meno movimentista e più realista, ma questo è un tema che proverò ad affrontare prossimamente. 

Pippo Fava in una delle sue inchieste scrisse:   “...Ragusa, con tutti i suoi paesi a corona, le sue dolci colline, le sue vallate che scendono sempre più dolcemente verso il mare... è frontiera...al di là della quale c’è la tragedia siciliana, con i suoi dolori e disperazioni,... ..E se un giorno quella linea esile di colline si incrinerà... ”. 

Per scrivere questo post ho consultato i siti seguenti:

https://www.facebook.com/story.php?story_fbid=10236325832035209&id=1511551850&rdid=5rf3yoqx9fFC2Z0y#

https://meridionews.it/droga-la-pista-siciliana-degli-affari-tra-ndrine-e-colombia-porto-di-catania-amici-di-vittoria-e-acquirenti-palermitani/

https://www.carabinieri.it/media---comunicazione/rassegna-dell-arma/la-rassegna/anno-2008/n-3---luglio-settembre/studi/fenomenologia-del-crimine-organizzato-transnazionale-la-mafia-albanese

https://livesicilia.it/la-droga-corre-sullasse-albania-sicilia-arresti-a-ragusa/?refresh_ce