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domenica 24 agosto 2025

Salvo Vitale, un uomo di coraggio.




Salvo Vitale non c'è più. Il 19 agosto, a 82 anni, pochi giorni dopo il suo compleanno, ci ha lasciato. Salvo era un amico fraterno di Peppino Impastato, era uno di quei compagni che si era dedicato  a quell’attivismo politico sano, creativo, geniale e totalizzante nato a cavallo tra gli anni '60 e '70. Si era laureato in Filosofia e aveva iniziato la sua carriera come corrispondente per L’Ora, ma poi decise di fare l'insegnante. Insieme a Impastato si dedicarono completamente alla lotta contro la mafia di Cinisi e di Badalamenti, denunciandone ogni attività illecita, deridendo i mafiosi e i loro complici politici. Infatti, una delle sue tante qualità era quella di burlare la mafia, di non prenderla troppo sul serio come fanno certi personaggi egocentrici che si atteggiano ad esperti di criminalità organizzate. Lui, insieme a Peppino, con il programma "Onda pazza", erano diventati dei potenti ed estrosi menestrelli. Si può dire che insieme hanno inventato l'antimafia sociale, quella che dà realmente fastidio e sta dalla parte degli oppressi. Dopo l’assassinio di Peppino, continuò la sua battaglia con una geniale incoscienza, riuscendo a mantenere viva la memoria di Peppino e soprattutto a far emergere la verità sul suo omicidio perché carabinieri e magistratura sostenevano (o depistavano) che Impastato fosse un terrorista incapace a maneggiate il tritolo o peggio, un folle suicida. Ha continuato in mille modi a dare fastidio e a deridere le mafie senza mai cadere nella rete dell'antimafia in doppio petto, anzi la criticava con tagliente ironia. “Mettere in mezzo a tutto una grande, comune risata”, era una delle sue massime. Con il suo blog , "Il Compagno - giornale di controinformazione stile Radio Aut", ha regalato tante analisi, e molti spunti  sul contrasto alle mafie, alle loro evoluzioni e ai loro interessi economici. Per tutta una vita ha cercato di animare il focolaio di agitazione che nasce dove ci sono uomini che subiscono ingiustizie”. Le parole a cui teneva  di più erano "resistere" e "oltre", un binomio che può sembrare un ossimoro ma che invece è stato ed è il motore che spinge verso  la concreta fattibilità che un altro mondo è possibile.
Salvo Vitale ci lascia due grandi insegnamenti: non piegarsi mai al silenzio, anche quando sembra inutile o fa paura, e poi che la memoria non è solo ricordo ma lotta.
Abbiamo perso un compagno, ma restano vive le sue parole che continueranno a suggerire ai giovani (ma anche ai meno giovani) di non arrendersi, perché le mafie si combattono e si abbattono con la cultura, con l’ironia e con il coraggio.

Per chi vuole conoscere gli scritti di Salvo Vitale https://www.ilcompagno.it/




mercoledì 13 agosto 2025

Sistemi idrici siciliani, per la Corte dei conti ci sono 25 anni di inefficienze.

