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sabato 28 dicembre 2024

La nuova grande "opportunità" economica della Sicilia? Produrre armi!?

Foto tratta da  https://it.topwar.ru/85827-tankovye-zavody-soyuznikov-vo-vtoruyu-mirovuyu-voynu-vospominaniya-v-18-fotografiyah-i-odnom-video.html

Forse non è vero che in Sicilia è in atto la deindustrializzazione. Ma per nulla! Forse la Sicilia si prepara a diventare una piattaforma produttiva di armi. Questa teoria si è materializzata mentre leggevo un articolo di RID (Rivista Italiana Difesa, un periodico mensile che tratta argomenti di tecnica militare) dal titolo "Riconvertire parte della filiera dell'auto al militare. Una provocazione?". L'estensore del pezzo, Pietro Batacchi,  dopo aver fatto un'attenta analisi sulla crisi dell'auto in Italia e in Europa e sulle conseguenti crisi occupazionali,  scrive: "...Pensiamo, dunque, a riconvertire una parte della filiera dell’auto all’Aerospazio e Difesa. Non è una provocazione, ma una valutazione basata sui fatti e sui numeri. Lo scenario internazionale è quello che è, e la forza è tornata a ridisegnarne gli equilibri: il mondo è più pericoloso, c’è bisogno di maggiore sicurezza e gli Stati investono in nuovi sistemi d’arma come garanzia di assicurazione per il futuro". Queste parole mi hanno riportato alla mente (fortunatamente ancora non soffro di Alzheimer) un altro articolo, pubblicato oltre un anno fa su La Sicilia e scritto da Mario Barresi,  dal titolo "I carri armati tedeschi e la fabbrica in Sicilia: ecco dove sono i siti candidati". Il pezzo è incentrato sul fatto che l'Italia ha deciso di fare shopping di carri armanti ma nello stesso tempo viene sottolineato l'interesse politico di avviare la costruzione e l'ammodernamento di nuovi carri armati Leopard (prodotto dalla Rheinmetall ndr) e Ariete (fabbricato dalla Oto Melara del gruppo Leonardo ndr). In particolare Barresi scrive, "... Su questo scenario diventerebbe di peso l’ipotesi lanciata dal presidente della commissione Difesa della Camera (il modicano ndr) on. Nino Minardo, di candidare l’Isola a sede di uno di questi siti industriali...A partire dall’area dell’ex Fiat di Termini Imerese". Il 31 ottobre scorso il sito industriale ex Fiat ed ex Blutec è stato acquistato definitivamente dalla Pelligra Italia Holding Srl - una partecipata italiana dell’impresa australiana Pelligra Australia PTY - che opera nel settore dello sviluppo immobiliare commerciale, industriale e residenziale. La società è specializzata nella riconversione e riqualificazione di aree industriali anche dismesse. In pratica questa holding dovrebbe riqualificare la zona industriale di Termini Imerese, potenziare il porto e sviluppare l'interporto integrato nell'area, in modo da creare un distretto industriale ad alta tecnologia da destinare a imprese manifatturiere o commerciali interessate ad insediarsi in questa stessa area. Pochi giorni prima, esattamente il 15 ottobre, nasce la joint venture tra la Leonardo e Rheinmetal -  Leonardo Rheinmetall Military Vehicles (LRMV) - che avrà sede legale a Roma e sede operativa a La SpeziaObiettivo primario della joint venture è lo sviluppo industriale e la successiva commercializzazione di nuovi carri da combattimento (Main Battle Tank italiano e Lynx per il programma Armored Infantry Combat System). Nell'accordo è previsto anche lo sviluppo di altri veicoli militari. Questi mezzi da combattimento, considerate le attuali condizioni internazionali, sono molto richiesti, quindi per soddisfare le esigenze di mercato e per offrire "ampie e promettenti opportunità occupazionali", i carri armati dovranno essere, probabilmente, prodotti in più siti industriali. Se queste condizioni trovassero conferma, lo stabilimento di Termini Imerese, opportunamente riqualificato...potrebbe fare al caso? La costruzione dei carri armati diventerebbe la valvola di sfogo capace di assorbire i 350 lavoratori attualmente in cassa integrazione e l'indotto del  bacino industriale imerese? E quindi, i fondi previsti dalla ZES unica del Mezzogiorno verrebbero utilizzati anche per assicurare sgravi fiscali e incentivi a quelle imprese del settore bellico interessate ad insediare le loro produzioni  nel Sud Italia e in particolare a Termini Imerese? Solo Il tempo riuscirà a soddisfare queste curiosità.

