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domenica 19 ottobre 2025

Ragusa, provincia "babba" maligna?


Foto tratta da Google Immagini

In queste ore la provincia di Ragusa - da sempre definita con un vecchio adagio terra "babba", cioè zona dove le mafie non attecchivano bene - è salita agli onori della cronaca regionale e nazionale per due importati operazioni contro la criminalità organizzata: l'arresto del latitante vittoriese Gianfranco Stracquadaini a Comiso e poi per una importante operazione antidroga che vedeva la città di Ispica come una rilevante base logistica per commercio di sostanze stupefacenti. Dall'estremo Est all'estremo Ovest degli Iblei emerge un filo unico di interessi e pratiche criminali. Eppure negli anni si era affermata un'opinione, che nel tempo si era via via consolidata, fino a diventare una sorta di verità: la criminalità organizzata era radicata solo ed esclusivamente nell'area ipparina e in particolare a Vittoria. Una stupida persuasione (ancora oggi dura a morire) figlia di antiche e banali convinzioni e di becero e ottuso campanilismo.  Ma mentre modicani, pozzallesi, ispicesi, ragusani si vantavano di essere "babbi", le mafie, con i loro affari,  conquistavano i loro territori fino a manifestarsi con le loro azioni violente. Voglio ricordare alcuni fatti recenti e tra questi i più significativi:
- Nel maggio del 2012 a Marina di Ragusa, nel centralissimo viale Andrea Doria un incendio di origine dolosa mandava in fumo il locale "baciamo le mani".  
- Nel 2014 va in fumo un locale di Sampieri, il "pata pata" e il "terzo tempo" a Pozzallo
- Nel 2015 a Marina di Ragusa, sempre nel centralissimo viale Andrea Doria, un incendio doloso mandava  fumo un altro locale "baja".
- Nel maggio del 2022 Un incendio doloso veniva appiccato in un cantiere edile all'interno del cimitero di Pozzallo.
- Nel marzo del 2024 a Ispica veniva incendiata l'auto di due attivisti di Legambiente che denunciavano irregolarità ambientali. 
- Nell'agosto del 2024 a Marina di Modica andava in fumo l'ennesimo locale, il "Lido Sud". 
- Nel settembre scorso a Ragusa veniva dato alle fiamme il nuovo McDonald's di Via Giorgio La Pira.
Per non parlare che sempre in queste zone, negli ultimi anni, gli arresti di spacciatori e i sequestri di sostanze stupefacenti sono cresciuti esponenzialmente. Alcuni, con stupore (tipico della babbitudine ragusana), ma piano piano, si sono finalmente resi conto che le mafie sono come la loro stupidità, non hanno confini. Se sono state capaci di infettare il Nord Italia, L'Europa, le Americhe, l'Australia, figurarsi se non ammorbavano tutta la nostra piccola provincia. 

Nell'operazione di Ispica è emerso un dato che non può e non deve essere sottovalutato. Lo ha evidenziato il maggiore dei carabinieri Francesco Zangla durante la conferenza stampa. Oltre alla spregiudicatezza dei personaggi  e il possesso di armi ed esplosivo, già di per se indicativo di un certo livello criminale, vi è nel denaro sequestrato (43 mila euro) la significativa presenza non di monete di piccolo taglio, cioè 20 e 50 euro, ma di banconote da 500 euro. Questo sta ad indicare che il giro era veramente grosso e che il denaro "guadagnato" non veniva più contato ma pesato per poi essere utilizzato per altri scopi.  
Tutto questo fa pensare che le mafie sono sempre un passo avanti. Tanti (i babbi) sono convinti che se non sparano non ci sono. Altri invece pensano che quando non sparano non si vedono  e quando si riesce a percepirle sono già da qualche altra parte. Le cerchi nelle campagne e invece sono nei cantieri edili o nelle imprese commerciali. Le cerchi nei cantieri edili o nelle imprese commerciali e invece gestiscono rifiuti e commerciano droghe. Le cerchi nella gestione dei rifiuti e delle droghe e fanno già investimenti finanziari. Per contrastarle bisogna cambiare mentalità. La babbitudine non è solo  un fatto consolatorio,  è un sintomo pericoloso, è un indice di malignità. Se non si contrasta rischia di sfociare nella peggiore delle complicità. 

sabato 11 ottobre 2025

Sicilia, arcipelago di strutture militari.


