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martedì 2 gennaio 2024

25 anni dalla strage di San Basilio. Non serve alimentarsi di solo dolore.


Foto Franco Assenza

Per Vittoria e solo per Vittoria il 2 gennaio è la data che fa calare, di colpo e in largo anticipo, il sipario sulle feste natalizie. Un quarto di secolo fa la mafia deturpò in modo permanente il volto della città, ma dopo 25 anni continuiamo a nutrirci solo del dolore causato da quella strage di mafia che stroncò brutalmente la vita di due ragazzi innocenti: Rosario Salerno e Salvatore Ottone.  Dopo tutto questo tempo non riusciamo ancora a chiederci cosa sono diventate le mafie di questa terra. Proprio per onorare la memoria di quei due ragazzi, oltre alla celebrazione del ricordo abbiamo l'obbligo di affiancare alcune considerazioni per capire cosa è successo e cosa sta succedendo in questo territorio (il concetto ovviamente non riguarda solo Vittoria, sarebbe troppo riduttivo). Solo così possiamo avviare forme serie e vere di contrasto sociale alle mafie di questa terra. 

Dopo il 2 gennaio del 1999 il sistema criminale ibleo è diventato invisibile. Fino a quella data abbiamo conosciuto una mafia che sparava e ammazzava e i morti ci raccontavano i contrasti che vi erano dentro quell'organizzazione (quando si dice che i morti parlano).  Poi sono arrivati gli arresti, i processi, le confessioni di qualche pentito e tutto ci ha fatto percepire che le mafie fossero state ridimensionate o addirittura sconfitte. Ma non è stato e non è così. Le stesse, dopo aver fatto "pulizia", si sono inabissate, hanno avviato una ristrutturazione costante e silenziosa dando un ordine e un controllando a ciò che succedeva e succede nel territorio. Così hanno riacquistato forza e credibilità sia sul piano sociale e sia sul piano economico. Le crisi economiche di questi anni sono state il loro migliore alleato, così come è stata utilissima quella "borghesia mafiosa", che da sempre indossa, per varie convenienze,  la maschera della "società civile", ma nei fatti è stata ed è il più grande alleato delle economie criminali. 

In questi anni la provincia di Ragusa è stata trasformata nel più grande hub di droga della Sicilia Orientale. Basta digitare la parola "droga" nella barra di ricerca di uno dei giornali on line della nostra provincia per ottenere centinaia di pagine che ti riassumono decine di operazioni antidroga, dalle più piccole a quelle più significative.  Il prodotto maggiormente commercializzato (sia negli scambi tra clan che nello spaccio giornaliero) è diventato la cocaina.  Le relazioni periodiche del SERT sul consumo degli stupefacenti in provincia di Ragusa ci hanno spiegato e ci spiegano con chiarezza cosa è successo e cosa sta succedendo in questa terra. In pochi anni il consumo medio di cocaina ha superano  il 70%. Le masse enormi di denaro generate da questo commercio che fine hanno fatto e che fine fanno? Come e dove sono state o vengono riciclate? In quali settori economici? Nel turismo? Nell'edilizia? Nella distribuzione organizzata? E i complici, o meglio i tecnici o i professionisti, che hanno garantito e garantiscono e gestiscono questo enorme riciclo di denaro...esistono? Oppure questi soldi si sono reimpiegati o si rimpiegano da soli?  Quesiti che restano senza uno straccio di replica da 25 anni. Eppure in tutto questo tempo ci siamo trovati di fronte a delle circostanze così evidenti che anche un neonato avrebbe avuto la capacità di notarle. Malgrado ciò in questi anni inquirenti e antimafia di professione sono stati troppo ostinati o molto affezionati a cercare e a discutere di una mafia che non c'è più.  E' stato così difficile "capire" che quel modello criminale, rozzo e violento, si è via via "estinto"? Forse si sono sentiti orfani di un tipo di mafia troppo visibile che faceva comodo?  Sembra che vi sia stato  come una sorta di rifiuto nel notare l'evoluzione da quel tipo di mafia a criminalità economica. Ciò nonostante in questi anni qualcuno ha provato a ipotizzare, a far notare, che li dove girano tanti soldi ci potrebbe essere tanta economia mafiosa,  se vi sono pochi omicidi potrebbe significare che vi siano tanti "affari" e se vi sono "affari" c'è bisogno di una certa serenità, di conseguenza si deve sparare poco.  Ma queste ipotesi, forse per comodità (?), sono state esautorate. 

Lo ripeto, e non per fare polemica, smettiamola (io per primo) di ragionare solo nei termini della celebrazione del ricordo. Il ricordo la memoria sono importanti ma contemporaneamente dobbiamo fare tutti un passo avanti per costruire nel territorio quell' antimafia sociale che qui stenta da tempo a partire. E' il modello di contrasto più fastidioso per le econome malate e il più utile al progresso del territorio. Se le mafie e le loro economie non si cercano...non si trovano. Se non si trovano...non si possono contrastare. 

P.s. 

In tante città della provincia, c'è un problema di criminalità giovanile che alimenta insicurezza. Il tutto è condito da un'assoluta inadeguatezza delle forze dell'ordine ad affrontare questo problema. Questa criminalità, nel tempo, può diventare criminalità mafiosa. Il suo brodo di coltura è la così detta movida. Nei fine settimana questa criminalità invade le vie e le piazze del divertimento e si impone con lo spaccio e con azioni violente. Sono forme elementari di "connessione" col territorio che non possono più essere sottovalutate. Anche questo fenomeno va preso in seria considerazione prima che degeneri, rovinando e compromettendo in modo definitivo l'animazione e la vivacità sociale che ha e sta caratterizzato positivamente molti centri storici di questo territorio.

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