Ma se l'affare dei carri armati sembrerebbe probabile, sono certe e dimostrabili "le occasioni di sviluppo" avviate in altri siti produttivi siciliani. Fatto più che evidente è stata la recente manutenzione, presso i cantieri navali di Palermo, della portaerei Cavour - nave ammiraglia della nostra Marina militare - dove sono stati effettuati i lavori di adeguamento relativi all’imbarco dei nuovi aerei da combattimento F-35.  Altro fatto evidente è stata, sempre presso i cantieri navali di Palermo,  la recentissima manutenzione di un altra nave da guerra, l'unità anfibia multiuso Trieste. Tutto ciò è stato salutato positivamente dal presidente della commissione Difesa della Camera, l'on. modicano Nino Minardo, il quale ha dichiarato: La cantieristica navale militare è un settore che in prospettiva è destinato a crescere per il necessario aumento della spesa militare e per la Sicilia e i suoi cantieri navali è una opportunità da non perdere”. 
Ma questo tipo di "opportunità" potrebbero ricadere anche sull'aeroporto di Comiso?
In questo caso fanno riflettere le dichiarazioni del dott. Roberto Cingolani (amministratore delegato di Leonardo spa ed ex ministro alla transizione ecologica ndr), rilasciate pochi giorni fa durante il suo intervento alla 'Space&Underwater Conference' organizzata da Cybersecurity Italia a Roma: "Quando sono arrivato 18 mesi fa ho trovato nel bilancio di Leonardo appena una cinquantina di milioni per lo spazio. Troppo poco per un'azienda che ha 'aerospace and defence' nel suo sottotitolo. Voglio una divisione che debba partire più o meno con 1 miliardo di fatturato all'inizio per poi crescere". Il caso vuole che la Leonardo spa abbia un'importante stabilimento nella zona industriale di Catania. Questo sito nasce come centro di eccellenza nel settore delle stazioni satellitari ed è coinvolto in progetti di sviluppo di nuovi terminali a larghissima banda e di terminali satellitari di ultima generazione per la Difesa. Da dove verranno lanciate queste stazioni satellitari e poi verificati i loro terminali? Per lanciare i satelliti servono ampi spazi, in genere aeroporti. Il Fontanarossa di Catania è troppo intasato dai voli civili. L'aeroporto di Comiso, al contrario, potrebbe essere perfetto visto il suo scarso utilizzo in ambito civile. 
Si apre una nuova eventualità per questa infrastruttura?  Vedremo! Di certo vi è  una start up anglo-ucraina, la Orbit Boy,  che ha già manifestato il desiderio di utilizzare l'aeroporto di Comiso per il lancio dei suoi microsatelliti da utilizzare sia per uso civile che militare.  

In tutte queste storie una cosa appare evidente: finché si alimentano guerre, tutte queste probabilità possono trasformarsi in certezze.  

Pochi giorni fa Papa Francesco durante un intervista ad una tv argentina dichiarava: "Ipocriti i Paesi che vogliono la pace e hanno fabbriche di armi. Ma questo forte richiamo  non ha sortito e non sortirà nessun effetto, anzi, è franato miseramente di fronte ad una speranza che genera affari e nel contempo crea l'illusione di uno sviluppo economico e occupazionale.  Mai come in questo caso la parola speranza ha assunto un significato così squallido,  fino a diventare una trappola, o peggio, a trasformarsi in una cosa...infame.

Per scrivere questo post ho consultato i seguenti articoli:

https://www.rid.it/shownews/7000/riconvertire-parte-della-filiera-dell-rsquo-auto-al-militare-una-provocazione

https://www.lasicilia.it/cronaca/i-carri-armati-tedeschi-e-la-fabbrica-in-sicilia-quanti-e-dove-sono-i-siti-candidati-1846655/

https://www.blogsicilia.it/palermo/portaerei-cavour-manutenzione-minardo-sicilia/851536/

https://www.mimit.gov.it/it/notizie-stampa/termini-imerese-urso-autorizza-laggiudicazione-del-sito-ex-blutec-alla-pelligra-holding-italia

https://www.leonardo.com/it/press-release-detail/-/detail/15-10-2024-new-player-in-european-tank-production-leonardo-and-rheinmetall-establish-joint-venture

https://www.difesaonline.it/industria/nuovi-carri-armati-e-veicoli-da-combattimento-lesercito-italiano

https://www.regione.sicilia.it/la-regione-informa/ex-blutec-schifani-gruppo-pelligra-al-nuovo-corso-l-area-termini-imerese

https://www.ansa.it/ansacom/notizie/Ansait/space-underwater/2024/12/03/cingolani-leonardo-sullo-spazio-ce-moltissimo-da-fare_1952de8a-6d15-4ba7-9987-68615b310976.html

https://focusicilia.it/leonardo-nelletna-valley-tra-satelliti-big-data-e-intelligenza-artificiale/#google_vignette

https://www.spaceconomy360.it/politiche-spazio/cooperazione-spaziale-lucraina-si-prepara-a-intensificare-i-progetti-con-litalia/









domenica 24 novembre 2024

Quale futuro economico per l'area iblea?

In meno di un mese, con uno strumento di programmazione da un lato e con l'annuncio della chiusura Eni Versalis dall'altro, si prova ad avviare la smobilitazione economica di un territorio. Che il sistema produttivo di questa provincia debba essere avviato verso una maggiore sostenibilità ambientale non vi è alcun dubbio, ma riconvertire non è né sinonimo di annullare e neanche di deindustrializzare. 
Lo strumento di programmazione di cui parlo è il Piano Territoriale Regionale (PTR). Un documento che prova a definire le strategie e gli obiettivi per lo sviluppo del territorio siciliano. Nelle 51 pagine della relazione di “Prima proposta di elaborazione per la definizione dello Schema di Piano” vengono definite le competenze del PTR della Regione Siciliana:
- Governare  processi di trasformazione fisica del territorio regionale in modo sostenibile. 
- Coordinare le politiche di gestione delle risorse urbane e territoriali mediante la co-pianificazione.
- Promuovere uno sviluppo sociale ed economico competitivo, equo/solidale, ecosostenibile e garante dell’identità siciliana e dei suoi possibili ruoli nello scenario Euro-Mediterraneo. 
I tre concetti letti così sono condivisibili. E' quando si entra nel merito che emergono le aberrazioni, soprattutto per quanto riguarda l’area geografica di nostra pertinenza. Leggendo la relazione ma soprattutto guardando la cartografia allegata nella stessa, si percepisce come un'avversione verso i sistemi produttivi attuali e in particolare verso la serricoltura, ritenuta degradante e quindi da sostituire. In particolare, l'intera fascia trasformata viene ri-definita "banana energetica" e dovrebbe diventare un area che produce energia con l'agri-voltaico e biocarburanti. Ma non finisce qui!  La nostra costa - dopo aver subito  per quasi 50 anni la morsa della contaminazione dei petrolchimici del siracusano e del gelese ora, che in parte se ne è liberata - deve subire, secondo il PTR, la colonizzazione dagli impianti eolici off-shore. L'immagine tratta da pag. 20 dalla pubblicazione, con la relativa leggenda, chiarisce con implacabile evidenza quale futuro è stato programmato per la fascia trasformata. 



