Franco Assenza pochissimo tempo fa ha pubblicato un post particolarmente singolare su Facebook :“Capannoni case auto in fiamme corti circuiti e motorini guasti cose da squalo e piazza pulita”. Cosa intendeva dire? Forse, in questo periodo agostano, ci sono stati incendi dolosi? Capannoni? Auto di grossa cilindrata? E di chi? Sarebbe interessante capire se è successo qualcosa, e se è successa perché non è emersa? Altra cosa interessante in questo scorcio di fine estate è l'articolo di Paolo Borrometi pubblicato qualche giorno fa sul suo giornale online laspia.it. Un pezzo lungo e articolato che si apre con la frase di un collaboratore di giustizia che sta deponendo al processo che si sta tenendo a Ragusa: “A Vittoria non c'è bisogno che i clan fanno estorsioni, sono gli imprenditori che cercano i clan per pagare e mettersi in regola”. Un post e un articolo e in mezzo tanto silenzio. Troppo silenzio. Solo silenzio. Con poche parole chiare e inequivocabili, si dice che un pezzo di questa città vuole la mafia, ma non perché la stessa fa “scantari”, NO, la mafia si vuole perché da sicurezza e la sicurezza è l'anticamera del piacere. Infatti, ciò che piace va tutelato, va difeso, va protetto, non va accusato o incriminato. E' forse per questo che molti minimizzano e dicono che la mafia non c'è? Negare per difendersi e per proteggersi da una colpa evidente? Di fronte a questa eventuale condizione la società civile vittoriese, l'associazionismo antimafia, i club, gli indignati, dove sono? Sono forse chiusi nel loro perbenismo e nella loro esclusività?
In
una società come la nostra sempre più liquida ed economicamente
sempre più povera, dove le poche strutture sociali organizzate non
si pongono più il problema di come contrastare i "fenomeni
anomali", dove l'incertezza economica è la regola,
l'imprenditoria mafiosa - carica di capitali da reinvestire - si può
permettere di sguazzare da un luogo ad un altro senza problemi.
L'economia criminale è diventata una risorsa, una delle poche
certezze finanziarie di questa terra ed è per questo che imprese,
professionisti e certa politica si sono messi a sua disposizione? A
parole tutti contro la mafia nei fatti c'è chi partecipa al ricco
banchetto che mette insieme morale pseudo cristiana e capitali
mafiosi? Queste domande trovano risposta (si attendono conferme)
nelle dichiarazioni dai pentiti riportate da Borrometi. C'è un
avvocato che raccoglie o gestisce i soldi del clan e ci sono contatti
tra esponenti criminali con la politica locale. Inoltre, DIA e DDA da
tempo ci dicono che la principale struttura economica, il mercato
ortofrutticolo, è sottoposta al controllo delle imprese mafiose e, infine, c'è un'inchiesta su voto di scambio che a breve dovrebbe
concludersi.
Siamo
in presenza di una metastasi affaristico-politoco-mafiosa che si
espande dall'economia illegale a quella legale? Se è così per
sconfiggere questo cancro servono cure radioterapiche pesanti. Che
senso ha provare sdegno per come viene descritta Vittoria e poi non
fare nulla per riscattare la città? Chi pone un problema, piaccia o no, non è il problema. La cosi detta società civile se c'è batta un colpo.
L'ho
scritto in un post precedente, serve l'accesso al mercato e serve
capire quali forze politiche e sociali si sono messe a disposizione
in questi anni. Chi si è opposto a parole e chi con i fatti?
A ventisei anni dalla morte di Libero Grassi, ammazzato dalla
mafia perché non voleva piegarsi a certe logiche, risuonano ancora
le sue parole quando parlava dei partiti: “Prima di tutto la
qualità del consenso”. Frase che va estesa anche alla presunta
società civile.