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domenica 9 ottobre 2022

DALL'OMICIDIO TUMINO A QUELLO DI GIOVANNI SPAMPINATO. IL LIBRO CHE RACCONTA UNA STORIA TUTTA RAGUSANA



Il 27 ottobre 1972 a Ragusa veniva ucciso Giovanni Spampinato, un giornalista che cercava la verità. Spampinato aveva capito cosa si muoveva da tempo sotto la tranquilla e indolente Ragusa. Alzò un lembo di quel tappeto che nascondeva verità imbarazzanti e iniziò a raccontarle. "Nella sua città era accaduto un torbido delitto maturato negli ambienti dell’estrema destra ragusana e Spampinato invece di registrarlo pigramente sulla scorta delle solite veline di polizia si era impegnato ad andare fino in fondo nella ricerca della verità". Questa sua ricerca minò le basi della falsa serenità ragusana. Spampinato diventò pericoloso. Andava eliminato secondo uno schema che non sollevasse altra polvere e che delegittimasse il suo lavoro: "era un provocatore", "uno che se l’è cercata". Lo schema passò senza tante difficoltà, come se avesse meritato quella fine, e poi tutto fu rapidamente dimenticato.

Salvatore Spampinato, fratello di Giovanni, ha completato il libro che racconta l'intera vicenda. Il 27 ottobre prossimo l'opera verrà presentata a Ragusa. Di seguito il post che fa da preambolo a libro, pubblicato dall'autore nella sua pagina Facebook. Ringrazio Salvatore Spampinato per avermi autorizzato a pubblicarlo nel mio blog. 

Non è una biografia, ma il racconto di tutta una vicenda che inizia con il misterioso omicidio dell'ingegnere Angelo Tumino, e cosa accade nei mesi successivi. Un’intera città impaziente di conoscere l’assassino, e invece era tenuta all’oscuro di tutto, a cominciare dalle indagini, tanto da convincersi che presto sarebbe stato messo tutto a tacere, perché l’indiziato principale era il figlio del presidente del tribunale. Soltanto il 26enne Giovanni Spampinato, giornalista corrispondente de L’Ora di Palermo, cercava di dare informazioni utili, ed era l’unico a fornire nuove e importanti rivelazioni nei suoi articoli. La sera del 27 ottobre 1972, otto mesi dopo il delitto Tumino, Giovanni Spampinato è stato ucciso proprio da Roberto Campria, il figlio del presidente del tribunale, che al momento era indiziato del delitto Tumino, e anche tutta la città lo sospettava. L’assassino si è costituito immediatamente dopo, dichiarandosi reo-confesso, e asserendo di avere ucciso Giovanni Spampinato perché era stato provocato. Studiando ultimamente in modo approfondito la documentazione disponibile, risulta che Tumino, poco prima di essere ucciso, fu visto in una zona di campagna in compagnia di un giovane, e stavano cercando una casa conosciuta come Villa Romeo. Furono interrogati tre contadini, i quali descrissero il misterioso giovane, ma nonostante ciò non venne fatto un identikit, e inoltre questa pista non fu presa minimamente in considerazione. E non si capisce perché l’hanno trascurata, visto che riguarda le ultime ore di vita dell’ingegnere. Dopo qualche mese, ad agosto, addirittura Roberto Campria si era presentato dal giudice istruttore per segnalare questa pista, dicendo di averla appresa dal giornalista Spampinato, sollecitando la ricerca di quell’accompagnatore, e nominando anche Villa Romeo. Difatti i contadini vennero nuovamente interrogati, e ripeterono le stesse cose di prima, confermando anche la descrizione del giovane, e per la seconda volta non venne fatto un identikit. Il giudice istruttore, inoltre, pur essendo a conoscenza dell’elemento “Villa Romeo”, non glielo chiese, e nuovamente rimase tutto lettera morta.