Foto base di Sigonella tratta da Google Immagini

La Sicilia non è un'isola. E' un arcipelago di strutture militari. Non c'è provincia della nostra terra che non veda la presenza di un complesso bellico pronto ad essere utilizzato per qualsiasi tipo di "crisi". Molte di queste strutture sono note, la base di Sigonella su tutte. Sto parlando di una vasta area con due piste aeree lunghe più di 2.400  metri denominata dai vertici statunitensi "The Hub of the Med", cioè il centro del Mediterraneo. Un enorme carcinoma maligno posto nel mezzo della Piana di Catania  da cui si propagano una serie di metastasi a cominciare dal vicino porto di Augusta, che è diventato una base per l'attracco di navi militari e di sommergibili a propulsione nucleare. All'interno di questa struttura la Marina Militare italiana ha, da poco, aperto  l'unico polo di formazione avanzata per ufficiali destinati al comando di una nave da guerra. A seguire abbiamo: 
Il MUOS di Niscemi, è un sistema di comunicazioni satellitari militari ad alta frequenza tra i più grandi d’Europa, gestito dagli Usa. Mentre le altre stazioni di terra si trovano in posti deserti – nelle Hawaii, in Australia e in Virginia – a Niscemi è stata costruita a ridosso di in una riserva naturale di querce da sughero, un Sito di Interesse Comunitario, a pochi chilometri dal centro abitato. 
L'aeroporto di Trapani Birgi, è la base per aerei radar, gli Awacs e i caccia della Nato. Poche settimane fa il ministro della difesa  (o della guerra?),  C(r)osetto, ha annunciato che proprio in questa base aerea nascerà la scuola per top gun sui caccia F.35, "i lavori inizieranno nella primavera del 2026 e si concluderanno entro il 2028". 
Poi vi sono i grandi occhi elettronici che controllano il Mediterraneo e cioè il centro radar di Marsala e quello di Noto-Mezzogregorio, due strutture che si occupano di sorvegliare lo spazio aereo italiano e di buona parte di quello della regione Sud-europea della Nato. Questi due centri assicurano pure l’interscambio informativo con le unità navali Usa e Nato in navigazione nel Mediterraneo. 
Ovviamente non possono mancare i poligoni per le esercitazioni di guerra dove ciclicamente militari italiani e delle forze Nato si esercitano al combattimento. Questi sono situati a Punta Bianca (Agrigento), Piazza Armerina e Corleone. 
Ma non finisce mica qui. E no! Abbiamo anche un grande hangar scavato dentro una montagna a Pantelleria. Parlo di un'avio rimessa ben mimetizzata lunga oltre 300 metri larga circa 25 metri e alta circa 20 metri che dovrebbe contenere aerei ed elicotteri da combattimento. A Lampedusa invece vi è un importante centro radar  che contribuisce alla sorveglianza dello spazio aereo di competenza, attraverso il corretto funzionamento e il mantenimento in efficienza del sistema d'arma e degli apparati radio per le comunicazioni terra/bordo/terra nel Mediterraneo centrale e meridionale. Altro importante centro radar è la stazione dell US Navay della Marza, sita nel comune di Ispica, questo monitora il passaggio di navi e sottomarini.  A tutto questo va aggiunto l’uso dei porti di Catania, Messina e Palermo per le soste e i rifornimenti delle unità navali delle marine dei paesi Nato; gli atterraggi, le soste e i decolli dei velivoli d’intelligence e delle società contractor del Pentagono dagli scali “civili” di Catania-Fontanarossa, Palermo-Punta Raisi e Pantelleria e, forse, anche Comiso.  
A questo elenco (sicuramente incompleto) vanno sommate le nuove "occasioni di sviluppo" che si stanno affermando nel nostro arcipelago militare.  Presso i cantieri navali di Palermo, negli ultimi mesi sono stati effettuati i lavori di adeguamento nella portaerei Cavour - nave ammiraglia della nostra Marina militare - relativi all’imbarco dei nuovi aerei da combattimento F35.  Sempre presso i cantieri navali di Palermo è stata effettuata, recentemente, la manutenzione di un altra nave da guerra, l'unità anfibia multiuso Trieste. Sempre nei cantieri navali di Palermo è stata realizzata una maxi nave anfibia da combattimento commissionata dal ministero della difesa del Qatar. 
Non si capisce bene cosa diventerà l'area industriale di Termini Imerese, ma voci di corridoio parlano di insediamenti industriali legati alla produzione di armi, così come non è escluso che l'aeroporto di Comiso possa tornare ad avere un ruolo militare.

