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mercoledì 14 settembre 2016

RASSEGNATI


A Vittoria si torna a sparare. Un uomo di 39 anni viene ammazzato in modo brutale. Pare che prima sia stato colpito con un oggetto contundente al capo e poi due o più colpi d'arma da fuoco esplosi a distanza ravvicinata. Un'esecuzione brutale, un messaggio chiaro: doveva morire nel modo peggiore, il suo corpo doveva essere sfregiato, umiliato. Qualcuno avanza l'ipotesi dell'omicidio di mafia (?). Gli inquirenti indagano, avranno modo di capire come e da cosa sia maturata questa uccisione. La cosa che mi colpisce è la normalità con cui accettiamo una notizia tragica e pesante per la sua brutalità. Ad esempio, al bar c'è chi apre il giornale e tra una battuta e l'altra ad alta voce  dice: “sta vota a què c'ammazzarru?”, a queste parole qualcuno ridacchia, altri incuriositi si accalcano sul giornale per soddisfare la loro momentanea curiosità, nel frattempo si scherza, intanto il caffè viene servito, si consuma, si paga e di colpo tutto si dissolve, si torna alla normalità. Dall'inizio dell'anno sono tre i morti ammazzati a Vittoria. Tre persone uccise in nove mesi, mi sembra un costo troppo elevato per questa città. La cosa che mi preoccupa è la freddezza con cui ogni volta la notizia di un omicidio viene colta. Siamo ormai abituati a questo tipo di notizie. Non c'è nessun sussulto, neanche un'esclamazione, solo momentanea curiosità. Si cerca di capire chi è, si esprime un giudizio a denti stretti e poi si passa avanti come se nulle fosse accaduto. Non è la crisi economica che ci sta impoverendo; no, è questo freddo disinteresse che ci sta  immiserendo, in tutti i sensi. Non mi piace generalizzare, mi sforzo sempre di distinguere per non confondere, dico sempre - anche in questo piccolo spazio - che a Vittoria non tutto è negativo, anzi ci sono delle eccellenze, delle positività in grado di oscurare le avversità, ma tutto viene appallottolato, impastato e impanato nella polvere, tutto viene sporcato. E' inutile girarci attorno: siamo una terra di morti vivi, gente rassegnata ad un destino che corre verso il declino e non facciamo nulla per ribellarci a questa condizione. Se rimaniamo insensibili di fronte ad un omicidio figurarsi se riusciamo a reagire di fronte allo scempio ambientale che il nostro territorio subisce da tempo, o alle tante forme di abusivismo, oppure alle condizioni di lavoro, all'intolleranza verso il diverso, alle tante ingiustizie che ogni giorno si consolidano. Ci siamo abituati allo squallore.  La desolazione è diventata una componente del nostro modo di essere. Voglio essere chiaro fino in fondo: questa rassegnazione è l'abbondante mangime che sta ingrassando  una criminalità economica che vuole diventare (forse lo è già)  padrona della città. Lo abbiamo capito, ne siamo coscienti ma, oltre agli organi preposti, qualche giornale di frontiera e pochissimi volenterosi disorganizzati, nessuno fa nulla.

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