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mercoledì 29 dicembre 2021

Generare lavoro sano e produttivo? A Vittoria si può.

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Vittoria sta facendo i conti con una grave crisi economica, sociale, politica e culturale; eppure  una parte delle economie sane di questa terra e le sue tante intelligenze non si stanno dando per vinte, provano ad attivare percorsi per un nuovo sviluppo in grado di dare la possibilità a diverse persone, soprattutto giovani, di vivere e realizzarsi professionalmente e lavorativamente in questa città.  E' chiaro che ancora tantissimi preferiscono puntare il dito nel vuoto pronunciando le solite frasi:  "c'è la crisi",  "non ci sono soldi",  "la politica non fa nulla". Tutti alibi che riescono a mantenere vivo il male grande di questo territorio: l'immobilismo! Ma un gruppo di "ragazzi", con una visone diversa, ha provato ad uscire da questa condizione. Ha metterli in moto è stato il Covid e quindi il fatto che molte persone non potendo uscire avevano e hanno di bisogno di un servizio a domicilio per la spesa, per i farmaci, per l'abbigliamento. Bisognava trovare il modo di mettere insieme l'interesse di imprese bloccate economicamente dai lockdown e le esigenze delle tante persone. Da questa nuova condizione è nata una rete di piccole attività, una sorta di cooperativa di comunità, uno strumento che ha messo insieme imprese diverse con ruoli diversi, tutto concentrato in un'applicazione: "VittoriaAdomicilio". All'inizio non pensavano di avviare questa start up nella nostra città: "non verrebbe capita", "Vittoria è solo risse e spaccio", "meglio iniziare l'attività a Ragusa". La perseveranza di uno  dei soci ha vinto sulla poca fiducia che aleggiava sul gruppo. E infatti, guarda un po', l'impresa ha avuto successo proprio a Vittoria.  In poco tempo circa 30 attività cittadine, legate a vari settori merceologici, hanno aderito al progetto. Una piccola comunità ha sentito l'esigenza di mettersi in connessione,  ha avuto la consapevolezza che la città avrebbe capito la sua proposta,  ha messo insieme le diverse competenze e le legittime esigenze e poi le ha fatte coincidere con quelle del territorio. Ora quest'esperienza comincia a guardare oltre i confini comunali.  Il progetto di un gruppo, ancorato a delle nuove necessità, ha generato un piccolo ma significativo cambiamento strutturale in grado di realizzare e non subire il proprio futuro.  E' questo che la classe dirigente locale  dovrebbe incoraggiare, valorizzare, sostenere;  invece la vediamo tristemente affaccendata in altre storie, o peggio disconnessa totalmente dalla realtà che vive il territorio (la vicenda del consiglio comunale ne è l'emblematica dimostrazione). L'anno che verrà ci da già delle indicazioni chiare: bisogna credere in questa terra da cui è molto facile scappare ma è  molto più difficile restare e lavorare. Qui si possono ancora sviluppare idee che generano lavoro e nello stesso tempo in grado di  migliorare la qualità della vita; perché soltanto quando si smette di delegare e si acquista competenza ad agire, quando lo sviluppo equo e la crescita sostenibile si affermano, la democrazia (quella vera e non quella annunciata) raggiunge la sua pienezza. 

domenica 12 dicembre 2021

SE NON ORA, QUANDO!?

 

