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domenica 2 marzo 2025

Dati e analisi sulle economie mafiose in provincia di Ragusa.


Foto tratta dal sito 
https://ginotaranto.it/project/difesa-inutile/ che ringrazio


Ho sempre immaginato il rapporto tra economie mafiose ed economie "legali" come le aree d'intersezione tra più cerchi. Se in geometria è facile descrivere il perimetro e calcolare la superfice di queste figure anomale, invece, nei di rapporti opachi tra sistemi produttivi non è per nulla semplice delimitarne le dimensioni. Tante volte ho provato a descrivere queste zone, ma benché le mie teorie poggino su ipotesi che avrebbero una certa valenza, restano comunque sempre delle supposizioni. Di recente però sono stati pubblicati tre studi che danno indicazioni chiare su questo tipo di connessioni  economiche. Le stesse forniscono stime e mappe concettuali. Due  pubblicazioni sono dell'Unità d'Informazione Finanziaria della Banca d'Italia: la prima pubblicata nel maggio 2021, la seconda nel novembre 2024.  La terza pubblicazione, invece, è del dicembre 2024 ed è stata divulgata dal centro studi della CGIA di Mestre. In quest'ultimo studio viene pure stilata una graduatoria delle connessioni tra econome mafiose ed economie "legali" presenti nei contesti criminali di 105 province italiane. La provincia di Ragusa in questa speciale classifica occupa la 40° posizione. Infatti, su circa 30.000 imprese attive al 30 novembre 2024,  885 sarebbero quelle connesse alle mafie locali, cioè il 3% del totale. Ma questa valutazione non tiene in considerazione dell'indice di imprenditorialità mafiosa, cioè il rapporto tra la stima di imprese connesse con le economie criminali e il numero di abitanti della provincia. La provincia di Ragusa, con meno di 320.000 abitanti e 885 attività che gravitano attorno alle economia criminali, ha un indice di imprenditorialità mafiosa che è pari a 0.3%. La sorpresa viene fuori analizzando i dati delle province di Palermo e di Catania. Le due aree metropolitane, nella classifica redatta dalla CGIA, sono al 6° e 9° posto, ma al calcolo dell'indice di imprenditorialità mafiosa presentano un valore di infiltrazione che è di poco successivo e uguale a quello della nostra provincia (0.33% Palermo, 0.3% Catania). 

La provincia (presunta) "babba", l'isola nell'isola, ha le stesse caratteristiche di quelle aree metropolitane su cui le mafie hanno avuto, purtroppo, da sempre una presenza determinate!!?
 
Sarebbe interessante sapere come queste 885 attività ragusane, legate alle econome mafiose, siano distribuite nel territorio provinciale, cioè in quali comuni ricadono, e soprattutto capire quali siano i settori connessi e quale forma giuridica e dimensione hanno queste imprese. 

Individuare la distribuzione territoriale di queste "attività" non è per nulla facile, ma un aiuto può arrivare dalla classificazione dei settori economici maggiormente infiltrati. 

           


Il diagramma pubblicato a pag. 19 dello studio del novembre 2024 della Banca d'Italia indica le attività maggiormente soggette ad essere infiltrate. I primi, in ordine di importanza sono: il commercio a dettaglio (Rentail), la manifattura, le costruzioni, l'immobiliare (Real estate), l'alberghiero e la ristorazione (Accommodation and food services). In quale area della nostra provincia ricadono maggiormente queste attività? Basta percorrere la Strada Statale 115, partendo da Acate fino ad Ispica e poi ripercorre a ritroso la vecchia litoranea e si capisce subito dove possono essere ubicate. 
Sulla forma giuridica preferita dalle attività mafiose viene in aiuto la relazione di un esperto come il colonnello Giuseppe Furciniti della Guardia di Finanza il quale scrive: "La forma giuridica più diffusa è la società a responsabilità limitata, ritenuta il miglior compromesso tra l'agilità di costituzione e gestione e le esigenze di occultamento dell'identità criminale (grazie alla frammentazione del capitale tra più soggetti diversi). A quest'ultimo obiettivo, risponde anche l'utilizzo di prestanome e l'utilizzo di strutture di controllo societario a partecipazioni incrociate (“scatole cinesi”). La preferenza per la forma delle s.r.l. è spiegata soprattutto dalla facilità di costituzione (si richiede un capitale sociale di 10.000 €) e dal vantaggio dettato dalla limitazione delle responsabilità patrimoniali".
Le dimensioni delle imprese connesse alle mafie vengono definite nello studio della Banca d'Italia pubblicato nel novembre del 2024. Gli autori introducono un quadro concettuale per distinguere i diversi motivi di infiltrazione delle mafie nelle imprese legali che si basa su tre motivazioni principali: funzionale (imprese create per attività criminali), competitiva (imprese di medie dimensioni infiltrate per beneficiare di attività criminali) e pura (grandi imprese utilizzate per benefici economici e non economici, come connessioni politiche). Come si può notare, lo studio  prende in considerazione le medie grandi imprese e non le piccole e le microimprese.  Sarà che queste ultime non sono per nulla funzionali agli interessi economici delle mafie? Faccio notare che nella nostra provincia il 94% delle imprese attive sono piccole e microimprese, ovviamente  il restante 6% sono medie grandi imprese. Se lo studio della CGIA di Mestre stima per la nostra provincia 885 imprese infiltrate,  cioè il 3%  delle imprese attive. Se il 6% delle imprese attive in provincia sono di dimensioni medio grandi. Se la Banca d'Italia dice che le medie grandi imprese sono quelle economicamente più adeguate agli interessi delle mafie. 
Ma per caso  il 50% delle medie grandi imprese iblee sono connesse alle mafie???

