40
anni fa un giovane dirigente della sinistra siciliana, la sinistra migliore, veniva prima massacrato di botte e poi, legato sui binari
ferroviari, dilaniato da una carica esplosiva. Qualcuno dice che l’ufficilale dei carabinieri, venuto da Palermo per indagare su
quell’omicidio, liquidò il tutto con una frase categorica e
imperativa: “attentato terroristico andato a male”. Ma Lui,
Peppino Impastato, era quanto di più lontano dal concetto di
“terrorista”. Peppino era un militante della sinistra, ma non quella elitaria, intellettualoide e fricchettona: NO! Lui apparteneva
alla sinistra che presidiava il territorio, quella che parlava e si
confrontava giornalmente con il mondo del lavoro, la sinistra che
denunciava i vizi e gli intrallazzi dei mafiosi e dei politici collusi con la
mafia. Insomma, era un militante attivo, un dirigente vero, una
figura credibile, “nu rumpi cugghiuna vijero”, capace di
organizzare e coinvolgere giovani, meno giovani, anziani e
“picciriddi”.
Comizi incalzanti con nomi e cognomi, giornalini, manifesti e volantini con tanto di facce, ruoli e incarichi. E poi la radio, “minchia sta radio”, quella faceva perdere il sonno a certe persone, arrivava da per tutto. Le sue denunce erano precise e circostanziate, ma soprattutto erano cariche di un umorismo tagliente che non solo faceva riflettere ma, cosa ancora più grave, riduceva i potenti a macchiette, a controfigure, a personaggi ridicoli, goffi e impacciati. Uno slogan di quegli anni recitava: “una rista vi seppellirà”. Ecco, Peppino li seppelliva, anzi li ha seppelliti, con la merda delle loro montagne. Ha pagato un prezzo troppo alto. La loro vendetta è stata cinicamente feroce. Lo hanno fatto a pezzi il 9 maggio, lo stesso giorno in cui i terroristi, quelli veri, uccidevano Moro. Ma anche le migliori bugie, quelle costruite così bene che a volte provano a superare la verità, hanno le gambe corte. Volevano infangare Peppino e sono annegati nel loro fango. Volevano punirne uno per educare tutti e invece, piano piano, ne sono nati altri, non come Peppino ma comunque “u stijessu rumpi cugghiuna”. Non lo avete solo fatto martire lo avete fatto maestro: uno dei migliori.
Comizi incalzanti con nomi e cognomi, giornalini, manifesti e volantini con tanto di facce, ruoli e incarichi. E poi la radio, “minchia sta radio”, quella faceva perdere il sonno a certe persone, arrivava da per tutto. Le sue denunce erano precise e circostanziate, ma soprattutto erano cariche di un umorismo tagliente che non solo faceva riflettere ma, cosa ancora più grave, riduceva i potenti a macchiette, a controfigure, a personaggi ridicoli, goffi e impacciati. Uno slogan di quegli anni recitava: “una rista vi seppellirà”. Ecco, Peppino li seppelliva, anzi li ha seppelliti, con la merda delle loro montagne. Ha pagato un prezzo troppo alto. La loro vendetta è stata cinicamente feroce. Lo hanno fatto a pezzi il 9 maggio, lo stesso giorno in cui i terroristi, quelli veri, uccidevano Moro. Ma anche le migliori bugie, quelle costruite così bene che a volte provano a superare la verità, hanno le gambe corte. Volevano infangare Peppino e sono annegati nel loro fango. Volevano punirne uno per educare tutti e invece, piano piano, ne sono nati altri, non come Peppino ma comunque “u stijessu rumpi cugghiuna”. Non lo avete solo fatto martire lo avete fatto maestro: uno dei migliori.