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A Vittoria la violenza è diventata l’unico modo per affermarsi. Provo fastidio e rabbia nello scrivere questa frase, ma la continua sequenza di fatti violenti ne è purtroppo la conferma. Nella città dove il lavoro e il capitalismo molecolare realizzato dalla dinamicità di tanti piccoli imprenditori ha creato progresso e sviluppo, oggi si afferma l’imprenditoria del crimine. In questa terra negli ultimi anni si è consolidato un grumo di potere che ha bloccato i processi sociali, economici e forse anche quelli politici. Un coagulo di interessi che ha sottomesso prima di tutto il lavoro. Qui il lavoro ha smesso di creare reddito e ha cominciato a produrre miseria e schiavitù. Negli ultimi anni ho visto centinaia di produttori agricoli impoverirsi lavorando; altri però si arricchivano. Ho visto dove è finita quella ricchezza. L'odore del successo, della conquista, sta sempre nelle lottizzazioni, nel cemento, nei mattoni e poi nella capacità di utilizzare, di sfruttare i tanti piccoli imprenditori edili artigiani a cui subappaltare i lavori a prezzi stracciati, tagliando il prezzo delle loro manodopera e scaricando su di loro responsabilità e rischi. Quando guardo i tanti edifici sorti in questi anni sento le voci di chi li ha costruiti senza guadagnarci nulla, anzi è stato travolto dalla crisi proprio come i serricoltori. Qui, nel silenzio più totale e senza grandi contrasti, si è affermata ogni forma di caporalato e di schiavitù. E mentre il corpo economico sano della città è stato divorato dalle avidità di pochi e dalla crisi cicliche, l’altra economia, quella maligna, con i suoi soldi e le sue complicità si è impadronita del territorio senza tanti contrasti. La peggiore delle disperazioni è diventare poveri lavorando; è questo che ha determinato la fuga di molti giovani da questa città. Scappano via in cerca di riscatto, di un lavoro e di un futuro dignitoso. Se questa città non riscopre il valore del lavoro legale e produttivo, se non abbandona le vecchie logiche, se non riconverte ecologicamente il suo “modello economico”, se non punta ad una seria riqualificazione del territorio; resterà quello che è oggi: un luogo di risse, di spaccio e di mafie. Ma per fare questo serve una classe politica seria, attenta e scrupolosa; capace di portare avanti proposte che sappiano contrastare realmente l’attuale condizione. Invece assistiamo a consigli comunali che definirli tristi e assurdi è già un complimento.

A Vittoria servirebbe una Scuola molto più funzionale di quanto lo è già, in grado di favorire, con ancora più forza, il riconoscimento di se stessa come luogo di crescita. Una Scuola in grado di cogliere, ancora di più, le esigenze delle fasce più deboli della popolazione e di mettere in atto tutte le strategie inclusive possibili coinvolgendo enti pubblici e associazioni private. Molti insegnati e diversi direttori didattici ci provano tra mille difficoltà, ma il loro encomiabile sforzo non basta. Servirebbe uno Stato più attento, in grado di contrastare seriamente la dispersione scolastica. Leggendo quanto dichiarato dal giudice del minori, dott. Roberto Di Bella, sull’abbandono scolastico a Vittoria cadono le braccia. “… Per capirci il 23 aprile (2021) gli accertamenti dei carabinieri del comando provinciale di Ragusa nell’ambito di indagini a Vittoria contro l’evasione dall’obbligo scolastico hanno portato alla denuncia di 98 genitori per inosservanza dell’obbligo dell’istruzione elementare di minorenni. 98 che si aggiungevano ai 48 denunciati dalla Procura nei giorni precedenti per lo stesso reato .... Vittoria, per la condizione che vive, non ha bisogno solo di più polizia o addirittura dell’esercito (forse sarebbe più opportuno chiedere di allocare il commissariato in un immobile diverso dall’attuale. Al momento il posto di polizia è in l’affitto e pare che il proprietario sia un parente della famiglia Luca, ovvero Rocco Luca, figlio di Salvatore, finito in carcere assieme allo zio e al padre, nel luglio 2019, perché indagati con accusa di concorso esterno in associazione mafiosa e riciclaggio). A questa città non serve solo la repressione ma anche un serio potenziamento di alcune “ossature istituzionali”. A Vittoria servirebbe una Scuola primaria e secondaria a tempo prolungato. Invito gli amministratori e i consiglieri comunali a leggere questo articolo de l’Internazionale (https://www.internazionale.it/notizie/franco-lorenzoni-2/2020/12/02/tempo-pieno-scuola) e in particolare a soffermarsi sul capitolo delle diseguaglianze: “Oggi in Italia due terzi delle ragazze e dei ragazzi che frequentano la scuola di base sono esclusi del tempo pieno e l’aspetto più grave è che questa riduzione d’orario è concentrata nelle regioni dove la dispersione scolastica arriva a percentuali spaventose che superano il 30 per cento. …”.

Grazie allo sfruttamento del lavoro che genera povertà e alla dispersione scolastica la criminalità ha un enorme vivaio dove poter attingere adepti. Bisogna bloccare questa fucina. Chiedere soltanto più forze dell’ordine non è né risolutivo, né sufficiente. Manifestare contro la criminalità può essere importante, ma dopo l’evento tutto torna come prima. Unitamente a queste richieste e a queste dimostrazioni le istituzioni  cittadine devono iniziare a sollecitare con forza le istituzioni preposte (Provveditorato, Prefettura e Ministeri competenti) in modo da far partire in città il tempo prolungato. Qualcuno ha detto che Chi apre la porta di una Scuola chiude una prigione”, altri hanno detto che “la mafia teme la Scuola più della giustizia”. Se queste frasi hanno un senso e non sono solo slogan, bisogna metterle in pratica.  SE NON ORA, QUANDO?! 





domenica 14 novembre 2021

Vittoria: frasi strane, personaggi "brutti" e il nuovo fango.