Gli Obiettivi Strategici delle medie grandi aziende infiltrate dalle mafie sono da sempre  orientati a migliorare la capacità produttiva e i ricavi. Queste aziende devono diventare punti di riferimento sociale e politico nei loro territori e per fare questo si avvalgono di figure professionali di alto livello, sia in campo tributario e sia in campo giuridico. Tutto questo non lo fanno per creare sviluppo, ma, in primo luogo,  per riciclare il denaro che proviene dalle attività illecite. Per fare ciò serve  soprattutto la complicità del sistema bancario che, anche attraverso l'accesso al credito sostiene quegli "investimenti" in grado di "digerisce" le masse di denaro prodotte illegalmente. A sostegno di questa tesi vi sono sempre i dati forniti da Banca d'Italia i quali dicono che in Sicilia a giungo del 2024 il credito alle imprese si era ridotto del 1,3%  rispetto a dodici mesi prima. La flessione però ha riguardato le piccole e medie imprese (-6%!), mentre per le medie grandi imprese i prestiti sono cresciuti. Il dato della provincia di Ragusa è emblematico. A settembre del 2024 l'importo totale dei prestiti bancari per tutte le attività economiche ammonta a circa due miliardi di euro (esattamente 1.937.000.000 di euro), di questi oltre un un miliardo (esattamente 1.377.000.000) è stato affidato a medie grandi imprese, la differenza, circa 600 milioni (esattamente 560.000) è andata invece alle piccole e micro imprese. Quindi, con  molta probabilità, le 885 medie grandi imprese legate alle economie mafiose iblee hanno avuto la possibilità di accedere facilmente al credito? 

Questi dati mi riportano in mente le parole del dott. Salvatore Formica, gestore di un'impresa confiscata alla mafia, il quale nel luglio scorso mi raccontò delle difficoltà che aveva nell'ottenere dei finanziamenti perché gli istituti di credito non ritenevano e non ritengono più affidabili le imprese amministrate giudiziariamente. Le Banche non credono nello Stato gestore di imprese confiscate?

Lo Stato,  con le sue istituzioni ha mostrato tutta la sua forza contro la mafia rozza e violenta,  l'attenzione delle e forze dell'ordine è riuscita a disarticolare le strutture militari. Non è un caso se molti esponenti locali stanno in carcere. Ma della mafia che si mischia nell'economia che conta, che punta ad entrare negli apparati istituzionali, che propone accordi e non scontri non c'è manco l'ombra del contrasto.  Serve accendere i riflettori su ciò che sta accendendo in questa provincia che di "babbo" come dimostrano i dati,  non ha proprio nulla. Occorre una nuova antimafia che accanto alla memoria solleciti la magistratura e le forze dell'ordine a guardare con attenzione cosa sta succedendo nell'economia iblea.  Continuare a pensare che le mafie di questa terra siano solo delle bande di ignoranti, che abitano nei quartieri degradati è un errore clamoroso. Questa è gente schiacciata e sconfitta dalle loro miserie, che le forze dell'ordine braccano quotidianamente. Qui c'è un'altra mafia, mite, ricca, elegante, potente, e per questo molto più pericolosa che va bloccata...prima che sia troppo tardi.

Per scrivere questo post ho consultato:












domenica 16 febbraio 2025

RAGUSA, PROVINCIA BABBA O MAFIOGENA?

