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sabato 8 settembre 2018

... OMISSIS ...





A Vittoria, da oltre 48 ore, il testo più letto è la relazione del Prefetto allegata al decreto di scioglimento del consiglio comunale (atto pubblicato nella Gazzetta Ufficiale serie generale n. 206 del 5 settembre). A Vittoria, da oltre 48 ore, la parola più scritta e pronunciata è "omissis". Dietro questo termine che prova a tralasciare l’identità delle persone coinvolte, si nasconde, oltre ad una evidente quanto morbosa curiosità, una rabbia sorda. Ciò che per anni molti cittadini hanno percepito, supposto, ipotizzato, immaginato, ha trovato una sua concretezza nelle oltre trenta pagine della relazione riassuntiva del Prefetto. Leggendo quei fogli - sintesi di un documento più corposo redatto dalla Commissione ispettiva che per sei mesi ha analizzando una mole impressionante di atti - viene fuori un quadro disarmante e desolante dell’istituzione comunale. Nel documento emerge da più parti come le mafie del territorio e le loro economie non siano state, per l’istituzione politico-amministrativa-burocratica comunale, un problema da contrastare, ma uno strumento di potere di cui servirsi, con cui venire a patti, con cui dividersi i vantaggi dellillegalità. Sempre leggendo la relazione, pare che la stessa illegalità sia stata non solo tollerata ma anche legittimata e disciplinata fino ad ottenerne il controllo economico sulla stessa.

Vittoria nel tempo si è assuefatta a questa condizione, non si è ribellata a questo potere, anzi, le poche reazioni a questo status quo sono state subito contenute, rivoltate al proprio interno e fatte implodere in comportamenti e atteggiamenti che hanno impedito la deflagrazione contro la classe dominante. Penso "all'assessorato alla legalità", hai “percorsi di legalità”. Che ruolo hanno avuto? Cosa hanno determinato? A chi sono serviti? Queste iniziative "antimafia" non davano nessun fastidio, anzi, andavano benissimo, l'importante era salvare le apparenze per mantenere saldo e intatto il sistema di potere creato.

Per far uscire Vittoria da questa assuefazione serve una “ribellione democratica” delle “classi popolari”, una reazione che sappia disarticolare certi rapporti che si sono cementati e cristallizzati nel tempo. Oggi questo potere è in evidente difficoltà, è nascosto e di tanto in tanto emerge per negare le evidenze. Guai però a pensare che non si stia riorganizzando. Lavora sottotraccia per riconquistare il palazzo. Eventuali riproposizioni aggiornate e corrette che camaleonticamente mirano a ripresentarsi come il nuovo, all’interno di giovani formazioni politiche, vanno smascherate. Non si può dare una mano di bianco ad un muro oramai irrimediabilmente compromesso. Quel muro va abbattuto. Se non ora, quando?

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