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martedì 25 aprile 2023

IL 25 APRILE E LE AMBIGUITA' TOPONOMASTICHE NEGLI IBLEI.

 

Foto gentilmente concessa da Marcello Bianca

La Resistenza, l'atto di ribellione morale e civile più alto del nostro Paese, non fu fatta solo dai comunisti e dai socialisti. fu determinante anche l'apporto degli azionisti, dei monarchici, dei liberali, dei cattolici, di pezzi dell'Esercito Italiano che non aderirono alla repubblica sociale di Salò. 78 anni fa questa porzione ampia e nobile del nostro Paese, sconfisse una dittatura gestita per 20 anni da un capobanda ateo che, sconfitto e braccato, stava fuggendo all'estero mascherato da soldato tedesco e con l'amante; tradendo così lui stesso il principio su cui si fondava il suo regime: dio, patria e famiglia. Ancora oggi ci sono gli ammiratori di quel fascismo e dei suoi gerarchi, e non sono pochi. Poi ci sono gli antifascisti, alcuni sono antifascisti col pennacchio, di convenienza, e questi purtroppo sono tanti. Altri, e non sono tantissimi, sono gli antifascisti convinti. Infine, c’è una grande maggioranza di persone che, in modo consolatorio, pensano: “si, vabbè, però il fascismo ha fatto anche molte cose buone”. Questa opinione non è nata per caso me è stata coltivata negli anni con i tanti cedimenti politici - soprattutto da parte di una certa sinistra - e con un revisionismo storico che ha provato a invertire i ruoli arrivando a sostenere un'assurdità: i partigiani in molti casi sono stati dei banditi violenti e sanguinari e i fascisti delle povere vittime. Cioè si è lavorato scientificamente per anestetizzare il valore dell'antifascismo, fino a portarlo in coma. Tutto è iniziato quando si è sentito il bisogno di intitolare vie, piazze e viali ad alcuni complici di quel regime infame “perché hanno fatto cose buone”. E quindi insieme alle vie intitolate a Pertini, Gramsci, Matteotti, Don Minzoni, ai f.lli Cervi, oppure alla Resistenza o ai Martiri della Libertà, sono comparse le vie dedicate a gerarchi fascisti, complici consapevoli di un regime violento, razzista e liberticida.

Anche in molte città della nostra provincia gli esempi non mancano, Il caso più evidente è quello di Ragusa che da sonnolento borgo agropastorale, nel gennaio del 1927 diventò capoluogo di provincia grazie al suo gerarca banchiere Filippo Pennavaria, definito “l'apostolo violento del credo fascista ...”. A questo signore è stata dedicata una centralissima via di Ragusa. Addirittura, pochi anni fa, qualcuno aveva deciso di realizzare una statua alta sette metri, raffigurante lo stesso Pennavaria. L'imponente scultura doveva essere posizionata, guarda un po', nella centralissima Piazza Libertà (sic). Fortunatamente questo costosissimo progetto fallì perché il merito di aver fatto promuovere Ragusa a capoluogo di provincia non poteva, non può e non potrà mai cancellare le responsabilità di Pennavaria. Il gerarca banchiere contribuì in prima persona allo sviluppo di un fascismo contrassegnato da uno squadrismo che aveva uno spiccato carattere di violenza sociale e politica. Secondo molte fonti storiche Pennavaria fu l'ispiratore di diverse azioni criminali e sanguinose. Tra le tante va ricordato l'eccidio del 9 aprile 1921 a Ragusa, in piazza San Giovanni, dove furono uccisi 3 braccianti e ferite oltre 50 persone, colpevoli di attendere il comizio del deputato socialista Vincenzo Vacirca. Una via Filippo Pennavaria c'è anche a Punta Secca, rinomata frazione rivierasca diventata celebre grazie alla serie tv sul Commissario Montalbano.

A Chiaramonte Gulfi c'è una via dedicata al conte Costanzo Ciano padre di Galeazzo Ciano, genero di Mussolini. Non si può non ricordare come questo nobile signore sia stato tra i principali animatori e organizzatori dei fatti violenti di Livorno nell'estate del 1922.

A Comiso una delle vie centrali è intitolata al prof. Biagio Pace, il quale non è stato soltanto uno dei maggiori studiosi dell'antichità. Questo importante accademico, appartenente ad una antica e nobile famiglia di grandi proprietari terrieri, oltre ad essere un illustre archeologo era anche un fervente nazionalista che aderirà convintamente al fascismo. Sarà collega e rivale di Pennavaria, entrambi saranno le punte avanzate del fascismo ibleo. Attorno alla figura del prof. Pace si stringeranno gli interessi delle più importanti famiglie dell'agro ipparino le quali pur di conservare il loro potere municipale e pur di aumentare le proprie rendite non rinunceranno ad ispirare uno squadrismo violento contro partiti e organizzazioni di sinistra. Nell'immediato dopo guerra sarà uno dei firmatari del documento di fondazione del msi.