Foto tratta dal sito ginotarato.it che ringrazio per la concessione


Il traffico delle droghe ha segnato e segna la svolta sostanziale per le economie mafiose di questa terra. Le droghe sono diventate l’elemento centrale che attrae e trascina, in modo trasversale, una gamma variegata di persone appartenenti a diversi gruppi sociali. Nello spaccio al minuto sono coinvolti intere famiglie, molte delle quali vivono in uno stato di indigenza. I vari elementi di un gruppo familiare, in assenza di un lavoro legale, trovano nella vendita di cocaina, di crack, di hashish una risposta occupazionale. Questo commercio, sempre più consistente, è diventato un lavoro e quindi una parte fondamentale dell’economia reale del Sud Est siciliano. E' il welfare, lo stato sociale, creato dalle mafie, capace di venire incontro alle esigenze del pensionato che non riesce ad arrivare a fine mese, al disoccupato di mezza età che non trova lavoro o a quelle di tanti giovani, definiti nerd o neet, i quali attraverso le applicazioni social sono diventati i rider dello spaccio.  E' questa la nuova economia che genera occupazione anche in provincia di Ragusa, non ci sono comunità esenti da tale fenomeno. Come nell'economia legale esiste la competizione tra imprese che commerciano lo stesso prodotto, anche la vendita al minuto delle droghe attiva una competizione tra i vari spacciatori e questa, spesso, sfocia in conflitti. E' in tale ambito, secondo me, che vanno inseriti certi omicidi avvenuti di recente a Vittoria. Peppe Bascietto, pochi giorni fa, in un lungo post su Facebook, ha descritto con la minuzia di un giallista le questioni legate al mondo dello spaccio al minuto, ma ha anche aperto uno squarcio su ciò che io, in questo mio piccolo spazio telematico, scrivo e domando, provocatoriamente, da anni: da dove arrivano i quantitativi di droghe che stanno immiserendo il territorio? Chi gestisce il traffico di questa merce? Bascietto, nel suo post, parla di  "droga fornita dalla camorra". Ma la criminalità campana equipaggia, con piccoli quantitativi di cocaina, un gruppo familiare locale che è tenuto fuori dall'organizzazione criminale del territorio e quindi è incapace a soddisfare l'enorme domanda di sballo che arriva da tutte le zone. Per tanto, la domanda si ripropone: chi gestisce il traffico degli stupefacenti negli Iblei? Ha forse un ruolo la 'ndragheta? C'entra forse qualcosa la mafia albanese? Le operazioni di polizia svolte negli ultimi dieci anni nell'area Sudorientale della Sicilia ci raccontano come queste due organizzazioni oramai svolgano, anche nella nostra provincia, un ruolo centrale. Ad accendere i riflettori sul grosso traffico degli stupefacenti in terra iblea fu "l'operazione stammer" effettuata dalla Guardia di Finanza il 24 gennaio del 2017 dove una grossa parte degli 8.000 Kg di cocaina ordinati ai narcos colombiani dalla 'ndragheta (clan Pititto-Prostamo-Iannello di Mileto e Fiaré-Gasparro-Razionale di San Gregorio d'Ippona) finirono in Sicilia e in particolare su tre direttrici: Vittoria, Palermo e Catania. Quale gruppo locale era interessato ad acquistare una parte del mastodontico carico di cocaina proveniente direttamente dalla Colombia? Vittoria compare più volte all'interno di questa indagine in particolare quanto Pititto (esponente della 'ndragheta) incontra al MAAS di Catania (mercato agroalimentare) un tale di Vittoria, un certo Maurizio, per concordare uno scambio di droga. A questo punto le domande che sorgono sono: i quintali di cocaina che arrivano a Vittoria se li pippano solo i vittoriesi oppure vengono distribuiti i tutto il territorio ibleo? E chi gestisce a Comiso, a Ragusa, a Modica, a Scicli, a Ispica,... il traffico e quindi lo spaccio? E le masse di denaro generate da questo "commercio" servono solo a mantenere i precari o i disperati dello spaccio al minuto, oppure vengono riciclate in determinate attività economiche?  Ma questa giostra di domande non finisce mica qui.  Gli albanesi per diverso tempo sono stati coinvolti dalle 'ndrine calabresi nei trasporti e nella logistica della cocaina, ma grazie a ciò hanno sviluppato una capacità operativa ed economica che li ha resi sempre più indipendenti. Il loro status di narcotrafficanti è diventato di primo livello, non solo per la loro affidabilità ma, soprattutto, perché, a differenza dei calabresi, forniscono ai clan locali stupefacenti di alta qualità e a un prezzo molto più conveniente. Infatti, le mafie albanesi oggi, lavorano alla pari e senza farsi la guerra, con i calabresi. In particolare, proprio nella  parte Sud-orientale della Sicilia sono riusciti a portare a termine i loro traffici illeciti sia con esponenti di cosa nostra e sia con gruppi facenti capo a ciò che resta della stidda. Come non ricordare l'operazione "agnellino" della Questura di Ragusa, dove un gruppo di albanesi, con la complicità dei clan locali, aveva messo su un’organizzazione criminale dedita al commercio di cocaina, marjuana e hashish proveniente dall'Albania, in grado di fornire tutta la provincia iblea e di produrre così un giro d'affari di milioni di euro al mese. Anche queste somme dove finivano? Venivano sotterrate o riciclate in attività economiche? 

La provincia di Ragusa è stata da sempre crocevia di vari interessi anomali. Si può dire che questa terra, definita babba, è nei fatti mafiogena? E' giusto affermare che qui si sono generate e si generano economie malate che hanno creato uno sviluppo distorto capace di indebolire le poche economie legali rimaste? E' possibile affermare che le economie mafiose sono in grado di alleviare le difficoltà dei ceti sociali più deboli?  E se tutto questo risultasse vero: qual'è il rapporto tra un'imprenditoria mafiosa così forte e "credibile" con le istituzioni del territorio? A fronte di queste domande servirebbe un'antimafia nuova, meno movimentista e più realista, ma questo è un tema che proverò ad affrontare prossimamente. 

Pippo Fava in una delle sue inchieste scrisse:   “...Ragusa, con tutti i suoi paesi a corona, le sue dolci colline, le sue vallate che scendono sempre più dolcemente verso il mare... è frontiera...al di là della quale c’è la tragedia siciliana, con i suoi dolori e disperazioni,... ..E se un giorno quella linea esile di colline si incrinerà... ”. 

Per scrivere questo post ho consultato i siti seguenti:

https://www.facebook.com/story.php?story_fbid=10236325832035209&id=1511551850&rdid=5rf3yoqx9fFC2Z0y#

https://meridionews.it/droga-la-pista-siciliana-degli-affari-tra-ndrine-e-colombia-porto-di-catania-amici-di-vittoria-e-acquirenti-palermitani/

https://www.carabinieri.it/media---comunicazione/rassegna-dell-arma/la-rassegna/anno-2008/n-3---luglio-settembre/studi/fenomenologia-del-crimine-organizzato-transnazionale-la-mafia-albanese

https://livesicilia.it/la-droga-corre-sullasse-albania-sicilia-arresti-a-ragusa/?refresh_ce

domenica 2 febbraio 2025

C'è la mafia che spara e c'è la mafia che fa economia. Sono le due facce della stessa medaglia.

Foto tratta dal sito https://www.napolinetwork.com/news/525291916806/de-laurentiis-ultras-e-il-mondo-di-mezzo



"Ci sono i vivi sopra e i morti sotto e noi in mezzo.
C'è un mondo in cui tutti si incontrano, il mondo di mezzo è quello dove è
anche possibile che io mi trovi a cena con un politico..."
Massimo Carminati nell'intercettazione di una conversazione tra lui e il suo braccio destro.


La mafie hanno avuto sempre due facce: una perbenista, garbata, quasi angelica, fatta da persone che nel tempo sono diventate punti di riferimento economico e politico; l’altra - quella che ha molti piace raccontare - è composta esclusivamente da persone schiacciate dalla loro difficoltà sociali ed economiche.  