Foto presa da Google Immagini

Ricordate la coppia Totò Cuffaro Felice Crosta? Il primo presidente della regione, finito in carcere per favoreggiamento aggravato alla mafia e violazione del segreto istruttorio, il secondo super dirigente regionale che guadagnava 1.500  euro al giorno. Entrambi furono i  firmatari del Piano di tutela delle acque della Regione siciliana, un documento elaborato tra il 2003 e il 2007 e poi approvato il 24 dicembre 2008. Uno strumento di pianificazione dove in più di 200 pagine veniva delineata l'autosufficienza del sistema idrico dell'isola, in grado di garantire il fabbisogno di tutti i comparti produttivi e civili anche in assenza di piogge prolungate. In 20 anni questo documento è diventato, via via, carta straccia. Il 7 agosto sorso la Corte dei conti ha certificato lo storico stato di inefficienza e di carenza strutturale sia dei grandi invasi sia delle reti idriche siciliane dove le perdite d'acqua, in alcuni casi, arrivano al 70%. Infatti nella relazione dei magistrati contabili si legge: “sussistono agli atti istruttori palesi e macroscopiche carenze documentali nella individuazione delle connessioni finanziarie e funzionali tra le diverse gestioni emergenziali che hanno interessato gli interventi per la realizzazione, il completamento e la manutenzione delle dighe, delle reti di grande adduzione delle risorse idriche, e delle reti comunali con decorrenza dall’anno 2001”. Il 2001 è proprio l'anno in cui inizia lo scempio privatistico dei sistemi idrici siciliani. Infatti la Regione con un decreto favorisce la privatizzazione della gestione idrica in base a “criteri di efficienza, efficacia e di economicità”. In una relazione l'allora commissario regionale per le acque, l'ex generale dei carabinieri Roberto Jucci, provò a cambiare quella norma proponendo l'istituzione di una authority che avrebbe dovuto gestire, unitariamente, le dighe, le condotte, e gli impianti comunali. Dopo quella relazione l'ex generale fu spedito a casa e la carica di commissario venne assunta da Totò “vasa vasa” che nominò suo vice il dott. Felice Crosta. Nel 2004, sempre durante il governo Cuffaro, nasce Siciliacque spa, società per il 75% privata e per il restante 25% di proprietà della regione. Oggi questa struttura gestisce 90 milioni di metri cubi d'acqua e copre il fabbisogno (si fa per dire) delle province di Agrigento, Caltanissetta, Enna, Trapani, e in parte di Palermo, Messina e Ragusa. In tutte queste zone si sta affrontando da tempo una grave crisi idrica che viene attribuita quasi esclusivamente alla scarsa piovosità e alle alte temperature. Ma nel Piano di tutela delle acque non si scrisse che i sistemi idrici siciliani erano in grado di garantire il fabbisogno di tutti i comparti produttivi e civili anche in assenza di piogge prolungate? Cosa è cambiato da allora? La recente relazione della Corte dei conti ci fornisce un dato significativo che delinea lo spessore delle gravi insufficienze strutturali sia nella realizzazione e sia nella manutenzione delle opere idriche dell’isola: su 1.438 interventi urgenti e di immediata attuazione richiesti in tutta Italia al Commissario nazionale per l’emergenza idrica, 773 arrivano dalla Sicilia, cioè più del 50% degli interventi richiesti. Tutto questo, secondo i magistrati, “costituisce una prima evidenza della gravità del deficit strutturale nella realizzazione e/o manutenzione delle opere idriche nella Regione siciliana”. E i criteri di efficienza, efficacia ed economicità che per la Regione dovevano arrivare con la privatizzazione dove sono finiti? Si parla di un Piano di messa in sicurezza del sistema idrico siciliano, il costo si aggira a circa 1,3 miliardi. Il 60% di questo Piano pare sia già finanziato e prevede la costruzione e il rifacimento delle grandi strutture irrigue per circa 600 milioni di euro, la messa in sicurezza delle dighe per 440 milioni di euro, il riutilizzo delle acque reflue in agricoltura per 200 milioni di euro e altri 60 milioni di euro per la rimozione del fango degli invasi. Un profluvio di soldi pubblici che fa sfregare le mani a tanti e non esclude il rischio di infiltrazioni mafiose. Ecco perché la magistratura contabile, dopo 25 anni, vuole vederci chiaro e “chiede (a diverse strutture regionali ndr) di fornire lo stato di attuazione degli interventi programmati”.  Chi avrà il coraggio di raccontare come stanno i fatti di fronte ad un quarto di secolo di (volute?) debolezza gestionali? Intanto Totò Cuffaro, dopo le sofferenze patite in carcere,  si è ripreso, prepotentemente, la scena politica siciliana e le sue decisioni, anche quelle sulle politiche di gestione dell'acqua, saranno molto determinanti. Tutto questo mentre in Sicilia  aumenta la siccità, avanza la desertificazione e la sete brucia le gole dei siciliani. Tre emergenze che hanno già messo in moto la macchina del consenso.



In allegato la delibera della Corte de conti

file:///C:/Users/PC8/Desktop/delibera_213_2025_sicilia.pdf