Giovanni Spampinato aveva ritenuto molto importante questa pista per gli elementi, tanto da informare l’opinione pubblica nei suoi due ultimi articoli.Ma, continuando a studiare approfonditamente i documenti, leggendo il rapporto della Polizia Scientifica, intervenuta per i rilievi sull’auto dove fu assassinato Giovanni Spampinato, vi si trova scritto che la seconda pistola, rinvenuta al suo interno, presumibilmente usata dall'assassino, è risultata priva di impronte digitali. E leggendo gli interrogatori delle 5 persone sopraggiunte poche istanti dopo l’uccisione di Giovanni, questi descrivono la presenza di almeno una persona sconosciuta, di un’auto che stava di traverso davanti a quella di Giovanni, e lo sportello di Giovanni completamente spalancato. mentre i soccorritori sono concentrati su come portare Giovanni al pronto soccorso, la persona e l’auto spariscono. Purtroppo questi elementi e la pista che si potrebbe seguire, vengono totalmente ignorati dal sostituto procuratore generale di Catania che conduce le indagini, e nonostante questi documenti siano stati sempre nel fascicolo delle indagini, non sono state presi in considerazione neanche dai 5 avvocati di Parte Civile che nei processi hanno rappresentato la famiglia di Giovanni Spampinato. I 5 avvocati furono ingaggiati dal Partito Comunista per aiutare la famiglia di Giovanni perché era economicamente modesta, decidendo anche la linea processuale da portare avanti. Purtroppo la linea processuale del Pci non portò frutti positivi, e Giovanni non ebbe neanche lontanamente la giustizia che meritava. Questi descritti sopra, sono soltanto alcune delle innumerevole cose che ho documentate nel libro, riportando alla luce molto altro che è stato ignorato e fa capire perché la figura e il lavoro di Giovanni Spampinato, per molti anni sono stati volutamente minimizzati, con l’intento di cancellarlo per sempre.

Tutti coloro che hanno avuto qualcosa da nascondere sin dal primo momento, a cominciare dal delitto Tumino, hanno denigrato sempre Giovanni, perché nessuno si interessasse a fondo della sua vicenda, e cosa c’è dietro, mettendo in giro un mucchio di falsità al fine di farlo apparire uno sprovveduto, e la sua uccisione è stata frutto di un litigio tra giovani. Giovanni Spampinato è stato vittima di quei poteri che non hanno fatto il loro dovere. Giustizia, politica e informazione locale. E le persone oneste e ignare, in buona fede continuano a riportare queste falsità, divenendo inconsapevoli complici. Ho inserito anche la morte del giovane restauratore Salvatore Guarino, amico dell’ingegnere Tumino, che morì folgorato il 6 gennaio 1973 sul campanile della chiesa di San Giorgio di Ibla, perchè molti ancora oggi credono che sia stato ucciso, e la cosa si lega al delitto Tumino.

Il libro, anche se voluminoso, scorre bene, e l’ho scritto in modo semplice spiegando ogni passaggio, perché dopo 50 anni si deve comprendere bene questa intricata vicenda, che per anni ha tenuto un’intera città col fiato sospeso, aspettando che da un momento all’altro venisse fuori la verità.

Il libro pur raccontando cose reali, sembra un romanzo, e anche un giallo, con continui colpi di scena, fino ai giorni nostri. È uno strumento che spiega molto di quel periodo, compresa la situazione politica e le continue minacce alla democrazia.

Per i molteplici contenuti, giustizia, politica, informazione, omertà, ecc, mi piacerebbe che venisse letto anche nelle scuole, perché dà spunto a molti temi di discussione, e anche perché Giovanni Spampinato era un giovane.

sabato 1 ottobre 2022

Crisi economiche e caro bollette, una manna per le mafie

 

Foto tratta da Google Immagini


Dopo la lunga pausa estiva ritorno a scrivere in questo mio diario telematico e lo faccio ripartendo da uno degli argomenti che da sempre mi interessa e mi preoccupa di più.

