A
Vittoria, da oltre 48 ore, il testo più letto è la
relazione del Prefetto allegata al decreto di scioglimento del
consiglio comunale (atto pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale serie generale n. 206 del 5 settembre). A
Vittoria, da oltre 48 ore, la
parola più scritta e pronunciata è "omissis". Dietro questo termine
che prova a tralasciare l’identità delle persone coinvolte, si
nasconde, oltre ad una evidente quanto morbosa curiosità, una rabbia
sorda. Ciò
che per anni molti cittadini hanno percepito, supposto, ipotizzato,
immaginato, ha trovato una sua concretezza nelle oltre trenta pagine
della relazione riassuntiva del Prefetto. Leggendo quei fogli - sintesi di un documento più corposo redatto dalla Commissione
ispettiva che per sei mesi ha analizzando
una mole impressionante di atti - viene fuori un quadro disarmante e
desolante dell’istituzione comunale. Nel documento emerge da più
parti come le mafie del territorio e le loro economie non siano state, per l’istituzione politico-amministrativa-burocratica
comunale, un problema da contrastare, ma uno strumento di potere di
cui servirsi, con cui venire a patti, con cui dividersi i vantaggi
dell’illegalità.
Sempre leggendo la relazione, pare che la stessa illegalità sia
stata non solo tollerata ma anche legittimata e disciplinata
fino ad ottenerne il controllo economico sulla stessa.
Vittoria
nel tempo si è assuefatta a questa condizione, non si è ribellata a
questo potere, anzi, le poche reazioni a questo status quo sono state
subito contenute, rivoltate al proprio interno e fatte implodere in
comportamenti e atteggiamenti che hanno impedito la deflagrazione
contro la classe dominante. Penso "all'assessorato alla
legalità", hai “percorsi di legalità”. Che ruolo hanno
avuto? Cosa hanno determinato? A chi sono serviti? Queste iniziative
"antimafia" non davano nessun fastidio, anzi, andavano
benissimo, l'importante era salvare le apparenze per mantenere saldo
e intatto il sistema di potere creato.
Per
far uscire Vittoria da questa assuefazione serve una “ribellione
democratica” delle “classi popolari”, una reazione che sappia
disarticolare certi rapporti che si sono cementati e cristallizzati
nel tempo. Oggi questo potere è in evidente difficoltà, è nascosto
e di tanto in tanto emerge per negare le evidenze. Guai però a
pensare che non si stia riorganizzando. Lavora sottotraccia per
riconquistare il palazzo. Eventuali riproposizioni aggiornate e
corrette che camaleonticamente mirano a ripresentarsi come il nuovo, all’interno di giovani formazioni politiche, vanno smascherate. Non
si può dare una mano di bianco ad un muro oramai irrimediabilmente
compromesso. Quel muro va abbattuto. Se non ora, quando?
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