L'omicidio di Angelo Ventura ha riacceso, anche se brevemente, il dibattito sul ruolo della criminalità organizzata in provincia, mettendo in moto tutto il corollario di analisi su come i clan locali stiano provando a riorganizzarsi per avere un controllo dello spaccio nel territorio. Come sempre, in queste discussioni, emerge che la mafia è fatta solo da persone poco scolarizzate, rozze, violente, che vivono nello squallore delle periferie degradate. Se ancora oggi si pensa che i mafiosi siano solo personaggi zotici e aggressivi, che vivono e operano soltanto in una parte del territorio provinciale girandolo su suv potenti, non si e capito nulla. Questa mafia è stata già repressa, sconfitta, dall’azione trentennale delle forze dell’ordine. La fauna umana che compone questo modello criminale è già nota a carabinieri e polizia. Infatti appena succede qualcosa di eclatante, come un omicidio, i responsabili vengono subito individuati. Gli arrestati avvenuti immediatamente dopo gli omicidi di Giovanni Russo (un anno fa) e quello di Angelo Ventura, ne sono la chiara dimostrazione.   

C’è un’altra mafia che da sempre avvolge la provincia babba e di cui nessuno vuole parlare. Questa indossa la maschera del perbenismo. E’ stata definita da eminenti sociologi “borghesia mafiosa”. Negli ultimi decenni il ruolo di questo ceto è cresciuto fino ad inventare un sistema capace di condizionare tutto, in primis le scelte politiche del territorio. Coordinare l'economia e dirigere il consenso è diventato un tutt'uno. Provo ad essere più chiaro: le mafie degli Iblei sono via via trasformate in attività economiche, è stato il modo più efficace per esercitare e attestare la loro signoria. Assumendo questo ruolo hanno accresciuto quel sistema di relazioni che gli ha permesso la penetrazione nel tessuto dell’economia legale. Questa infiltrazione in alcuni luoghi è stata violenta e rumorosa, in altri è stata gentile e silenziosa, ma in entrambi i casi ha generato un complesso di relazioni fatto da collegamenti con il mondo imprenditoriale, con professionisti e classe politica. Quindi anche qui, nella provincia babba, si è affermata una “borghesia mafiosa sulla base di due ordini di ragioni: la prima è la comunanza di interessi, la seconda la condivisone di codici culturali” (Umberto Santino). Quindi, l’imprenditoria mafiosa di questa terra non è un cancro nato solo in un pezzo del nostro tessuto, essa vive ed è in accordo con una moltitudine di persone, complici, debitori, confidenti, protettori che appartengono a vari strati della nostra società. Questo è il terreno di coltura delle mafie iblee, con tutto ciò che comporta di implicazioni dirette o indirette, consapevoli o no, volontarie o obbligate, che spesso godono del consenso della popolazione.



 




domenica 19 gennaio 2025

Bisogna stare attenti. Certe notizie non possono precipitare rapidamente nel dimenticatoio.

 
Foto tratta da Google Immagini

Ci sono notizie che passano in silenzio. Nessuno le commenta, le posta, le rilancia. Forse è il modo più semplice per farle precipitare volutamente in quel diritto all'oblio che le annulla forzatamente? Eppure dovrebbero essere messe il più possibile a conoscenza della collettività in modo da scatenare dibatti politici, riflessioni sull'economia del territorio, valutazioni su certe attività imprenditoriali. E invece nulla! Silenzio assoluto. La notizia viene battuta, la rilanciano diversi giornali, rimane poche ore tra le cronache principali per poi essere sepolta da altre notizie e finire in poco tempo nel dimenticatoio. Siccome questa notizia ha una sua valenza, la rilancio in questo mio spazio così come, il 15 gennaio scorso, l'ha pubblicata la redazione di ragusaoggi.it (ne allego pure il link).  Lo faccio perché certi fatti non possono essere metabolizzati così velocemente. 
        