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E' dalla sera del 25 ottobre, cioè da quando il prof. Francesco Aiello è ridiventato sindaco di Vittoria per la settima volta, che in città gira una voce strana: "tanto ... fra pochi mesi ... verremo nuovamente commissariati!". La frase emerge di colpo, quasi a freddo, durante le discussioni spesso animate sulla lunga campagna elettorale e sui suoi strascichi ricchi di aneddoti e storielle. I luoghi sono quasi sempre i bar, le sale da barba, le edicole, le farmacie o le sale d'attesa degli ambulatori medici. Non si capisce da cosa sia dettata, ma appena la discussione inizia a prendere una piega ben precisa di colpo spunta, si materializza. A pronunciarla sono quasi sempre persone distinte, che ascoltano in silenzio il dibattito e poi, come nel bel mezzo di una commedia teatrale, entrano in scena e la esclamano con tono mesto e profondo, come se fossero a conoscenza di chissà quali verità. Da quel momento in poi la discussione assume un'altra forma, diventa meno passionale, quasi superficiale fino a terminare quasi sempre con un MAH!!  
In questo fine settimana, mentre ero dal medico, ho assistito ad una di queste discussioni, devo dire che era anche piacevole vedere le persone accalorarsi durante il confronto. Sul più bello un signore stempiato e col naso adunco, messo un po' in disparte ma attento al dibattito, si alza e, così come fanno gli attori di teatro per catturare l'attenzione del pubblico, fa un respiro ampio e profondo e poi con voce ferma ed impostata, mentre buttava fuori l'aria che aveva saturato i suoi polmoni, la esclama:  "tanto ... fra pochi mesi ... verremo nuovamente commissariati!". Questa volta però la discussione non subiva nessun calo di tensione. Un bambino che giocava con un pupazzo di dinosauro, con una scelta di tempo precisa guarda questa persona e gli dice in faccia: "Tu sei brutto!!".  Nella sala d'attesa cala il silenzio. La mamma del piccolo, mortificata, rimprovera il bambino: "chiedi scusa ... non si dicono queste cose " e poi, con profondo imbarazzo, rivolgendosi al tipo si scusa lei. Quello rimane fermo come una statua di sale e con sguardo inquisitorio prova ad intimorire il piccolo. Il bambino non ha nessuna soggezione, malgrado la madre provi a calmarlo rimproverandolo continua a dire: "tu sei brutto, Brutto, BRUTTO" e poi gli tira il pupazzo di dinosauro.  Il caso vuole che vada a colpirlo sui genitali.  Il signore chinandosi di scatto in avanti farfuglia alcune parole incomprensibili e poi, sempre piegato su se stesso e rosso di rabbia, riconquista la sua sedia. La mamma mortificata si scusa nuovamente, ma lui con un gesto veloce della mano destra fa come per mandarla a quel paese. In sala per pochi secondi il silenzio diventa tombale,  poi si iniziano a sentire delle risatine che diventano di colpo uno sghignazzo quando il piccolo si riavvicina al tipo e accarezzandogli la gamba col pupazzo gli dice, con la naturalezza che caratterizza l'innocenza di un bambino, "seeiibruuttooo".  Il signore pelato e col naso adunco  si alza di scatto e va via urlando.  Il bambino (il futuro che avanza ad oltranza e con molta speranza) in pochi minuti è diventato l'eroe di una sala d'aspetto di in piccolo ambulatorio medico. La sua innocente disubbidienza ha smascherato un atteggiamento tanto saccente quanto fasullo e ipocrita. 

In alcuni ambienti della città si è forse messo su un laboratorio che sta lavorando per costruire un nuovo commissariamento? Non ci sono bastati 39 mesi, 39 MESI, di assenza istituzionale e 18 mesi di campagna elettorale che hanno avvelenato  rapporti personali e reso la città il luogo del male assoluto?  C'è l'onore di una città bollata come "irredimibile" da rimettere in piedi. C'è la dignità di un territorio offeso con frasi come "in pieno stile vittoriese" da riconquistare. Personalmente ho apprezzato molto la visita dell'avvocato Salvo Sallemi al comitato elettorale di Aiello. E' questo lo stile politico di cui la città ha bisogno e non l'azione di dossieraggio fatta da presunte e fantomatiche associazioni politiche e culturali di natura "progressista". Non bisogna costruire nuove fabbriche del fango ma va evitato che altra melma messa su da personaggi "brutti" continui ad insozzare la città.




mercoledì 27 ottobre 2021

Commise un peccato grave, cercava le verità.