Gli advisors, i managers, gli analisti che scrivono queste cose hanno la presunzione di pianificare ciò che non conoscono. Non sanno che la serricoltura della fascia trasformata sta diventando, anche grazie agli investimenti, una pratica agricola sempre più sostenibile, sempre meno inquinante, sempre meno idro-energivora, capace di elevare costantemente la qualità dei prodotti coltivati imponendo nel mercato ortofrutta di alta gamma. L’area dove insiste il 27% della superficie serricola nazionale viene etichettata, con una certa sfacciataggine, come zona degradata, da convertire in una grande area di accumulo energetico. E' forse un tentativo per svalorizzare i terreni che le multinazionali del fotovoltaico dovranno acquistare per installare, grazie ai contributi pubblici, i loro impianti?
Non dico che non esistono problemi, proprio in questo mio spazio ho denunciato e denuncio le anomalie ambientali determinate dalla pessima gestione ambientale delle aziende di molti serricoltori, ma da li ha scrivere che si deve arrivare a "prevedere azioni di incentivazione della produzione energetica attraverso la modalità degli impianti agri-voltaici. In tal modo sarà possibile introdurre forme perequative che subordinino la possibilità di realizzare questi impianti alla cessione di porzioni delle aree attualmente occupate dalle serre per la ricostruzione di corridoi ecologici e per il recupero delle aree costiere degradate. mi pare un po' eccessivo. Nessuno di questi eleganti  managers  si è chiesto e ha scritto: ma cosa ha fatto la Regione Siciliana negli ultimi 50 anni per evitare il degrado delle aree costiere del Sud Est? Eppure la risposta è sotto gli occhi di tutti: NULLA! Anzi, grazie al suo immobilismo le mafie hanno avuto la possibilità di costruire e monopolizzare i "servizi" per la "gestione" dei rifiuti prodotti nelle attività serricole. L'inchiesta "plastic free" ne è la dimostrazione più evidente.

Il 24 ottobre scorso ENI Versalis annuncia la chiusura dell'impianto di Ragusa. Anche qui una squadra di managers imbellettati ci ha spiegato, con il garbo che li contraddistingue, che dopo quasi 70 anni di sfruttamento del territorio, dove è stato estratto di tutto (petrolio, gas, bitume), non è più economicamente conveniente produrre polietilene (granelli di plastica). Quindi il territorio ibleo si deve preparare ad una deindustrializzazione che viene nascosta da un lato con l'annuncio di un "piano di trasformazione e rilancio del business della chimica", dall'altro, come per la serricoltura, con motivazioni di natura ambientale, in questo caso l'obbiettivo è tagliare emissioni di CO2. Dietro questi proclami ci sono corposi finanziamenti pubblici  che non creeranno lavoro ma serviranno solo a rafforzare gli affari delle multinazionali del "green power".    Anche in questo caso pesa l'assenza e il ruolo della Regione Siciliana che non avendo una visione strategica  del ruolo dell'industria - come dell'agricoltura - rimane ferma, impalata, ed assiste in modo vergognosamente passivo (direi complice) allo smantellamento economico della nostra terra. 

Agricoltura, Artigianato, Turismo, Commercio, Servizi, Piccole industrie manifatturiere di trasformazione, queste sono state e dovrebbero continuare ad essere le direttrici per lo sviluppo e il progresso economico, ambientale e sociale del Sud Est siciliano. Invece managers e dirigenti pubblici guidati dal facile profitto e da un forte deficit percettivo che genera una visone distorta del territorio stanno progettando la fine di economie che andrebbero rivisitate e rilanciate. A questo si somma l'inerzia della classe politica regionale. Il risultato che rischia di determinarsi è  l'apertura di grandi spazi alle economie mafiose. Colpire la serricoltura definendola degradata, rimanere immobili di fronte la deindustrializzazione, cioè ignorare ciò che ha creato e crea lavoro vero sia in modo diretto e sia tramite gli indotti, significa dare un ruolo ancora più significativo alla rapacità dell'imprenditoria criminale. Ho scritto più volte in questo mio spazio telematico quale capacità hanno le mafie di questa terra, quanta massa di denaro riescono a produrre con la gestione delle droghe e dei rifiuti, di quali complicità professionali e finanziarie godono e come tutto questo le abbia fatte diventare un punto di riferimento economico e sociale. Il rischio che tutto questo possa diventare l'unica "filiera economica" del territorio è reale.  Gli ultimi arresti ci dicono pure come anche l'attività del pizzo stia provando a ripartire. Per quanto tempo ancora dobbiamo continuare a rimanere muti? Non possiamo più rimanere immobili. Cosa dobbiamo ancora  vedere per attivarci?


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domenica 10 novembre 2024

Vittoria città incompresa.