      Mafia: business degli imballaggi, tutti rinviati a giudizio

Associazione a delinquere di tipo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa, illecita concorrenza con minaccia o violenza, tentato omicidio, estorsione e tentata estorsione, detenzione abusiva di armi e porto in luogo pubblico, detenzione, trasporto e cessione di sostante stupefacenti, falsità ideologica commessa da privati, reati tutti aggravati dalla finalità mafiosa. Sono stati rinviati tutti a giudizio dal gip di Catania i destinatari di provvedimento e gli indagati dell’operazione antimafia ‘Fenice’ messa a segno a giugno del 2024 con il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia e con le indagini dei carabinieri del Nucleo Investigativo di Ragusa, dei finanzieri del Gico del Nucleo di Polizia economico finanziaria di Catania nelle province di Ragusa e Catania tra il 2016 e fino al 2023. Il processo si celebrerà davanti al Tribunale collegiale di Ragusa l’8 aprile prossimo. Per 16 indagati era stata eseguita un’ordinanza di custodia cautelare in carcere su richiesta della Dda ma erano una trentina i soggetti indagati. Secondo l’accusa si tratterebbe di “dinamiche criminali dell’associazione a delinquere riconducibile a “Cosa nostra’ operante nel territorio di Vittoria e in altri comuni della provincia di Ragusa, capeggiati da Emanuele detto Elio Greco. Nella nota relativa al blitz dell’operazione ‘Fenice’ venivano descritti i ruoli degli indagati: Gaetano Valenti, inteso “Tano u’ barbiere”, sarebbe stato investito da Emanuele Greco, durante il periodo di detenzione di quest’ultimo, del ruolo di referente pro tempore dell’organizzazione criminale dal medesimo capeggiata. Greco, posto agli arresti domiciliari nel gennaio2021, avrebbe sfruttato la propria abitazione quale base logistica in cui effettuare incontri riservati con i propri accoliti, con esponenti apicali dei gruppi riconducibili a ‘Cosa nostra’ e operanti in altri contesti territoriali nonché con importanti imprenditori del settore del packaging, riprendendo di fatto il proprio ruolo di riferimento del sodalizio mafioso e riaffermando la propria influenza sul territorio. Si tratta, secondo i magistrati, di “un’associazione per delinquere di tipo mafioso che, avvalendosi della forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva, avrebbe perpetrato una serie indeterminata di delitti contro la vita, l’incolumità individuale, la libertà personale, il patrimonio, e acquisito – in modo diretto o indiretto -, la gestione o comunque il controllo di attività economiche, con particolare riferimento al settore della produzione e commercializzazione di imballaggi per prodotti ortofrutticoli. Il sodalizio ha esteso il suo potere mafioso e il controllo territoriale. A riscontro della sua operatività sarebbero emersi collegamenti con altri gruppi mafiosi, inclusi i clan Santapaola-Ercolano di Catania, Nardo di Lentini, Rinzivillo di Gela”. Nuccio e Alberto, figli di Emanuele Greco avrebbero avuto anch’essi, secondo la tesi accusatoria, un ruolo nella gestione, con il padre negli affari imprenditoriali nel settore degli imballaggi facendo leva sul carisma criminale per influenzare e condizionare la libera concorrenza. Si sarebbero imposti come intermediari bypassando di fatto il provvedimento di sequestro di beni e disponibilità del valore complessivo di 35 milioni di euro, emesso dal Tribunale di Catania, su richiesta della Procura distrettuale antimafia, a carico di Emanuele Greco e che aveva riguardato anche diverse società, tra le quali l’azienda di famiglia “Vittoria pack srl”. Secondo la Dda, “la consorteria criminale, operando con modalità spesso illecite e spregiudicate e interagendo con altri soggetti malavitosi, quali i Consalvo e i Puccio, riciclatisi anch’essi in tale ambito territoriale come imprenditori, avrebbe continuato a imporre la propria leadership nell’ambito del lucroso settore del mercato locale, con particolare riferimento alla vendita di materiali e imballaggi per confezionamento dei prodotti ortofrutticoli, assai fiorente nel contesto territoriale, a vocazione prevalentemente agricola, del comune di Vittoria. Sarebbe emersa altresì la collusione di imprese attive nel settore della commercializzazione di prodotti petroliferi che, grazie alla rete di relazioni di Emanuele Greco, sarebbero riuscite ad approvvigionarsi di carburante di provenienza illecita, così accrescendo il proprio giro d’affari potendo contare sulla competitività derivante da carburanti a basso costo. Al contempo, le stesse aziende, ponendosi a disposizione di Emanuele Greco , avrebbero apportato un concreto contributo causale ai fini della conservazione, del rafforzamento, e comunque della realizzazione anche parziale del programma criminoso dell’associazione mafiosa”. Valenti venne arrestato ad aprile 2021; l’arresto e il fatto che venne “trovato in possesso di un’arma da fuoco clandestina detenuta illegalmente e di un’importante quantità di stupefacente, avrebbe consentito di evidenziare come gli interessi del gruppo abbracciassero anche il settore degli stupefacenti, delle armi e delle estorsioni. Sul punto, emergono evidenze in cui il gruppo mafioso avrebbe posto in essere azioni intimidatorie verso altri soggetti pregiudicati vittoriesi per indurli al pagamento di quantitativi di stupefacente forniti da altre consorterie, che si sarebbero rivolti al gruppo dei Greco riconoscendone le capacità operative sul territorio. Parimenti, sono stati monitorati momenti di criticità all’interno dei quali gli appartenenti al gruppo si sarebbero organizzati per il compimento di azioni di forza con l’uso di armi da compiere in danno di pregiudicati vittoriesi, che grazie al tempestivo intervento degli inquirenti si risolsero senza spargimento di sangue”.







sabato 28 dicembre 2024

La nuova grande "opportunità" economica della Sicilia? Produrre armi!?

Foto tratta da  https://it.topwar.ru/85827-tankovye-zavody-soyuznikov-vo-vtoruyu-mirovuyu-voynu-vospominaniya-v-18-fotografiyah-i-odnom-video.html

