Pasqua
del 1979, avevo 13 anni. Mio padre mi chiese di fargli compagnia,
voleva andare a Mazzarrone (allora era frazione di Caltagirone) li
c'era un suo lontano parente che faceva il pastore. Quell'anno aveva deciso di comprare l'agnello per le "impanate" non in macelleria, ma in un allevamento. Dopo una buona mezz'ora di strada in
auto arrivammo in una fattoria, un vecchio casale in muratura a
secco. Ci vennero incontro molto cordialmente tre persone. Uno
di questi era un signore di mezz'età dalla carnagione scura. Mi colpì
lo spessore delle sue sopracciglia, erano folte ed enormi e poi aveva
tantissimi capelli di un nero corvino. Lo osservavo con una certa
curiosità. Puntavo la sua fronte, non riuscivo a capire dove
iniziasse l'attaccatura dei capelli e dove finiva quella delle
sopracciglia. Aveva pure dei grandi baffi che gli si spalmavano sulle
guance. A lato della masseria c'era un recito dove si si agitava un
grande gregge di pecore. Gli animali erano impauriti, bastava un
rumore e si muovevano tutti insieme, a scatti, velocemente. Io mi
divertivo a battere con forza le mani. Lo schioppo faceva balzare il
gregge di colpo, il movimento sembrava una grande onda bianca. L'uomo dalle
sopracciglia folte, dopo aver scambiato qualche parola con papà entrò
nel recinto insieme ad un altro. Al loro ingresso la “mannira” di colpo si divise: da un
lato scapparono le pecore mentre gli agnelli, terrorizzati da quelle
presenze, rimasero bloccati in un angolo dello steccato. I due con
un'abilità unica li afferravano per le
zampe posteriori, li portavano fuori dal recinto e li consegnavano
alla terza persona che teneva in mano un grosso coltello.
Quest'ultimo con una velocità e una freddezza unica applicava ad ogni agnello un taglio secco al collo, penso all'altezza della carotide, e poi lo adagiava per
terra. Appena la lama affondava usciva uno spuzzo di sangue, l'animale contorceva gli
occhi e poi piegava il capo. Tutto avveniva con una rapidità impressionante. L'agnello,
in quei pochi attimi, non si dimenava, non emetteva nessun urlo,
sembrava rassegnato alla sua fine. Le pecore rimaste nel recinto
(le madri?) belavano in modo straziante, sembrava un urlo disperato. In poco tempo il terzo pastore aveva “scannato”, messo per
terra e in fila almeno venti agnelli. Un grande fiotto di sangue,
seguendo la pendenza del terreno, finiva in una canaletta che
sfociava più in basso in un porcilaia, li dei grossi e grassi maiali
si contendevano il sangue ancora caldo. L'uomo col coltello, con la
stessa abilità e la stessa freddezza con cui aveva ucciso quelle
povere bestie, ne prese una e in pochi minuti lo scuoiò, la aprì
togliendo tutte le interiori e gli mozzo la testa. Prese quella massa
informe di carne, ossa e sangue, la mise dentro un grande sacco che
consegnò a mio padre. Papà pagò, salutammo e ritornammo a casa. Da allora ho qualche difficoltà a mangiare le impanate. BUONA
PASQUA A TUTTI
Nessun commento:
Posta un commento