"Il
sindaco di Ragusa, Cassì, al convegno che si è svolto il 27 ottobre
in occasione del 47esimo dell’assassinio di Giovanni, nel suo breve
intervento ha detto che a Ragusa non c’è la mafia ...”
Ho
estratto
questa frase da un lungo post pubblicato sul profilo Facebook di
Salvatore
Spampinato - fratello
di Giovanni Spampinato,
il giornalista ucciso
a Ragusa il 27 ottobre del 1972 perché scriveva sui rapporti tra
neofascismo e mafie nel Sud Est siciliano - e mi
è subito
sorta una domanda:
su
quale base logica il
sindaco di una città media siciliana
può
fare
un’affermazione
di questo tipo in
un convegno che ricorda un giovane cronista ammazzato
perché cercava la verità?
La prima risposta, a
freddo,
che mi sono dato è come
questo sindaco non
riesca
a
vedere una verità che non ha bisogno di essere dimostrata. Ma
ragionandoci con calma questa asserzione: “
… a
Ragusa non c’è la mafia ...”
ci
racconta qualcos’altro, ci
dice che il sindaco, ma più complessivamente la città di Ragusa, ha ancora
una visone classica della mafia: coppole, lupare, rapine, pizzo,
rapimenti … e
siccome tutto questo a Ragusa non c’è mai stato significa, per una logica conseguenza assurda, che nel capoluogo ibleo la mafia non c’è. Questa impostazione
potrà sembrare semplicistica ma è utile, involontariamente, a
nascondere l’azione reale delle mafie. A Ragusa prima ancora che a
Palermo la mafia ha abbandonato le lupare e le coppole, anzi
non le ha mai utilizzate e indossate,
ha assunto si
da subito
un’immagine diversa.
A
Ragusa, meglio che in altre parti della Sicilia, si è sviluppato, senza violenza, quel sistema
relazionale che non ha funzione di mero supporto, ma è l’aspetto
costitutivo del fenomeno mafioso.
Giovanni
Spampinato, 47 anni fa, aveva capito cosa si muoveva da
tempo
sotto la tranquilla e paciosa Ragusa.
Ha
alzato
un lembo di quel tappeto che nascondeva
verità imbarazzanti e
ha iniziato a raccontarle. Giovanni ha cominciando
a
minare
nella sua essenza
l'apparente serenità ragusana. Per
questo è stato ucciso, etichettato subito come un provocatore, uno che se l’è cercata, quindi un modello da non seguire e
per questo rapidamente dimenticato.
Al
sindaco di Ragusa va ricordato che la cultura
mafiosa
è un modo di essere, di agire sparso
in
tutta l’isola, nessuna città è esclusa. Questo sistema, a
Ragusa,
ha avuto la capacità di mimetizzarsi bene
determinando una barriera di silenzio che l’ha reso ancora
più
invisibile, impalpabile e quindi più potente. La
non
visibilità
non significa che
a
Ragusa non c’è la mafia, anzi a Ragusa servono azioni
amministrative di forte contrasto che accendano le luci, atti che non si sono mai visti. Signor sindaco, il buio non ha mai divorato ciò che nasconde.