Forse non è vero che in Sicilia è in atto la deindustrializzazione. Ma per nulla! Forse la Sicilia si prepara a diventare una piattaforma produttiva di armi. Questa teoria si è materializzata mentre leggevo un articolo di RID (Rivista Italiana Difesa, un periodico mensile che tratta argomenti di tecnica militare) dal titolo "Riconvertire parte della filiera dell'auto al militare. Una provocazione?". L'estensore del pezzo, Pietro Batacchi,  dopo aver fatto un'attenta analisi sulla crisi dell'auto in Italia e in Europa e sulle conseguenti crisi occupazionali,  scrive: "...Pensiamo, dunque, a riconvertire una parte della filiera dell’auto all’Aerospazio e Difesa. Non è una provocazione, ma una valutazione basata sui fatti e sui numeri. Lo scenario internazionale è quello che è, e la forza è tornata a ridisegnarne gli equilibri: il mondo è più pericoloso, c’è bisogno di maggiore sicurezza e gli Stati investono in nuovi sistemi d’arma come garanzia di assicurazione per il futuro". Queste parole mi hanno riportato alla mente (fortunatamente ancora non soffro di Alzheimer) un altro articolo, pubblicato oltre un anno fa su La Sicilia e scritto da Mario Barresi,  dal titolo "I carri armati tedeschi e la fabbrica in Sicilia: ecco dove sono i siti candidati". Il pezzo è incentrato sul fatto che l'Italia ha deciso di fare shopping di carri armanti ma nello stesso tempo viene sottolineato l'interesse politico di avviare la costruzione e l'ammodernamento di nuovi carri armati Leopard (prodotto dalla Rheinmetall ndr) e Ariete (fabbricato dalla Oto Melara del gruppo Leonardo ndr). In particolare Barresi scrive, "... Su questo scenario diventerebbe di peso l’ipotesi lanciata dal presidente della commissione Difesa della Camera (il modicano ndr) on. Nino Minardo, di candidare l’Isola a sede di uno di questi siti industriali...A partire dall’area dell’ex Fiat di Termini Imerese". Il 31 ottobre scorso il sito industriale ex Fiat ed ex Blutec è stato acquistato definitivamente dalla Pelligra Italia Holding Srl - una partecipata italiana dell’impresa australiana Pelligra Australia PTY - che opera nel settore dello sviluppo immobiliare commerciale, industriale e residenziale. La società è specializzata nella riconversione e riqualificazione di aree industriali anche dismesse. In pratica questa holding dovrebbe riqualificare la zona industriale di Termini Imerese, potenziare il porto e sviluppare l'interporto integrato nell'area, in modo da creare un distretto industriale ad alta tecnologia da destinare a imprese manifatturiere o commerciali interessate ad insediarsi in questa stessa area. Pochi giorni prima, esattamente il 15 ottobre, nasce la joint venture tra la Leonardo e Rheinmetal -  Leonardo Rheinmetall Military Vehicles (LRMV) - che avrà sede legale a Roma e sede operativa a La SpeziaObiettivo primario della joint venture è lo sviluppo industriale e la successiva commercializzazione di nuovi carri da combattimento (Main Battle Tank italiano e Lynx per il programma Armored Infantry Combat System). Nell'accordo è previsto anche lo sviluppo di altri veicoli militari. Questi mezzi da combattimento, considerate le attuali condizioni internazionali, sono molto richiesti, quindi per soddisfare le esigenze di mercato e per offrire "ampie e promettenti opportunità occupazionali", i carri armati dovranno essere, probabilmente, prodotti in più siti industriali. Se queste condizioni trovassero conferma, lo stabilimento di Termini Imerese, opportunamente riqualificato...potrebbe fare al caso? La costruzione dei carri armati diventerebbe la valvola di sfogo capace di assorbire i 350 lavoratori attualmente in cassa integrazione e l'indotto del  bacino industriale imerese? E quindi, i fondi previsti dalla ZES unica del Mezzogiorno verrebbero utilizzati anche per assicurare sgravi fiscali e incentivi a quelle imprese del settore bellico interessate ad insediare le loro produzioni  nel Sud Italia e in particolare a Termini Imerese? Solo Il tempo riuscirà a soddisfare queste curiosità.

Ma se l'affare dei carri armati sembrerebbe probabile, sono certe e dimostrabili "le occasioni di sviluppo" avviate in altri siti produttivi siciliani. Fatto più che evidente è stata la recente manutenzione, presso i cantieri navali di Palermo, della portaerei Cavour - nave ammiraglia della nostra Marina militare - dove sono stati effettuati i lavori di adeguamento relativi all’imbarco dei nuovi aerei da combattimento F-35.  Altro fatto evidente è stata, sempre presso i cantieri navali di Palermo,  la recentissima manutenzione di un altra nave da guerra, l'unità anfibia multiuso Trieste. Tutto ciò è stato salutato positivamente dal presidente della commissione Difesa della Camera, l'on. modicano Nino Minardo, il quale ha dichiarato: La cantieristica navale militare è un settore che in prospettiva è destinato a crescere per il necessario aumento della spesa militare e per la Sicilia e i suoi cantieri navali è una opportunità da non perdere”. 
Ma questo tipo di "opportunità" potrebbero ricadere anche sull'aeroporto di Comiso?
In questo caso fanno riflettere le dichiarazioni del dott. Roberto Cingolani (amministratore delegato di Leonardo spa ed ex ministro alla transizione ecologica ndr), rilasciate pochi giorni fa durante il suo intervento alla 'Space&Underwater Conference' organizzata da Cybersecurity Italia a Roma: "Quando sono arrivato 18 mesi fa ho trovato nel bilancio di Leonardo appena una cinquantina di milioni per lo spazio. Troppo poco per un'azienda che ha 'aerospace and defence' nel suo sottotitolo. Voglio una divisione che debba partire più o meno con 1 miliardo di fatturato all'inizio per poi crescere". Il caso vuole che la Leonardo spa abbia un'importante stabilimento nella zona industriale di Catania. Questo sito nasce come centro di eccellenza nel settore delle stazioni satellitari ed è coinvolto in progetti di sviluppo di nuovi terminali a larghissima banda e di terminali satellitari di ultima generazione per la Difesa. Da dove verranno lanciate queste stazioni satellitari e poi verificati i loro terminali? Per lanciare i satelliti servono ampi spazi, in genere aeroporti. Il Fontanarossa di Catania è troppo intasato dai voli civili. L'aeroporto di Comiso, al contrario, potrebbe essere perfetto visto il suo scarso utilizzo in ambito civile. 
Si apre una nuova eventualità per questa infrastruttura?  Vedremo! Di certo vi è  una start up anglo-ucraina, la Orbit Boy,  che ha già manifestato il desiderio di utilizzare l'aeroporto di Comiso per il lancio dei suoi microsatelliti da utilizzare sia per uso civile che militare.  

In tutte queste storie una cosa appare evidente: finché si alimentano guerre, tutte queste probabilità possono trasformarsi in certezze.  

Pochi giorni fa Papa Francesco durante un intervista ad una tv argentina dichiarava: "Ipocriti i Paesi che vogliono la pace e hanno fabbriche di armi. Ma questo forte richiamo  non ha sortito e non sortirà nessun effetto, anzi, è franato miseramente di fronte ad una speranza che genera affari e nel contempo crea l'illusione di uno sviluppo economico e occupazionale.  Mai come in questo caso la parola speranza ha assunto un significato così squallido,  fino a diventare una trappola, o peggio, a trasformarsi in una cosa...infame.