La ciliegina sulla torta di questo significativo apparato bellico, forse l'ha messa la Regione Sicilia. Infatti con una delibera del 3 ottobre scorso pare abbia riprogrammato i fondi Fers (Fondo europeo sviluppo regionale) stanziando circa 200 milioni di euro "verso una mobilità dual use" cioè civile e militare. La Sicilia ha bisogno di servizi sanitari, scuole sicure, reti idriche per uso agricolo e domestico, infrastrutture adeguate, ma per la regione tutto questo è poco importante, tant'è che sposta le risorse su opere di "natura duale" fregandosene dei bisogni reali dei sui cittadini. E' in questo modo che si alimenta il divario economico-sociale e si da la possibilità di favorire gli interessi di certe economie mafiose (https://www.euroinfosicilia.it/pr-fesr-sicilia-21-27-esame-mid-term-review/).

Con un campionario di strutture  militari operative, logistiche e di formazione di questa portata, la Sicilia è già in prima linea sia per le guerre attuali e sia per i conflitti futuri, in spregio all'art. 11 della Costituzione. 

mercoledì 8 ottobre 2025

Mafia albanese e capitali illeciti, ma su tutto domina sempre e solo lei: la zona grigia.

Acquaforte di Pippo Fava "Pomeriggio al circolo" tratto da Google Immagini


Peppe Bascietto, con una serie di post su Facebook, ha descritto, con precisione chirurgica, il nuovo sistema criminale che opera nel territorio ibleo. Ci ha raccontato la mutazione lenta ma continua che è iniziata con l'ingresso di organizzazioni esterne: 'ndrangheta e mafia albanese. Queste organizzazioni hanno prescritto, per non dire imposto, nuovi comportamenti. La massa enorme di denaro prodotto dalla gestione e dal commercio delle droghe - cocaina su tutte - è diventata in poco tempo lo strumento per costruire una serie di reti economiche che con determinazione si sono infiltrate "nei mercati, nei locali, nei flussi di lavoro e nei permessi di soggiorno". Nel silenzio più totale e con molta risolutezza, in questa parte della Sicilia, si è imposta un'autorità finanziaria, silenziosa, molto ben strutturata e capace di scandire i tempi delle tante economie del Sud Est. In passato in molti miei post pubblicati su questo mio piccolo spazio telematico ho ipotizzato questi legami, ma non avevo gli strumenti per poter definire queste mie teorie. Peppe Bascietto, con una accuratezza millimetrica, ha fornito nomi, cognomi e soprannomi dei personaggi, i loro interessi e gli eventuali legami con altre consorterie mafiose. Nulla a che vedere con le relazioni semestrali della Direzione Investigativa Antimafia. In tutte quelle che ho consultato, compresa l'ultima, l'analisi dei fenomeni criminali in provincia di Ragusa si ferma alla presenza di due distinte organizzazioni mafiose: cosa nostra, influenzata dalle compagini catanesi e nissene e la stidda, strettamente legata alla matrice gelese. Un cliché che si ripete di semestre in semestre da anni. L'unico dato aggiornato sono le operazioni di polizia avute nel periodo a cui fa riferimento la relazione. Gli organi inquirenti sono forse leggermente in ritardo nella lettura del territorio? Eppure da anni esistono atti presso la Commissione nazionale antimafia dove si parla da tempo del ruolo della criminalità albanese. Questa mafia, anni fa, fungeva da "organizzazione di servizio" per le mafie italiane, in quanto si occupava della fornitura, del trasporto (via mare e terra) e dello stoccaggio delle droghe, soprattutto per conto della 'ndrangheta. Poi, sempre da questi atti, emerge come le strutture criminali albanesi si siano evolute e da "organizzazioni di servizio" sono diventate referenti dei più qualificati cartelli di narcotrafficanti sudamericani. Nel resoconto stenografico della seduta della Commissione antimafia di martedì 8 aprile 1997 a pag. 9 si legge: Secondo alcune informazioni, non verificate ma probabilmente attendibili, la presenza di alcuni esponenti dei cartelli colombiani aveva addirittura portato alla sperimentazione della coltivazione della pianta della coca negli altopiani albanesi.
Questo è il nuovo livello criminale. Accanto ad esso, da sempre, c'è un secondo livello che non emerge mai: quello economico! Dove finisce la massa di denaro prodotta dallo spaccio delle droghe? Chi la gestisce? Non possono essere sicuramente i personaggi descritti da Bascietto ad occuparsi di questo, non hanno né le caratteristiche né la capacità. Far convergere certi interessi imprenditoriali con quelli della criminalità non è una cosa semplice. Servono complicità e professionalità di un certo tipo che si svolgono su più strati. 
Un esempio che spieghi in pochi punti questa mia tesi potrebbe essere questo: 
1. Le mafie di questa zona accumulano capitali illeciti con la gestione della droga (anche dei rifiuti).
2. Professionisti capaci e spregiudicati di questo territorio trovano le condizioni attraverso un sistema finanziario compiacente per ripulire questi fondi.
3. I capitali entrano nell’economia legale sotto forma di investimenti, spesso in settori strategici (edilizia, turismo, logistica, serricoltura,…).
4. Il sistema bancario guadagna, gli imprenditori crescono, le mafie si rafforzano economicamente e socialmente e lo Stato finge di non vedere.
Se è così, e io penso che sia così, qui non servono solo più forze dell’ordine o più videosorveglianza. Qui servono più ispettori bancari che verifichino con attenzione ciò che avviene dentro il nostro sistema finanziario. Qui servono più ispettori dell’Agenzia delle Entrate che controllino ciò che accade all’interno di certe imprese. Qui servono intelligenze investigative che sappiano capire come questa criminalità si sta evolvendo. 

