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domenica 4 aprile 2021

Chiaramonte Gulfi: breve storia di una lapide


Chiaramonte Gulfi oltre ad essere un ordinato e ospitale borgo incastonato sull'altipiano ibleo, dove regna un'arte culinaria che "magnifica il porco",  è anche la città che ha dato i natali al prof. Serafino Amabile Guastella, uno dei più attenti studiosi della cultura, della tradizione e delle condizioni sociali ed economiche dei contadini iblei, sia prima che dopo l'unità d'Italia. Le sue opere raccontano la miseria, la fatica, la precarietà, ma mettono anche in risalto la saggezza di queste persone da sempre sfruttate. I suoi testi  sono stati utilizzate da Dario Fo in "Mistero Buffo" e sono stati studiati e apprezzati da Italo Calvino, Leonardo Sciascia, Vincenzo Consolo.  Nel paese che ha dato i natali ad una personalità definita da Consolo "... una pietra, e fra le più preziose, della nostra ribellione, della nostra sacca di resistenza culturale" e da Sciascia come uno scrittore la cui opera "non indegna di sfigurare accanto a "i Malavoglia" c'è una lapide che per certi versi sberleffa la sensibilità del Guastella. Sul lato destro della faccia del duomo è incassata una lastra di marmo che ricorda un evento, dove si leggono queste "significative" parole:  

SE MAI NELLA VICENDA DEI SECOLI
AI CITTADINI DI CHIARAMONTE
GIORNO RIFULSE
PER CELEBRITA' DI FESTEGGIAMENTI
MEMORANDO
E' PROPRIO QUESTO 
CHE
S. EMINENZA IL SIG. CARDINALE ERNESTO RUFFINI
ARCIVESCOVO DI PALERMO
FRA L'ESULTANZA E GLI OSANNA
DEL POPOLO TUTTO
E PERSINO DEGLI STESSI MORTI
FREMENTI DI GIOIA NEGLI AVELLI
CON DIADEMA D'ORO TEMPESTATO DI GEMME
DECORA ONORA E MIRIFICA
LA BELLA MARIA SS. DI GULFI
LA MADRE E PADRONA GLORIA DI CHIARAMONTE
RATIFICANDO COSI' E CONSOLIDANDO
IL PREZIOSO RETAGGIO DELLA FEDE
TRAMANDATA DAI PADRI 
E RIPETUTA DAI SECOLI

CHIARAMONTE GULFI  6-5-1954

Al di là dell'esaltante quanto "fremente" retorica, all'autore di questo manifesto marmoreo sarà sfuggito, o avrà ignorato volutamente, un particolare: S. E. il cardinale Ruffini  riteneva che i mali della Sicilia fossero determinati da chi provava a difendere e denunciare le condizioni dei ceti popolari meno abietti. Il porporato oltre a negare l'esistenza della mafia riteneva che i mali della Sicilia fossero: i comunisti, il romanzo "Il Gattopardo" e il sociologo Danilo Dolci. Ci troviamo di fronte all'involontario precursore della sceneggiatura delle tre piaghe del film  "Johnny Stecchino". Infatti, tutto questo, S.E. Ruffini lo mise nero su bianco in una lettera pastorale dal titolo: "Il Vero volto della Sicilia", dove i tre mali vennero definiti come denigratori dell'isola. Per dovere di cronaca va detto che a quella lettera replicò, sul giornale l'Ora, il pastore valdese Pietro Valdo Panascia, il quale scrisse come il porporato non facesse cenno "agli omicidi, ai crimini  della mafia o ... alla condizioni inumana in cui vivono centinaia di famiglie... Dire queste cose non è fare il denigratore, ma denunciare uno stato di cose di cui ogni cittadino e ogni cristiano soffre, perché queste cose sono cose che si vedono ogni giorno".

In questo epitaffio tanto fantasioso quanto comico e paradossale, reso quasi ignoto perché scolorito dal tempo,  dove i morti gioiscono a festa dentro i loro loculi per il passaggio di un porporato negazionista, è racchiusa una grande contraddizione. All'attenzione del Guastella, che raccontava con un linguaggio semplice e comprensibile "il vivere a stecchetto dal primo all'ultimo giorno dell'anno" dei contadini sfruttati e derisi, si contrappongono gli "osanna" verso un panciuto uomo di chiesa capace di negare le evidenze.  
Quanta differenza tra il cardinale Pappalardo e l'attuale arcivescovo Lorefice,  che dopo secoli di silenzio hanno deciso di parlare chiaro ... proprio come il prof. Serafino Amabile Guastella.







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