 


Eccoci qua, come ogni anno a ricordare la figura di Giovanni Spampinato. Nel pomeriggio verrà posizionata un lapide nel luogo dove quarantanove anni fa fu ammazzato. C’è voluto mezzo secolo per porre una lapide che ricordasse il sacrificio di un giovane giornalista che “cercava la verità”. Questa cosa conferma ancora una volta come quell’omicidio, materialmente commesso dal figlio del presidente del tribunale di Ragusa, Roberto Campria, fu, nei fatti, un delitto corale, voluto da una città dominata da un conformismo e da una ipocrisia che Giovanni evidenziava e denunciava con forza nei suoi articoli. Questa cosa non è stata mai perdonata dai ragusani i quali iniziarono sin da subito a far cadere nell’oblio quell’assassinio con una frase: “eh … se l’è cercata”.  Giovanni non scriveva per un giornale diffuso come “La Sicilia”. Scriveva si per un giornale prestigioso - L’Ora - ma era un quotidiano che in questo lembo di Sicilia aveva una scarsa diffusione. A Ragusa arrivava nel tardo pomeriggio e veniva comprato da una piccola élite di lettori. Malgrado ciò i suoi pezzi davano fastidio, mettevano a nudo verità imbarazzanti, minavano la quiete della "pacata" Ragusa. Le trame neofasciste, i traffici illeciti di ogni tipo lungo la costa ragusana, il ruolo e le complicità di certi personaggi; tutto questo era emerso, in modo incontenibile, in un fatto di cronaca: l’omicidio dell’ing. Angelo Tumino. Su questo episodio Giovanni scavò tanto, troppo, più del consentito, stava accendendo troppi riflettori; andava fermato. 

E' così ogni verità sull'omicidio dell'ing. Tumino e su ciò che girava intorno venne oscurata e poi divorata dal buio ... a partire dalla sera del 27 ottobre del 1972. 

Miriam Maffai, sul settimanale Rinascita del 17 Novembre del 1972 scrisse: Per le autorità ufficiali: procura, questura, carabinieri, il caso (omicidio ing. Tumino ndr) è da chiudere più rapidamente possibile con una archiviazione. Anche questa incapacità, questa viltà, questo rifiuto a fare i proprio dovere è fascismo. E’ fascismo che si serve della carta bollata, che utilizza gli articoli del codice, che opera all’interno stesso dei gangli dello Stato anziché negli equivoci circoli del teppismo squadrista”

Dopo quarantanove anni solo due cose sono certe: l’omicidio Tumino non ha un colpevole e Giovanni è stato ucciso perché cercava le verità.

sabato 16 ottobre 2021

L'ASTENSIONISMO NON PUO' VINCERE


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Ad una settimana dal voto per il ballottaggio che ci dirà chi dovrà amministrare Vittoria, bisogna ancora una volta fare i conti con l'astensionismo. Se al primo turno, dove oltre ai quattro candidati a sindaco c'erano pure 312 candidati al consiglio comunale, ha votato poco più del 54% del corpo elettorale (27.444 persone su 50.747 aventi diritto); con soli due candidati cosa succederà? Ho la vaga impressione che andranno a votare ancora meno persone di quanti hanno votato al primo turno. In passato è successo sempre così. Una buona parte dell'elettorato dei candidati a sindaco eliminati non avendo più "motivazioni" è rimasto a casa, ha disertato il voto. Osservando i dati delle comunali del 2016 risulta subito evidente come il popolo del non voto fosse già il partito di maggioranza relativa. Infatti, al primo turno votò il 64,83% dell'elettorato e poi al ballottaggio il 54,53%. Se queste condizioni dovessero trovare conferma anche in queste elezioni, è molto probabile che gli astenuti, al ballottaggio, diventino il partito di maggioranza. C'è il rischio che qui venga stravolta una delle regole della democrazia: non è più la maggioranza a decidere! Altro dato da tenere in forte considerazione è come l'astensione sia stata un po' più marcata nelle periferie. E' li che i due candidati devono recuperare perché è li che lunga notte del commissariamento, sommata ai disservizi alimentati dalla pandemia, ha segnato un distacco netto tra le tante esigenze di quei cittadini e la classe dirigente. Forze oscure, da sempre in agguato in questa città, possono impadronirsi di questo astensionismo e utilizzarlo per i loro interessi. Tutto questo va impedito. Potrei elencare le molte colpe della politica o i tanti demeriti dei partiti di questa città, ma tutto questo ora, non conta. In questo momento c'è un dovere che ci impone a noi, gli aventi diritto, a non rinunciare alla partecipazione, a non deporre le schede, soprattutto in tempi di democrazia sempre più incerta. Mai come ora Vittoria ha bisogno di un sindaco che sia realmente rappresentativo della maggioranza della città. Mai come ora votare, partecipare, scegliere è diventato così importate.  Il 24 e 25 ottobre bisogna andare a votare per il riscatto e la ripartenza di questa città e i  trasmettitori di tutto questo siamo noi.


