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sabato 17 settembre 2016

L'AFFARE IMMIGRAZIONE


A Ragusa immigrazione fa rima con prostituzione. A Vittoria immigrazione fa rima con spaccio. Ecco come la criminalità economica ha messo a frutto il degrado di alcuni quartieri di queste due città. 
Il centro storico di Ragusa superiore è diventato la capitale del sesso. Cinesi, colombiane, nigeriane, rumene … un concentramento di prostitute così elevato da far impallidire il quartiere a luci rosse di Amsterdam. Non vi è settimana che non veda un'operazione di polizia contro una casa di piacere. L'attività repressiva non arresta il fenomeno. Secondo una recente inchiesta giornalistica le prostitute, a Ragusa centro, sono cosi tante “da costringere le stesse "lucciole" a praticare forti sconti per "fidelizzare" la clientela”. C'è tanta voglia di sesso, la mafia lo sa e soddisfa i desideri repressi e le pulsazioni ormonali di tante brave persone.
A Vittoria  succede che lo spaccio delle droghe (attività principale di tutte le mafie) è stato in larga parte affidato - come una sorta di franchising - agli extracomunitari, in particolare magrebini. Piazza Senia (l'estrazione dell'acqua ha oscurato le gesta del patriota risorgimentale Daniele Manin) è uno dei centri di maggiore smistamento. Anche qui non si contano le operazioni di polizia, ma la voglia di sballare è tanta e la mafia che fa? L'asseconda!
Ogni tanto accade che in questi luoghi succedano delle risse che poi sfociano in controlli. E'  il così detto rischio d'impresa. Però il gioco vale la candela. La mafia sa  decodificare i vizi nascosti delle persone e riesce a metterli a frutto. Infatti, prostituzione e droga garantiscono alla criminalità economica di questa terra un guadagno abbondante, sicuro e continuo.
La politica tutto questo non lo ha ancora capito. Forse  non riesce più a vedere la mafia. L'idea stessa di criminalità organizzata si è dissolta. Riesce però ad amplificate a dismisura le paure. I principali colpevoli di prostituzione e spaccio sono diventati gli “immigrati”, i “mau mau”, i “faraci”. Ma se domani mattina gli immigrati sparissero, spaccio e prostituzione finirebbero? Oppure si aprirebbero nuove strade, come già sta accadendo, per precari, disoccupati o piccoli imprenditori travolti dalla crisi? Forse la politica non sa che la mafia oltre ad assecondare i vizi nascosti, è anche un (pericoloso) ammortizzatore sociale. 

Paolo Borsellino diceva: “La lotta alla mafia ... dev’essere innanzitutto un movimento culturale che abitui tutti a sentire la bellezza del fresco profumo della libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità.” A modo suo ci invitava e ci invita a guardare con molta attenzione a tutto ciò che accade intorno a noi e a comportarci di conseguenza. Quello che è successo a Piazza Manin è grave, così come è preoccupante l'ennesimo sequestro di una casa chiusa a Ragusa. Questi fatti però sono effetti e non la causa. L'immigrazione è un problema, ma non è il problema. 
Molte emergenze, tante ingiustizie e troppe illegalità ci circondano; non possiamo continuare a fare finta di non vederle e quando le scorgiamo non possiamo solo chiedere più polizia, più forze dell'ordine o l'esercito. Faccio notare che a Napoli il ministro Alfano, all'inizio di quest'anno, ha inviato l'esercito. Ebbene, le cronache giornaliere ci dicono che a Napoli si spara, si spaccia e si traffica come prima.  La più grande minaccia che incombe su questo territorio è non vedere quello che dovrebbe essere visto.


