Visualizzazioni totali

sabato 16 aprile 2022

LA DIA IGNORA LE ECONOMIE MAFIOSE?


Dopo un po' di tempo ritorno a scrivere su questo mio diario telematico. Ciò che mi ha spinto a mettere nero su bianco è l'ultima relazione della Direzione Investigativa Antimafia e in particolare il rapporto sulla criminalità organizzata in provincia di Ragusa (https://direzioneinvestigativaantimafia.interno.gov.it/wp-content/uploads/2022/03/Relazione_Sem_I_2021.pdf). 

Leggendo le tre pagine (117-119) che riguardano il territorio ibleo ho avuto la sensazione come se le mafie fossero presenti e organizzate soltanto ad Acate, Comiso, Vittoria - dove la "stidda è ben radicata"- e Scicli,  dove permane l'influenza del clan Mormina classificato come una propaggine del gruppo mafioso catanese dei Mazzei. Tutto il resto della provincia, leggendo sempre le tre pagine, pare poco contagiata o sostanzialmente immune alle logiche e agli interessi economici della criminalità organizzata. E' come se le mafie, che hanno attraversato le Alpi e gli oceani, infettando le economie di interi continenti, avessero avuto paura a scalare i costoni dell'Altipiano Ibleo. Negli altri centri c'è solo spaccio e consumo di droghe? Solo e soltanto nella quotidianità che si riproduce nella società ipparina e sciclitana si propagano gli affari e le tresche della criminilità? Oppure c'è qualcosa anche nelle altre realtà però non si riesce a far emergere? Onestamente devo dire che se è questo il livello di conoscenza che un'istituzione investigativa come la DIA ha del nostro territorio c'è da preoccuparsi. Tutto è ricondotto all'aspetto criminale più basso, quello cioè che fa riferimento agli atti delinquenziali canonici (furti, risse, spaccio, gestione della prostituzione). Tutti reati esercitati in modo organizzato, capaci di concentrare l'attenzione delle forze dell'ordine su questi territori, ma sono sempre atti che presentano una valenza criminale scadente. Nella relazione si parla ancora di "stidda" quando verosimilmente la stessa oramai è stata da tempo assorbita e i suoi (ex) esponenti, probabilmente, sono diventati il bracciantato di mafie più organizzate e strutturate che puntano ad egemonizzare, o egemonizzano già, le economie del territorio. Invece, per quanto riguarda il riciclaggio delle masse di denaro prodotte illegalmente non vi è nessuna traccia. E' come se questo reato non esistesse. Eppure nei quaderni dell'Ufficio d'Informazione Finanziaria  (UIF) redatti della Banca d'Italia, la nostra provincia da questo punto di vista risulta essere molto attiva.  Forse queste pubblicazioni non vengono considerate? Anche i dati sulle tossicodipendenze in provincia sono significativi e posso fornire spunti interessanti. In un convegno tenutosi a Vittoria poche settimane fa, organizzato dalla CGIL, Libera e dall'ASP di Ragusa è emerso un dato tanto preoccupante socialmente quanto inquietante economicamente. In  provincia di Ragusa, su una popolazione di 320 mila abitanti, 40 mila persone fanno uso di droghe; cioè il 13% della popolazione (https://www.ragusaoggi.it/droghe-e-dipendenze-il-caso-ragusa-su-320-mila-residenti-in-provincia-sono-2914-i-tossicodipendenti-monitorati-dal-sert/).  Ognuno di questi 40 mila spende in media €10,00 al giorno per "sballarsi". Facendo un semplice calcolo, in un mese le mafie iblee incassano (40.000 x €10,00 x 30)  €1.200.000,00. In un anno €144.000.000,00 (centoquarantaquattromilioni di euro). Questa massa di denaro, che si produce solo nella nostra provincia, dove finisce? O meglio: dove viene reinvestita? Rimane tutto in zona o in parte va fuori? Gli istituti finanziari, i professionisti e le imprese che operano in questa terra, hanno un ruolo nel digerire, o meglio, riciclare queste somme? Ad onore del vero la relazione della DIA proverebbe a dare una piccola risposta. Infatti, verso la fine, nell'ultimo capoverso del rapporto, si parla di infiltrazioni delle mafie nelle economie "pulite". Però si fa, come sempre, riferimento solo al Mercato ortofrutticolo di Vittoria. Ma il mercato è una struttura che da decenni è sotto la lente di ingrandimento degli inquirenti. Soltanto una mafia balorda può essere interessata solo ed esclusivamente a questa struttura economica. Facendo una piccola ricerca sul sito https://www.reportaziende.it/ricerca-geografica-comuni-italiani, tirando fuori e poi sommando i fatturati relativi all'anno 2020 delle aziende più importanti che operano rispettivamente nei comuni di Acate, Comiso, Scicli e Vittoria (territori che secondo la DIA sono ad alta densità mafiosa), il risultato che si ottiene non supera i 510 milioni dii euro di volume d'affari. Viceversa, la somma relativa ai fatturati delle aziende più significative che operano nelle città "immuni" è di 1.875 milioni euro (quasi due miliardi di euro). Chi deve riciclare soldi sporchi, lo fa in un territorio economicamente poco brillante e soprattutto in una struttura che è sotto la ciclica attenzione delle forze di polizia? Oppure, non è più logico pensare che chi deve riciclare cerca di impiegare questi capitali in aree finanziariamente più dinamiche e, in primo luogo, poco controllate dagli inquirenti?

Se alla DIA è attribuita la funzione di prefigurare, attraverso l'analisi, l'evoluzione dei fenomeni criminali in modo da orientare gli investigatori verso un efficace contrasto alle criminalità organizzate, leggendo le sue relazioni si percepisce tutt'altro. Questi rapporti sono oramai anacronistici. Non tengano conto delle evoluzioni che la criminalità organizzata ha avuto nel tempo e descrivono, con un copia e incolla ripetuto nel tempo, sempre e solo le solite realtà. E' come se le mafie fossero qualcosa di cristallizzato e di immobile, quando invece sono l'esatto opposto. Queste relazioni ci dicono che lo Stato è capace di avversare la criminalità spicciola, quella che disturba, che crea problemi di ordine pubblico. Viceversa, per le economie mafiose che stanno avvelenando e impoverendo la nostra terra o non si hanno i mezzi oppure (questo sarebbe grave) non si ha la voglia di contrastarle.


Nessun commento:

Posta un commento