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sabato 30 gennaio 2016
Tassazione eccessiva. Ma non per tutti.
martedì 19 gennaio 2016
SOTTO ASSEDIO
Vittoria
è una città assediata dalla mafia. Un assedio che dura da anni, da
decenni. La Città ha cercato e cerca di difendersi, di resistere
come può dagli attacchi duri, ciclici ma continui di una criminalità
che negli anni è diventata forte e credibile, non solo socialmente,
ma soprattuto economicamente. Qui più di ogni altro luogo in Sicilia la mafia è
diventata impresa. Chi mette in atto un assedio si pone uno scopo
preciso: emarginare chi lo subisce in modo da impedirgli qualsiasi
tipo di comunicazione. Non si può e non si deve assolutamente negare
che chi assedia cerca di corrompere chi è sotto assedio per
conquistare il
territorio con l'inganno e il tradimento. E qui di traditori ce ne
sono tanti. In questi anni le marmaglie mafiose sono riuscita a
conquistare pezzi di città. Il terreno di chi resiste si è via
via ridotto, si è assottigliato, è diventato un moncherino di
matita, impossibile oramai da temperare. C'è chi ancora si oppone.
Forse sono scarsamente organizzati. Ma queste persone mantengono
ancora alta la dignità di Vittoria. Non possono essere confuse con
la marmaglia e suoi complici invisibili. Chi fa informazione a certi
livelli, invece di generalizzare dovrebbe capire e analizzare un territorio. Una volta si chiamava "fare inchiesta". Invece oggi, con molto
semplicismo, si banalizza. Così si fa il gioco della mafia. Tutti
colpevoli, tutti mafiosi, nessuno è colpevole. E la giostra
continua. Diciamolo con estrema franchezza: all'assedio criminale
corrisponde anche un assedio mediatico distorto. A nessuno
interessano le battaglie di chi prova tra mille difficoltà a
resistere. Non interessa neanche far conoscere la verità. Si fruga
fra i luoghi comuni peggiori, senza entrare nel merito, senza capire
quali dinamiche avvengono in una zona. Cosa ancora più grave se a
fare tutto ciò è il “servizio pubblico”. Quando un anno fa fu
ucciso Brandimarte la notizia scivolò velocemente. Non meritava
nessun approfondimento? Eppure quella poteva essere un'occasione per
capire e distinguere. A chi giova tutto ciò? Non sicuramente al nome
di Vittoria e di chi la vuole veramente migliorare.
domenica 17 gennaio 2016
Riappropriarsi della bellezza (primi appunti di campagna elettorale)
L'arte
è creare bellezza. La Chiesa, fin dalle sue origini, ha ben
compreso il valore e l'importanza dell'arte, l'ha utilizzata in modo
sapiente, si è servita dei suoi multiformi linguaggi per comunicare
il suo “annuncio di redenzione”. Ha estremizzato a tal punto la
rilevanza e il controllo dell'arte che si è appropriata anche del
concetto di bellezza, imponendone i canoni. La sua potenza gli ha
permesso di normare la bellezza. Per secoli gli edifici religiosi e le
loro pareti
sono stati il telo sul quale la Chiesa ha dipinto il suo
autoritratto. Attorno agli antichi edifici religiosi nascevano
quartieri ordinati che rispondevano alla bellezza dell'edificio
sacro. Da diversi decenni non è più così. Il rapporto tra arte e
spiritualità è ormai sganciato dal concetto di bellezza. Via via
nel tempo sono prevalse altre logiche sempre più legate al business
o alle speculazioni. Le chiese di oggi sono edifici tristi e
desolanti inseriti in quartieri spenti e depressi. Sarebbe
interessante capire chi li ha progettati e come sia
riuscito ad ottenere le commesse. Se un bene pubblico, come una
chiesa, non è bello rischia di essere un “pericolo” per la
comunità che lo utilizza. Il nostro territorio questo principio lo
ha sperimentato sulla sua pelle. Il momento attuale è segnato da
fenomeni negativi, sia sociali che economici, che stanno affievolendo
speranza e fiducia. Crescono i segni di rassegnazione e di
aggressività. Tutto questo sta rafforzando ancora di più figure che
da questo territorio hanno solo tratto grandi profitti personali,
abili fantini che negli anni sono saltati da un cavallo all'altro pur
di controllare la cosa pubblica affermando esclusivamente i propri
interessi. Non serve solo cacciarli dal "tempio", riuscirebbero a
rientrare dalle porte laterali. Peppino
Impastato diceva: "Se
si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma
contro la rassegnazione, la paura e l’omertà. All’esistenza di
orrendi palazzi sorti all’improvviso, con tutto il loro squallore,
da operazioni speculative, ci si abitua con pronta facilità, si
mettono le tendine alle finestre, le piante sul davanzale, e presto
ci si dimentica di come erano quei luoghi prima, ed ogni cosa, per il
solo fatto che è così, pare dover essere così da sempre e per
sempre. È per questo che bisognerebbe educare la gente alla
bellezza: perché in uomini e donne non si insinui più l’abitudine
e la rassegnazione ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo
stupore”. Le
amministrative si avvicinano. Il conto alla rovescia è iniziato. A
Vittoria serve una classe dirigente in grado di ridare entusiasmo e
fiducia, una classe politica non solo in grado di governare ma che si
assuma anche una funzione pedagogica: cosa può incoraggiare a
ritrovare un percorso, ad alzare lo sguardo verso il futuro, a
sognare una vita degna della sua vocazione se non insegnare a riappropriarsi
della bellezza?