Peppe Bascietto ha creato uno squarcio, ci ha dato i nomi, i cognomi e le caratteristiche di questo nuovo sistema criminale/economico che sta infettando tutta la provincia iblea. Ma dietro questi nomi vi è un'entità immateriale, astratta e impenetrabile fatta di imprenditori, notai, avvocati, tecnici, commercialisti, esperti di finanza e quindi di riciclaggio. Un'area grigia che decide come e dove investire la massa enorme di denaro generata del narcotraffico. L'hanno chiamata "mafia trasparente", quella difficile da vedere - o che nessuno vuole vedere - che non ha nomi e soprannomi. E' quella che crea collusioni con la società civile e con le istituzioni. E' la mafia che comanda realmente perché governa e investe i soldi prodotti illegalmente e intreccia rapporti di potere. Questa mafia, avvolta e protetta da una spessa coltre di perbenismo - per questo definita "borghesia mafiosa" - mal sopporta le azioni criminali, vuole silenzio e sfuma per la vergogna di fronte alle violenze della criminalità perché sa che quelle azioni trovano sostegno nel suo grigiore, ma chi compie quelle azioni sa che senza quel grigiore non avrebbe sussistenza. Le istituzioni, per il bene del territorio, si attrezzino per svelare questa mafia. Occorre conoscerne i volti per inserirli, finalmente, anche questi, nelle foto segnaletiche. 

sabato 13 settembre 2025

Venti di guerra al largo delle coste iblee. Ma questa terra cosa rischia di diventare?


L'estate 2025 non passerà alla storia soltanto per essere stata la più calda di sempre ma anche perché è stata parecchio movimentata da un punto di vista militare. A largo delle nostre coste l'agitazione (fortunatamente senza scontri) tra navi militari russe e della Nato, con il corollario di aerei ed elicotteri che pattugliavano le aree interessate, è stata intensa e continua. Basta visitare il sito italmiradar.com e leggere i post che riguardano le tensioni nel Mediterraneo per trovare conferma di ciò che scrivo.  Ma perché vi è stata e vi è tutta questa allerta? La guerra in Ucraina e le vicende mediorientali ci raccontano quella parte dello scontro che riguarda il controllo della superfice delle acque del Mare Nostrum. Accanto a questo vi è un altro conflitto ben più grave e pericoloso: è quello sul controllo dei fondali del Mediterraneo! La Sicilia, per la sua posizione centrale tra Europa, Asia e Africa, è diventata il punto di incontro, il nodo cruciale, per la rete internet mondiale

Sui nostri fondali, al largo della costa ragusana, poggiano i cavi di fibra ottica che trasportano le informazioni tra l'Estremo Oriente e le Americhe, tra L'Africa e il Nord Europa.  A Marina di Ragusa e a Pozzallo vi sono le stazioni di approdo di questi cavi che servono a rafforzare il sistema di connessione a livello internazionale. Le immagini che allego, tratte dal sito submarinecablemap.com, evidenziano la condizione di ciò che sto raccontando.