E' significativo il caso di Ispica. Nella città dove Luigi Capuana ambientò il romanzo “Profumo”, aleggia da tempo una maleodorante contraddizione. A pochi isolati vi sono due piazze: una intitolata al partigiano Antonio Brancati (un giovane ufficiale ispicese condannato a morte, la cui toccante lettera di addio ai genitori si può leggere nel libro “Lettere di condannati a morte della Resistenza italiana”), l'altra al “ras” del fascismo ispicese Dionisio Moltisanti. Questo personaggio è stato fino al 1943 uno dei massimi dirigenti del fascismo ibleo. Questa “esemplare e poliedrica figura politica”, così si legge nella lapide posta nella piazza a lui dedicata, era uno dei più fidati collaboratori dell'apostolo violento del credo fascista Filippo Pennavaria. E' così da anni, a pochi metri di distanza, ristagna il lezzo di una puzzolente ambiguità  politica e toponomastica. La classe dirigente di questa città è stata capace di mettere sullo stesso piano, di parificare, un giovane condannato a morte da un tribunale fascista per non essersi “... associato a coloro che vogliono distruggere l'Italia” con chi è stato un convinto sostenitore del fascismo e delle sue aberrazioni, fino al suo epilogo, per poi continuarne la storia militando nel msi.


Il 25 aprile ci ricorderà sempre come la voglia di libertà ha vinto sulla tirannia. Le due cose non possono essere equiparate come è stato fatto con sprovvedute intitolazioni di vie e piazze o peggio con un revisionismo storico che ha il sapore della contraffazione. Dietro il più “onesto” dei fascisti vi era un'idea di sopraffazione e di razzismo. Dietro il più “bandito” dei partigiani c'era invece un'idea di libertà e democrazia per tutti. Piaccia o no è così. Buon 25 Aprile ... a TUTTI.

Per scrivere questo post ho consultato diversi testi tra cui:
- IL FASCISMO IBLEO: POLITICA E SINDACATO di Fabrizio La Licata
- LA GENESI DEL NEOFASCISMO IN ITALIA. DAL PERIODO CLANDESTINO ALLE MANIFESTAZIONI PER TRIESTE ITALIANA 1943-1953 di Nicola Tonietto



sabato 1 aprile 2023

"L'ULTIMA OMBRA D'ESTATE" ACCOMPAGNA LE TANTE OMBRE DI UN TERRITORIO.

 


Non è mai facile fare una recensione ad un libro. Se poi il libro lo ha scritto un amico con cui hai condiviso gli anni dell'università è ancora più complicato. Si rischia di non essere obbiettivi, di scrivere parole di benevola circostanza e non una critica attenta che metta veramente in luce la valenza di ciò che Mario Mattia ci vuole comunicare con la sua "opera prima".  "L'ultima ombra d'estate" è stato definito un "romanzo di formazione".  Mai descrizione, secondo me,  è stata più errata. E' un racconto di denuncia dove al centro non c'è Marco, il (presunto) protagonista della storia. Il personaggio principale di questo racconto è il territorio e ciò che esso nasconde. L'autore, con l'attenzione di chi è abituato ad indagare l'assetto delle rocce del sottosuolo e con l'astuzia descrittiva che lo caratterizza, utilizza le vicende della vita di Marco per svelare lo sviluppo distorto di una città siciliana. Un sacco edilizio condotto in nome di interessi privati e condizionato da lobbies potenti della rendita fondiaria. Il lettore più attento in alcune pagine rivedrà affiorare le immagini del film (capolavoro) "Le Mani sulla Città" di Francesco Rosi, dove il potere politico si lascia suggestionare dalle istanze di rapaci costruttori e dal malaffare.  E' un libro tanto bello quanto amaro. Non fatevi suggestionare soltanto dall'immagine della copertina o dal titolo. L'autore, per come lo conosco io, è troppo serio per derogare da una narrazione distaccata. Questo è un motivo in più per leggere e rileggere un libro che solo chi conosce e studia da anni il territorio siciliano nel suo "profondo" poteva scrivere così come lo ha scritto. Una lettura che accompagna il lettore a ricordare cosa è avvenuto, cosa sta avvenendo e cosa avverrà nelle nostre città e nei nostri territori, un tempo bellissimi.