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sabato 18 settembre 2021

Una terra al servizio delle mafie

 

Foto tratta da Google Immagini

Il porto di Pozzallo è diventato un hub per il traffico della droga? Leggendo gli esiti dell’indagine effettuata dalla Guardia di finanza di Catanzaro, che ha determinato qualche giorno fa (il 15 settembre) l’operazione “Crypto”, sembrerebbe proprio di si. L’ho scritto tante volte in questo mio piccolo spazio telematico: questa provincia oltre a produrre droga - in particolare marijuana, lungo la fascia narcotrasformata – la esporta con una certa facilità. Le ‘ndrine calabresi hanno il controllo della merce e in particolare della cocaina, ma questa per arrivare nei nasi dei tanti consumatori deve viaggiare e per farlo ha bisogno di strutture logistiche dove potersi appoggiare. La droga è come il petrolio. Così come l’oro nero ha bisogno di oleodotti per arrivare a destinazione, la roba ha bisogno di tir, di container e di persone che la guidino per approdare nelle piazze di spaccio. Porti, come quelli di Pozzallo, o infrastutture logistiche, come le strutture per la commercializzazione dell'ortofrutta (che non significa Vittoria e solo Vittoria con le sue attività). Queste sono ottime basi sia per l'arrivo che per la partenza delle droghe. E’ chiaro che per mettere su questo business si devo costruire alleanze con i gruppi criminali locali che conoscono meglio il territorio. I catanesi della “famiglia Cappello” da un lato e il clan gelese dei Rinzivillo dall’altro hanno costituito una sorta di joint venture con i calabresi e poi realizzato accordi con la criminalità locale, individuando i loro referenti nell’area iblea. Così i Cappello e i Rinzivillo si sono spartiti il controllo e la gestione “infrastrutturale” e “logistica” della provincia di Ragusa. Tutto questo ha aperto il territorio ibleo agli interessi delle ‘ndrine calabresi, le quali controllano una buona fetta del mercato all’ingrosso delle droghe e per tanto, come dicevo prima, hanno l'esigenza di avere aree di approdo e di movimentazione della loro roba. Basta rivedere le operazioni effettuate dalle forze dell'ordine negli ultimi cinque anni per capire cosa è diventata questa terra e soprattutto qual'è la funzione reale delle sue infrastrutture, porto di Pozzallo in primo luogo. Per capire meglio cosa ho scritto forse, può essere d'aiuto ricordare la continua presenza in provincia di Michele Brandimarte - elemento di spicco della cosca calabrese Piromalli Molè (la più potente organizzazione in Europa) - ucciso a Vittoria il 14 dicembre del 2014. Il territorio ibleo per la sua posizione geografica e per le sue incontrollate infrastrutture è diventato uno snodo importante per il narcotraffico. Qui transitano e risiedono, per affari, diversi broker della droga. L’ultimo in ordine di tempo, un latitante ricercato con mandato europeo, è stato arresto poche ore fa a Marina di Ragusa.

E' chiaro che questi signori non trafficano sono la droga ma puntano a riciclarne i guadagni ... ma questa è un'altra storia.


Per scrivere questo post ho consultato:

http://www.giornaledicalabria.it/?p=203884

https://www.panorama.it/news/mafia-le-alleanze-del-boss-rinzivillo-con-camorra-e-ndrangheta

https://www.ragusaoggi.it/marina-di-ragusa-preso-latitante-ricercato-con-mandato-europeo/