E' da dieci anni che esiste questo mio piccolo spazio telematico. Una sorta di taccuino dove ho appuntato e raccontato il mio territorio, i suoi vizi, le sue anomalie, le sue "perversioni". In tanti, in questo arco di tempo, mi hanno detto che ho scritto solo dei problemi di questa terra e poco dei sui pregi, ma io ho sempre pensato che se uno ama la sua terra deve raccontare tutto, anche quello che non va. Solo raccontando le cose che non funzionano in un territorio, in un luogo, si dimostra di volergli veramente bene. E comunque, scrivere di Vittoria è stata ed è questione difficile "ppi nu vitturisi” (per un vittoriese). Su Vittoria, in molti anni, è stato detto tutto e il contrario di tutto.  Scendere nei soliti, spudorati, luoghi comuni è stata ed è la cosa più facile che si verifica parlando di questa città. Io mi considero un suo figlio fortunato, privilegiato, e ho quindi un certo pudore nel salire in cattedra a spiegare come e perché Vittoria è continuamente ferita, infangata, mortificata. Questa cosa la lascio fare ai cosiddetti "vittoriesi bene" che sono sempre pronti a spiegarci tutto (senza far capire nulla), e sono bravi a marchiare come cattivo, volgare, tamarro, viddanu, l’attegiamento dei "vitturisi". Io delle ferite di questa città non ne faccio una bandiera che serve ad autopromuovermi né mi nascondo dietro la bellezza di ciò che resta del suo liberty, o della forza economica della serre o della sapidità dei suoi vini per dare agli altri l'immagine che più gradiscono di Vittoria. Penso invece che questa città prima di essere giudicata (sempre male) va conosciuta (realmente). Per comprenderla e amarla devi attraversare i vicoli del suo centro storico o frequentare i quartieri periferici in cui si fondono e si contaminano le vari classi sociali: l'immigrato, il commerciante, l'artigiano, il disoccupato, l'impiegato, e capisci invece che Vittoria è un luogo senza confini, un'area aperta che ha sete di riscatto, di giustizia, ma è oppressa e impaurita da una criminalità violenta, becera e stracciona che si impone su tutti. La città mai come ora sente l'esigenza di  uscire da questa condizione, ma ha bisogno di essere aiutata. Penso che costruire una connessione costante tra associazioni, imprese, sindacato, parrocchie e istituzioni sia l'indicazione più giusta. E' li che bisogna lavorare, attraversando la città lungo quella linea sottile fatta di devianze e disagio, di crimine e legalità (parola abusata), per costruire alternative e dimostrare che invece di imporsi con l'arroganza o peggio con la violenza ci si può emancipare con iniziative che si prendono cura della città e del suo territorio, rendendolo attraente.  Non penso che manchi la volontà per fare ciò; serve, forse, alimentare la disponibilità a fare ciò. Bisogna trovarla, va fatto, per togliere quell'alone di "irredimibilità" che aleggia da tempo e rischia di svuotare Vittoria rendendola sempre meno interessante e sempre più plebea.


domenica 1 settembre 2024

Crisi Idrica: la siccità avanza, la desertificazione procede, le soluzioni...


Foto tratta da Google Immagini

Molto caldo, poca pioggia, il clima cambia...e la siccità avanza. E' la sintesi di cosa è stata questa estate e più in generale quest'anno, soprattutto nella nostra provincia. Tutto questo non si è manifestato ora. E' da oltre venti anni che questa terra vive uno stato di "arsura". Se poi si va a vedere il sito del SIAS (Servizio Informativo Agrometereologico Siciliano) (http://www.sias.regione.sicilia.it/frameset_news_96.htm) e si guardano i vari diagrammi pubblicati si capisce chiaramente cosa è accaduto e cosa sta accadendo in Sicilia. Accanto ai dati regionali vi è poi la specificità del nostro territorio. La provincia di Ragusa negli ultimi anni presenta una piovosità media annua che supera di poco i 500 mm, il dato è inferiore del 20% rispetto alla media regionale. Le aree caratterizzate da basse precipitazioni sono tutte ubicate nella zona costiera tra Scicli, Santa Croce Camerina e Acate con un valore medio annuo di 436 mm. Tanto per  farci un'idea: nelle zone desertiche cadono in media 200/250 mm di pioggia l'anno. Alla scarsa piovosità si è aggiunto un lento ma continuo aumento delle temperature medie. Il sito https://www.meteoblue.com/it/climate-change/ragusa_italia_2523650 ha analizzato le temperature medie degli ultimi 44 anni (1979-2023), in quest'arco di tempo si è determinato un aumento delle temperature medie di circa 2°. Queste condizioni sono la causa dell'avvio alla desertificazione del nostro territorio. Infatti, osservando la Carta della vulnerabilità alla desertificazione redatta dalla Regione Siciliana si può notare come circa il 50% dell'area iblea presenta un rischio desertificazione molto alto.  Lungo la fascia costiera il rischio è elevato. 

