La mafie hanno avuto sempre due facce: una perbenista, garbata, quasi angelica, fatta da persone che nel tempo sono diventate punti di riferimento economico e politico; l’altra - quella che ha molti piace raccontare - è composta esclusivamente da persone schiacciate dalla loro difficoltà sociali ed economiche.
L'omicidio di Angelo Ventura ha riacceso, anche se brevemente, il dibattito sul ruolo della criminalità organizzata in provincia, mettendo in moto tutto il corollario di analisi su come i clan locali stiano provando a riorganizzarsi per avere un controllo dello spaccio nel territorio. Come sempre, in queste discussioni, emerge che la mafia è fatta solo da persone poco scolarizzate, rozze, violente, che vivono nello squallore delle periferie degradate. Se ancora oggi si pensa che i mafiosi siano solo personaggi zotici e aggressivi, che vivono e operano soltanto in una parte del territorio provinciale girandolo su suv potenti, non si e capito nulla. Questa mafia è stata già repressa, sconfitta, dall’azione trentennale delle forze dell’ordine. La fauna umana che compone questo modello criminale è già nota a carabinieri e polizia. Infatti appena succede qualcosa di eclatante, come un omicidio, i responsabili vengono subito individuati. Gli arrestati avvenuti immediatamente dopo gli omicidi di Giovanni Russo (un anno fa) e quello di Angelo Ventura, ne sono la chiara dimostrazione.
C’è un’altra mafia che da sempre avvolge la provincia babba e di cui nessuno vuole parlare. Questa indossa la maschera del perbenismo. E’ stata definita da eminenti sociologi “borghesia mafiosa”. Negli ultimi decenni il ruolo di questo ceto è cresciuto fino ad inventare un sistema capace di condizionare tutto, in primis le scelte politiche del territorio. Coordinare l'economia e dirigere il consenso è diventato un tutt'uno. Provo ad essere più chiaro: le mafie degli Iblei sono via via trasformate in attività economiche, è stato il modo più efficace per esercitare e attestare la loro signoria. Assumendo questo ruolo hanno accresciuto quel sistema di relazioni che gli ha permesso la penetrazione nel tessuto dell’economia legale. Questa infiltrazione in alcuni luoghi è stata violenta e rumorosa, in altri è stata gentile e silenziosa, ma in entrambi i casi ha generato un complesso di relazioni fatto da collegamenti con il mondo imprenditoriale, con professionisti e classe politica. Quindi anche qui, nella provincia babba, si è affermata una “borghesia mafiosa sulla base di due ordini di ragioni: la prima è la comunanza di interessi, la seconda la condivisone di codici culturali” (Umberto Santino). Quindi, l’imprenditoria mafiosa di questa terra non è un cancro nato solo in un pezzo del nostro tessuto, essa vive ed è in accordo con una moltitudine di persone, complici, debitori, confidenti, protettori che appartengono a vari strati della nostra società. Questo è il terreno di coltura delle mafie iblee, con tutto ciò che comporta di implicazioni dirette o indirette, consapevoli o no, volontarie o obbligate, che spesso godono del consenso della popolazione.
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