sabato 4 settembre 2021

RIFLESSIONI SULL'ACQUA (BENE COMUNE) ... E DINTORNI

Foto tratta da Google Immagini
 

A Vittoria manca l’acqua? No! A Vittoria l’acqua è gestita male, e non solo a Vittoria, anche a Ragusa a Modica, a Catania, a Palermo e nella Sicilia complessivamente. In tutto questo c’entra qualcosa la privatizzazione del sistemi acquedottistici della regione? E’ una delle cause principali! Tutto nasce con il governo Cuffaro, nel lontano 2004. Totò vasavasa prese l’EAS (Ente Acquedotti Siciliani) gestore pubblico delle rete idrica siciliana, e lo privatizzò, facendolo diventare una società per azioni: Siciliacque Spa. Il 75% finì in mano ai privati e il 25 % rimase in mano pubblica. La nuova società proponeva un piano di investimenti, complesso che si doveva sviluppare nel corso dei 40 anni di concessione, per un ammontare complessivo di 580 milioni di euro. Infrastrutture e ammodernamenti da favola. La copertura finanziaria veniva garantita da un progetto di finanza sostenuto da una cordata di banche tra cui Banco di Sicilia, oggi Unicredit, e Banca Intesa, oggi Intesa San Paolo, che oltre ad assumersi il rischio dovevano valutare la capacità del gestore nel creare reddito. E così in nome delle proposte, dei progetti, dei finanziamenti e dell’imprenditorialità, Sicilacque Spa ha iniziato a gestire, dal 2004, 1.743 km di rete di adduzione costituita da 13 sistemi acquedottistici interconnessi, 7 invasi artificiali, 7 campi pozzi, 11 gruppi sorgenti, 3 impianti di dissalazione di acqua marina (oggi accantonati). Ma in diciassette anni questa società ha saputo ammodernare gli impianti che gestisce? Ha saputo realizzare gli impianti di captazione delle acque piovane o gli impianti di riutilizzo delle acque reflue? Pare proprio di no! Però su una cosa Siciliacque è stata efficiente e veloce: ha subito innalzato il costo dell’acqua, applicando una tariffa che ad oggi è di 0,696 euro al metro cubo; il doppio di quanto si paga in altre regioni. Si tratta del costo alla fonte, pagato a Siciliacque soprattutto dalle società che poi rivendono ai singoli cittadini. Ciò ha portato a una giungla di costi: Federconsumatori ha messo in evidenza che una famiglia di 3 persone per un consumo medio di 150 metri cubi paga 360 euro ad Agrigento, 444 a Caltanissetta, 178 a Catania, 561 a Enna, 231 a Messina, 317 a Palermo, 350 a Ragusa, 234 a Siracusa e 264 a Trapani. Si può dire che in 14 anni le tariffe - e solo le tariffe - sono aumentati, ma il servizio e le infrastrutture sono via via peggiorate?

In molti quartieri di Vittoria manca l’acqua da tempo, eppure la nostra città non ha mai avuto grossi problemi. Si dice che negli ultimi anni la rete idrica cittadina non abbia avuto le giuste manutenzioni e sia diventata un grande scolapasta. Si dice che non esiste neanche una planimetria di questa rete idrica. Si dice anche che il comune ha un debito cospicuo con l’ente gestore, cioè Siciliacque Spa, e quindi la portata utile a soddisfare le esigenze della città sia stata notevolmente ridotta. Insomma, come accade spesso in questi casi, si dicono tante cose. Ma, nella città definita dalle istituzioni capitale meridionale “dell’omerta” (parole dell’ex ministro Salvini), e “irredimibile”, nessuna istituzione, alla luce di un disservizio che ha dequalificato e dequalifica la vita delle persone, in questi mesi ha visto scorrazzare per le vie cittadine autobotti improvvisate che vendono acqua di cui non si conosce la provenienza? Eppure sui social in tanti hanno denunciato questa anomalia pubblicando foto e filmati, dicendo anche quanto costa un carico d’acqua "potabile" e che al pagamento non viene rilasciata nessuna fattura. Allora non è vero che siamo così omertosi e irredimibili. Forse sarebbe giusto dire anche che le istituzioni statali sono disattente. Nel corso degli ultimi 40 anni, in questa terra,  si è  sempre più indebolita l’idea che lo Stato sia la cornice all’interno della quale la vita pubblica si deve svolgere per tutelarne il corretto funzionamento e che interessi illeciti di gruppi di appartenenza vadano contrastati con forte determinazione. Questo atteggiamento è stato ed è il fertilizzante dell'omertà o dell'essere irredimibile. Malgrado ciò un pezzo di questa città ha reagito e reagisce con forza, ma non ha trovato orecchie pronte ad ascoltare.