Ho sempre immaginato il rapporto tra economie mafiose ed economie "legali" come le aree d'intersezione tra più cerchi. Se in geometria è facile descrivere il perimetro e calcolare la superfice di queste figure anomale, invece, nei di rapporti opachi tra sistemi produttivi non è per nulla semplice delimitarne le dimensioni. Tante volte ho provato a descrivere queste zone, ma benché le mie teorie poggino su ipotesi che avrebbero una certa valenza, restano comunque sempre delle supposizioni. Di recente però sono stati pubblicati tre studi che danno indicazioni chiare su questo tipo di connessioni economiche. Le stesse forniscono stime e mappe concettuali. Due pubblicazioni sono dell'Unità d'Informazione Finanziaria della Banca d'Italia: la prima pubblicata nel maggio 2021, la seconda nel novembre 2024. La terza pubblicazione, invece, è del dicembre 2024 ed è stata divulgata dal centro studi della CGIA di Mestre. In quest'ultimo studio viene pure stilata una graduatoria delle connessioni tra econome mafiose ed economie "legali" presenti nei contesti criminali di 105 province italiane. La provincia di Ragusa in questa speciale classifica occupa la 40° posizione. Infatti, su circa 30.000 imprese attive al 30 novembre 2024, 885 sarebbero quelle connesse alle mafie locali, cioè il 3% del totale. Ma questa valutazione non tiene in considerazione dell'indice di imprenditorialità mafiosa, cioè il rapporto tra la stima di imprese connesse con le economie criminali e il numero di abitanti della provincia. La provincia di Ragusa, con meno di 320.000 abitanti e 885 attività che gravitano attorno alle economia criminali, ha un indice di imprenditorialità mafiosa che è pari a 0.3%. La sorpresa viene fuori analizzando i dati delle province di Palermo e di Catania. Le due aree metropolitane, nella classifica redatta dalla CGIA, sono al 6° e 9° posto, ma al calcolo dell'indice di imprenditorialità mafiosa presentano un valore di infiltrazione che è di poco successivo e uguale a quello della nostra provincia (0.33% Palermo, 0.3% Catania).
La provincia (presunta) "babba", l'isola nell'isola, ha le stesse caratteristiche di quelle aree metropolitane su cui le mafie hanno avuto, purtroppo, da sempre una presenza determinate!!?
Sarebbe interessante sapere come queste 885 attività ragusane, legate alle econome mafiose, siano distribuite nel territorio provinciale, cioè in quali comuni ricadono, e soprattutto capire quali siano i settori connessi e quale forma giuridica e dimensione hanno queste imprese.
Individuare la distribuzione territoriale di queste "attività" non è per nulla facile, ma un aiuto può arrivare dalla classificazione dei settori economici maggiormente infiltrati.
Il diagramma pubblicato a pag. 19 dello studio del novembre 2024 della Banca
d'Italia indica le attività maggiormente soggette ad essere infiltrate. I primi, in ordine di importanza sono: il
commercio a dettaglio (Rentail), la manifattura, le costruzioni, l'immobiliare
(Real estate), l'alberghiero e la ristorazione (Accommodation and food
services). In quale area della nostra provincia ricadono maggiormente
queste attività? Basta percorrere la Strada Statale 115, partendo da Acate fino
ad Ispica e poi ripercorre a ritroso la vecchia litoranea e si capisce subito
dove possono essere ubicate.
Sulla forma giuridica preferita dalle attività mafiose viene in aiuto la relazione di un esperto come il colonnello Giuseppe Furciniti della Guardia di Finanza il quale scrive: "La forma giuridica più diffusa è la società a responsabilità limitata, ritenuta il miglior compromesso tra l'agilità di costituzione e gestione e le esigenze di occultamento dell'identità criminale (grazie alla frammentazione del capitale tra più soggetti diversi). A quest'ultimo obiettivo, risponde anche l'utilizzo di prestanome e l'utilizzo di strutture di controllo societario a partecipazioni incrociate (“scatole cinesi”). La preferenza per la forma delle s.r.l. è spiegata soprattutto dalla facilità di costituzione (si richiede un capitale sociale di 10.000 €) e dal vantaggio dettato dalla limitazione delle responsabilità patrimoniali".
Sulla forma giuridica preferita dalle attività mafiose viene in aiuto la relazione di un esperto come il colonnello Giuseppe Furciniti della Guardia di Finanza il quale scrive: "La forma giuridica più diffusa è la società a responsabilità limitata, ritenuta il miglior compromesso tra l'agilità di costituzione e gestione e le esigenze di occultamento dell'identità criminale (grazie alla frammentazione del capitale tra più soggetti diversi). A quest'ultimo obiettivo, risponde anche l'utilizzo di prestanome e l'utilizzo di strutture di controllo societario a partecipazioni incrociate (“scatole cinesi”). La preferenza per la forma delle s.r.l. è spiegata soprattutto dalla facilità di costituzione (si richiede un capitale sociale di 10.000 €) e dal vantaggio dettato dalla limitazione delle responsabilità patrimoniali".
