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mercoledì 27 ottobre 2021

Commise un peccato grave, cercava le verità.

 


Eccoci qua, come ogni anno a ricordare la figura di Giovanni Spampinato. Nel pomeriggio verrà posizionata un lapide nel luogo dove quarantanove anni fa fu ammazzato. C’è voluto mezzo secolo per porre una lapide che ricordasse il sacrificio di un giovane giornalista che “cercava la verità”. Questa cosa conferma ancora una volta come quell’omicidio, materialmente commesso dal figlio del presidente del tribunale di Ragusa, Roberto Campria, fu, nei fatti, un delitto corale, voluto da una città dominata da un conformismo e da una ipocrisia che Giovanni evidenziava e denunciava con forza nei suoi articoli. Questa cosa non è stata mai perdonata dai ragusani i quali iniziarono sin da subito a far cadere nell’oblio quell’assassinio con una frase: “eh … se l’è cercata”.  Giovanni non scriveva per un giornale diffuso come “La Sicilia”. Scriveva si per un giornale prestigioso - L’Ora - ma era un quotidiano che in questo lembo di Sicilia aveva una scarsa diffusione. A Ragusa arrivava nel tardo pomeriggio e veniva comprato da una piccola élite di lettori. Malgrado ciò i suoi pezzi davano fastidio, mettevano a nudo verità imbarazzanti, minavano la quiete della "pacata" Ragusa. Le trame neofasciste, i traffici illeciti di ogni tipo lungo la costa ragusana, il ruolo e le complicità di certi personaggi; tutto questo era emerso, in modo incontenibile, in un fatto di cronaca: l’omicidio dell’ing. Angelo Tumino. Su questo episodio Giovanni scavò tanto, troppo, più del consentito, stava accendendo troppi riflettori; andava fermato. 

E' così ogni verità sull'omicidio dell'ing. Tumino e su ciò che girava intorno venne oscurata e poi divorata dal buio ... a partire dalla sera del 27 ottobre del 1972. 

Miriam Maffai, sul settimanale Rinascita del 17 Novembre del 1972 scrisse: Per le autorità ufficiali: procura, questura, carabinieri, il caso (omicidio ing. Tumino ndr) è da chiudere più rapidamente possibile con una archiviazione. Anche questa incapacità, questa viltà, questo rifiuto a fare i proprio dovere è fascismo. E’ fascismo che si serve della carta bollata, che utilizza gli articoli del codice, che opera all’interno stesso dei gangli dello Stato anziché negli equivoci circoli del teppismo squadrista”

Dopo quarantanove anni solo due cose sono certe: l’omicidio Tumino non ha un colpevole e Giovanni è stato ucciso perché cercava le verità.

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