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martedì 30 giugno 2020

Due uomini mai recuperati dalla Stato



                 Claudio Carbonaro



        Orazio Sortino
Orazio Sciortino e Claudio Carbonaro, due "pentiti" mai ravveduti e mai recuperati. In questo caso l’aggettivo "irredimibili" è veramente appropriato. Due volti che raccontano il fallimento dello Stato. Due facce della stessa medaglia: quella mafiosa. Da un lato la mafia stracciona e marginale, quelle delle periferie, che si nutre di piccoli reati: furto, spaccio, ricettazione; e dove ci si afferma con l'unico valore aggiunto che si conosce: la violenza, declinata in tutte le sue forme. Dall’altro la criminalità economica, quella che fa impresa riciclando soldi prodotti illegalmente in attività ben strutturate, per questo gode di tante compiacenze. La prima è rozza, volgare e accattona, per questo risulta fastidiosa al potere e quindi viene contrastata da polizia e magistratura così come viene facilmente raccontata dalla stampa e dai media. La seconda vive dentro la società ed è in combutta con ogni forma di potere, per questo si conoscono soltanto i personaggi marginali, alcune leggere sfumature giudiziarie e pochissimi resoconti giornalistici. Queste due facce comprimono la città che continua a sopportare con sofferente indifferenza i liquami putridi rilasciati da queste due mafie.


Lo dico da anni, serve un’azione sociale di contrasto forte ma soprattutto chiara. Lantimafia corrente, quella in doppio petto e col pennacchio,vive e si trastulla in inutili e ridicole liturgie,continua a nutrirsi di banalità sempre più sbiadite. L'omicidio di Sciortino e l'arresto di Carbonaro non ci raccontano soltanto il fallimento dello Stato ci dicono pure che Vittoria ha bisogno di un’altra antimafia, di un'antimafia vera, di unantimafia difficile”, sia per le scelte di fondo che deve avviare e sia per le analisi e l’attività da svolgere nel territorio. La campagna elettorale in corso è diventata, gioco forza, il primo banco di prova. Serve riappropriarsi del concetto di democrazia. Le regole democratiche sono la prima vera antimafia, ma per attuarle realmente si devono denunciare e contrastare le attuali condizioni economiche, sociali e morali in cui la città è stata posta. Bisogna portare nella militanza culturale e politica delle coalizioni che si confronteranno la radicalità della rottura con qualsiasi anomalia del passato; costi quel che costi. Mai come ora bisogna coniugare il rigore dell’analisi e la chiarezza della denuncia con la concretezza delle azioni e della proposta. Viceversa, senza questa intransigenza qualsiasi forma di lotta contro le mafie, disgiunta dalla ricerca e dall’attuazione di nuove socialità che sappiano frantumare l’insieme di rapporti – solidi ma osmotici – che caratterizzano Vittoria, è già destinata al fallimento.

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