E' chiaro pertanto come la Sicilia, e in particolare la zona iblea, sia diventata un'area strategica, definita da esimi giornalisti, manager di primo piano e militari alti in grado: "hub informatico",  "cerniera digitale", "cuore della rete mondiale di internet".  Tutto questo ovviamente ci espone ad una nuova serie di problemi, soprattutto ora che vi sono diverse tensioni. Pensare di provare a tranciare questi cavi significa non solo voler alterare l'economa globale ma peggiorare una serie di equilibri geopolitici già, da tempo, abbastanza precari. Ecco spiegato perché la sola presenza, a largo delle nostre coste, del rimorchiatore russo Jakob Grebelsky - probabile nave di appoggio del  sottomarino russo Novorossky - ha attivato un intenso sistema di allerta che è stato seguito e raccontato per l'intera estate dal sito www.itamilradar.com.

La Sicilia,  il nostro territorio, grazie (si fa per dire) a questo nuova condizione strategica, si appresta a diventare  una grande base militare, una gigantesca caserma,  una zona di economia di guerra, dove verranno formati i guerrieri del XXI secolo. Non è un caso se poche ore fa, il presidente della commissione Difesa della Camera dei deputati, il modicano Nino Minardo, ha annunciato con una certa enfasi che presso l'aeroporto di Trapani-Birgi, nascerà il nuovo polo di addestramento globale dei caccia F-35 e sarà la struttura gemella di quella già operativa nella Luke Air Force base in Arizona, negli Stati Uniti.  Il deputato ha voluto inoltre fare rilevare come tutto questo "...è un’opportunità concreta per la Sicilia. Significa centinaia di posti di lavoro tra personale civile e militare, nuove possibilità per le imprese locali e la presenza di grandi realtà industriali come Leonardo e Lockheed Martin. Credo fortemente che la nostra Isola possa diventare un punto di riferimento nel Mediterraneo, coniugando industria della difesa, portualità e infrastrutture. È un’occasione storica di crescita e di sviluppo che dobbiamo saper cogliere."

Allora il futuro di questa terra non sarà il turismo, lo sviluppo del settore agroalimentare e quindi il rilancio della sua microimpresa ma sarà solo quello di diventare un'importante piattaforma tecnologico-militare? E quindi 'l'aeroporto di Comiso o il porto di Pozzallo, per "saper cogliere" queste occasioni storiche cosa potrebbero o dovranno diventare?  Le parole dell'on Minardo, nella loro banalità politica fanno paura e vanno a braccetto con quanto scritto nel Piano territoriale regionale (PTR). In questo documento (si veda l'immagine allegata) la fascia costiera che va da Siracusa a Licata viene definita "banana energetica", cioè dovrebbe diventare un area che produce energia con l'agri-voltaico, biocarburanti e impianti eolici off-shore. Tutta  questa energia  serve forse a sostenere l'energivora Intelligenza Artificiale (AI) che dovrà viaggiare nella rete sottomarina?  Se è così (ed è probabile che sia così) tutto questo deve essere difeso, da ogni possibile attacco, con sistemi militari avanzati. Nell'area del Sud Est siciliano sono operative: la base di Sigonella, il sistema MUOS e poi vi sono diverse infrastrutture militari, apparentemente secondarie, sparse nel territorio. Alla luce di un possibile precipitare degli eventi, tanto in Ucraina quanto in Medio Oriente, potrebbero servire ulteriori strutture militari? E' forse questa  "l'occasione storica di crescita"  di cui parla l'on Minardo? E' così che si prova ad avviare la filiera della guerra? 



Nell'attesa che qualcuno risponda a questi quesiti penso che intanto serva una mobilitazione civile e democratica, prima che sia troppo tardi. Prima che tutto possa diventare definitivo.  

domenica 24 agosto 2025

Salvo Vitale, un uomo di coraggio.