Tutto ciò sta seriamente compromettendo la condizione dei nostri fiumi e dei nostri invasi. Pochi giorni fa Alessia Gambuzza, responsabile di Legambiente agricoltura Sicilia, su ragusaoggi.it dichiarava:Ad aprile il livello dell’acqua nella diga di Santa Rosalia, che rifornisce campagne e città, si collocava sette metri sotto lo sfioro, un dato assolutamente eccezionale. Oggi l’Irminio, principale corso d’acqua del Sud Est e che alimenta la diga, in alcuni tratti del suo corso appare privo del deflusso minimo vitale”. Anche le condizioni dell'Ippari sono preoccupanti, addirittura alcuni tratti sono secchi da tempo. Infine, per non farci mancare nulla,  la nostra rete idrica è un colabrodo. Da uno studio della CGIA di Mestre si apprende che in provincia di Ragusa si disperde  il 46,5 % di "oro blu".
Riepilogando: Dighe quasi prosciugate, bacini fluviali in difficoltà, riserve d'acqua scarse, reti idriche colabrodo e dati  meteo che ci indicano la lenta ma inesorabile  desertificazione del territorio. Tutto questo sta avvenendo in una zona densamente popolata la cuij hu economia è legata all'agricoltura e  alla zootecnia. Un dato su tutti: l'attuale crisi idrica ha ridotto del 50% la nostra produzione olivicola. Queste difficoltà dovrebbero creare l'insonnia alla nostra classe dirigente. Invece? Invece dorme sonni tranquilli, si sente rassicurata da una grande scoperta:  la recente individuazione, da parte dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, di un ampio corpo idrico sotto i Monti Iblei https://www.nature.com/articles/s43247-023-01077-w. Si è aperta subito la caccia a come emungere, sfruttare, questa enorme massa d'acqua senza capire che caratteristiche ha quest'acqua e senza valutare i costi di questa sottrazione. 
Ho  chiesto al dott. Mario Mattia,  ricercatore dell'INGV, di spiegare in modo semplice il senso della ricerca e le eventuali difficoltà  sul probabile sfruttamento di questo importante corpo idrico. Di seguito allego la sua nota.
"Il recente articolo intitolato "Extensive freshened groundwater resources emplaced during the Messinian sea-level drawdown in southern Sicily, Italy," scritto da un gruppo di ricercatori dell’INGV, dell’Università Roma Tre e dell’Università di Malta e pubblicato sulla rivista ‘Communications Earth & Environment’ ha “agitato le acque” (è il caso di dirlo) dell’opinione pubblica e della politica siciliana in questa estate all’insegna della crisi idrica che sta martellando quasi tutta l’isola. In estrema sintesi, i ricercatori affermano che nelle profondità dell’Altopiano Ibleo esiste un cospicuo “reservoir” (serbatoio) profondo di acqua, frutto della dinamica geologica recente (tra 5 e 7 milioni di anni fa) e mai sfruttato. I dati utilizzati per definire le dimensioni e la distribuzione tridimensionale di questo serbatoio provengono da diverse campagne di prospezione (pozzi) trivellati negli ultimi 50 anni da compagnie interessate a giacimenti di petrolio e gas sia in territorio siciliano che nei mari prospicienti l’isola. Al di là dei dettagli tecnici e del modello interpretativo sull’origine di questa grande massa d’acqua che appaiono ancora piuttosto speculativi, il dibattito si è subito aperto sulla possibilità di utilizzare quest’acqua per risolvere l’eterno problema della carenza idrica siciliana. A questa ipotesi è possibile opporre alcune considerazioni: 
1 il serbatoio, nella sua parte più alta, è profondo circa 700 metri (Licodia) e dunque le tecniche di perforazione necessarie per raggiungerlo appartengono più al campo petrolifero che a quello tradizionale dei pozzi idrici; 
2 i costi per il sollevamento dell’acqua (energia per i motori) sarebbero notevoli; 
3 non abbiamo certezze sulla salinità di queste acque. Ove si trattasse di acqua non potabile, sarebbe necessario mischiarla con acqua dolce, riproponendo il tema della scarsità della risorsa; 
4 è un serbatoio che non ha rialimentazione, quindi destinato ad esaurirsi. 
Un approccio razionale e non emotivo al problema, dunque, impone una seria riflessione sull’enorme investimento che una campagna di perforazione ed estrazione comporterebbe, senza considerare il fatto che se uno dei motivi principali della carenza d’acqua in Sicilia è lo stato delle condotte, questo investimento risolverebbe poco o niente. L’idea che, da ricercatori, ci siamo fatti è che si cerchi, ancora una volta, una soluzione “miracolistica” ad un problema che ha invece soluzioni possibili senza voli pindarici e rischiosi. Riuscirà il populismo imperante a non abbracciare questa ricerca (di per sé meritevole e ben fatta) ed a farne una bandiera politica da sventolare in occasione di elezioni e relative interviste e dibattiti sui giornali e nelle TV? Vedremo."
Parole chiare che dovrebbero far riflettere e che danno anche un'indicazione importante: riqualificare lo stato delle nostre condotte idriche per evitare di continuare a disperdere acqua. I soldi, tra Fondo di sviluppo e Coesione 2021-2027 e PNRR, ci sono e sono pure tanti ma le perdite continuano. Perchè?
Le politiche sull’acqua che si sono imposte negli ultimi anni sono influenzate dalle società multinazionali e rispondono a logiche di mercificazione e di privatizzazione. La Sicilia non è esente da questa logica neoliberale tant'è che nel 2004 è nata Siciliacque spa una società mista partecipata al 75% da Idrosicilia, controllata da Italgas spa, e al 25% dalla Regione Siciliana.  Dal 2004 ad oggi Siciliacque ha investito oltre 250 milioni di euro sull'infrastruttura idrica regionale, gran parte dell’impegno totale previsto dalla concessione stipulata con la Regione Siciliana, ma i risultati, viste le attuali condizioni,  non sono brillanti.  Personalmente penso che il problema stia tutto in un concetto: l’acqua non viene più considerata un bene pubblico ma una merce nelle mani di pochi grandi gruppi industriali che agiscono perseguendo la massimizzazione dei profitti utilizzando fondi pubblici. Questa logica si è imposta fino ad annichilire una condizione che era certa e indiscutibile, cioè che l’accesso all’acqua è un diritto che dev’essere garantito a tutti, in base a una considerazione che dovrebbe essere ovvia ma non lo è più. L’acqua non è un bene economico qualsiasi ma una fonte di vita e la vita dev’essere assicurata a tutti, fa parte di quei diritti inalienabili e immercificabili che ognuno acquisisce nascendo. 

