Claudio Carbonaro
Orazio Sortino
Orazio
Sciortino e Claudio Carbonaro, due "pentiti" mai ravveduti
e mai recuperati. In questo caso l’aggettivo "irredimibili"
è veramente appropriato. Due volti che raccontano il fallimento
dello Stato. Due facce della stessa medaglia: quella mafiosa. Da un
lato la mafia stracciona e marginale, quelle delle periferie, che si
nutre di piccoli reati: furto, spaccio, ricettazione; e dove ci si
afferma con l'unico valore aggiunto che si conosce: la violenza,
declinata in tutte le sue forme. Dall’altro la criminalità
economica, quella che fa impresa riciclando soldi prodotti
illegalmente in attività ben strutturate, per questo gode di tante
compiacenze. La prima è rozza, volgare e accattona, per questo
risulta fastidiosa al potere e quindi viene contrastata da polizia e
magistratura così come viene facilmente raccontata dalla stampa e
dai media. La seconda vive dentro la società ed è in combutta con
ogni forma di potere, per questo si conoscono soltanto i personaggi
marginali, alcune leggere sfumature giudiziarie e pochissimi
resoconti giornalistici. Queste due facce comprimono la città che
continua a sopportare con sofferente indifferenza i liquami putridi
rilasciati da queste due mafie.
Lo
dico da anni, serve un’azione sociale di contrasto forte ma
soprattutto chiara. L’antimafia
corrente, quella in doppio petto e col pennacchio,vive e si trastulla
in inutili e ridicole liturgie,continua a nutrirsi di banalità
sempre più sbiadite. L'omicidio di Sciortino e l'arresto di
Carbonaro non ci raccontano soltanto il fallimento dello Stato ci
dicono pure che Vittoria ha bisogno di un’altra antimafia, di
un'antimafia vera, di un’antimafia
“difficile”,
sia per le scelte di fondo che deve avviare e sia per le analisi e
l’attività da svolgere nel territorio. La campagna elettorale in
corso è diventata, gioco forza, il primo banco di prova. Serve
riappropriarsi del concetto di democrazia. Le regole democratiche
sono la prima vera antimafia, ma per attuarle realmente si devono
denunciare e contrastare le attuali condizioni economiche, sociali e
morali in cui la città è stata posta. Bisogna portare nella
militanza culturale e politica delle coalizioni che si confronteranno
la radicalità della rottura con qualsiasi anomalia del passato;
costi quel che costi. Mai come ora bisogna coniugare il rigore
dell’analisi e la chiarezza della denuncia con la concretezza delle
azioni e della proposta. Viceversa, senza questa intransigenza
qualsiasi forma di lotta contro le mafie, disgiunta dalla ricerca e
dall’attuazione di nuove socialità che sappiano frantumare
l’insieme di rapporti – solidi ma osmotici – che caratterizzano
Vittoria, è già destinata al fallimento.