Salvo Vitale non c'è più. Il 19 agosto, a 82 anni, pochi giorni dopo il suo compleanno, ci ha lasciato. Salvo era un amico fraterno di Peppino Impastato, era uno di quei compagni che si era dedicato  a quell’attivismo politico sano, creativo, geniale e totalizzante nato a cavallo tra gli anni '60 e '70. Si era laureato in Filosofia e aveva iniziato la sua carriera come corrispondente per L’Ora, ma poi decise di fare l'insegnante. Insieme a Impastato si dedicarono completamente alla lotta contro la mafia di Cinisi e di Badalamenti, denunciandone ogni attività illecita, deridendo i mafiosi e i loro complici politici. Infatti, una delle sue tante qualità era quella di burlare la mafia, di non prenderla troppo sul serio come fanno certi personaggi egocentrici che si atteggiano ad esperti di criminalità organizzate. Lui, insieme a Peppino, con il programma "Onda pazza", erano diventati dei potenti ed estrosi menestrelli. Si può dire che insieme hanno inventato l'antimafia sociale, quella che dà realmente fastidio e sta dalla parte degli oppressi. Dopo l’assassinio di Peppino, continuò la sua battaglia con una geniale incoscienza, riuscendo a mantenere viva la memoria di Peppino e soprattutto a far emergere la verità sul suo omicidio perché carabinieri e magistratura sostenevano (o depistavano) che Impastato fosse un terrorista incapace a maneggiate il tritolo o peggio, un folle suicida. Ha continuato in mille modi a dare fastidio e a deridere le mafie senza mai cadere nella rete dell'antimafia in doppio petto, anzi la criticava con tagliente ironia. “Mettere in mezzo a tutto una grande, comune risata”, era una delle sue massime. Con il suo blog , "Il Compagno - giornale di controinformazione stile Radio Aut", ha regalato tante analisi, e molti spunti  sul contrasto alle mafie, alle loro evoluzioni e ai loro interessi economici. Per tutta una vita ha cercato di animare il focolaio di agitazione che nasce dove ci sono uomini che subiscono ingiustizie”. Le parole a cui teneva  di più erano "resistere" e "oltre", un binomio che può sembrare un ossimoro ma che invece è stato ed è il motore che spinge verso  la concreta fattibilità che un altro mondo è possibile.
Salvo Vitale ci lascia due grandi insegnamenti: non piegarsi mai al silenzio, anche quando sembra inutile o fa paura, e poi che la memoria non è solo ricordo ma lotta.
Abbiamo perso un compagno, ma restano vive le sue parole che continueranno a suggerire ai giovani (ma anche ai meno giovani) di non arrendersi, perché le mafie si combattono e si abbattono con la cultura, con l’ironia e con il coraggio.

Per chi vuole conoscere gli scritti di Salvo Vitale https://www.ilcompagno.it/




mercoledì 13 agosto 2025

Sistemi idrici siciliani, per la Corte dei conti ci sono 25 anni di inefficienze.

