“La
mafia era, ed è, altra cosa: un «sistema» che in Sicilia contiene
e muove gli interessi
economici
e
di potere
di
una classe che approssimativamente possiamo dire
borghese;
e non sorge e si sviluppa nel «vuoto» dello Stato (cioè quando lo
Stato, con le sue leggi
e
le sue funzioni,
è debole,
manca) ma «dentro» lo Stato. La mafia insomma altro non è che una
borghesia parassitaria, una borghesia che non imprende ma soltanto
sfrutta.”
Leonardo
Sciascia
“La
lotta alla mafia dev’essere innanzitutto un movimento culturale che
abitui tutti a sentire la bellezza del fresco profumo della libertà
che si oppone al puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza,
della contiguità e quindi della complicità.”
Paolo
Borsellino
Alla
notizia dell’insediamento dei commissari mi sono venute in mente
queste due frasi (quella di Sciascia non la ricordavo a memoria e
sono andato a cercarla). Sono
la sintesi perfetta di ciò che
abbiamo visto e di ciò
che serve a questa città per uscire dallo schifo in cui si è
cacciata.
Se
vogliamo realmente riabilitarci e ricomporci abbiamo l’obbligo di
capire e individuare cos’è la mafia in
questa terra, cosa
sono le sue economie
criminali, qual'è il suo blocco sociale e le sue
propaggini politiche.
Mai come ora abbiamo la responsabilità
di isolare, e non emulare
o adulare, gli
“insospettabili
personaggi” che
gestiscono e riciclano la mole di denaro prodotta
con le attività
illecite. Mai come adesso abbiamo
il dovere
di smascherarli,
per impedire che possano rifare del male a questa città e alle tante
“persone oneste” che, per paura o
per rassegnazione (tante
anche per convenienza), si
sono abituate a questo stato di cose. Tutto il resto: impostazioni
difensive, accuse,
garantismo di maniera,
polemiche, ripicche, tifo,
invidie, astio, livore ...
sono questioni
personali. Parlo
di fattori poco
influenti che rischiano di essere esaltati. SI alimenteranno così (volontariamente
o involontariamente?) polveroni che
potranno
(dovranno?)
impedire
il contrasto a quel grumo di interessi e di
potere che ha
fortemente
condizionato
i
processi
sociali, economici e politici di questa città, fino
a
farla deragliare in
un immenso
letamaio. E’ quel coagulo che bisogna combattere, è li che va concentrata l’attenzione e il contrasto. Borrometi (insieme pochissimi altri) ha provato a mettere il
naso in queste cose e per questo è diventato subito scomodo.
I
nostri occhi hanno visto, le
nostre orecchie hanno sentito,
ma le nostre lingue hanno taciuto.
E’
venuto il momento di sciogliere questo muscolo
atrofizzato che
teniamo in bocca. Questa comoda paralisi ha messo in letargo le menti e
la dignità
di questa città.
Continuare a stare zitti o peggio cadere nelle diatribe personali sarà il solito
deodorante utile a nascondere il lezzo della
servile complicità.
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