                           

sabato 18 settembre 2021

Una terra al servizio delle mafie

 

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Il porto di Pozzallo è diventato un hub per il traffico della droga? Leggendo gli esiti dell’indagine effettuata dalla Guardia di finanza di Catanzaro, che ha determinato qualche giorno fa (il 15 settembre) l’operazione “Crypto”, sembrerebbe proprio di si. L’ho scritto tante volte in questo mio piccolo spazio telematico: questa provincia oltre a produrre droga - in particolare marijuana, lungo la fascia narcotrasformata – la esporta con una certa facilità. Le ‘ndrine calabresi hanno il controllo della merce e in particolare della cocaina, ma questa per arrivare nei nasi dei tanti consumatori deve viaggiare e per farlo ha bisogno di strutture logistiche dove potersi appoggiare. La droga è come il petrolio. Così come l’oro nero ha bisogno di oleodotti per arrivare a destinazione, la roba ha bisogno di tir, di container e di persone che la guidino per approdare nelle piazze di spaccio. Porti, come quelli di Pozzallo, o infrastutture logistiche, come le strutture per la commercializzazione dell'ortofrutta (che non significa Vittoria e solo Vittoria con le sue attività). Queste sono ottime basi sia per l'arrivo che per la partenza delle droghe. E’ chiaro che per mettere su questo business si devo costruire alleanze con i gruppi criminali locali che conoscono meglio il territorio. I catanesi della “famiglia Cappello” da un lato e il clan gelese dei Rinzivillo dall’altro hanno costituito una sorta di joint venture con i calabresi e poi realizzato accordi con la criminalità locale, individuando i loro referenti nell’area iblea. Così i Cappello e i Rinzivillo si sono spartiti il controllo e la gestione “infrastrutturale” e “logistica” della provincia di Ragusa. Tutto questo ha aperto il territorio ibleo agli interessi delle ‘ndrine calabresi, le quali controllano una buona fetta del mercato all’ingrosso delle droghe e per tanto, come dicevo prima, hanno l'esigenza di avere aree di approdo e di movimentazione della loro roba. Basta rivedere le operazioni effettuate dalle forze dell'ordine negli ultimi cinque anni per capire cosa è diventata questa terra e soprattutto qual'è la funzione reale delle sue infrastrutture, porto di Pozzallo in primo luogo. Per capire meglio cosa ho scritto forse, può essere d'aiuto ricordare la continua presenza in provincia di Michele Brandimarte - elemento di spicco della cosca calabrese Piromalli Molè (la più potente organizzazione in Europa) - ucciso a Vittoria il 14 dicembre del 2014. Il territorio ibleo per la sua posizione geografica e per le sue incontrollate infrastrutture è diventato uno snodo importante per il narcotraffico. Qui transitano e risiedono, per affari, diversi broker della droga. L’ultimo in ordine di tempo, un latitante ricercato con mandato europeo, è stato arresto poche ore fa a Marina di Ragusa.

E' chiaro che questi signori non trafficano sono la droga ma puntano a riciclarne i guadagni ... ma questa è un'altra storia.