martedì 5 gennaio 2016
L'ultima lezione di Pippo Fava
Catania,
5 gennaio 1984, via dello Stadio, sono le 21 circa, Pippo Fava,
giornalista, saggista,
scrittore,
drammaturgo
e
sceneggiatore, apre la portiera della sua Renaut 5 si siede, fa per
mettere in moto l'auto ma viene raggiunto da cinque colpi di pistola,
quasi tutti alla nuca. Così la mafia - perché fu la mafia - amputò la
voce più critica ma più sinceramente appassionata di Catania. Ogni
anno rivedo la sua ultima intervista, quella che gli fece Enzo Biagi
e che nei fatti lo condannò a morte, sono circa 7 minuti (si può cercare su youtube). Fava con una serenità e una semplicità
unica descrive la trasformazione della mafia in sistema economico.
Per onorare la sua memoria ho voluto (molto immeritatamente)
parafrasare alcune sue analisi. Per farlo mi sono permesso di fare delle "indagini di massima", molto generiche.
In provincia di Ragusa ci
sono all'incirca 5000 tossicodipendenti che presumibilmente consumano
da 15 a 20 euro di droga al giorno. Significa che la criminalità
economica di questa terra incassa da 75 mila a 100 mila euro al
giorno. In un anno sono più di 30 milioni di euro. Quale impresa in
questa provincia riesce ad avere un reddito così elevato? Se i
numeri sono questi non è per nulla campata in aria la tesi che la
droga sia la prima economia di questa zona (e non solo).
Un’organizzazione che riesce a maneggiare oltre 30 milioni di euro
ha la possibilità di inserirsi in qualsiasi settore dell'economia
senza avere problemi di liquidità e può resistere a qualsiasi
crisi. Quindi pare evidente che questi soldi, in qualche modo,
vengono reinvestiti, ripuliti e riciclati. Dovrebbe essere
altrettanto evidente quindi che le banche - e tutto ciò che ruota
attorno al mondo finanziario ragusano - hanno una funzione.
32 anni fa Pippo Fava nella sua ultima apparizione pubblica spiegò a tanti telespattaori che era
dentro
la banche che bisognava guardare “... lì
c’erano decine di migliaia di miliardi insanguinati che venivano
immessi dentro le banche e ne fuoriuscivano per andare verso opere
pubbliche. Ritengo che molte chiese siano state costruite con appalti
avuti da denari mafiosi insanguinati”.
Qualche settimana dopo il corpo di Fava era chiuso in un bara posta al
centro della navata della chiesa di Santa Maria della Guardia di Ognina. Il suo funerale non fu molto partecipato.
domenica 3 gennaio 2016
2016
Il
2016 è appena arrivato, gli amici, le persone che mi voglio bene, un
po per scherzo, un po in modo benevolo, mi ricordano che quest'anno
copierò cinquant’anni. Me lo dicono come se quest'età conferisse
saggezza, prudenza, esperienza ... ma chi mi conosce bene sa pure
che non sarà così. La prima cosa che mi viene in mente quando sento
questa cifra è che il più è fatto, non ne posso aggiunge
altrettanti. Non lo dico per pessimismo o perchè mi sento vecchio e
arrivato, è soltanto puro realismo. Ma per quanto mi resta da
svolgere so che ho ancora tanto da fare. Ancora, per me
non è un semplice avverbio di tempo, è continuare ad essere ciò che sono ma soprattutto è l'esortazione a
fare altre cose: continuare ad osare, a provare, a scrivere, a ostacolare le
tante porcherie che accadono nella mia terra, a ritornare a correre
senza farsi vincere dalla noia e dai dolori. Ecco questo è il più sincero e affettuoso augurio che faccio a me stesso e ai miei
coetanei. Concludo questa mia breve "divagazione" di inizio 2016
augurandovi un Buon ancora a tanti … ma non a tutti.
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