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domenica 15 maggio 2016

La zona grigia e le intimidazioni alla dott.ssa Botti.


Era solo questione di tempo. Prima o poi doveva accadere. Un magistrato esce dal suo ufficio per la pausa caffè o per la pausa pranzo, oppure perché la sua giornata di lavoro si è semplicemente conclusa. Passeggia nella tranquilla e “babba” Ragusa, una macchina l'affianca e qualcuno gli ricorda - con il garbo che caratterizza esclusivamente questo tipo di avvertimento - che deve stare al suo posto e non rompere, come direbbe Montalbano, i “cabbasisi”. Molti erano convinti che in questa terra intimidire un magistrato fosse una scommessa da non fare, un limite da cui tenersi lontani.  Si è sottovalutando il ruolo della nuova criminalità economica. La mafia di queste zone è stata sempre raccontata più come un problema di ordine pubblico confinato in un'area geografica ben precisa: Vittoria. Qui, da sempre opera una malavita organizzata fatta da figure un po rozze, poco colte e molto violente, capaci di ammazzarsi tra loro per depredare il territorio con il racket, lo spaccio o le rapine. Gente che veniva e  viene periodicamente arrestate. Le loro facce riempiono le pagine dei giornali quando si effettuano operazioni di polizia dai nomi ridondanti. In pochi però hanno capito che questi personaggi da fiction nel tempo hanno assunto un ruolo che è quasi di di secondo piano, fanno da copertura. Così mentre nell'immaginario collettivo la mafia iblea restava e resta un volgare fenomeno criminale, chiuso topograficamente nell'ipparino, l'impresa mafiosa - costituita da diverse attività di servizio all'agricoltura, all'edilizia, all'industria -  si sviluppava in silenzio e senza grandi clamori in tutta la provincia (Vittoria compresa). Un successo  che nessuno ha contrastato.  L'economia criminale ha iniziato a controllare il mercato imprenditoriale locale travolto dalla crisi e contemporaneamente ha costruito il successo delle proprie attività economiche che venivano finanziate grazie ai capitali illeciti che provenivano e provengono dalla droga. Mentre la crisi impoveriva il territorio e il tasso di disoccupazione aumentava, l'impresa criminale era l'unica che  generava e genera  ricchezza, creando così attorno ad essa un largo consenso che attraversa tutti gli strati sociali. Il dossier redatto dalla Coldiretti apre uno squarcio importante. Quindi, le domande da porsi sono: Cos'è realmente l'economia criminale? Chi ha curato e gestito con profitto queste attività economiche e i loro patrimoni?  Non certo dei volgari e violenti criminali. Per raggiungere certi risultati economici ci voglio professionalità specifiche. Forse la dott.ssa Botti ha messo gli occhi su queste cose? E' stato toccato il nervo che per anni era ben coperto e mimetizzato? Se è così non bisogna mollare. La strada intrapresa pare quella giusta. Una cosa mi sembra chiara:  va rivista tutta quella narrazione e quella letteratura antimafia che fino ad ora ha letto e spiegato questo territorio (denunce di Borrometi escluse). C'è   un'ampia zona grigia (fatta di professionisti e di finanza?) che vuole rimanere nell'ombra. Sappiano che il buio non divora ciò che nasconde. Vada avanti dott.ssa Botti, accenda la luce. Non è sola, in tanti sono con lei. 

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