C’è
un tratto che tiene insieme la cultura mafiosa con un pezzo di certa
cultura “antimafiosa”. Questa linea viene retta da un
concetto semplicistico e di facile presa, che negli anni è diventato
sempre più consistente: “la mafia è un
fenomeno di malcostume, di violenza e di
degrado”. Sia chiaro, questi tre aspetti sono fortemente
pericolosi per le nostre strutture sociali, ma hanno poco a che
vedere con la mafia vera e propria. Elevarli ad atteggiamenti
mafiosi, non è sbagliato ma è eccessivo; significa diluire il
fenomeno, minimizzarlo per creare confusione, producendo in questo
modo un grande vantaggio ai veri mafiosi. Per identificare la vera
natura delinquenziale del fenomeno mafioso e le sue ripercussioni nel
territorio in cui è radicata, bisogna individuare gli aspetti
economici, politici e sociali che la alimentano e la sviluppano. Ma
questo prevede uno studio attento del territorio cosa che pochissimi
hanno fatto in questi anni e tra questi Giovanni Spampinato.
La
recente operazione “plastic free”, coordinata dalla DDA di
Catania, ci da alcuni elementi che ci permettono di differenziare il
livello criminale da
quello
realmente
mafioso.
Come più volte è
stato detto in questi anni (Paolo
Borrometi l’ha
pure scritto):
“Bruno Carbonaro - pentito della stidda - non ha mai parlato dei
capitali illeciti
che ha accumulato durante
la sua attività criminale”. Questi soldi come e da chi sono stati
gestiti mentre lui era sotto il programma di protezione? Ecco, questa
è una domanda che nessuno si è mai posto. Ma a questo
quesito
se ne affiancano altri:
questi soldi, si dice che fossero miliardi
di
lire, sono
stati
trasformati in milioni
di
euro. Come
è avvenuta questo cambio? Sono stati investiti in attività? Sono
stati depositati in un conto? Sono stati investiti in attività
finanziarie?
E
da
chi? Dai
personaggi legati a Carbonaro come “Salvatore D’Agosta detto
“Turi mutanna” o dai Minardi detti “i barbani”? Non
è,
forse, più
plausibile pensare
che
dietro la gestione di queste somme ci sono stati,
e forse ci sono ancora,
professionisti e istituti finanziarie
compiacenti? Con tutto il rispetto per la “capacità
imprenditoriali” delle persone arrestate in
questa
operazione:
ma architettare una
serie di società
a responsabilità limitata
a matrioska, capaci
di gestire, stoccare ed esportare parte dei rifiuti plastici fino in
Cina, non si mette in piedi senza la guida attenta di professionisti
esperti tecnicamente e finanziariamente. E’
troppo strano, ma
il
ruolo centrale di queste figure, in tutte le inchieste
che hanno
riguardato attività economiche illecite, non
emerge
mai.
Eppure
attorno a quest’area
grigia fatta
di colletti bianchi e di baciapile
si
coagulano
interessi
e dinamiche in
grado
di condizionare il sistema politico istituzionale di
un territorio.
Una
casta
in grado
di
utilizzare
quelle
insegne dell’antimafia
iconografica e
di
facciata (Montante
insegna) pur
di
raggiungere
certi
obbiettivi.
Questi
invisibili sono
l’ossatura portante del sistema mafioso locale,
reggono
l’intreccio
delle
relazioni
finalizzate
all’accumulazione di
capitali
e all’acquisizione e gestione di posizioni di potere, avvalendosi
di un codice culturale che
gli permette di
godere
anche
di un certo consenso sociale. Fateci
caso,
le
tante
operazioni di polizia, compresa
l’ultima,
ci hanno sempre consegnato facce bieche e truci di criminali, mai il
viso pulito
di chi gestisce i capitali illeciti delle
attività criminali:
perchè?
Sono
intoccabili?
Anche per lo Stato la mafia è solo un
fenomeno
di malcostume, violenza e degrado?
L’operazione
“plastic free” ci conferma
anche
ciò
che da tempo era opinione diffusa: per
anni le
mafie iblee si
sono dedicati al settore delle costruzioni, ora
si sono appropriati dei rifiuti appestando
il territorio. Hanno scavato per
poi
interrare
di tutto e quando non è stato possibile, qua
e la lungo la plaga, si materializzavano dense
fumarole
alimentate
anche dai
rifiuti urbani. Hanno
ammorbato suolo e aria. E
mentre le associazioni ambientaliste, insieme alle categorie
produttive e al
sindacato denunciavano queste anomalie le istituzioni
temporeggiavano.
"Plastic
free" non ci consegnsa l’ennesima raccolta di facce come l’album
delle figurine Panini. Indirettamente
ci racconta come prepotenza, corruzione e altri mali stiano
trasformando la nostra società in una palude mefitica dove è in
atto una “putrefazione morale” sempre più contagiosa ma cosa
ancora più grave:
culturalmente
vincente.