La mercificazione dell'acqua sta avvenendo mentre la risorsa è sempre più scarsa. Questo ha riaperto vecchi canali che sembravano oramai fuori uso. Le economie mafiose hanno fiutato l'affare, le somme in ballo sono tante e l’acqua è da sempre uno dei settori su cui i gruppi mafiosi hanno, in ogni tempo, esercitato il loro dominio. Come scrive Umberto Santino: "...i gruppi criminali agiscono all’interno di un sistema di relazioni, hanno rapporti con il contesto sociale, con l’economia, la politica e le istituzioni, le attività delittuose sono intrecciate con attività legali e perseguono fini di arricchimento e di potere".  E' ovvio per tanto che le mafie, forti delle loro relazioni e approfittando dell'opportunità dalla crisi idrica hanno rivolto particolare attenzione  all’acqua.  E' chiaro che bisogna opporsi a questa logica, bisogna riprendere una battaglia che fu del movimento contadino, ovviamente con nuove articolazioni, promuovendo da un lato politiche di autogoverno dell'acqua nel territorio e dall'altro impegnare parlamenti, associazioni di categoria,   intellettuali,   media e i sindacati contro la mercificazione di un bene che non a caso è chiamano "oro blu". 






domenica 28 luglio 2024

Imballaggi


Foto tratta da Google Immagini


Dopo un'operazione di polizia sull'infiltrazione delle mafie in alcuni settori economici del nostro territorio, si scatena il solito vespaio di polemiche che dura in media tre giorni. Nascono articoli, post sui social che descrivono la pericolosità criminale degli arrestati, ma in questi commenti non si analizzano mai i danni economici creati da queste attività e non si cercano mai le complicità.  Le ultime operazioni in ordine di tempo riguardano il settore degli imballaggi  - operazione "Fenice" - del 12 giugno scorso, l'altra è avvenuta il 12 luglio, nel siracusano, e afferiva al settore dei trasporti. 

La produzione di ortofrutta rappresenta il segmento economico più importante del Sud Est siciliano, ma lo sviluppo di questo settore è da sempre collegato all'apporto e alla crescita dell’indotto, cioè a quella "catena di fornitura e servizi”, che ha consentito e consente di mettere in connessione la produzione con il consumo. Per essere più chiaro: senza imballaggi e logistica i nostri prodotti ortofrutticoli non arriverebbero mai sulle tavole dei consumatori. Un pezzo di questi due settori, così strategici, sono finiti da tempo sotto il controllo diretto di sodalizi mafiosi caratterizzati da strategie imprenditoriali aggressive. Il problema che da sempre hanno le mafie non è però aumentare gli introiti delle imprese che controllano, ma ripulire il denaro che arriva dalle loro attività illegali in modo da regolarizzarlo. Uno studio dell'Ufficio Informazioni Finanziarie della Banca d'Italia, dal titolo significativo: “Il profilo finanziario delle imprese infiltrate dalla criminalità organizzata in Italia”, ha analizzato come il flusso costante di denaro che arriva dalle attività criminali (gestione spaccio di droga e gestione dei rifiuti), viene immesso nelle imprese che le stesse mafie controllano (vedi link 1). Lo studio ha pure individuato la distribuzione provinciale delle imprese infiltrate, Ragusa ovviamente c'è! (si veda la figura estrapolata dallo studio).



La legalizzazione di questo denaro permette alle imprese mafiose di essere molto più competitive dei loro concorrenti. Per esempio, un'attività di produzione imballaggi, avendo una maggiore capacità finanziaria si può permettere il lusso di offrire i propri prodotti a prezzi più bassi, diventando così concorrenziale da, eventualmente, monopolizzare il mercato. Invece, le altre imprese, quelle che provano a rispettare le regole, vivono difficoltà non indifferenti. Le attività del settore che subiscono maggiori avversità sono quelle confiscate ai sodalizi mafiosi e poi poste in amministrazione giudiziaria. Attualmente sono tre le aziende del territorio, che producono e commercializzano imballaggi, gestite da un amministratore giudiziario. Ho incontrato l'amministratore di queste attività, il dott. Salvatore Formica, il quale mi ha subito rimarcato come il sistema bancario non ritenga più affidabile le aziende da lui amministrate. Ho voluto approfondire questo aspetto assurdo e alcuni chiarimenti mi sono arrivati leggendo la pubblicazione dalla Banca d'Italia dal titolo: Aziende sequestrate alla criminalità organizzata: le relazioni con il sistema bancario (vedi link 2). A pag 21, nel paragrafo 4 - Conclusioni e proposte - c'è scritto: "...Con il provvedimento giudiziario l’azienda viene sottoposta ad un vero e proprio trauma; al venire meno del “vantaggio competitivo” derivante dall’utilizzazione in molti casi di strumenti propri dell’intimidazione mafiosa o dal riciclaggio di flussi di denaro di provenienza delittuosa, si affianca la necessità di affrontare una serie di problematiche, non ultima l’emersione del costo della legalità e della trasparenza...". 
Per la banca centrale della Repubblica italiana il trauma economico si ha quando l'azienda finisce sotto il controllo dello Stato!? La trasparenza e la legalità non sono un valore, ma un costo!? Quando l'attività era controllata dell'imprenditoria mafiosa, per la Banca d'Italia (e quindi per il sistema bancario tutto), era capace, credibile e solvibile!? Dubbi che personalmente alimentano un certo sconcerto. 
Di fronte a questo tipo di posizioni bisogna porsi una domanda: chi certificava la credibilità bancaria di un'attività controllata dalle mafie? La risposta è ovvia, ma fa nascere altri interrogativi. Infatti, una qualsiasi azienda che si presenta in banca per aprire un conto,  o avere un po' di scopertura, oppure un fido, non lo fa esibendo il curriculum del suo titolare o il casellario giudiziale dei suoi soci. No! Lo fa presentando i bilanci degli ultimi anni che ha fatto fare al suo commercialista.  E' forse tra le pieghe di questi documenti contabili che vengono  eventualmente occultate le anomalie finanziarie che danno quel “vanataggio competitivo che deriva da flussi di denaro di provenienza delittuosa”? E' nel momento in cui la stessa azienda finisce in amministrazione giudiziaria che per la banca si materializzano quei turbamenti capaci di generare quel “trauma” che rende subito inaffidabile un'impresa gestita dallo Stato? Ma le "stranezze" non finiscono mica qui. Le aziende poste in amministrazione giudiziaria diventano poco credibili anche per i fornitori, i quali anche loro, forse, non si sentono garantiti dallo Stato. Inoltre, come se non bastasse, cominciano a venir meno anche i clienti, ma non per paura o perché minacciati da qualcuno. No! Ma perché la prima cosa che aumenta in un'impresa amministrata dallo Stato sono i costi di gestione, a partire  dalla regolarizzazione del personale (prima non era totalmente in regola), con la corretta applicazione dei contratti di categoria;  per tanto il prodotto  - l'imballaggio -  avrà per forza di cosa  un prezzo maggiore rispetto a prima e questo lo pone immediatamente “fuori mercato”.

