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domenica 17 gennaio 2016

Riappropriarsi della bellezza (primi appunti di campagna elettorale)



L'arte è creare bellezza. La Chiesa, fin dalle sue origini, ha ben compreso il valore e l'importanza dell'arte, l'ha utilizzata in modo sapiente, si è servita dei suoi multiformi linguaggi per comunicare il suo “annuncio di redenzione”. Ha estremizzato a tal punto la rilevanza e il controllo dell'arte che si è appropriata anche del concetto di bellezza, imponendone i canoni. La sua potenza gli ha permesso di normare la bellezza. Per secoli gli edifici religiosi e le loro pareti sono stati il telo sul quale la Chiesa ha dipinto il suo autoritratto. Attorno agli antichi edifici religiosi nascevano quartieri ordinati che rispondevano alla bellezza dell'edificio sacro. Da diversi decenni non è più così. Il rapporto tra arte e spiritualità è ormai sganciato dal concetto di bellezza. Via via nel tempo sono prevalse altre logiche sempre più legate al business o alle speculazioni. Le chiese di oggi sono edifici tristi e desolanti inseriti in quartieri spenti e depressi. Sarebbe interessante capire chi li ha progettati e come sia riuscito ad ottenere le commesse. Se un bene pubblico, come una chiesa, non è bello rischia di essere un “pericolo” per la comunità che lo utilizza. Il nostro territorio questo principio lo ha sperimentato sulla sua pelle. Il momento attuale è segnato da fenomeni negativi, sia sociali che economici, che stanno affievolendo speranza e fiducia. Crescono i segni di rassegnazione e di aggressività. Tutto questo sta rafforzando ancora di più figure che da questo territorio hanno solo tratto grandi profitti personali, abili fantini che negli anni sono saltati da un cavallo all'altro pur di controllare la cosa pubblica affermando esclusivamente i propri interessi. Non serve solo cacciarli dal "tempio", riuscirebbero a rientrare dalle porte laterali. Peppino Impastato diceva: "Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà. All’esistenza di orrendi palazzi sorti all’improvviso, con tutto il loro squallore, da operazioni speculative, ci si abitua con pronta facilità, si mettono le tendine alle finestre, le piante sul davanzale, e presto ci si dimentica di come erano quei luoghi prima, ed ogni cosa, per il solo fatto che è così, pare dover essere così da sempre e per sempre. È per questo che bisognerebbe educare la gente alla bellezza: perché in uomini e donne non si insinui più l’abitudine e la rassegnazione ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore”. Le amministrative si avvicinano. Il conto alla rovescia è iniziato. A Vittoria serve una classe dirigente in grado di ridare entusiasmo e fiducia, una classe politica non solo in grado di governare ma che si assuma anche una funzione pedagogica: cosa può incoraggiare a ritrovare un percorso, ad alzare lo sguardo verso il futuro, a sognare una vita degna della sua vocazione se non insegnare a riappropriarsi della bellezza?

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