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giovedì 8 dicembre 2016

Serve una nuova antimafia. 1° parte


Per ogni chilogrammo di marijuana sequestrata dalle forze dell'ordine ce ne sono nove che non vengono intercettate. La freddezza statistica del dato non dice nulla se non viene applicato a quello che succede nella realtà. Solo nel mese di novembre in provincia di Ragusa Carabinieri, Polizia e Guardia di Finanza hanno sequestrato circa 150 kg tra marijuana e hashish. Tutta roba pronta per essere consumata. Se applichiamo il rapporto 1/9 viene fuori che 1350 chilogrammi di erba e di fumo, chilo più chilo meno, si sono salvati dalla confisca e sono stati sicuramente commercializzati. La droga leggera, nelle nostre piazze di spaccio, viene venduta a 10/15 euro al grammo. Se si fa una semplice moltiplicazione viene fuori che a novembre, nel territorio ragusano, la criminalità economica ha incassato circa 15 milioni di euro. Non sto considerando gli incassi fatti con la cocaina e tutto il resto. La cannabis è diventata in poco tempo una fonte di guadagno significativamente importante per la mafia. L'acquisizione di capitale della criminalità economica, grazie ai proventi della droga leggera, è cresciuta a dismisura e insieme ad essa è cresciuto il suo consenso sociale. Mentre da un lato la criminalità economica si ingrassa dall'altro, larghi settori dell'antimafia di mestiere tendono ancora a presentare il fenomeno mafioso essenzialmente come devianza, criminalità, prodotto di situazioni particolari, subcultura, eversione. Pensano ancora che alla mafia si contrapponga una società sostanzialmente sana: la così detta “società civile”. Parlano di racket come se fosse ancora l'attività di finanziamento primario della criminalità organizzata, senza capire che il pizzo, in molte zone, è ormai preistoria. Non hanno ancora capito, o peggio fanno finta di non capire, che la mafia è diventata impresa grazie ai capitali fatti in buonissima parte con la droga. Mentre si discute come contrastare il racket, l'impresa mafiosa si è integrata a pieno titolo nell'habitat sociale, è riconosciuta, stimata, valorizzata. Basta frequentare i bar o tanti locali pubblici durante le varie ore del giorno, imprenditori mafiosi incontrano professionisti o imprenditori normali. Di cosa possono parlare? Di affari!? Mentre tutti pensano ancora all'esattore del pizzo, il mafioso intanto, con i capitali della droga, si è evoluto ed è diventato un uomo d'affari di successo, è capace di creare opportunità di lavoro, interagisce con altri imprenditori creando servizi a costi vantaggiosi, investe nel territorio avviando nuove attività, costruisce rapporti con il sistema bancario, non da fastidio, è diventato un modello da imitare. Tutto questo gli ha permesso di acquisire e gestire posizioni di potere all'interno del sistema sociale in cui opera. La presunta società “civile” è passata, senza battere ciglio, dall'eventuale contrapposizione alla contiguità, instaurando un rapporto di tolleranza-convenienza-alleanza con l'impresa mafiosa. Questo atteggiamento ha sviluppato un modello di controllo-comando che non è più caratterizzato dalla paura per la violenza della mafia ma  dall'utilità della stessa. Si è affermato in modo definito un principio: la criminalità economica è utile e non è un ostacolo per lo "sviluppo". E' avvenuta una contaminazione determinata e dettata dalla massa di denaro che genera la droga che ha interrotto e intorpidito ogni tipo di contrasto sociale. Senza i soldi della droga, oggi, la mafia, anche nel nostro territorio, sarebbe rintanata in una riserva. Urge creare una nuova antimafia ... sociale.

continua 


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