Foto presa da Google Immagini

Ricordate la coppia Totò Cuffaro Felice Crosta? Il primo presidente della regione, finito in carcere per favoreggiamento aggravato alla mafia e violazione del segreto istruttorio, il secondo super dirigente regionale che guadagnava 1.500  euro al giorno. Entrambi furono i  firmatari del Piano di tutela delle acque della Regione siciliana, un documento elaborato tra il 2003 e il 2007 e poi approvato il 24 dicembre 2008. Uno strumento di pianificazione dove in più di 200 pagine veniva delineata l'autosufficienza del sistema idrico dell'isola, in grado di garantire il fabbisogno di tutti i comparti produttivi e civili anche in assenza di piogge prolungate. In 20 anni questo documento è diventato, via via, carta straccia. Il 7 agosto sorso la Corte dei conti ha certificato lo storico stato di inefficienza e di carenza strutturale sia dei grandi invasi sia delle reti idriche siciliane dove le perdite d'acqua, in alcuni casi, arrivano al 70%. Infatti nella relazione dei magistrati contabili si legge: “sussistono agli atti istruttori palesi e macroscopiche carenze documentali nella individuazione delle connessioni finanziarie e funzionali tra le diverse gestioni emergenziali che hanno interessato gli interventi per la realizzazione, il completamento e la manutenzione delle dighe, delle reti di grande adduzione delle risorse idriche, e delle reti comunali con decorrenza dall’anno 2001”. Il 2001 è proprio l'anno in cui inizia lo scempio privatistico dei sistemi idrici siciliani. Infatti la Regione con un decreto favorisce la privatizzazione della gestione idrica in base a “criteri di efficienza, efficacia e di economicità”. In una relazione l'allora commissario regionale per le acque, l'ex generale dei carabinieri Roberto Jucci, provò a cambiare quella norma proponendo l'istituzione di una authority che avrebbe dovuto gestire, unitariamente, le dighe, le condotte, e gli impianti comunali. Dopo quella relazione l'ex generale fu spedito a casa e la carica di commissario venne assunta da Totò “vasa vasa” che nominò suo vice il dott. Felice Crosta. Nel 2004, sempre durante il governo Cuffaro, nasce Siciliacque spa, società per il 75% privata e per il restante 25% di proprietà della regione. Oggi questa struttura gestisce 90 milioni di metri cubi d'acqua e copre il fabbisogno (si fa per dire) delle province di Agrigento, Caltanissetta, Enna, Trapani, e in parte di Palermo, Messina e Ragusa. In tutte queste zone si sta affrontando da tempo una grave crisi idrica che viene attribuita quasi esclusivamente alla scarsa piovosità e alle alte temperature. Ma nel Piano di tutela delle acque non si scrisse che i sistemi idrici siciliani erano in grado di garantire il fabbisogno di tutti i comparti produttivi e civili anche in assenza di piogge prolungate? Cosa è cambiato da allora? La recente relazione della Corte dei conti ci fornisce un dato significativo che delinea lo spessore delle gravi insufficienze strutturali sia nella realizzazione e sia nella manutenzione delle opere idriche dell’isola: su 1.438 interventi urgenti e di immediata attuazione richiesti in tutta Italia al Commissario nazionale per l’emergenza idrica, 773 arrivano dalla Sicilia, cioè più del 50% degli interventi richiesti. Tutto questo, secondo i magistrati, “costituisce una prima evidenza della gravità del deficit strutturale nella realizzazione e/o manutenzione delle opere idriche nella Regione siciliana”. E i criteri di efficienza, efficacia ed economicità che per la Regione dovevano arrivare con la privatizzazione dove sono finiti? Si parla di un Piano di messa in sicurezza del sistema idrico siciliano, il costo si aggira a circa 1,3 miliardi. Il 60% di questo Piano pare sia già finanziato e prevede la costruzione e il rifacimento delle grandi strutture irrigue per circa 600 milioni di euro, la messa in sicurezza delle dighe per 440 milioni di euro, il riutilizzo delle acque reflue in agricoltura per 200 milioni di euro e altri 60 milioni di euro per la rimozione del fango degli invasi. Un profluvio di soldi pubblici che fa sfregare le mani a tanti e non esclude il rischio di infiltrazioni mafiose. Ecco perché la magistratura contabile, dopo 25 anni, vuole vederci chiaro e “chiede (a diverse strutture regionali ndr) di fornire lo stato di attuazione degli interventi programmati”.  Chi avrà il coraggio di raccontare come stanno i fatti di fronte ad un quarto di secolo di (volute?) debolezza gestionali? Intanto Totò Cuffaro, dopo le sofferenze patite in carcere,  si è ripreso, prepotentemente, la scena politica siciliana e le sue decisioni, anche quelle sulle politiche di gestione dell'acqua, saranno molto determinanti. Tutto questo mentre in Sicilia  aumenta la siccità, avanza la desertificazione e la sete brucia le gole dei siciliani. Tre emergenze che hanno già messo in moto la macchina del consenso.



In allegato la delibera della Corte de conti

file:///C:/Users/PC8/Desktop/delibera_213_2025_sicilia.pdf

sabato 5 luglio 2025

Sicilia grande piattaforma militare!? L'aeroporto di Comiso cosa sarà?