Il 30 settembre, la Direzione Investigativa Antimafia (DIA) ha presentato e pubblicato nel proprio sito la relazione semestrale che illustra le attività svolte e i risultati conseguiti nella lotta al contrasto contro le mafie. A pagina 99 c'è un piccolo capitolo che riguarda la nostra provincia. Per la prima volta, grazie ad alcune operazioni delle forze dell'ordine, emergono analisi un po' più chiare che mettono in luce quanto più volte ho detto pubblicamente e poi scritto in questo mio blog. Le mafie catanesi insieme alle 'ndrine calabresi controllano il traffico e lo spaccio delle droghe soprattutto nell'aria orientale della provincia. L'operazione della Guardia di Finanza dell'1 dicembre 2021, denominata “la Vallette”, dimostra come le 'ndrine di Lamezia Terme e le “famiglie” catanesi avevano (e continuano ad avere?) il ruolo di controllori dei gruppi criminali che operano nell'area orientale del ragusano, attraverso la fornitura stabile della droga da spacciare nel territorio. Infatti nella relazione si legge: “La base operativa dell’organizzazione era ad Ispica (RG) e l’approvvigionamento della droga avveniva secondo un duplice canale albanese e calabrese. Lo stupefacente una volta giunto in Sicilia attraverso i predetti canali veniva immesso sul mercato locale tra le province di Siracusa e Ragusa e smistato anche in Lombardia e a Malta … Di rilievo è anche l’operazione “Bad Uncle” del 2 dicembre 2021 che ha disvelato un’articolata rete di spaccio di cocaina, marijuana, hashish e crack tra Modica, Ispica e Pozzallo documentando migliaia di cessioni di stupefacenti anche a minori”. Finalmente, nella relazione emerge anche come i proventi dello spaccio possano entrare facilmente nell'economia legale. Infatti, sempre a pagina 99 si legge: “Gli interessi delle organizzazioni criminali ragusane (controllate dai catanesi e dai calabresi n.d.r.) appaiono peraltro prevalentemente orientati all’infiltrazione nelle attività economiche “pulite” dove vengono investite le somme di denaro nel tempo illegalmente accumulate”. 

Le crisi economiche che si sono abbattute con forza sul nostro sistema d'imprese sta facilitando gli interessi economici delle mafie. La crisi finanziaria del 2009/2010 ha ridotto fortemente l'accesso al credito per le imprese; la crisi pandemica,  con i suoi lockdown ciclici, ha costretto alla chiusura diverse categorie economiche; infine, la crisi determinata dalla guerra sta causando un aumento esponenziale dei costi energetici. Le ultime due hanno colpito duramente i comparti più interessanti che si stanno sviluppando proprio nella zona orientale dell'area ragusana: quello del turismo e della ristorazione. Dopo l’emergenza sanitaria e il conflitto in Ucraina, gli imprenditori di questi settori stanno facendo i conti con il caro bollette, la mancanza di liquidità, debiti e difficoltà nell’accesso al credito. Il rischio che chi non riesce a ripianare un debito accetti “l'aiuto” di soggetti legati alle organizzazioni criminali, pronti a offrire somme allettanti,   può essere più che concreto. Senza voler giustificare nessuno, bisogna mettersi nei panni di chi ha un’attività di questo tipo e si ritrova schiacciato da bollette stratosferiche, poche prenotazioni, esposizione bancarie e debiti coi fornitori. L'ho scritto tante volte, lo ribadisco ora con più forza: le mafie che controllano queste aree della nostra terra (cosche catanesi dei Mazzei e dei Cappello, insieme alle 'ndrine calabresi) hanno una chiara strategia industriale: impadronirsi del territorio grazie alle crisi. La criminalità organizzata è molto preparata sul fronte del riciclaggio e del diritto societario. Si avvale dell'abilità di certi professionisti capaci nel creare strutture economiche difficili da decifrare e da scomporre. Tutto questo può avvenire, o sta già avvenendo, soprattutto in una zona che - secondo una certa “letteratura antimafia” - appare tranquilla perché immune da manifestazioni di violenza. Ma le mafie amano la quiete, la coltivano con cura, perché dietro quest'apparente serenità i fiumi di denaro del narcotraffico scorrono senza intoppi ... e con una rapidità impressionante diventano ... economia legale!

Per chi fosse interessato allego il link della relazione DIA

https://direzioneinvestigativaantimafia.interno.gov.it/wp-content/uploads/2022/09/Relazione_Sem_II_2021-1.pdf