Le dimensioni delle imprese connesse alle mafie vengono definite nello studio della Banca d'Italia pubblicato nel novembre del 2024. Gli autori introducono un quadro concettuale per distinguere i diversi motivi di infiltrazione delle mafie nelle imprese legali che si basa su tre motivazioni principali: funzionale (imprese create per attività criminali), competitiva (imprese di medie dimensioni infiltrate per beneficiare di attività criminali) e pura (grandi imprese utilizzate per benefici economici e non economici, come connessioni politiche). Come si può notare, lo studio prende in considerazione le medie grandi imprese e non le piccole e le microimprese. Sarà che queste ultime non sono per nulla funzionali agli interessi economici delle mafie? Faccio notare che nella nostra provincia il 94% delle imprese attive sono piccole e microimprese, ovviamente il restante 6% sono medie grandi imprese. Se lo studio della CGIA di Mestre stima per la nostra provincia 885 imprese infiltrate, cioè il 3% delle imprese attive. Se il 6% delle imprese attive in provincia sono di dimensioni medio grandi. Se la Banca d'Italia dice che le medie grandi imprese sono quelle economicamente più adeguate agli interessi delle mafie.
Ma per caso il 50% delle medie grandi imprese iblee sono connesse alle mafie???
Gli Obiettivi Strategici delle medie grandi aziende infiltrate dalle mafie sono da sempre orientati a migliorare la
capacità produttiva e i ricavi. Queste aziende devono diventare punti di riferimento sociale e politico nei loro territori e per fare questo si avvalgono di figure professionali di alto livello, sia in campo tributario e sia in campo giuridico. Tutto questo non lo fanno per creare sviluppo, ma, in primo luogo, per riciclare il denaro che proviene dalle attività illecite. Per fare ciò serve soprattutto la complicità del sistema bancario che, anche attraverso l'accesso al credito sostiene quegli "investimenti" in grado di "digerisce" le masse di denaro prodotte illegalmente. A sostegno di questa tesi vi sono sempre i dati forniti da Banca d'Italia i quali dicono che in Sicilia a giungo del 2024 il credito alle imprese si era ridotto del 1,3% rispetto a dodici mesi prima. La flessione però ha riguardato le piccole e medie imprese (-6%!), mentre per le medie grandi imprese i prestiti sono cresciuti. Il dato della provincia di Ragusa è emblematico. A settembre del 2024 l'importo totale dei prestiti bancari per tutte le attività economiche ammonta a circa due miliardi di euro (esattamente 1.937.000.000 di euro), di questi oltre un un miliardo (esattamente 1.377.000.000) è stato affidato a medie grandi imprese, la differenza, circa 600 milioni (esattamente 560.000) è andata invece alle piccole e micro imprese. Quindi, con molta probabilità, le 885 medie grandi imprese legate alle economie mafiose iblee hanno avuto la possibilità di accedere facilmente al credito?
Questi dati mi riportano in mente le parole del dott. Salvatore Formica, gestore di un'impresa confiscata alla mafia, il quale nel luglio scorso mi raccontò delle difficoltà che aveva nell'ottenere dei finanziamenti perché gli istituti di credito non ritenevano e non ritengono più affidabili le imprese amministrate giudiziariamente. Le Banche non credono nello Stato gestore di imprese confiscate?
Lo Stato, con le sue istituzioni ha mostrato tutta la sua forza contro la mafia rozza e violenta, l'attenzione delle e forze dell'ordine è riuscita a disarticolare le strutture militari. Non è un caso se molti esponenti locali stanno in carcere. Ma della mafia che si mischia nell'economia che conta, che punta ad entrare negli apparati istituzionali, che propone accordi e non scontri non c'è manco l'ombra del contrasto. Serve accendere i riflettori su ciò che sta accendendo in questa provincia che di "babbo" come dimostrano i dati, non ha proprio nulla. Occorre una nuova antimafia che accanto alla memoria solleciti la magistratura e le forze dell'ordine a guardare con attenzione cosa sta succedendo nell'economia iblea. Continuare a pensare che le mafie di questa terra siano solo delle bande di ignoranti,
che abitano nei quartieri degradati è un errore clamoroso. Questa è gente schiacciata e sconfitta dalle loro miserie, che le forze dell'ordine braccano quotidianamente. Qui c'è un'altra mafia, mite, ricca, elegante, potente, e per questo molto più pericolosa che va bloccata...prima che sia troppo tardi.
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