mercoledì 14 settembre 2016

RASSEGNATI


A Vittoria si torna a sparare. Un uomo di 39 anni viene ammazzato in modo brutale. Pare che prima sia stato colpito con un oggetto contundente al capo e poi due o più colpi d'arma da fuoco esplosi a distanza ravvicinata. Un'esecuzione brutale, un messaggio chiaro: doveva morire nel modo peggiore, il suo corpo doveva essere sfregiato, umiliato. Qualcuno avanza l'ipotesi dell'omicidio di mafia (?). Gli inquirenti indagano, avranno modo di capire come e da cosa sia maturata questa uccisione. La cosa che mi colpisce è la normalità con cui accettiamo una notizia tragica e pesante per la sua brutalità. Ad esempio, al bar c'è chi apre il giornale e tra una battuta e l'altra ad alta voce  dice: “sta vota a què c'ammazzarru?”, a queste parole qualcuno ridacchia, altri incuriositi si accalcano sul giornale per soddisfare la loro momentanea curiosità, nel frattempo si scherza, intanto il caffè viene servito, si consuma, si paga e di colpo tutto si dissolve, si torna alla normalità. Dall'inizio dell'anno sono tre i morti ammazzati a Vittoria. Tre persone uccise in nove mesi, mi sembra un costo troppo elevato per questa città. La cosa che mi preoccupa è la freddezza con cui ogni volta la notizia di un omicidio viene colta. Siamo ormai abituati a questo tipo di notizie. Non c'è nessun sussulto, neanche un'esclamazione, solo momentanea curiosità. Si cerca di capire chi è, si esprime un giudizio a denti stretti e poi si passa avanti come se nulle fosse accaduto. Non è la crisi economica che ci sta impoverendo; no, è questo freddo disinteresse che ci sta  immiserendo, in tutti i sensi. Non mi piace generalizzare, mi sforzo sempre di distinguere per non confondere, dico sempre - anche in questo piccolo spazio - che a Vittoria non tutto è negativo, anzi ci sono delle eccellenze, delle positività in grado di oscurare le avversità, ma tutto viene appallottolato, impastato e impanato nella polvere, tutto viene sporcato. E' inutile girarci attorno: siamo una terra di morti vivi, gente rassegnata ad un destino che corre verso il declino e non facciamo nulla per ribellarci a questa condizione. Se rimaniamo insensibili di fronte ad un omicidio figurarsi se riusciamo a reagire di fronte allo scempio ambientale che il nostro territorio subisce da tempo, o alle tante forme di abusivismo, oppure alle condizioni di lavoro, all'intolleranza verso il diverso, alle tante ingiustizie che ogni giorno si consolidano. Ci siamo abituati allo squallore.  La desolazione è diventata una componente del nostro modo di essere. Voglio essere chiaro fino in fondo: questa rassegnazione è l'abbondante mangime che sta ingrassando  una criminalità economica che vuole diventare (forse lo è già)  padrona della città. Lo abbiamo capito, ne siamo coscienti ma, oltre agli organi preposti, qualche giornale di frontiera e pochissimi volenterosi disorganizzati, nessuno fa nulla.

domenica 11 settembre 2016

TERREMOTO




La notte del 24 agosto scorso la terra ha tremato nel Lazio e nelle Marche. Case private ed edifici pubblici si sono sbriciolati come biscotti. Mi chiedo: cosa sarebbe successo  se un terremoto della stessa intensità avesse colpito la nostra zona. I nostro ospedali, le caserme dei vigili del fuoco o dei carabinieri, le scuole, gli uffici pubblici, le case private ... che fine avrebbero fatto? Io non so se esiste una mappatura delle strutture pubbliche messe o da mettere a norma. So, anzi vedo, lo stato di molti edifici pubblici e privati e so che il Sud Est siciliano è un territorio esposto ad altissimo rischio sismico. Quando arriverà il nostro turno, mi auguro mai, spero che accada di notte quando nelle scuole frequentate anche dai mie figli non ci siano studenti, quando gli uffici pubblici sono vuoti. Insomma, cerco di convincermi che la terra tremi guardando l'orologio. Forse esagero, ma penso che oltre il 50% degli edifici di Vittoria, Comiso, Ragusa, Modica ... sia a rischio per tecniche di costruzione, per materiali utilizzati e per scarsa manutenzione. Le speculazioni edilizie che si sono succedute dagli anni '60 in poi, guidate da personaggi spregiudicati e legati al potere, non hanno mai preso in considerazione il rischio sismico. La prevenzione è stata sempre percepita come un costo insopportabile che riduce i profitti. Solo dopo il terremoto dell'Irpinia è nata una normativa parzialmente adeguata, ma il grosso degli edifici del nostro territorio è nato tra gli anni '60-'80 e non tutti quelli realizzati dopo gli anni '80 rispettano la normativa antisimica. La nuova amministrazione dovrà mettere mano su una questione da sempre sottovalutata. La scossa del 24 Agosto ci dice che non si può più puntare sulla sorte. Quegli edifici sgretolati parlano. Ignorare un problema grave, serio e profondo non è, e non può essere, la soluzione.


Per chi vuole approfondire
https://ingvterremoti.wordpress.com/2015/01/30/i-terremoti-nella-storia-il-catastrofico-terremoto-dell11-gennaio-1693-nella-sicilia-orientale-levento-piu-forte-della-storia-sismica-italiana/




  

venerdì 2 settembre 2016

VITTORIA, UNA CITTA' NATA DAL RISCATTO ECONOMICO E SOCIALE

Sarà una mia impressione ma vedo che quando siamo fuori per lavoro o per altri motivi e parliamo di Vittoria è come se fossimo costretti a giustificarci. Pare che proviamo una certa vergogna nel definirci vittoriesi. Forse sentiamo il peso della storia criminale recente della nostra città. In questo atteggiamento leggo un'impassibile indignazione, una condotta incapace a generare una qualsiasi reazione a questo marchio infamante. Forse è per questo che ci vergogniamo. Poi, nell'immaginario collettivo Vittoria è criminale già nel proprio patrimonio genetico perché secondo un'assurda leggenda, la città fondata da Vittoria Colonna, venne popolata da malviventi imboscati nelle zone impervie e malsane del territorio di Boscopiano. Nulla di più falso. I documenti storici dicono altro.