Foto tratta da Google Immagini
 

La dichiarazione/notizia è passata come una meteora, la scia è stata molto luminosa ma si è subito diradata. Nei social se ne è parlato per alcune ore. In tanti hanno postato nelle proprie bacheche i link dei quotidiani e delle piattaforme all-news e li sono arrivate le “condivisioni”, sono piovuti i “mi piace” e i “commenti”.  Infine, come avviene per qualsiasi notizia, dopo poco tempo tutto si è dissolto come nella scena di un film. Ora, siccome certe dichiarazioni non possono essere metabolizzate in questo modo io la ribadisco e la rilancio con forza: La Sicilia diventerà il primo luogo extra Stati Uniti dove saranno formati i piloti dei caccia bombardieri F-35. Questa frase è stata declamata con una serafica serenità dal Ministro della difesa (o della guerra?), Guido Crosetto, il 2 luglio scorso nella base militare di Decimomannu, in Sardegna, alla presenza del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Il ministro non si è limitato solo a dare questa notizia, ma l’ha presentata come un grande vantaggio per l’isola, “che porta ricchezza e aiuta a mettere insieme le capacità industriali…perché il futuro si costruisce facendo diventare la difesa un motore sociale, economico, di innovazione e tecnologico”.  Dopo poco tempo sono arrivate le dichiarazioni del presidente della commissione difesa della Camera, on. Nino Minardo, : “Dal punto di vista economico, l’iniziativa può avere ricadute significative sul territorio, generando occupazione qualificata e attrazione di investimenti. La presenza di una struttura di questo livello in Sicilia rafforza il sistema industriale della difesa e apre nuove prospettive per la formazione e la tecnologia. È fondamentale adesso che vi sia massima attenzione e collaborazione per seguire ogni sviluppo, garantendo il necessario supporto istituzionale”.
La Sicilia, da laboratorio politico,  si appresta a diventare anche una grande base militare? Una gigantesca caserma? Un luogo dove si formano i guerrieri del XXI secolo? Queste domande non nascono a caso ma scaturiscono da una serie di fatti che si sono susseguiti negli ultimi tempi. 

Nel 2023, presso i cantieri navali di Palermo, sono stati effettuati lavori di adeguamento relativi all’imbarco dei nuovi aerei F-35 sulla portaerei Cavour - nave ammiraglia della nostra Marina militare. Nel 2024, sempre presso i cantieri navali di Palermo, è stata effettuata la manutenzione di un’altra nave da guerra, l'unità anfibia multiuso Trieste. Sempre nel 2024 ad Augusta è stato istituito il polo unico di formazione avanzata per gli ufficiali della Marina Militare designati al comando navale. Dal gennaio di quest’anno, voci sempre più insistenti parlano di insediamenti in aree industriali siciliane (Termini Imerese?) di azienda specializzata nella progettazione e sviluppo di batterie a litio di nuova generazione sia per uso industriale che commerciale. L’uso industriale è legato all’industria delle armi? Faccio notare che le batterie a litio sono fondamentali nella gestione elettronica dei nuovi sistemi d’arma.  A marzo 2025 il vice presidente esecutivo della Commissione Europea, Raffaele Fitto,  a margine di un convegno che si è tenuto a Palermo, sul tema della spesa dei fondi Ue e della destinazione di queste somme per la difesa, ha dichiarato che vi è la possibilità di utilizzare le risorse della politica di coesione per spese militari. Infine, lo ribadisco, pochi giorni fa il ministro Guido Crosetto ci annuncia che in Sicilia saranno formati i top gun che piloteranno gli F-35. 

Riepilogando: nuove strutture di manutenzione, nuove basi militari di alta formazione, nuove industrie di produzione. In Sicilia, per fare tutto questo, oltre ai soldi, servono zone dedicate all'accettazione e al deposito temporaneo di merci e materiali utili a realizzare ciò. In particolare: strutture, mezzi e attrezzature dovranno arrivare o nei porti o negli aeroporti e poi serviranno delle basi logistiche. E' forse per questo motivo che l'aeroporto di Comiso dovrebbe diventare un'area cargo? E' possibile che alcune zone industriali (Catania o Termini Imerese?) possano diventare basi dove o ammassare il materiale o insediare industrie a servizio di questo ambizioso progetto? Parafrasando il titolo di un vecchia canzone, "strada facendo" vedremo cosa accadrà. Intanto, però, da qualche tempo il nostro cielo è solcato ciclicamente da aerei militari da trasporto e da grossi elicotteri da trasposto. Chissà perché?