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sabato 13 gennaio 2018

LE DUE CITTA'


Il nuovo anno è cominciato, fortunatamente, senza grandi clamori. I fardelli del 2017 sono stati caricati sul giovane 2018. Smaltite le cene natalizie e i brindisi di capodanno, sono ricominciate le doglianze: le strade gruviera, le perdite d'acqua, i rifiuti per strada, la crisi economica, pochi eventi culturali, ecc.. Tutte cose che evidenziano come Vittoria non occupi - da tempo immemore - un posto di rilievo nella graduatoria della vivibilità.  Senza trascurare poi la disoccupazione che con ogni probabilità risponde solo in parte ai dati  forniti dal centro per l'impiego. Bisogna oramai considerare che tante persone non si presentano nel "mercato del lavoro", sanno che è una porta chiusa e si rifugiano nelle pieghe dei nuovi ammortizzatori sociali: lavoro nero e attività illegali.
Di fronte a questo quadro vedo due città: quella borghese, che resiste alla crisi e affolla il centro storico soprattutto il sabato sera, passeggia, compara, frequenta i locali alla moda, va ai concerti (in verità abbastanza pochi) , partecipa alle iniziative organizzate dall'amministrazione comunale. E poi c’è un’altra città, la seconda, che non sa niente, non si vede, vive nel degrado e guarda la prima città come qualcosa di lontano, di diverso, di nemico. Due mondi divisi da un profondo fossato che non hanno il senso della storia e del destino comune. Due città che non dialogano.  La Scuola Pubblica e la Chiesa potrebbero fare da ponte tra le nuove generazioni ma evidentemente non sono interessate, anzi a mio avviso anche loro contribuiscono a scavare e allargare il solco che divide le due città.  Il santo patrono, San Giovanni, riesce ad unirle due volte l'anno : a Gennaio e a Luglio. Ci riesce invece benissimo la mafia, l'economia criminale, che coniuga gli interessi economici degli strati borghesi con la cultura dell’illegalità sottoproletaria e plebea che cresce a dismisura nelle periferie.
Se non si indaga dentro questa spaccatura, Vittoria rischia di restare un luogo sempre più vacuo, che si inventa strategie di sopravvivenza giorno per giorno. Non c’è da sorprendersi se le panchine e gli altri arredi del centro vengono ciclicamente spolpati e vandalizzati, se il degrado e l’incuria sono, purtroppo l'unico scenario riproposto, se la “movida” notturna si esaurisce tra decadenza e rifiuti. In Città si avverte la necessità di un salto di qualità,  passare dall’effimero e dall’episodico a un “sistema Vittoria”. Forse sarebbe più giusto parlare di una “proposta Vittoria”, che non può non passare attraverso una buona dose di realismo e una cultura fondata sul “sapere Vittoria”, cioè conoscere il suo volto e i suoi problemi, al di là delle coloriture del desiderio. Ecco, questo è quello che proverò umilmente a fare quest'anno: conoscere e farvi conoscere i problemi veri di questa città, le cause che li generano e le mie eventuali proposte. Lo so che non basterà e so anche quanto sia complicato.  Proverò ad alimentare un dibattito per provare, nel mio piccolo, a far uscire fuori questa città dal pantano in cui si cacciata. Una palude dove il fango si sta via via asciugando e sta diventato un cemento che rischia di bloccare, di strozzare, definitivamente Vittoria.  

1 commento:

  1. Ottima analisi Giorgio.
    Farsi "proteggere" due volte l'anno è il ripetersi del frutto di secoli di ristagno mentale abilmente voluto, ma esser o sentirsi protetti da "amici altolocati", ha sempre rassicurato l'uomo, ignorantemente, ma pare che ne senta il bisogno.
    L'altro pantano, quello culturale ed economico, da te evidenziato, in cui ne è rimasto intrappolato una parte di popolazione, è (a mio avviso) il frutto di un'aberrazione imperialistica abilmente celata dietro una maschera di universalità della globalizzazione, ma spudoratamente guidata e voluta da chi dallo sfruttamento quell'ignoranza e bisogno ne fa il suo strumento migliore per solcare il fossato che sempre più ostacola quello che è lo sviluppo in termini di salto qualitativo, e al contempo crea un indebolimento di qualsiasi intervento pubblico nelle politiche economiche.
    Quanto detto è solo il piccolo pensiero di un artigiano stanco di lottare per la sopravvivenza e il cercar giorno dopo giorno di non scivolare dentro quel fossato.


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