Serve una nuova antimafia. 1° parte
Per
ogni chilogrammo di marijuana sequestrata dalle forze dell'ordine ce
ne sono nove che non vengono intercettate. La freddezza statistica
del dato non dice nulla se non viene applicato a quello che succede
nella realtà. Solo nel mese di novembre in provincia di Ragusa
Carabinieri, Polizia e Guardia di Finanza hanno sequestrato circa 150
kg tra marijuana e hashish. Tutta roba pronta per essere consumata.
Se applichiamo il rapporto 1/9 viene fuori che 1350 chilogrammi di
erba e di fumo, chilo più chilo meno, si sono salvati dalla confisca
e sono stati sicuramente commercializzati. La droga leggera, nelle
nostre piazze di spaccio, viene venduta a 10/15 euro al grammo. Se si
fa una semplice moltiplicazione viene fuori che a novembre, nel
territorio ragusano, la criminalità economica ha incassato circa 15
milioni di euro. Non sto considerando gli incassi fatti con la
cocaina e tutto il resto. La cannabis è diventata in poco tempo una
fonte di guadagno significativamente importante per la mafia.
L'acquisizione di capitale della criminalità economica, grazie ai
proventi della droga leggera, è cresciuta a dismisura e insieme ad
essa è cresciuto il suo consenso sociale. Mentre da un lato la
criminalità economica si ingrassa dall'altro, larghi settori
dell'antimafia di mestiere tendono ancora a presentare il fenomeno
mafioso essenzialmente come devianza, criminalità, prodotto di
situazioni particolari, subcultura, eversione. Pensano ancora che
alla mafia si contrapponga una società sostanzialmente sana: la così
detta “società civile”. Parlano di racket come se fosse ancora
l'attività di finanziamento primario della criminalità organizzata,
senza capire che il pizzo, in molte zone, è ormai preistoria. Non
hanno ancora capito, o peggio fanno finta di non capire, che la
mafia è diventata impresa grazie ai capitali fatti in buonissima
parte con la droga. Mentre si discute come contrastare il racket, l'impresa mafiosa si è integrata a pieno titolo nell'habitat
sociale, è riconosciuta, stimata, valorizzata. Basta frequentare i bar o
tanti locali pubblici durante le varie ore del giorno, imprenditori
mafiosi incontrano professionisti o imprenditori normali. Di cosa
possono parlare? Di affari!? Mentre tutti pensano ancora
all'esattore del pizzo, il mafioso intanto, con i capitali della
droga, si è evoluto ed è diventato un uomo d'affari di successo, è
capace di creare opportunità di lavoro, interagisce con altri
imprenditori creando servizi a costi vantaggiosi, investe nel
territorio avviando nuove attività, costruisce rapporti con il sistema bancario, non da fastidio, è diventato un
modello da imitare. Tutto questo gli ha permesso di
acquisire
e gestire posizioni di potere all'interno del sistema sociale in
cui opera. La presunta società “civile” è passata, senza battere ciglio, dall'eventuale contrapposizione alla contiguità, instaurando un rapporto di
tolleranza-convenienza-alleanza con l'impresa mafiosa. Questo
atteggiamento ha sviluppato un modello di controllo-comando che non
è più caratterizzato dalla paura per la violenza della mafia ma dall'utilità della stessa. Si è affermato in modo definito un
principio: la criminalità economica è utile e non è un ostacolo
per lo "sviluppo". E' avvenuta una contaminazione determinata e dettata dalla massa
di denaro che genera la droga che ha interrotto e intorpidito ogni tipo di contrasto sociale. Senza i soldi della droga, oggi, la mafia,
anche nel nostro territorio, sarebbe rintanata in una riserva. Urge creare una nuova antimafia ... sociale.
continua
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