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venerdì 6 agosto 2021

Estate 1985: Vittoria sfregiata dalle mafie. La città reagisce, ma rimane isolata.


Foto di Giuseppe Leone tratta da Google Immagini 

Sono a riposo forzato. E' dal 29 luglio che sono in quarantena cautelativa. Gli amici mi chiamano per non farmi sentire solo e tra le tante chiamate c'è stata quella di Gianfranco Motta. Gianfranco prima ancora di essere un storico dirigente sindacale e un compagno, un amico, una persona con cui spesso  discuto anche (soprattutto) animatamente, quasi al limite del litigio. Tra una parola e l'altra mi ha raccontato di aver trovato documenti della CNA risalenti al 1985, dove si parla dell'impegno contro la criminalità organizzata di questa terra  (gentilmente me ne ha inviato una copia che di seguito allego). Motta non è ragusano, è un catanese doc. Arrivò in provincia di Ragusa verso la fine degli anni 70 inviato dal PCI a dirigere prima il partito a Scicli e poi la CNA. Da subito capì che questa provincia non era per nulla "babba", anzi  comprese come l'apparente tranquillità iblea era solo una maschera che nascondeva, e continua a nasconde, interessi e intrecci imbarazzanti.  Dirigendo la CNA si rese conto come questi intrecci puntavano a penalizzare le tante economie sane, cioè la miriade di piccole attività agricole, artigianali e commerciali che erano, e sono, la struttura portante del sistema Ragusa. Nei primi anni '8o il racket imposto dalle mafie emergenti cominciava ad asfissiare le attività legali dell'area iblea e con esso era cresciuto il controllo e lo spaccio della droga. Secondo una relazione della Prefettura, il consumo di stupefacenti aveva raggiunto, in molti comuni della provincia, livelli allarmati.  Le nuove mafie, in poco tempo, tra la raccolta capillare del  pizzo e gli incassi dello spaccio di droga avevano raggiunto un livello economico di primo piano, C'era  l'esigenza  di riciclare questa enorme massa di denaro e l'unico modo era puntare al controllo, con le buone o con le cattive,  delle economie legali.  Il gruppo dirigente della CNA capì e si oppose con forza a questo "progetto criminale ed economico". L'incidenza maggiore delle attività mafiose si concentrò soprattutto a Vittoria, dove operava un'imprenditoria molto dinamica che venne obbligata, in modo violento e asfissiante, a subire il pizzo ma anche a digerire il denaro prodotto illegalmente dai clan. Ad opporsi a questo "progetto" fu la determinazione dei diversi dirigenti artigiani (su tutti Filippo Bonetta, la cui attività subì un attentato dinamitardo), i quali provarono a denunciare e sviluppare forme di contrasto verso una  criminalità nuova e aggressiva. L'estate del 1985 fu particolarmente "calda". Tutto iniziò  il 7 luglio. Al congresso provinciale della CNA, l'assemblea approvava  un documento dove si chiedeva l'intervento straordinario della Commissione Nazionale Antimafia in provincia di Ragusa. La richiesta di mettere sotto la lente di ingrandimento il territorio provinciale, e quello di Vittoria in particolare, fece scattare le intimidazioni. Dopo pochi giorni i mezzi, i cantieri, le sedi dei consorzi edili e del consorzio dei produttori di imballaggi per l'ortofrutta legati alla CNA (CAEV E CIV) furono interessati da attentanti. Insieme a questi atti vi fu una recrudescenza delle rapine ai tir che trasportavano ortofrutta (molti autotrasportatori erano associati alla FITA/CNA). L'organizzazione non rimase isolata, La Lega delle Cooperative, il sindacato, il Comune di Vittoria, il Consiglio Provinciale, la deputazione della provincia, e la Prefettura, attraverso il Comitato per l'ordine pubblico, si mobilitarono e si schierarono accanto agli operatori economici sostenendo la loro battaglia per un vero "progetto di qualificazione dello sviluppo".  Ciò che venne meno fu l'attenzione e l'intervento delle istituzioni superiori. Il Ministero dell'Interno sottovalutò le preoccupazioni che arrivavano dal Comitato per l'ordine e la sicurezza, dal Consiglio Provinciale e dal Comune di Vittoria. La stessa CNA, in un documento, aveva denunciato con forza come "le attività mafiose stanno allargando i loro obbiettivi e attaccano nuovi settori della vita economica e civile". Dopo quell'estate la forza criminale ed economica di quei gruppi mafiosi, senza un contrasto preciso e determinato, divenne così dirompente da deprimere, umiliare, persino uccidere, ogni forma di resistenza. A conferma di ciò pochi anni dopo il settimanale L'Espresso, nel maggio del 1989, pubblicava una mappa delle organizzazioni mafiose e poneva il clan Carbonaro Dominante fra le strutture criminali più organizzate del paese. Una "disattenzione" imperdonabile che farà  precipitare lentamente Vittoria nel fango.

Dopo quasi 40 anni - esattamente 36 dal 1985 - le mafie di questa terra, malgrado siano state smembrate dalle tante operazioni di polizia e dai "pentimenti" dei suoi esponenti maggiori, non hanno perso, per nulla, la loro forza aggregativa e propulsiva. Anzi, si sono evolute. Nel tempo si sono liberate dalle vecchie logiche e hanno modificato il loro modo di operare cambiando forma e struttura. Non intimidiscono più con la violenza ma si sono imposte con la loro forza economica, capace di isolare le poche resistenze rimaste e di produrre consenso sociale e politico. La storia recente ne è la conferma.   Parafrasando Lavoisier, qui  nulla si è distrutto, ma tutto si è trasformato ... grazie al denaro, ai picciuli, a pila.

https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1992/01/29/tir-scortati-tra-catania-ragusa.html






2 commenti:

  1. Tema e riflessione che apprezzo. Ma per quanto riguarda l'attenzione delle istituzioni locali verso il fenomeno mafioso suggerirei una lettura sinottica con la relazione della commissione prefettizia del 1992-93.

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    1. Faccio riferimento ad un anno preciso: il 1985. Sempre nello stesso post scrivo che dopo quell'anno la forza criminale di quelle mafie divenne dirompente. E comunque, suggerimento accolto. Grazie.

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