Agli inizi del '600 Filippo III re di Spagna promuove nel Regno di Sicilia un piano per la creazione di nuovi paesi feudali. Questa programmazione aveva un duplice scopo:
  1. Popolare zone incolte e poco salubri dell'isola con coloni di altre città. In genere gli abitanti di questi nuovi centri erano persone indigenti, senza un'occupazione stabile e cariche di debiti che non avrebbero mai potuto onorare. Queste vennero persuase o si convinsero a lasciare i paesi dove vivevano per rifarsi una vita nei nuovi nuovi borghi. Gli vennero condonati i debiti e con i loro lavoro avrebbero bonificato e reso produttive le nuove terre che gli erano state affidate in enfiteusi pagando tasse esigue.
  2. La nascita e lo sviluppo di questi nuovi centri avrebbe permesso una buona fonte di reddito per i nobili siciliani ma anche per il re di Spagna. Infatti i nobili avrebbero ottenuto il miglioramento fondiario di grandi proprietà terriere da sempre poco accessibili e infruttuose. Inoltre avrebbero imposto ai coloni, anche se in modo “irrisorio”, tasse e diritti di ogni tipo per le terre assegnate. Il re di Spagna, grazie a questo piano di ripopolamento avrebbe preteso maggiori riconoscimenti in denaro dai nobili siciliani.

La Contessa di Modica, Vittoria Colonna, figlia di Marcantonio Colonna, viceré di Sicilia ed eroe della battaglia di Lepanto e moglie di Luigi III Eriquez del Caprera, oltre ad essere una  nobile  potente, era anche un'abile donna d'affari. Intuì subito che da questo piano di nuovi paesi feudali poteva trarre degli ottimi vantaggi personali. La vasta proprietà di Boscopiano  - territorio incolto e selvaggio, dove si nascondevano fuorilegge di ogni genere - per lei era  stata sempre un problema, ora poteva diventare una grossa e grassa opportunità. La Contessa, che  durante il periodo di residenza in Spagna era stata dama di compagnia della regina, si attivò subito presentando istanza per fondare un nuovo centro e, utilizzando tutte le sue conoscenze presso la corte spagnola, in meno di un anno ottenne l'autorizzazione firmata dal re per creare la nuova città. Un tempo brevissimo per la burocrazia dell'epoca. Nel documento (scritto in latino) si legge: “… Il feudo di Boscopiano ... è fruttifero, con quantità d'acqua ma è incolto e con difetto di abitanti, per cui costruirvi un paese costituisce grande servizio a Sua Maestà Cattolica e cosa utile per i suoi regnicoli … il nuovo abitato renderà più sicuro il passo del Dirillo dove i viaggiatori vengono frequentemente derubati”.
Vittoria, quindi, nasce anche come un presidio per rendere più sicuro il territorio.
E così verso la fine del 1607 e gli inizi del 1608 circa ottanta coloni, persone povere ma dignitose, provenienti in parte dalla vicina Comiso (ma anche da Ragusa, Monterosso, Modica, Noto, Lentini, Sortino Vizzini, Licodia, Terranova, Aidone, Piazza Armerina) con famiglia a seguito e le poche masserizie, attratti dal possedere un pezzo di terra e un tetto gravati da tasse e fitto esigui, armati di buona volontà e fiduciosi nel futuro, si insediarono nel territorio di Boscopiano. La storia di una città è sospesa tra l'eredita che riceve e il contesto in cui cresce. L'eredità era un territorio da bonificare e rendere produttivo in pochi anni. Il contesto in cui crescere era caratterizzato dal lavoro e dal contrasto ai criminali che imperversavano nella zona. Va detto che nessuno dei coloni che fondarono la città era stato in carcere o aveva commesso reati gravi contro le persone o il patrimonio, anche perché questo tipo di soggetti erano (e sono) poco adatti a costituire una comunità di persone dedite al lavoro e all'ordine sociale.

Dopo 400 anni si può affermare tranquillamente che ha vinto la voglia di progresso e di riscatto. Dovremmo essere orgogliosi della nostra identità e non provare vergogna, ma per esserlo dovremmo riscoprire lo spirito di quei pionieri, persone umili, non rassegnate, impegnate nel lavoro e determinate nel contrastare povertà e criminalità.

Per la redazione di questo post ho consultato i testi del prof. Giuseppe Raniolo, La nuova terra di Vittoria dagli albori al Settecento; Introduzione alle Consuetudini ed agli Istituti della Contea di Modica.