Per scrivere questo post ho consultato i seguenti articoli:

https://www.rid.it/shownews/7000/riconvertire-parte-della-filiera-dell-rsquo-auto-al-militare-una-provocazione

https://www.lasicilia.it/cronaca/i-carri-armati-tedeschi-e-la-fabbrica-in-sicilia-quanti-e-dove-sono-i-siti-candidati-1846655/

https://www.blogsicilia.it/palermo/portaerei-cavour-manutenzione-minardo-sicilia/851536/

https://www.mimit.gov.it/it/notizie-stampa/termini-imerese-urso-autorizza-laggiudicazione-del-sito-ex-blutec-alla-pelligra-holding-italia

https://www.leonardo.com/it/press-release-detail/-/detail/15-10-2024-new-player-in-european-tank-production-leonardo-and-rheinmetall-establish-joint-venture

https://www.difesaonline.it/industria/nuovi-carri-armati-e-veicoli-da-combattimento-lesercito-italiano

https://www.regione.sicilia.it/la-regione-informa/ex-blutec-schifani-gruppo-pelligra-al-nuovo-corso-l-area-termini-imerese

https://www.ansa.it/ansacom/notizie/Ansait/space-underwater/2024/12/03/cingolani-leonardo-sullo-spazio-ce-moltissimo-da-fare_1952de8a-6d15-4ba7-9987-68615b310976.html

https://focusicilia.it/leonardo-nelletna-valley-tra-satelliti-big-data-e-intelligenza-artificiale/#google_vignette

https://www.spaceconomy360.it/politiche-spazio/cooperazione-spaziale-lucraina-si-prepara-a-intensificare-i-progetti-con-litalia/









domenica 24 novembre 2024

Quale futuro economico per l'area iblea?

In meno di un mese, con uno strumento di programmazione da un lato e con l'annuncio della chiusura Eni Versalis dall'altro, si prova ad avviare la smobilitazione economica di un territorio. Che il sistema produttivo di questa provincia debba essere avviato verso una maggiore sostenibilità ambientale non vi è alcun dubbio, ma riconvertire non è né sinonimo di annullare e neanche di deindustrializzare. 
Lo strumento di programmazione di cui parlo è il Piano Territoriale Regionale (PTR). Un documento che prova a definire le strategie e gli obiettivi per lo sviluppo del territorio siciliano. Nelle 51 pagine della relazione di “Prima proposta di elaborazione per la definizione dello Schema di Piano” vengono definite le competenze del PTR della Regione Siciliana:
- Governare  processi di trasformazione fisica del territorio regionale in modo sostenibile. 
- Coordinare le politiche di gestione delle risorse urbane e territoriali mediante la co-pianificazione.
- Promuovere uno sviluppo sociale ed economico competitivo, equo/solidale, ecosostenibile e garante dell’identità siciliana e dei suoi possibili ruoli nello scenario Euro-Mediterraneo. 
I tre concetti letti così sono condivisibili. E' quando si entra nel merito che emergono le aberrazioni, soprattutto per quanto riguarda l’area geografica di nostra pertinenza. Leggendo la relazione ma soprattutto guardando la cartografia allegata nella stessa, si percepisce come un'avversione verso i sistemi produttivi attuali e in particolare verso la serricoltura, ritenuta degradante e quindi da sostituire. In particolare, l'intera fascia trasformata viene ri-definita "banana energetica" e dovrebbe diventare un area che produce energia con l'agri-voltaico e biocarburanti. Ma non finisce qui!  La nostra costa - dopo aver subito  per quasi 50 anni la morsa della contaminazione dei petrolchimici del siracusano e del gelese ora, che in parte se ne è liberata - deve subire, secondo il PTR, la colonizzazione dagli impianti eolici off-shore. L'immagine tratta da pag. 20 dalla pubblicazione, con la relativa leggenda, chiarisce con implacabile evidenza quale futuro è stato programmato per la fascia trasformata. 



Gli advisors, i managers, gli analisti che scrivono queste cose hanno la presunzione di pianificare ciò che non conoscono. Non sanno che la serricoltura della fascia trasformata sta diventando, anche grazie agli investimenti, una pratica agricola sempre più sostenibile, sempre meno inquinante, sempre meno idro-energivora, capace di elevare costantemente la qualità dei prodotti coltivati imponendo nel mercato ortofrutta di alta gamma. L’area dove insiste il 27% della superficie serricola nazionale viene etichettata, con una certa sfacciataggine, come zona degradata, da convertire in una grande area di accumulo energetico. E' forse un tentativo per svalorizzare i terreni che le multinazionali del fotovoltaico dovranno acquistare per installare, grazie ai contributi pubblici, i loro impianti?
Non dico che non esistono problemi, proprio in questo mio spazio ho denunciato e denuncio le anomalie ambientali determinate dalla pessima gestione ambientale delle aziende di molti serricoltori, ma da li ha scrivere che si deve arrivare a "prevedere azioni di incentivazione della produzione energetica attraverso la modalità degli impianti agri-voltaici. In tal modo sarà possibile introdurre forme perequative che subordinino la possibilità di realizzare questi impianti alla cessione di porzioni delle aree attualmente occupate dalle serre per la ricostruzione di corridoi ecologici e per il recupero delle aree costiere degradate. mi pare un po' eccessivo. Nessuno di questi eleganti  managers  si è chiesto e ha scritto: ma cosa ha fatto la Regione Siciliana negli ultimi 50 anni per evitare il degrado delle aree costiere del Sud Est? Eppure la risposta è sotto gli occhi di tutti: NULLA! Anzi, grazie al suo immobilismo le mafie hanno avuto la possibilità di costruire e monopolizzare i "servizi" per la "gestione" dei rifiuti prodotti nelle attività serricole. L'inchiesta "plastic free" ne è la dimostrazione più evidente.