Il controllo giudiziario di un impresa confiscata alle mafie avrebbe il compito di bonificare la stessa,   assicurandone il suo risanamento in ambito economico-finanziario, salvaguardandone e migliorandone i livelli occupazionali esistenti, in modo da svincolarla, in modo definitivo, dall’assoggettamento e dall’infiltrazione mafiosa. Invece, la nomina dell’amministratore giudiziario fa scattare immediatamente, tra i vari operatori che prima si interfacciavano con la stessa, una serie di "preoccupazioni" che determinano il non riscatto dell'azienda fino al suo fallimento.  E' forse per questo motivo che 4 aziende su 5 sottratte alle mafie chiudano i battenti? Invece dei convegni passerella servirebbero norme che consentano a un'impresa confiscata alle mafie di rimanere attiva sul mercato, tutelando così i posti di lavoro e il patrimonio economico. Servirebbe trattare queste attività come delle start up in modo da avere le relative agevolazioni fiscali e contributive. Servirebbe fare in modo che le aziende confiscate si mettessero in rete in modo da creare filiere produttive che coinvolgano anche le imprese sane così da creare circuiti virtuosi.  Servirebbe un sistema bancario capace di saper distinguere il grano da loglio e quindi in grado di saper analizzare approfonditamente i flussi finanziari e le movimentazioni di denaro di certe aziende. Servirebbero indagini finanziarie vere, capaci di far emergere finalmente il ruolo mefitico di quell'area grigia a servizio delle economie mafiose. Ma tutto ciò che servirebbe pare sia molto complicato sia da pensare e poi, soprattutto, da attuare. Nei convegni "antimafia" è più facile dibattere sulla rozzezza della manovalanza mafiosa. In questi seminari mai un accenno di discussione su come provare a contrastare quel livello economico cha ha rafforzato e rafforzerà il ruolo delle mafie nel territorio. E' cosi che l'imprenditoria mafiosa continuerà a mettere a frutto e ad accrescere quelle risorse di capitale sociale ed economico che, insieme a un modello organizzativo basato su una combinazione di legami forti, costituiscono il fondamento della sua straordinaria capacità di riprodursi nel tempo e nello spazio.


1) https://uif.bancaditalia.it/pubblicazioni/quaderni/2022/quaderno-17-2022/index.html

2) https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/qef/2013-0202/QEF_202.pdf






domenica 16 giugno 2024

Operazione "Fenice": non solo imballaggi ma anche diverse assonanze.



Vittoria, ma non solo lei, vive una doppia esistenza: di giorno la città frenetica degli uffici, delle banche, del mercato ortofrutticolo, del fatturato; di notte, soprattutto nei fine settimana, diventa la città piena di luci in cui "perdersi" è questione di un attimo. Dentro questa dicotomia si trovano a proprio agio anche le economie mafiose. Questa mia considerazione non nasce a caso ma leggendo il comunicato della DDA di Catania relativo all'operazione "Fenice" che il 12 giugno scorso ha portato all'arresto di 16 persone e ha messo in evidenza (finalmente) come a Vittoria operi una mafia imprenditoriale capace di creare relazioni  con altre mafie imprenditoriali.  Nel documento infatti si legge: "...un’associazione per delinquere di tipo mafioso che, avvalendosi della forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva, avrebbe perpetrato una serie indeterminata di delitti contro la vita, l’incolumità individuale, la libertà personale, il patrimonio, e acquisito, in modo diretto o indiretto, la gestione o comunque il controllo di attività economiche, con particolare riferimento al settore della produzione e commercializzazione di imballaggi per prodotti ortofrutticoli. Il sodalizio avrebbe unito l’aggressività e la forza militare a strategie imprenditoriali, estendendo così il suo potere mafioso e il controllo territoriale. A riscontro della sua operatività sarebbero emersi collegamenti con altri gruppi mafiosi, inclusi i clan “Santapaola-Ercolano” di Catania, “Nardo” di Lentini, “Rinzivillo” di Gela. ...". 
E' da tempo che scrivo in questo mio diario telematico che qui le mafia hanno fatto un salto di qualità determinato non solo da chi è stato arrestato. Sono persone che non  hanno la capacità di stabilire quella strategia imprenditoriale che serve a tenere in piedi un'attività. Per fare questo servono alleanze strategiche con funzionari pubblici, bancari, avvocati, notai, commercialisti. Non è più la violenza a caratterizzare le mafie e quando la stessa si manifesta, vedi l'omicidio Russo e il tentato omicidio di Di Martino, arriva immediatamente la risposta della magistratura e delle forze dell'ordine. Ormai l'ossatura del potere mafioso di questa terra, e non solo di questa, si regge sempre meno sulla struttura criminale e sempre più su quella zona grigia fatta da insospettabili disposti a colludere, tradendo l’etica della propria professione. L'imposizione degli imballaggi non avviene con la forza ma diventando competitivi abbassando il prezzo del prodotto, facilitando i pagamenti. Basterebbe ascoltare chi amministra le attività confiscate per capire cosa accade in quel settore. Si capirebbe come e perché sono così competitivi o convenienti. L'altro elemento è il collegamento con i gruppi mafiosi Santapaola-Ercolano” di Catania, “Nardo” di Lentini, “Rinzivillo” di Gela. Guarda caso tre clan mafiosi legati alle 'ndrine calabresi per l'acquisto, a prezzi vantaggiosi, della cocaina. La coca ormai inonda la luccicante movida iblea, è diventata lo sballo di massa a prezzi accessibili. C’è chi la fuma, chi la sniffa anche tutti i giorni. Basta chiederla e la trovi ovunque. Questo territorio, come tanti altri, è diventato un immenso suk, un grande mercato di miraggi, di piacere effimero, ma soprattutto un mercato che non conosce crisi e che genera capitali illeciti che vanno reinvestiti "imprenditorialmente".
Quante assonanze tra l'operazione "Fenice" e l'operazione "Alto livello" (altro bliz coordinato sempre dalla DDA di Catania pochi gironi fa) che ha portato alla luce un sofisticato sistema di frode fiscale e riciclaggio di denaro di dubbia provenienza, dove, anche qui sono state arrestate 16 persone, anche qui vi sono legami con gruppi catanesi, ma in questo caso non è coinvolta un'imprenditoria mafiosa, ma quattro "insospettabili colletti bianchi" di Modica. 