Per scrivere questo post ho consultato:

http://www.giornaledicalabria.it/?p=203884

https://www.panorama.it/news/mafia-le-alleanze-del-boss-rinzivillo-con-camorra-e-ndrangheta

https://www.ragusaoggi.it/marina-di-ragusa-preso-latitante-ricercato-con-mandato-europeo/

sabato 4 settembre 2021

RIFLESSIONI SULL'ACQUA (BENE COMUNE) ... E DINTORNI

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A Vittoria manca l’acqua? No! A Vittoria l’acqua è gestita male, e non solo a Vittoria, anche a Ragusa a Modica, a Catania, a Palermo e nella Sicilia complessivamente. In tutto questo c’entra qualcosa la privatizzazione del sistemi acquedottistici della regione? E’ una delle cause principali! Tutto nasce con il governo Cuffaro, nel lontano 2004. Totò vasavasa prese l’EAS (Ente Acquedotti Siciliani) gestore pubblico delle rete idrica siciliana, e lo privatizzò, facendolo diventare una società per azioni: Siciliacque Spa. Il 75% finì in mano ai privati e il 25 % rimase in mano pubblica. La nuova società proponeva un piano di investimenti, complesso che si doveva sviluppare nel corso dei 40 anni di concessione, per un ammontare complessivo di 580 milioni di euro. Infrastrutture e ammodernamenti da favola. La copertura finanziaria veniva garantita da un progetto di finanza sostenuto da una cordata di banche tra cui Banco di Sicilia, oggi Unicredit, e Banca Intesa, oggi Intesa San Paolo, che oltre ad assumersi il rischio dovevano valutare la capacità del gestore nel creare reddito. E così in nome delle proposte, dei progetti, dei finanziamenti e dell’imprenditorialità, Sicilacque Spa ha iniziato a gestire, dal 2004, 1.743 km di rete di adduzione costituita da 13 sistemi acquedottistici interconnessi, 7 invasi artificiali, 7 campi pozzi, 11 gruppi sorgenti, 3 impianti di dissalazione di acqua marina (oggi accantonati). Ma in diciassette anni questa società ha saputo ammodernare gli impianti che gestisce? Ha saputo realizzare gli impianti di captazione delle acque piovane o gli impianti di riutilizzo delle acque reflue? Pare proprio di no! Però su una cosa Siciliacque è stata efficiente e veloce: ha subito innalzato il costo dell’acqua, applicando una tariffa che ad oggi è di 0,696 euro al metro cubo; il doppio di quanto si paga in altre regioni. Si tratta del costo alla fonte, pagato a Siciliacque soprattutto dalle società che poi rivendono ai singoli cittadini. Ciò ha portato a una giungla di costi: Federconsumatori ha messo in evidenza che una famiglia di 3 persone per un consumo medio di 150 metri cubi paga 360 euro ad Agrigento, 444 a Caltanissetta, 178 a Catania, 561 a Enna, 231 a Messina, 317 a Palermo, 350 a Ragusa, 234 a Siracusa e 264 a Trapani. Si può dire che in 14 anni le tariffe - e solo le tariffe - sono aumentati, ma il servizio e le infrastrutture sono via via peggiorate?

In molti quartieri di Vittoria manca l’acqua da tempo, eppure la nostra città non ha mai avuto grossi problemi. Si dice che negli ultimi anni la rete idrica cittadina non abbia avuto le giuste manutenzioni e sia diventata un grande scolapasta. Si dice che non esiste neanche una planimetria di questa rete idrica. Si dice anche che il comune ha un debito cospicuo con l’ente gestore, cioè Siciliacque Spa, e quindi la portata utile a soddisfare le esigenze della città sia stata notevolmente ridotta. Insomma, come accade spesso in questi casi, si dicono tante cose. Ma, nella città definita dalle istituzioni capitale meridionale “dell’omerta” (parole dell’ex ministro Salvini), e “irredimibile”, nessuna istituzione, alla luce di un disservizio che ha dequalificato e dequalifica la vita delle persone, in questi mesi ha visto scorrazzare per le vie cittadine autobotti improvvisate che vendono acqua di cui non si conosce la provenienza? Eppure sui social in tanti hanno denunciato questa anomalia pubblicando foto e filmati, dicendo anche quanto costa un carico d’acqua "potabile" e che al pagamento non viene rilasciata nessuna fattura. Allora non è vero che siamo così omertosi e irredimibili. Forse sarebbe giusto dire anche che le istituzioni statali sono disattente. Nel corso degli ultimi 40 anni, in questa terra,  si è  sempre più indebolita l’idea che lo Stato sia la cornice all’interno della quale la vita pubblica si deve svolgere per tutelarne il corretto funzionamento e che interessi illeciti di gruppi di appartenenza vadano contrastati con forte determinazione. Questo atteggiamento è stato ed è il fertilizzante dell'omertà o dell'essere irredimibile. Malgrado ciò un pezzo di questa città ha reagito e reagisce con forza, ma non ha trovato orecchie pronte ad ascoltare.