Il 24 ottobre scorso ENI Versalis annuncia la chiusura dell'impianto di Ragusa. Anche qui una squadra di managers imbellettati ci ha spiegato, con il garbo che li contraddistingue, che dopo quasi 70 anni di sfruttamento del territorio, dove è stato estratto di tutto (petrolio, gas, bitume), non è più economicamente conveniente produrre polietilene (granelli di plastica). Quindi il territorio ibleo si deve preparare ad una deindustrializzazione che viene nascosta da un lato con l'annuncio di un "piano di trasformazione e rilancio del business della chimica", dall'altro, come per la serricoltura, con motivazioni di natura ambientale, in questo caso l'obbiettivo è tagliare emissioni di CO2. Dietro questi proclami ci sono corposi finanziamenti pubblici  che non creeranno lavoro ma serviranno solo a rafforzare gli affari delle multinazionali del "green power".    Anche in questo caso pesa l'assenza e il ruolo della Regione Siciliana che non avendo una visione strategica  del ruolo dell'industria - come dell'agricoltura - rimane ferma, impalata, ed assiste in modo vergognosamente passivo (direi complice) allo smantellamento economico della nostra terra. 

Agricoltura, Artigianato, Turismo, Commercio, Servizi, Piccole industrie manifatturiere di trasformazione, queste sono state e dovrebbero continuare ad essere le direttrici per lo sviluppo e il progresso economico, ambientale e sociale del Sud Est siciliano. Invece managers e dirigenti pubblici guidati dal facile profitto e da un forte deficit percettivo che genera una visone distorta del territorio stanno progettando la fine di economie che andrebbero rivisitate e rilanciate. A questo si somma l'inerzia della classe politica regionale. Il risultato che rischia di determinarsi è  l'apertura di grandi spazi alle economie mafiose. Colpire la serricoltura definendola degradata, rimanere immobili di fronte la deindustrializzazione, cioè ignorare ciò che ha creato e crea lavoro vero sia in modo diretto e sia tramite gli indotti, significa dare un ruolo ancora più significativo alla rapacità dell'imprenditoria criminale. Ho scritto più volte in questo mio spazio telematico quale capacità hanno le mafie di questa terra, quanta massa di denaro riescono a produrre con la gestione delle droghe e dei rifiuti, di quali complicità professionali e finanziarie godono e come tutto questo le abbia fatte diventare un punto di riferimento economico e sociale. Il rischio che tutto questo possa diventare l'unica "filiera economica" del territorio è reale.  Gli ultimi arresti ci dicono pure come anche l'attività del pizzo stia provando a ripartire. Per quanto tempo ancora dobbiamo continuare a rimanere muti? Non possiamo più rimanere immobili. Cosa dobbiamo ancora  vedere per attivarci?


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domenica 10 novembre 2024

Vittoria città incompresa.


E' da dieci anni che esiste questo mio piccolo spazio telematico. Una sorta di taccuino dove ho appuntato e raccontato il mio territorio, i suoi vizi, le sue anomalie, le sue "perversioni". In tanti, in questo arco di tempo, mi hanno detto che ho scritto solo dei problemi di questa terra e poco dei sui pregi, ma io ho sempre pensato che se uno ama la sua terra deve raccontare tutto, anche quello che non va. Solo raccontando le cose che non funzionano in un territorio, in un luogo, si dimostra di volergli veramente bene. E comunque, scrivere di Vittoria è stata ed è questione difficile "ppi nu vitturisi” (per un vittoriese). Su Vittoria, in molti anni, è stato detto tutto e il contrario di tutto.  Scendere nei soliti, spudorati, luoghi comuni è stata ed è la cosa più facile che si verifica parlando di questa città. Io mi considero un suo figlio fortunato, privilegiato, e ho quindi un certo pudore nel salire in cattedra a spiegare come e perché Vittoria è continuamente ferita, infangata, mortificata. Questa cosa la lascio fare ai cosiddetti "vittoriesi bene" che sono sempre pronti a spiegarci tutto (senza far capire nulla), e sono bravi a marchiare come cattivo, volgare, tamarro, viddanu, l’attegiamento dei "vitturisi". Io delle ferite di questa città non ne faccio una bandiera che serve ad autopromuovermi né mi nascondo dietro la bellezza di ciò che resta del suo liberty, o della forza economica della serre o della sapidità dei suoi vini per dare agli altri l'immagine che più gradiscono di Vittoria. Penso invece che questa città prima di essere giudicata (sempre male) va conosciuta (realmente). Per comprenderla e amarla devi attraversare i vicoli del suo centro storico o frequentare i quartieri periferici in cui si fondono e si contaminano le vari classi sociali: l'immigrato, il commerciante, l'artigiano, il disoccupato, l'impiegato, e capisci invece che Vittoria è un luogo senza confini, un'area aperta che ha sete di riscatto, di giustizia, ma è oppressa e impaurita da una criminalità violenta, becera e stracciona che si impone su tutti. La città mai come ora sente l'esigenza di  uscire da questa condizione, ma ha bisogno di essere aiutata. Penso che costruire una connessione costante tra associazioni, imprese, sindacato, parrocchie e istituzioni sia l'indicazione più giusta. E' li che bisogna lavorare, attraversando la città lungo quella linea sottile fatta di devianze e disagio, di crimine e legalità (parola abusata), per costruire alternative e dimostrare che invece di imporsi con l'arroganza o peggio con la violenza ci si può emancipare con iniziative che si prendono cura della città e del suo territorio, rendendolo attraente.  Non penso che manchi la volontà per fare ciò; serve, forse, alimentare la disponibilità a fare ciò. Bisogna trovarla, va fatto, per togliere quell'alone di "irredimibilità" che aleggia da tempo e rischia di svuotare Vittoria rendendola sempre meno interessante e sempre più plebea.