domenica 9 giugno 2024

Matteotti, Pennavaria e la nascita della provincia di Ragusa.

Foto tratta da Google Immagini

100 anni fa, il 10 giugno 1924, Giacomo Matteotti, deputato, giornalista e segretario del Partito Socialista Unitario, venne rapito a Roma e ucciso per ordine di Mussolini. Quel pomeriggio Matteotti si stava dirigendo a piedi verso Montecitorio quando fu costretto da diversi individui ad entrare per forza in un’auto. Si scoprirà poi che i suoi rapitori erano appartenenti alla polizia politica del regime. Il suo corpo verrà ritrovato il 16 agosto in un bosco a pochi chilometri da Roma. Matteotti fu ucciso a causa del discorso del 30 maggio 1924, dove denunciò i brogli elettorali attuati dal nascente regime fascista. Ma secondo lo storico, prof. Mauro Canali, pare che Matteotti sia stato ucciso anche perché stava per denunciare uno scandalo finanziario. La compagnia petrolifera americana, Sinclair Oil, avrebbe pagato delle tangenti indirettamente a Mussolini, ma anche a gerarchi fascisti e a esponenti dei Savoia, per ottenere lo sfruttamento di alcuni giacimenti petroliferi italiani che interessavano anche ad una compagnia inglese. la Anglo Iranian Oil. Matteotti era entrato in possesso dei documenti che comprovavano la corruzione e ne voleva fare oggetto di un suo intervento alla camera l'11 giugno del 1924. Il giorno prima verrà sequestrato e ucciso. I documenti di cui era in possesso spariranno. I giacimenti petroliferi che la Sinclair Oil avrebbe potuto sfruttare, per cinquant'anni e con esenzione di imposte, si trovavano in Emilia Romagna e Sicilia. Ad onore del vero va detto pure che nel novembre del 1924, nel pieno della vicenda Matteotti, Mussolini revocherà le autorizzazioni alla Sinclair. 

L'altipiano ibleo, in particolare l'area ragusana, è da sempre un ottimo serbatoio di idrocarburi. Guarda caso la Sinclair aveva predisposto un piano di prospezioni geologiche nell'altopiano di Ragusa, è quindi, molto probabilmente, i giacimenti petroliferi siciliani a cui la Sinclair Oil era interessata a sfruttare erano quelli del nostro territorio. Filippo Pennavaria, “duce di Ragusa”, è un ricco banchiere che ha imposto il fascismo nell'area iblea anche con la violenza delle sue squadracce, alla maniera di Farinacci, Balbo, Finzi, etc. E' diventato in pochi anni punto di riferimento politico del territorio ibleo. Il ras del fascismo ragusano poteva non sapere degli interessi della compagnia petrolifera Sinclair Oil? Pennavaria, nell'Aprile del 1924 viene rieletto deputato e pochi giorni prima del discorso di Matteotti gli verranno affidate le funzioni di segreteria del comitato direttivo del gruppo parlamentare di maggioranza. Grazie a questo incarico vivrà  la forte crisi politica generata dall'assassinio di Matteotti. Pennavaria, forte di questa carica, accoglierà con assoluta riservatezza l'incalzante successione di avvenimenti fino al 3 gennaio del 1925 (Mussolini si assumerà la responsabilità politica su quanto è accaduto) diventando, su questa vicenda,  uno dei "collaboratori" più fidati del duce. Dal 1925 in poi a Ragusa verranno finanziate molte opere pubbliche, sarà una delle città del Mezzogiorno che riceverà più attenzioni da parte del regime. Le prime e più significative sono: la Stazione ferroviaria, l'acquedotto, l'ospedale, l'ammodernamento degli impianti estrattivi d’asfalto. Il 6 novembre 1926 Pennavaria verrà nominato sottosegretario alle poste e telecomunicazioni e un mese dopo, il 6 dicembre 1926, lo stesso Pennavaria annuncerà la costituzione della nuova provincia di Ragusa. Ma tutto questo  verrà  concesso per la fedeltà e i servizi resi a Mussolini ??? Agli storici il compito di dipanare questa tesi intrigante. 

P.s. Fra qualche giorno l'amministrazione comunale revocherà la cittadinanza onoraria a Benito Mussolini. A molti potrà sembrare un fatto simbolico o ideologico, invece è un atto importante. Dopo 100 anni Vittoria, seguendo l'esempio di altre amministrazioni, stralcia dal proprio presente una delle pagine più buie della storia d'Italia. Mi permetto sommessamente di suggerire che sarebbe anche il caso di pubblicare la delibera del consiglio comunale che all'epoca conferì questa cittadinanza.